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> DEMOCRAZIA "REALE": CHE COSA SIGNIFICA? CHE COSA E’? ---- Sorpresa, il personalismo può rifondare la sinistra (di Luigi Manconi).

venerdì 16 settembre 2011

Manconi: «considerare con la massima libertà e duttilità il fondamentale contributo del pensiero cattolico alla definizione della identità individuale contemporanea»

Sorpresa, il personalismo può rifondare la sinistra

Due decenni fa questo termine sarebbe stato guardato con sospetto. Oggi, per fortuna, è tornato ad essere il perno delle iniziative sociali e legislative in tema di diritti e di libertà individuali

di Luigi Manconi (l’Unità, 16.09.2011)

Grazie al cielo non c’è stato bisogno di alcuna cruenta guerra culturale o di una feroce controversia ideologica per far sì che nel vocabolario politico e nel discorso pubblico il termine persona venisse accolto a pieno titolo. Questo va ricordato perché, appena due decenni fa, quella stessa parola sarebbe stata guardata con perplessità. Non dico osteggiata, ma certo vista con sospetto, in quanto troppo profondamente denotata sotto il profilo storico e culturale-religioso. Questa acquisita maggiore elasticità mentale è un positivo segno dei tempi, che ci consente di abbandonare alcuni tabù linguistici e di conseguenza (si spera) gli stereotipi costruitivi sopra.

Persona, va da sé, richiama irresistibilmente il personalismo ovvero lo dico in estrema sintesi quella corrente di pensiero che pone al centro dell’universo dei valori e dell’azione la persona umana. Il personalismo una filosofia non un sistema, sottolineava Jacque Maritain ha una sua origine, una sua prima definizione (con Charles Renouvier) e un certo numero di autorevoli pensatori (dallo stesso Maritain a Paul-Ludwing, Max Scheler, Romano Guardini e, in particolare, a Emmanuel Mounier), ma qui il personalismo interessa meno in quanto orientamento filosofico e molto più in quanto ispirazione culturale e politica.

Sotto questo profilo, il personalismo come centralità assoluta della persona umana ha una storia millenaria che va ricordato lo connette strettamente alla categoria di eguaglianza. Più di recente, si ritrova una significativa ascendenza, anche quando non dichiarata, nel pensiero di Antonio Rosmini, nonostante le molte differenze e persino gli aperti conflitti rintracciabili nelle due elaborazioni. Ma è proprio la complessità e anche contraddittorietà della traccia che tiene insieme la categoria di persona, come elaborata dall’asse Maritain-Mounier e come elaborata da Rosmini e da molti altri ancora, che consente oggi di considerare con la massima libertà e duttilità il fondamentale contributo del pensiero cattolico alla definizione della identità individuale contemporanea. Insomma, proprio il fatto che la riflessione cristiana e cattolica sulla persona non è un sistema compatto, ne incrementa la diffusione e ne accentua la fertilità. Cosicché oggi quella stessa riflessione, esplicitata o meno, costituisce una componente ormai acquisita dell’identità culturale della sinistra più matura: e non c’è dubbio che abbia rappresentato uno dei motivi ispiratori dei programmi sociali del riformismo europeo, a partire dalle prime politiche di Welfare.

Ma torniamo a Rosmini: si deve ancora a lui (certo non solo a lui) la modernissima concettualizzazione del nesso profondo tra corpo/soggettività, persona e diritto: «il diritto suppone primieramente una persona, un autore delle proprie azioni», perciò «la persona dell’uomo è il diritto umano sussistente». Ciò a dire che la persona nella sua prima costituzione, fondata su corpo e psiche, è la fonte e la sede dei diritti inalienabili dell’uomo e la radice stessa della libertà umana. Ecco, se partiamo da tali indicazioni e da ciò che il personalismo novecentesco ha successivamente elaborato con una particolare valorizzazione della corporeità si può giungere ad accogliere il concetto di persona come quello decisivo per una ridefinizione dell’agire sociale e dell’azione politica nelle società contemporanee. Tutto questo a prescindere dalle altre implicazioni proprie del personalismo come filosofia dotata di una profonda matrice religiosa; e a prescindere, soprattutto, dalla dimensione conflittuale dello scontro ideologico che, nella seconda metà del Novecento, ha portato quella filosofia alla contrapposizione, spesso assai aspra, nei confronti del marxismo.


Ciò che conta oggi, per chi ha ancora fiducia nella politica, e vuole sottrarsi sia alle tentazioni sincretistiche che alle dispute filologiche (saranno i filosofi a dedicarsi a queste ultime), è il ruolo della persona umana. E il nesso indissolubile tra coscienza e responsabilità sociale. Non è questione oziosa: la politica contemporanea va in tutt’altra direzione e si manifesta o come rappresentanza di “solidarietà corte” e interessi organizzati (lobbies e corporazioni, sindacati e ordini) o come residuale espressione di gruppi sociali (movimenti collettivi e lavoro precario, segmenti di territorio e fasce generazionali). Questi soggetti che chiedono e talvolta ottengono rappresentanza sono spesso meritevoli di tutela e, pertanto, l’errore non consiste nel volerne proiettare le domande sulla sfera politica. L’errore risiede, piuttosto, nell’incapacità pressoché generalizzata di partire proprio dal nucleo essenziale della loro costituzione materiale. E dalla politica che lì si può fondare. Ovvero la politica come proiezione nella sfera pubblica delle domande di diritto e di libertà che nascono dalla persona. I bisogni umani che trovano, appunto, nella persona la loro fondazione e la loro legittimazione come diritto richiedono una tutela che solo la politica può garantire. Oggi più che mai.

Dunque, la centralità della persona è la qualità possibile della politica contemporanea, nell’epoca dell’individualismo e nelle società liquide. Inutile inseguire rappresentanze di classe, pericoloso assecondare tutele di corporazione. È la persona umana che fonda la politica e la sua ricostruzione e ridefinizione a partire dall’individuo come premessa di una identità condivisa che, a questo punto, può anche essere di gruppo sociale e persino “di classe”, nella sua antica accezione. Che quanto fin qui detto sia tutt’altro che astrazione, è agevolmente dimostrabile. Due questioni cruciali della politica contemporanea, non solo in Italia, rimandano puntualmente a quel rapporto prima indicato tra corpo/soggettività, persona e diritto. Le tematiche di “fine vita” e, dunque, il Testamento biologico, l’autodeterminazione del paziente, la libertà di cura, la “sovranità su di sé e sul proprio corpo” da lì discendono; ma anche l’habeas corpus, le garanzie individuali, l’immunità del recluso e l’irriducibilità dei suoi diritti fondamentali, a quel rapporto rimandano. E lo rendono più che mai attuale e urgente.


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