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MAMMASANTISSIMA. Il grande ordine simbolico del "Che-rùbino" ... tutti e tutto!!!

lL "LOGO" DELLA SAPIENZA, L’UMANITA’, E L’ACQUA. PAESE IMPAZZITO: FORZA "CHE RùBINO" TUTTO E TUTTI !!! PER IL "logo" della "SAPIENZA" DI ROMA, UN APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA!!! Una nota, con articoli - a cura di Federico La Sala

sabato 12 luglio 2008
[...] Affinché il "cherubino" non diventi "un diavoletto"... che ha trovato una pietra "cara" e "preziosa" ed esclami: "che - rubìno!" ... Qui non capiscono il valore di un’"ACCA" - H, lo prendo Io: lo venderò a "caro-prezzo" ("caritas"); e fonderò un ’nuovo’ partito, una ’nuova’ chiesa [...]
ITALIA: LA NOSTRA PATRIA E’ LA LINGUA, NON LA TERRA NON IL SANGUE. Dante e Saussure insegnano.
EMERGENZA EDUCATIVA: TRADIMENTO DEGLI INTELLETTUALI.
 (...)

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> lL "LOGO" DELLA SAPIENZA, L’UMANITA’, E L’ACQUA. PAESE IMPAZZITO: FORZA "CHE RUBINO" TUTTO E TUTTI !!! ---- Non è difficile calcolare gli effetti negativi sulla scienza e sulla società italiane (di Pietro Greco).

lunedì 14 luglio 2008

MA CHE SUCCEDE IN ITALIA?!? LETTERA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI MARIA VINCI, UNA RICERCATRICE ITALIANA RESIDENTE IN INGHILTERRA


1938, fuga dei cervelli, dono del Duce agli Usa

di Pietro Greco (l’Unità 14.07.2008)

Dalle leggi razziali al Cern. Due anniversari ci ricordano la dissoluzione della comunità scientifica europea e la fine della sua egemonia. Ma un terzo ne rievoca la rinascita nel dopoguerra, grazie all’impegno di Edoardo Amaldi

Il 14 luglio 1938, settant’anni fa, il Ministro degli Esteri del governo Mussolini, Galeazzo Ciano, annota sul suo diario: «Il Duce mi annuncia la pubblicazione da parte del Giornale d’Italia di uno statement sulle questioni della razza. Figura scritto da un gruppo di studiosi, sotto l’egida del Ministero della Cultura Popolare. Mi dice che in realtà l’ha quasi completamente redatto lui».

L’indomani il Giornale d’Italia sotto il titolo «Il Fascismo e i problemi della razza», pubblica la prima versione del «Manifesto della Razza» firmato da dieci scienziati italiani - tra cui primeggiano l’onorevole Sabato Visco, fisiologo, e il senatore Nicola Pende, endocrinologo - il cui incipit è destinato a diventare tristemente famoso: «Le razze umane esistono». Il manifesto sostiene - senza alcuna base scientifica - che l’umanità, appunto, si divide in razze; che queste razze sono diverse per capacità intellettuali dei propri membri; che esiste anche una «razza italiana» che, naturalmente, è più capace di altre e che bisogna tutelarla da pericolose contaminazioni genetiche. In particolare va tutelata dalle contaminazioni di sangue con una razza palesemente inferiore, quella degli ebrei.

L’ignominia intellettuale del manifesto - che il Duce si vanta di aver contribuito a redigere in prima persona - si traduce ben presto in pratica discriminazione. Già nel mese di settembre il governo di Benito Mussolini vara una serie di leggi che portano all’espulsione degli ebrei dalle scuole e dagli incarichi pubblici. Fu una scelta sciagurata, che ebbe conseguenze tragiche per gli ebrei (e i rom), per l’intero paese e, anche, per la scienza italiana. In poche settimane, per esempio, viene dissolta la fisica di punta. Lasciano l’Italia, infatti, Bruno Rossi ed Enrico Fermi: due giovani che hanno portata rispettivamente la fisica dei raggi cosmici e la fisica nucleare a punte di assoluto valore mondiale. Le loro brillanti scuole, a Padova e a Roma, si dissolvono.

Non è difficile calcolare gli effetti negativi sulla scienza e sulla società italiane di quella successione di eventi. Ci aiutano, fra l’altro, altri due anniversari che ricordiamo questo medesimo anno. Il settantacinquesimo anniversario delle leggi razziali di Hitler, che avevano già prodotto conseguenze nefaste in Germania, e il centesimo anniversario della nascita di Edoardo Amaldi, che si assumerà gran parte dell’onere di ricostruire la scienza italiana ed europea dopo la guerra che devasterà l’Europa di lì a pochi mesi.

Cosa era successo, dunque, in Germania esattamente cinque anni prima? La successione è nota. Il 30 gennaio Hitler viene nominato cancelliere del Reich. Il 27 febbraio fa incendiare il Parlamento (Reichstag). Il 28 gennaio vara il «decreto dell’incendio del Reichstag» e, in nome della sicurezza nazionale, abolisce molti diritti civili. Il 7 aprile con il «paragrafo ariano» della «legge sul ripristino dell’impiego nel pubblico servizio» obbliga tutti coloro che non sono di razza ariana a lasciare ogni incarico pubblico. In breve l’obbligo viene esteso anche agli avvocati e ai medici «non ariani», che non possono più lavorare nei tribunali e negli ospedali. L’idea nazista è che la società tedesca deve essere divisa in due categorie: quella dei Volksgenossen (camerati della nazione), che appartengono alla comunità popolare, e quella dei Gemeinschaftsfremde (stranieri della comunità) che, invece, non appartengono alla storia e alla cultura della Germania. Agli stranieri della comunità appartengono: ebrei, zingari, portatori di handicap, asociali.

Il 14 luglio 1933, 75 anni fa, Hitler vara due nuove norme: una riguarda la revoca della naturalizzazione degli ebrei dell’Europa orientale che hanno avuto la cittadinanza tedesca dopo il 9 novembre 1918. L’altra è la sterilizzazione - «anche contro la volontà del soggetto» - dei portatori di presunte malattie ereditarie.

Negli anni successivi, fino al 1938, c’è uno stillicidio di leggi che accentuano sempre più le discriminazioni razziali. Ma già nel 1933 gli effetti di queste leggi sono evidenti. In primo luogo per la cultura tedesca, fino ad allora leader in Europa. Nei giorni successivi al provvedimento di aprile, infatti, ben 1.200 professori universitari (il 14% dell’intero corpo docente) deve lasciare l’insegnamento. La gran parte emigra all’estero, riparando soprattutto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

A soffrirne è in primo luogo la scienza. Da Einstein (già andato via) a Max Born, da James Franck a Fritz Haber lascia infatti la Germania, perché di origine ebrea, una moltitudine di cervelli, quantificata nel 20% degli scienziati e nel 25% dei Nobel scientifici. Non è solo una diaspora, è un vero e proprio ribaltamento polare. L’asse della scienza mondiale - da tre secoli saldamente centrato sull’Europa - si sposta per la prima volta nel Nord America. Giustamente gli storici americani Jean Medawar e David Pyke hanno parlato di «Hitler’s gift», del regalo di Hitler agli Stati Uniti.

Nel 1938, quando l’Italia di Mussolini si accinge a copiare la Germania di Hitler, tutto questo è già sostanzialmente evidente. La cultura di una parte decisiva dell’Europa è già stata distrutta. Mussolini vuole dare il suo ulteriore contributo a quel disastro. E, infatti, in poche settimane - come abbiamo detto - dissolve le due scuole scientifiche più brillanti del paese, quella di Enrico Fermi a Roma e quella di Bruno Rossi a Padova.

Ma dicevamo di un terzo anniversario che ricorre quest’anno. Che è legato ai primi due e che è di segno opposto. Di segno positivo. Nel 2008 ricorre infatti la nascita di Edoardo Amaldi, uno dei «ragazzi di via Panisperna», che ha lavorato con Fermi. L’unico che resta in Italia. E che, sopravvissuto alla guerra, inizierà - a partire già dal 1943 - l’opera della ricostruzione. In Italia e in Europa.

Dalle macerie, che non sono solo metaforiche, Amaldi si muoverà con lucido impegno lungo una serie di linee molto articolate, riconducibili a due grandi obiettivi: fare di necessità virtù e con poche risorse finanziare riportare l’Italia all’avanguardia della fisica mondiale; fare della scienza una leva per la pace in Europa e per la riconquista della leadership scientifica al nostro continente, nell’ambito di una sana competizione solidale col resto del mondo. Due obiettivi che, pur nel mutare delle situazioni, restano più che mai attuali.

Amaldi adotta una lucida strategia per il rilancio italiano. Il paese deve puntare tutte le sue risorse (che sono soprattutto umane) su pochi obiettivi di assoluto prestigio. Ma in cui acquisire una forte indipendenza. Gli obiettivi che Amaldi fissa sono: la fisica dei raggi cosmici nel campo della fisica di base; l’acquisizione di un know how di tutta la filiera del nucleare civile - dalla scienza di base alle applicazioni tecnologiche più spinte - nel campo della fisica applicata per conferire al paese una totale indipendenza in uno dei settori strategici dell’energia; fare più in generale della scienza la leva per portare l’Italia nel novero delle economie più sviluppate. A oltre sessant’anni dall’elaborazione di questa strategia, possiamo dire che Amaldi raggiunge solo il primo degli obiettivi che si prefigge: la fisica italiana ritorna presto tra le migliori al mondo. Gli altri due obiettivi: l’indipendenza energetica fondata su un know how autonomo e un’economia fondata sulla conoscenza, non verranno centrati. E non certo per colpa di Amaldi.

Il quale, invece, ha grande successo lungo l’altro percorso individuato: il ruolo della scienza in Europa. Egli infatti si fa promotore di un grande centro europeo di ricerca, che da un lato possa competere alla pari con Stati Uniti e Unione Sovietica. E dall’altro favorisca finalmente la pace tra i popoli di un continente devastato dai conflitti. In questo riesce, vincendo le resistenze di suoi illustri colleghi, del calibro per intenderci dell’americano Isidor Rabi e del danese Niels Bohr.

Quando, negli anni ‘50 dello scorso secolo, nasce a Ginevra, il Cern, il Centro di ricerca in fisica nucleare voluto da Amaldi, è la prima istituzione comune realizzata dai paesi europei usciti dalla guerra - il primo nucleo di condensazione dell’Unione europea - e il fisico italiano è il suo primo direttore generale.

Oggi il Cern di Ginevra è il più grande laboratorio di fisica al mondo e svolge le ricerche più avanzate nel suo settore. Un piccolo, grande monumento alla nuova Europa che ha saputo superare con progetti di pace e di integrazione culturale la sua pagina più buia: quella della discriminazione razziale.


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