Il Papa: nelle famiglie e nella società c’è il rischio di padri latitanti
All’udienza generale Francesco prosegue il ciclo di catechesi sulla famiglia: bene superare l’autoritarismo ma così «si passa da un estremo all’altro»
di Iacopo Scaramuzzi (La Stampa, 28/01/2015)
Città del Vaticano
Se è stato giusto superare «l’autoritarismo, in certi casi addirittura la sopraffazione» che caratterizzava certi padri nel passato, «il problema dei nostri giorni», in famiglia così come nel più ampio contesto della società «non sembra essere più tanto la presenza invadente dei padri, quanto piuttosto la loro assenza, la loro latitanza». Lo ha detto Papa Francesco proseguendo, all’udienza generale in aula Paolo VI, un ciclo di catechesi sulla famiglia, interrotto per il recente viaggio nello Sri Lanka e nelle Filippine.
La parola «padre», ha detto Jorge Mario Bergoglio, è « più di ogni altra cara a noi cristiani, perché è il nome con il quale Gesù ci ha insegnato a chiamare Dio: padre». «Oggi, tuttavia - ha proseguito - si è arrivati ad affermare che la nostra sarebbe una società senza padri. In altri termini, in particolare nella cultura occidentale, la figura del padre sarebbe simbolicamente assente, svanita, rimossa. In un primo momento, la cosa è stata percepita come una liberazione: liberazione dal padre-padrone, dal padre come rappresentante della legge che si impone dall’esterno, dal padre come censore della felicità dei figli e ostacolo all’emancipazione e all’autonomia dei giovani. Talvolta - ha proseguito - in alcune case regnava in passato l’autoritarismo, in certi casi addirittura la sopraffazione: genitori che trattavano i figli come servi, non rispettando le esigenze personali della loro crescita; padri che non li aiutavano a intraprendere la loro strada con libertà: ma non è facile educare un figlio in libertà, eh! Padri che non li aiutavano ad assumere le proprie responsabilità per costruire il loro futuro e quello della società. Questo, certamente, è un atteggiamento non buono; però, come spesso avviene, si passa da un estremo all’altro».
«Il problema dei nostri giorni - ha proseguito il Papa - non sembra essere più tanto la presenza invadente dei padri, quanto piuttosto la loro assenza, la loro latitanza. I padri sono talora così concentrati su se stessi e sul proprio lavoro e alle volte sulle proprie realizzazioni individuali, da dimenticare anche la famiglia. E lasciano soli i piccoli e i giovani. Già da vescovo di Buenos Aires avvertivo il senso di orfanezza - ha detto Bergoglio con un neologismo - che vivono oggi i ragazzi; e spesso domandavo ai papà se giocavano con i loro figli, se avevano il coraggio e l’amore di perdere tempo con i figli. E la risposta era brutta, eh! La maggioranza dei casi: ‘Ma non posso, perché ho tanto lavoro ...’ E il padre era assente da quel figliolo che cresceva. E non giocava con lui ...non perdeva tempo con lui. Ora - ha aggiunto - in questo cammino comune di riflessione sulla famiglia, vorrei dire a tutte le comunità cristiane che dobbiamo essere più attenti»: l’assenza della figura paterna produce «lacune e ferite che possono essere anche molto gravi» se non vere e proprie « devianze dei bambini e degli adolescenti». Per Francesco, «è più profondo di quel che pensiamo il senso di orfanezza che vivono tanti giovani. Sono orfani ma in famiglia perché i papà sono spesso assenti, anche fisicamente, da casa, ma soprattutto perché, quando ci sono, non si comportano da padri, non fanno un dialogo con i loro figli, non adempiono il loro compito educativo, non danno ai figli, con il loro esempio accompagnato dalle parole, quei principi, quei valori, quelle regole di vita di cui hanno bisogno come del pane. La qualità educativa della presenza paterna è tanto più necessaria quanto più il papà è costretto dal lavoro a stare lontano da casa. A volte sembra che i papà non sappiano bene quale posto occupare in famiglia e come educare i figli. E allora, nel dubbio, si astengono, si ritirano e trascurano le loro responsabilità, magari rifugiandosi in un improbabile rapporto ‘alla pari’ con i figli. Ma, è vero che tu devi essere compagno di tuo figlio, ma senza dimenticare che tu sei il padre! Se tu soltanto ti comporti come un compagno alla pari del figlio, non farà bene al ragazzo”.
Il Papa ha poi allargato il discorso: «Questo lo vediamo anche nella comunità civile. La comunità civile con le sue istituzioni, ha una certa responsabilità - possiamo dire paterna - verso i giovani, una responsabilità che a volte trascura o esercita male. Anch’essa spesso li lascia orfani e non propone loro una verità di prospettiva. I giovani rimangono, così, orfani di strade sicure da percorrere, orfani di maestri di cui fidarsi, orfani di ideali che riscaldino il cuore, orfani di valori e di speranze che li sostengano quotidianamente. Vengono riempiti magari di idoli ma si ruba loro il cuore; sono spinti a sognare divertimenti e piaceri, ma non si dà loro il lavoro; vengono illusi col dio denaro, e negate loro le vere ricchezze».
Jorge Mario Bergoglio ha concluso a braccio: «Qualcuno di voi potrà dirmi: ‘Ma Padre, oggi lei è stato troppo negativo. Ha parlato soltanto dell’assenza dei padri, cosa accade quando i padri non sono vicini ai figli...’: è vero, ho voluto sottolineare questo, perché mercoledì prossimo proseguirò questa catechesi, mettendo in luce la bellezza della paternità. Per questo ho scelto di cominciare dal buio per arrivare alla luce».
A conclusione dell’udienza, il Papa ha assistito ad uno breve spettacolo messo in scena da trasformisti e giocolieri del circo Medrano, tirando anche una pallina verde che gli aveva porto un clown sotto lo sguardo divertito del prefetto della Casa pontificia mons. Georg Gaenswein.