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Storiografia

FASCISMO E LEGGI PER LA DIFESA DELLA RAZZA (1938). De Felice, Mussolini, e la "percentuale" del 1932. Un saggio di Giorgio Fabre, in "Quaderni di storia", riapre la questione. Una nota di Roberto Roscani - a cura di pfls

domenica 11 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Trattamento diverso De Felice riservò ad altri documenti sul razzismo come ad esempio le carte inviategli da Marcello Ricci, uno degli estensori del Manifesto della razza (le consegnò per la cura e la pubblicazione ad un suo allievo, Mario Toscano, essendo lui ormai gravemente malato). Ma Razza e percentuale no. Eppure (o forse per questo) era proprio il testo che lo avrebbe costretto ad una revisione radicale della tesi di fondo che lo storico ha costruito attorno al tema del (...)

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> FASCISMO E LEGGI PER LA DIFESA DELLA RAZZA (1938).---- Malgrado gli accordi, sul razzismo Pio XI non tacque mai (di Valerio De Cesaris)

lunedì 6 agosto 2012


Malgrado gli accordi, sul razzismo Pio XI non tacque mai

di Valerio De Cesaris (Corriere della Sera, 6 agosto 2012)

Sul «Corriere» del 26 luglio, Francesco Margiotta Broglio, presentando uno studio di Giorgio Fabre per i «Quaderni di Storia», ha richiamato l’accordo al quale la Chiesa di Pio XI e il governo di Benito Mussolini giunsero il 16 agosto del 1938 sulla questione del razzismo. Si tratta, nota Margiotta Broglio, di una vicenda in parte nota, ma sulla quale Fabre getta nuova luce. L’accordo, è bene ricordarlo, giungeva dopo settimane di alta tensione e due gravi discorsi di Pio XI: il primo contro il Manifesto degli scienziati razzisti (15 luglio); il secondo in cui il Papa lamentava che l’Italia, sul razzismo, imitasse «disgraziatamente» la Germania (28 luglio).

L’intesa - negoziato per parte vaticana dal gesuita Pietro Tacchi Venturi - prevedeva un do ut des: il fascismo avrebbe rispettato l’Azione cattolica mentre il Papa (e con lui la stampa cattolica) avrebbe dovuto tacere sul razzismo.

In realtà, però, l’accordo non segnò una svolta nello scontro che oppose la Santa Sede e il fascismo nel 1938. Fu anzi rapidamente accantonato, perché il Papa scelse di non tacere. Già il 19 agosto un articolo dell’«Osservatore Romano» ribadiva la posizione tradizionale della Chiesa nei confronti degli ebrei, per sottolineare che l’ostilità antiebraica di parte cattolica non poteva in alcun modo dipendere da «ostracismo di razza»; il Papa, nei giorni seguenti, continuò a criticare il razzismo, contravvenendo quindi a quanto stabilito nell’accordo. Il 22 agosto Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri e genero di Mussolini, annotò nel suo diario: «Sembra che il Papa abbia fatto ieri un nuovo discorso sgradevole sul nazionalismo esagerato e sul razzismo. Il Duce, che ha convocato per questa sera Padre Tacchi Venturi, si propone di dare un ultimatum...».

Un ultimatum formale non vi fu, ma vi furono pressioni alle quali il Papa non si piegò. Le due parti restarono, su razzismo e antisemitismo, in forte contrasto. Il 6 settembre, all’indomani dei provvedimenti fascisti che escludevano gli ebrei da scuole e università, Pio XI pronunciò le celebri frasi sul legame indissolubile tra cristianesimo ed ebraismo: «Non è lecito per i cristiani prendere parte all’antisemitismo. L’antisemitismo è inammissibile. Noi siamo spiritualmente semiti». Nelle settimane e nei mesi successivi «L’Osservatore Romano» criticò quasi quotidianamente il razzismo.

Quando, tra ottobre e novembre 1938, la Santa Sede chiese più volte al governo italiano di discutere assieme il contenuto delle leggi razziali, Mussolini non volle concedere nulla. Le proposte di modifica avanzate dal Vaticano furono respinte. Le proteste del Papa, che scrisse personalmente al re Vittorio Emanuele III e a Mussolini perché non si vietassero i matrimoni misti, rimasero inascoltate (Mussolini neppure rispose alla lettera di Pio XI).

In quel frangente, l’atteggiamento del Duce fu volutamente umiliante verso il papa. Forse proprio perché quest’ultimo, nei mesi precedenti, non aveva voluto piegarsi al diktat di non parlare del razzismo. Tema su cui le posizioni di Pio XI e di Mussolini erano inconciliabili e tali rimasero sino alla morte del Papa.


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