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In principio era l’amore (charitas - non caritas!!!): pensare l’ "edipo completo"(Freud)

INTERVISTA A JULIA KRISTEVA. Anche chi non crede in Dio, crede nell’amore e ciò mi pare oggi il più grande elemento di persistenza della nostra civiltà cristiana. Ma, detto questo, la studiosa ri-cade nelle braccia dell’autorità paterna (della versione cattolico-romana del cristianesimo ... ancora edipica) - a cura di Federico La Sala

martedì 10 luglio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] «Credo che esista un bisogno pre-religioso di credere e nell’esperienza psicanalitica può essere ricercato attorno alla cosiddetta identificazione primaria del figlio col padre. Non si tratta del padre edipico, quello dei divieti. Ma del padre dell’amore, dato che l’autorità paterna è un connubio fra il padre della legge e questo padre che ama. L’acquisizione del linguaggio richiede già questa fiducia di sé che ci viene data dal padre che ama. Leggendo la Seconda lettera ai Corinzi, (...)

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> INTERVISTA A JULIA KRISTEVA. ---- Sull’intervento, alla Sorbona, nella seconda giornata del «Cortile dei Gentili» (Interv. a c. di Stefano Montefiori -«Fede e umanesimo laico dialogano grazie a Freud»).

venerdì 25 marzo 2011


«Fede e umanesimo laico dialogano grazie a Freud»

intervista a Julia Kristeva,

a cura di Stefano Montefiori (Corriere della Sera, 25 marzo 2011)

Il Bisogno di credere: prepolitico, prereligioso. A questo istinto dell’uomo Julia Kristeva ha dedicato un libro (edito in Italia da Donzelli) e l’intervento che pronuncerà questa mattina, alla Sorbona, nella seconda giornata del «Cortile dei Gentili». Uno spazio di dialogo e di confronto tra mondo religioso e intellettuali non credenti, alla ricerca dei valori comuni e della complementarità, dove la grande semiologa «bulgara d’origine, francese di nazionalità, europea di cittadinanza e americana d’adozione» ripercorrerà i grandi momenti dell’umanesimo secondo questa traiettoria: Erasmo, Diderot, Sade, Freud.

«L’opera di Freud - spiega la Kristeva - è la cerniera tra le due frontiere dell’esperienza umana: lo scatenamento delle passioni da una parte e la morale dall’altra. Solo la teoria freudiana permette di coordinare questi due aspetti».

-  Ormai da qualche anno la moda del tempo, anche e soprattutto tra gli intellettuali non credenti, è demolire l’opera di Freud, accusata di essere una falsa scienza dal Libro nero della psicoanalisi (Fazi) fino agli ultimi saggi di Michel Onfray.

«Sono solo fenomeni mediatici, che non mi interessano. Non vedo come si possa affrontare la questione della religione senza tenere conto di ciò che Sigmund Freud ci insegna sull’essere umano, e cioè che l’homo sapiens è homo religiosus: il bisogno di sapere si traduce in un bisogno di credere, il sapere può decostruire il credere, ma non può esistere senza il credere. Ci siamo abituati ad attaccare l’opera di Freud perché ha detto che le religioni sono un’illusione e questo infastidisce molto gli uomini di fede; è vero, i fenomeni religiosi talvolta portano alla nevrosi se non all’oscurantismo e all’integralismo, ma Freud non si limita a questo. Mostra anche come la psicanalisi sia la sola delle scienze umane in grado di avvicinare il fenomeno religioso in maniera delicata, riconoscendone il radicamento profondo nell’uomo. Penso che il dialogo che cominciamo in questi giorni a Parigi possa avvenire a partire da questo tipo di approccio. Con delicatezza».

-  Lei come si definisce in rapporto alla religione?

«Mi interessa l’umanesimo, la differenza tra l’umanesimo cristiano e quello dei Lumi, e come quest’ultimo può rispondere alle questioni della nostra epoca, dalla libertà sessuale al ruolo della donna, alle crisi dei giovani e del multiculturalismo. Non si tratta di distruggere la religione, come hanno tentato di fare i totalitarismi, ma neanche di accettarla: serve un lavoro di rivalutazione della memoria».

-  Questo umanismo è ateo, agnostico o credente?

«Io appartengo alla variante dell’umanesimo dei Lumi: un ateismo in senso sartriano, che è quindi un’"esperienza crudele e di lungo respiro". Cerco di continuare quel lavoro».

-  Nell’intervento, Julia Kristeva citerà L’esistenzialismo è un umanesimo di Jean-Paul Sartre (Mursia) e la Lettera sull’ «umanismo» di Martin Heidegger (Adelphi).

«Sartre parla molto della libertà, l’esistenza dell’uomo precede l’essenza, ed è una libertà che si conquista con scelte e rischi; dalla parte di Heidegger il problema è più complesso: non si pone né per Dio né contro Dio né nell’indifferentismo, ma cerca di cogliere l’uomo in rapporto al linguaggio. Ma solo Freud riesce a mettere in relazione la follia umana e il bisogno di valori. Come diceva Jung, il credere non può essere cancellato, può essere solo sublimato. Il percorso psicanalitico è in fondo un modo di sublimare questo bisogno di credere».

Julia Kristeva crede molto nell’utilità di spazi di confronto come «Il Cortile dei Gentili», «che non può restare un’occasione isolata». Il suo progetto è creare un’istituzione permanente, un luogo di studio che aiuti a «rispondere al malessere dell’uomo moderno in modo post-religioso, ma tenendo conto dell’apporto delle religioni».


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