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Europa. Italia:....

Il 25 aprile del 1945, la liberazione "dall’oscuro periodo del nazifascismo e della guerra". Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha avviato al Quirinale le celebrazioni ufficiali del 63/o anniversario - a cura di pfls

giovedì 24 aprile 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Il 25 aprile del 1945, la liberazione "dall’oscuro periodo del nazifascismo e della guerra", ha sottolineato ancora Napolitano, fu la "promessa di un’Italia nuova, di una vera Costituzione dei cittadini, di una democrazia reale, di sviluppo economico e sociale per tutto il Paese". Oggi, ha proseguito il presidente della Repubblica, "siamo spronati ad un impegno maggiore per mantenere quella promessa" dobbiamo dire che "quei principi vanno vissuti quotidianamente". Tutti gli italiani, (...)

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> Il 25 aprile del 1945, la liberazione "dall’oscuro periodo del nazifascismo e della guerra". --- "Un conto è la comprensione, altro è l’equiparazione, che non va fatta" - Franceschini ("mio padre partigiano ha sposato la figlia di un repubblichino") replica a Berlusconi: Non si possono equiparare repubblichini e partigiani.

domenica 26 aprile 2009

PASSATO E PRESENTE: STORIA E STORIOGRAFIA.


Franceschini replica a Berlusconi: «Non si possono equiparare repubblichini e partigiani»

Le celebrazioni del 25 aprile sono cominciate stamattina quando il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, accompagnato dalle più alte cariche dello Stato, ha reso omaggio al Milite Ignoto, deponendo una corona di fiori all’Altare della Patria a Roma.

Alla cerimonia era presente, per la prima volta, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, insieme con i presidenti di Camera e Senato Gianfranco Fini e Renato Schifani, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti.

Successivamente le istituzioni si sono divise. Napolitano è andato a celebrare la Festa al sacrario Militare di Mignano Montelungo. «La celebrazione del 25 aprile - ha detto il capo dello Stato - deve diventare finalmente occasione di ricordo, di riconoscimento, di omaggio per tutte le componenti di quel grande moto di riscatto patriottico e civile che culminò nella riconquista della libertà e dell’indipendenza del nostro paese, per tutte le sue componenti viste e onorate nella loro unitarietà».

Berlusconi, invece, è andato in Abruzzo, ad Onna, dove ha pronunciato un discorso controverso che ha subito suscitato polemiche: ricordare oggi con rispetto tutti i caduti, anche quelli che hanno combattuto dalla parte sbagliata - ha detto il premier, riprendendo ciò che aveva già detto in mattinata sui repubblichini («La pietà deve andare anche a coloro che credendosi nel giusto hanno combattuto per una causa che era una causa persa»).

La frase di Berlusconi ha provocato l’immediata reazione del segretario del Pd, Dario Franceschini, in visita proprio a Onna: «Un conto è il rispetto umano ma non si può equiparare chi combatté dalla parte giusta e chi invece lottò per una causa tragicamente sbagliata».

«Lo dico anche per ragioni familiari - ha aggiunto Franceschini - visto che mio padre partigiano ha sposato la figlia di un repubblichino. Un conto è la comprensione, altro è l’equiparazione, che non va fatta». «È importante che il 25 aprile torni ad essere la festa di tutti. Non lo è stato negli ultimi anni mentre lo è stato per decenni quando le forze politiche mettevano da parte le contrapposizioni per ricordare le radici della nostra democrazia e costituzione e la lotta al fascismo», ha detto Franceschini. «Nel suo discorso Berlusconi metta in linea con la tradizione politica e culturale dell’Italia Repubblicana - ha detto Franceschini -. Qui come a Filetto dove sono stato per ricordare un’altra strage nazista si sente il dolore e il dramma del terremoto ma anche la voglia di ripartire e di ricostruire perchè gli abruzzesi sono gente forte». Per il leader del Pd, «bisogna trovare in questa giornata le cose che uniscono e questa dovrebbe tornare ad essere una giornata di normalità e di unità».

Anche Massimo D’Alema ha replicato alle frasi del premier: «La pietà fa parte dei sentimenti umani ma non si possono mescolare i sentimenti» a quanto è accaduto nella Storia perché altrimenti «questo è solo un modo per fare confusione e sulla confusione non si costruisce nulla». «Si torna sempre sui temi che dovrebbero essere limpidamente chiari. Noi viviamo in una Repubblica democratica che fu costruita da quella parte degli italiani che combatterono - ha detto D’Alema - per la libertà, a fianco degli alleati e contro il fascismo e il nazismo. Tutto questo si è concretizzato in una Costituzione che nella prima parte pone come fondamento comune della Repubblica proprio i valori della Resistenza».

A Roma ci sono altre polemiche. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno non parteciperà alle celebrazioni del 25 aprile a Porta San Paolo. «Purtroppo la Questura mi ha comunicato ufficialmente che i centri sociali hanno fatto una mobilitazione contro la mia presenza», ha cercato di giustificarsi il sindaco. La sua assenza non gli ha evitato però i fischi. Sul palco allestito a Porta San Paolo è salito il comandante Massimo Rendina, presidente dell’Associazione Partigiani: «Ringrazio le istituzioni, il presidente della Provincia e della Regione e anche il sindaco Alemanno, lo aspettavamo». E dalla piazza sono partiti i fischi: «Vi prego - ha detto Rendina - noi abbiamo rispetto per le istituzioni. Quello che ha detto il sindaco due giorni fa è consolante, il fatto cioè che la Costituzione sia il fondamento dello Stato democratico. Ma siamo perplessi, ci inquieta l’attenzione verso i centri sociali fascisti».

* l’Unità, 25 aprile 2009


Sul tema, nel sito, si cfr.:

USCIRE DALLO STATO DI MINORITA’. LA VITA E LA LIBERTA’ RENDONO POSSIBILI LA STORIA DEL PRESENTE E LA STORIOGRAFIA DEL PASSATO, NON VICEVERSA - LA MORTE E LA DITTATURA .... QUANDO I MORTI DOMINANO I VIVI E SOFFOCANO LO SPIRITO DELLA LIBERAZIONE E DELLA COSTITUZIONE. Il 25 aprile e la trappola della "memoria condivisa". Una nota di Walter Barberis Chi ha combattuto per regimi totalitari, in Italia come in Ungheria, in Argentina come in Cambogia, merita una riflessione, talvolta comprensione, ma non una postuma assoluzione


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