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NELL’EPOCA DELL’APPROPRIAZIONE INDEBITA DEL NOME DEL PAESE "ITALIA" DA PARTE DI UN PARTITO E DELL’ATTIVO SILENZIO DEI FILOSOFI E DEGLI INTELLETTUALI ....

A EUGENIO GARIN, IN OCCASIONE DEL CONVEGNO A FIRENZE, ALLA CUI APERTURA HA PARTECIPATO ANCHE IL PRESIDENTE NAPOLITANO. Un ricordo di Claudio Cesa - a cura di Federico La Sala

venerdì 6 marzo 2009 di Federico La Sala
Il Presidente Napolitano a Firenze
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano partecipa, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, all’apertura del convegno "Eugenio Garin. Dal Rinascimento all’Illuminismo", promosso dalla Scuola Normale di Pisa, dall’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento e dal Comune di Firenze.
Ad aprire i lavori del convegno gli interventi del Sindaco Leonardo Domenici, del Direttore della Normale, Salvatore Settis e del Presidente dell’Istituto, (...)

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> A EUGENIO GARIN, IN OCCASIONE DEL CONVEGNO A FIRENZE, ALLA CUI APERTURA HA PARTECIPATO ANCHE IL PRESIDENTE NAPOLITANO. ---- occorrono una libera stampa, un’università combattiva e orgogliosa, oltre che, naturalmente, anche una coerente opposizione (di Carlo Galli - La politica inadempiente).

venerdì 6 marzo 2009

L’ANALISI DEL BERLUSCONISMO E IL RITORNELLO DEGLI INTELLETTUALI

RUBATI I BUOI, SI CHIUDONO LE STALLE. CONSEGNATA LA CHIAVE DEL PAESE (IL NOME: "ITALIA") A UN PARTITO (1994) E FAVORITA LA SUA EGEMONIA E DITTATURA SOPRA TUTTI GLI ALTRI PARTITI E SU TUTTA LA SOCIETA’ (2009)... DI FRONTE ALLA GRANDE CRISI E ALLA CATTIVA POLITICA DELLA "DITTATURA ELETTA", ORA GLI INTELLETTUALI SI COMINCIANO A SVEGLIARE E A CHIEDERE UNA LIBERA STAMPA, UN’UNIVERSITA’ COMBATTIVA, E UNA COERENTE OPPOSIZIONE. ( Federico La Sala)


La politica inadempiente

di Carlo Galli (la Repubblica, 06.03.2009)

La Grande Crisi sta mostrando che non al mercato ma alla politica spetta il compito di ricondurre a un minimo di ordine, di stabilità e di prevedibilità le dinamiche delle società del XXI secolo. E del ritorno in grande stile della politica - con il suo tratto qualificante, il potere - abbiamo un esempio nelle decise, massicce, penetranti misure d’intervento volute da Obama.

In modi diversi, anche la destra al governo in Italia risponde alla nuova esigenza di politica. Alcune iniziative come la questione nucleare, il testamento biologico, la regolamentazione degli scioperi, ma anche il decreto sulla sicurezza e quello sulle intercettazioni, sono riconoscibili e valutabili se si pone mente al loro risultato, che è un aumento esponenziale - realizzato, perseguito o annunciato - del potere politico concentrato nell’esecutivo.

La decisione a favore delle centrali nucleari, infatti, scavalca certamente le procedure e le mediazioni parlamentari (oltre che un atto di volontà popolare); ma è ancora più importante sottolineare che l’accesso sistematico al nucleare implicherebbe anche, per sua natura, un rafforzamento del potere politico, per ragioni di sicurezza e di gestione implicite in quella tecnologia, che anche quando è civile ha un effetto "militarizzante" per l’esigenza, ovvia, di predisporre misure antisabotaggio, antiterrorismo, di custodia dei siti, di segretezza operativa. Al di là di ogni altro dibattito economico e ecologico, il nucleare è l’occasione privilegiata perché lo Stato - come Stato tecnico, custode delle infrastrutture strategiche - tocchi il vertice della propria potenza, nella sua forma piramidale classica: la storia della seconda metà del Novecento mostra che in quest’ambito è massimo l’aumento della asimmetria di potere e di sapere fra Stato e cittadini, fra Stato e società.

L’alimentazione e l’idratazione forzata - previste dai progetti governativi, insieme al divieto di cessazione delle cure mediche se da questa consegue la morte - sono poi un esempio della sottomissione del singolo, e della sua libertà, al potere politico nella sua forma etica, che gli impone valori salvifici, e nella sua forma biopolitica, che pretende di allevarlo in senso non metaforico. L’acuta ossessione securitaria della destra - perenne oggetto di infinite decretazioni e legislazioni - rientra a pieno titolo nella classica dimensione "leviatanica" del potere politico, tanto che sia sicurezza imposta dall’alto attraverso le forze dell’ordine quanto che sia "partecipata", aperta agli equivoci volontariati di base, o di parte.

La progettata limitazione degli scioperi in alcuni servizi pubblici fornisce infine la cifra oggi più spendibile politicamente dell’aumento del potere politico a scapito dei diritti di libertà: quell’incremento si giustifica in vista del bene, dell’utile, della comodità dei cittadini. E anche le misure anti-intercettazione, che appaiono "liberali" e non ascrivibili a logiche di rafforzamento del potere statale, hanno la loro legittimazione politica in una resa dei conti con la magistratura e la stampa. Tecnico, etico, biopolitico, securitario, lo Stato è oggi avviato ad assumere una fisionomia autoritaria: ovunque corregge, ordina, interviene e dispone, limita e comanda.

Che sia proprio un governo espresso da una maggioranza la cui principale forza politica si richiama al liberalismo a realizzare questo incremento del potere dello Stato è paradossale ma spiegabile: l’esigenza di politica è realmente all’ordine del giorno, e, inoltre, questo aumento di potere politico non prende certo, oggi, le forme novecentesche: non, evidentemente, quelle della ferocia totalitaria né quelle soft del consumismo (che in questa fase non è un’opzione praticabile), non quelle della disumanizzazione tecnica della politica (sul modello delle alienanti tecnostrutture di Metropolis) né quelle della "confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà " di marcusiana memoria (tolleranza e piacere non sono più di moda).

Siamo davanti, oggi, a un vero nuovo quadro problematico, dentro al quale sta anche il conflitto d’interessi, ma che va oltre questo. Siamo davanti, cioè, a un nuovo Leviatano, la cui potenza e imponenza non implicano necessariamente efficienza; a un Leviatano per molti versi casuale, ansimante e sbilenco, capace sia di nuocere realmente alle libertà e ai diritti costituzionali attraverso la promozione di discriminazioni, di diseguaglianza, di conflitti, sia di essere inefficace o controproducente rispetto ai fini che si prefigge e che proclama: la sicurezza e il nucleare (con le sue scorie) non stanno facilmente insieme; lo stesso vale per l’ordine pubblico e le ronde, che creeranno più problemi di quanto ne risolveranno; la limitazione delle intercettazioni renderà più difficile indagare su fatti criminali anche gravi così che la "difesa della vita" si rivelerà l’obbligo di restare in vita, imposto a chi non può difendersi dall’etica di Stato; la lotta aspra all’immigrazione clandestina produrrà reazioni sempre più violente, ecc.; mentre i grandi interventi della politica sull’economia non si vedono.

A questo cattivo ritorno della politica non basta opporre la difesa formale della costituzione (ovviamente necessaria perché prevede e prescrive appunto i limiti democratici del potere); la lotta per rilanciare la centralità delle libertà, della democrazia, della costituzione, implica l’affermazione e la promozione di autentici contropoteri democratici diffusi nella società: per domare il nuovo Leviatano, zoppicante ma pericoloso, occorrono una libera stampa, un’università combattiva e orgogliosa (come quella francese, che sta rifiutando misure non peggiori di quelle che colpiscono la nostra); oltre che, naturalmente, anche una coerente opposizione.


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