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CRISI DEL PAPATO: UN’EMERGENZA ANTROPOLOGICA E TEOLOGICO-POLITICA.

AI CARDINALI, PER L’ELEZIONE DEL NUOVO PAPA, NELLA CAPPELLA SISTINA: GUARDARE IN ALTO! Andiamo "verso un’era collegiale"! Una nota di Franco Cardini - con appunti di Federico La Sala

L’orologio della storia della Chiesa è fermo almeno da 500 anni. I Profeti e le Sibille insieme nella Volta della "Cappella Sistina" (Michelangelo, 1512) sono ancora un grosso problema ...
lunedì 11 marzo 2013
[...] la domanda che è legittimo formulare è questa: che la nuova età della Chiesa, quella che Benedetto XVI ha compreso necessaria ma non si è sentito di gestire, sia quella di una rinnovata proposta conciliaristica di direzione non più monarchica, bensì collegiale della Chiesa cattolica? Il prossimo conclave e il nuovo pontefice risponderanno a questa domanda.
Materiali per riflettere:
CONCLAVE - FOTO: CAPPELLA SISTINA
MICHELANGELO E LA SISTINA (1512-2012). I PROFETI INSIEME ALLE SIBILLE (...)

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>AI CARDINALI, PER L’ELEZIONE DEL NUOVO PAPA --- "DOMINUS IESUS" O "LUMEN GENTIUM"?! GESU’ NON HA ISTITUITO IL PAPATO! (Otto Hermann Pesch).

mercoledì 6 marzo 2013


Pesch: Roma è illimitatamente riformabile, Gesù non ha istituito il papato

di Ja die neue Kirchenzeitung

in “www.ja-kirchenzeitung.at” n° 10 del marzo 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)

Gesù non ha lasciato esplicite direttive relativamente alla forma della chiesa né a chi l’avrebbe diretta. Questo significa, secondo il teologo tedesco Otto Hermann Pesch: “Concretamente: il papa e la curia romana sono riformabili senza limiti, se necessitano di riforme”.

Questo vale oggi quanto nei primissimi tempi “ogni qualvolta la situazione è apparsa senza prospettive”, scrive Pesch in un articolo sulla rivista “ Bibel und Kirche ” (Bibbia e chiesa), pubblicata dalla “ Katholisches Bibelwerk ” di Stoccarda. Il contributo dell’emerito professore di dogmatica di Amburgo nel quaderno 4/2012 dedicato a “ Die Gewänder des Petrus ” (gli abiti di Pietro) ha il titolo: “ Jesus hat kein Papsttum gestiftet! ” (“Gesù non ha istituito il papato!”)

È urgentemente necessaria una riforma del papato, che nel corso del tempo ha subito cambiamenti storici e che è stato fortemente trasformato dalla tradizione, dice Pesch. Non è sufficiente che Papa Giovanni Paolo II, nell’enciclica “ Ut unum sint ” (1995), inviti le chiese non romane a riflettere con lui sullo stile e sulle modalità di esercizio della funzione papale. Poiché nella stessa enciclica Giovanni Paolo II ha chiarito ciò che riteneva indispensabile nella sua missione, e cioè di dover vegliare “come un guardiano” affinché in tutte le singole chiese “si faccia sentire la vera voce di Cristo pastore”. Pesch afferma che di fronte a questa rivendicazione, sia stato “comprensibile che nessuno abbia voluto accogliere l’invito al dialogo”.

Il criterio per ogni riforma del papato è, secondo le parole del teologo, “se il ministero petrino, storicamente accresciuto, offra veramente un utile servizio petrino”. Si raggiungerebbe questo se anche con la forma attuale di papato si realizzasse ciò che al tempo dei primi cristiani si diceva di loro: “ Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune (...) lodavano Dio e godevano della simpatia di tutto il popolo ” (At 2,44-47), ha citato Pesch dagli Atti degli Apostoli.

Da umili inizi a forza potente

Con un sintetico sguardo retrospettivo, Pesch delinea lo sviluppo del papato dagli inizi nel periodo biblico fino all’oggi, e ci presenta così varie notizie sorprendenti.

I racconti biblici ci fanno capire che Gesù vide avvicinarsi il tempo della morte, ma che al contempo vide anche la continuità del suo messaggio del “Regno di Dio” - ulteriormente annunciato dai dodici presenti all’ultima cena e in seguito da tutti coloro che credevano alle loro prediche. “Dalla bocca di Gesù non sappiamo altro - niente su strutture, costituzioni o cariche, afferma Pesch.

Il fatto è questo: Pietro doveva essere, secondo la volontà di Gesù, il portavoce autorizzato dei dodici. Gli scritti che si riferiscono agli apostoli nelle prime comunità cristiane sono stati scritti solo dopo la morte di Pietro a Roma, mostravano comunque la sua “posizione speciale nella giovane Chiesa” e la considerazione onorevole a lui riservata.

Secondo Pesch, la comunità romana ancora alla fine del primo secolo era guidata da un collettivo, un “presbiterio”, mentre la guida della comunità in Palestina e in Siria si realizzava tramite un unico vescovo.

Allontanamento tra Oriente ed Occidente

Nel Medioevo si era giunti ad un “allontanamento tra Roma e l’Oriente”, tra Roma e Bisanzio quale sede dell’imperatore: “I primi concili, così importanti per la formulazione della confessione di fede, erano tutti sinodi della Chiesa orientale a cui i rappresentanti dell’Occidente, se mai presenti, non collaboravano” e talvolta addirittura “rimanevano chiusi fuori”, ricorda Pesch. Le decisioni di questi concili, fino ad oggi determinanti, sono sempre state accolte solo posteriormente e non sempre a quanto pare sotto la direzione di Roma in Occidente”.

Dopo lo scisma d’Oriente nel 1054 e dopo la separazione tra la Chiesa d’Oriente e d’Occidente, “lo sviluppo storico del primato papale è stato solo una faccenda interna alla Chiesa d’occidente.”, scrive Pesch. Per secoli si è trascinato un conflitto di poteri tra papi e imperatori, con sempre più esplicite rivendicazioni di potere da parte dei papi.

Papa Gregorio VII pretese nel 1075 sovranità universale non solo sulla Chiesa, ma anche sulle autorità civili. Bonifacio VIII dichiarò nel 1302 che “era necessario per qualsiasi essere umano essere sottomesso al papa romano”

Il papa sta al di sopra della bibbia?

Però, fa notare Pesch, era chiaro anche all’interno dei gruppi “papalini” convinti, del tardo Medioevo, che difendevano l’autorità del papa come superiore a quella del concilio, che fondamentalmente anche un papa poteva diventare eretico e che quindi avrebbe potuto insegnare cose sbagliate alla Chiesa. Come criterio valeva il fatto che il papa contraddicesse o meno la Sacra Scrittura.

Questa convinzione ha svolto un ruolo fondamentale - nel caso di Martin Lutero - anche nello scisma di Occidente. Questa “catastrofe per la teologia e per la storia della chiesa” può essere fatta risalire anche al teologo papale di corte Silvester Prierias, che come posizione di Roma di fronte ai riformatori affermò: eretico è chi contesta il fatto che anche la Sacra Scrittura ha forza e autorità (robur et auctoritatem) solo sulla base dell’insegnamento del vescovo di Roma”.

Considerare la Scrittura non più come criterio per la giusta credibilità del papa, ma porre quest’ultimo al di sopra della Scrittura, era inaccettabile per Lutero e lo fece addirittura parlare del papa come “anticristo”, ricorda Pesch.

È vero che la tesi del Prierias non è affatto una dottrina della Chiesa e neppure è coperta dal dogma del Concilio Vaticano I sul primato di giurisdizione e insegnamento del papa. Ma - è la critica di Pesch - una presa di distanza dalle posizioni del 1518 che sono servite come base del processo romano contro Lutero, a tutt’oggi non c’è ancora stata.


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