CON MARITAIN, OLTRE MARITAIN:
Il pensatore francese valorizzò il Mediterraneo come crogiolo di culture e religioni diverse.
Qui nacque l’idea feconda che il confronto con l’altro arricchisce la propria identità
Influenzò il giovane Bobbio e Adriano Olivetti, a Chicago lavorò con Strauss e Voegelin
per tracciare un fondamento più sicuro alla democrazia dopo il dramma dei due conflitti mondiali
DI ROBERTO PAPINI (Avvenire, 18.03.2010)
Jacques Maritain (1882- 1973) è generalmente riconosciuto come uno dei maggiori pensatori del XX secolo, anche se l’articolazione scolastica della sua opera ha allontanato molti tra i suoi potenziali estimatori. Ricorrendo ad un tomismo duttile ed aperto ha affrontato i maggiori problemi teorici del suo tempo nei campi più diversi: nella metafisica, nell’epistemologia, nella filosofia della natura e in quella della cultura, dell’estetica e dell’educazione ed anche nella politica, conducendo una battaglia per la liberazione dell’intelligenza e un ritorno al realismo, nella prospettiva di dare un fondamento alla nozione di persona.
Specialmente in Umanesimo integrale, Maritain analizza i rapporti tra persona e società e afferma che l’uomo non si esaurisce nel sociale, anche se è portato ad una « comunione sociale » : la società è per le persone e non le persone per la società. Il bene comune non consiste allora solo in una redistribuzione del benessere materiale, ma soprattutto nell’edificazione di una società che favorisca la promozione di tutto l’uomo e di tutti gli uomini.
Per dirla sinteticamente, la filosofia di Maritain è un umanesimo personalista. D La sua filosofia politica si sviluppa già nelle sue opere degli anni Venti, partendo dall’idea di persona presente in San Tommaso, ma da lui approfondita nella sua dimensione storica e relazionale. Maritain, in particolare, teorizzerà quella corrente filosofica, il personalismo, cui appartengono, per molti versi, autori come Mounier, Lévinas, Ricoeur, Buber, Scheler, Guardini, il giovane Bobbio, Olivetti, Pareyson ... e tanti altri che, da un lato, rifiutano l’atomizzazione della società liberale e, dall’altro, il collettivismo delle società comuniste ( oltre ai fascismi emergenti).
Da qui il disegno di una società pluralista, personalista e comunitaria il cui fondamento non è né l’individuo né lo Stato, ma la persona. Con questa prospettiva si può dire che Maritain ha veramente attraversato i grandi problemi del Novecento e non in modo disincantato ( basti ricordare le sue numerose battaglie per la fondazione dei diritti umani, il suo impegno per la fine della guerra civile in Spagna, i Manifesti firmati con altri intellettuali francesi ed europei...), ma come pensatore di movimento, « filosofo nella città » , intellettuale impegnato a servizio della verità e della giustizia.
Durante la guerra Maritain, rifugiatosi negli Stati Uniti a causa del suo antinazismo, approfondirà il suo pensiero politico nel contesto americano. Nel 1949 Maritain, allora filosofo cattolico molto conosciuto, veniva invitato all’Università di Chicago con Leo Strauss, Eric Voe- gelin e Yves Simon ad offrire un contributo per una nuova filosofia della democrazia e dei diritti umani ritenuta necessaria per una ricostruzione solida dello spirito e delle istituzioni democratiche, a livello nazionale e internazionale, dopo la catastrofe delle due guerre mondiali.
Erano gli anni movimentati del dopoguerra e da molti era avvertita la necessità di approfondire la ragioni del « vivere assieme » , anche se la guerra fredda e la minaccia nucleare aveva spento molte speranze di trovare un camino pacifico per i paesi del pianeta dopo la firma della carta dell’Onu a San Francisco nel 1945 e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nel 1948. L’idea era quella di un ordine ( nazionale ed internazionale) fondato sulla persona umana ed i suoi diritti e doveri, un’idea cui Maritain aveva già dato un contributo importante alla cultura del tempo e, in particolare, durante la stesura della Dichiarazione Universale del 1948. Uomo e lo Stato, che raccoglie le conferenze di Chicago, si rivelò non solo il capolavoro della sua filosofia politica, ma fu considerato uno dei libri che coglievano con più profondità lo spirito dei tempi e disegnavano prospettive concrete, anche se difficili, per l’edificazione di un mondo pacifico.
La triade persona umana e suoi diritti - società civile ( Maritain usava il termine « corpo politico » ancor più carico di significato in quanto assorbiva l’idea di Stato) - democrazia, costituisce per il pensatore tomista la base su cui costruire un mondo nuovo che avrebbe dovuto sostituire il ’ désordre radical’ che aveva dilaniato il Novecento, con la triade individuo (individualismo) - nazione - Stato. La centralità della democrazia è, insomma, il tema dominante di L’uomo e lo Stato.
Una vera democrazia - politica, economica, sociale e culturale - espressione reale di un «corpo politico » maturo, è il sistema migliore con cui gli uomini possono autoregolarsi e limitare l’idea che sia lo Stato a permettere i diritti umani, mentre a lui non spetta che riconoscerli come inerenti alla natura umana; e solo un mondo formato da democrazie sul piano nazionale può dar vita ad un’autentica democrazia internazionale e ad una globalizzazione guidata non solo da imprese transnazionali, ma da un’ « autorità politica mondiale » espressione autentica di un « corpo politico » mondiale (oggi diremmo «società transnazionale » ). L’idea di persona e di democrazia si sono sviluppate nell’ambito del Mediterraneo in un intreccio tra religioni ( là Dio è entrato in contatto con l’umanità), culture ( è sempre stato un crocevia tra Oriente e Occidente) e politica in situazioni di conflitto, ma anche di reciproca collaborazione.
In un momento difficile come quello attuale, le analisi sottili di Maritain ( già presenti in Religione e cultura) su ebraismo, cristianesimo e islam, ci aiutano a comprendere tutte le valenze del « mare nostrum » che ha offerto al mondo il pensiero per autocomprendersi attraverso l’incontro con l’altro e tessere trame di collaborazione messe spesso alla prova, ma che hanno resistito e si sono rinnovate nei secoli. Anche se accade che la violenza reciproca ci faccia velo, non possiamo dimenticare che esiste un umanesimo mediterraneo ( personalista). Maritain, filosofo della persona, come molti autori ebrei, cristiani e musulmani, ne era cosciente.
CONVEGNO
IL «PADRE» DELLA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI UMANI
Trentacinque anni di vita, un percorso di ricerca accademica che ora può andare sotto la lente d’ingrandimento degli studiosi. Per tale motivo si svolge in questi giorni a Roma il convegno «L’Istituto Maritain tra memoria e progetto dopo trentacinque anni», promosso in collaborazione con il Centro culturale San Luigi dei francesi e la Fondazione Roma. L’evento si è aperto ieri con la presentazione del volume di Jean-Dominique Durand, «Un laboratorio per la democrazia» (Il Mulino), dedicato all’attività dell’ente maritainiano.
Sono intervenuti William Sweet, vice presidente del «Maritain», Mauruzio Fallace, del Ministero per i Beni culturali, e Sergio Fernàndez Aguayo, presidente dell’Istituto Maritain del Cile. Oggi, in via del Corso 320 a Roma, doppia sessione di lavori con gli interventi, tra gli altri, di Roberto Papini, segretario generale dell’Istituto (di cui anticipiamo qui l’intervento), Federico Mayor, già direttore generale dell’Unesco, Marcelo Sànchez Sorondo, Cancelliere della Pontificia accademia delle scienze, Pedrag Matvejeviç, docente della Sapienza di Roma, Robert Royal, esponente del Faith & Reason Institute di Washington, e Mohammed Arkoun (professore alla Sorbona di Parigi). Il convegno si conclude sabato con una riflessione sull’enciclica «Caritas in veritate», dove interverranno Giancarlo Zizola, monsignor Agostino Superbo, Piero Votto, Gennaro Curcio.