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PER L’ITALIA E PER LA COSTITUZIONE. CARO PRESIDENTE NAPOLITANO, CREDO CHE SIA ORA DI FARE CHIAREZZA. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI ... di Federico La Sala

martedì 4 novembre 2014
CRISI COSTITUZIONALE (1994-2011). DUE PRESIDENTI GRIDANO: FORZA ITALIA!!! LA DOMANDA E’: CHI E’ "PULCINELLA"? CHI IL MENTITORE?
AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA L’INVITO A RIPRENDERSI LA "PAROLA" E A RIDARE ORGOGLIO E DIGNITA’ A TUTTO IL PAESE: FORZA, VIVA L’ITALIA, VIVA L’ ITALIA!!!
ITALIA: LA (...)

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> PER L’ITALIA E PER LA COSTITUZIONE. CARO PRESIDENTE NAPOLITANO, CREDO CHE SIA ORA DI FARE CHIAREZZA ---CARLO AZEGLIO CIAMPI. Colle e giustizia. Come ti interrogo un presidente

martedì 30 settembre 2014


Colle e giustizia

Come ti interrogo un presidente

di Bruno Tinti (il Fatto, 30.09.2014)

C’è una gara tra molti giornalisti italiani. Napolitano non deve testimoniare nel processo di Palermo sulla trattativa Stato-mafia. Non ha nulla da dire, non sta bene che sia sentito come testimone, trattasi della consueta arroganza di pm e giudici... Non è vero niente ma non importa: la ritrosia di Re Giorgio a sottomettersi all’articolo 1 della Costituzione e ad accettare il principio di separazione dei poteri deve essere sostenuta a prescindere; tanto più se fondata sul timore che, testimoniando testimoniando, qualche scheletro salti fuori da qualche armadio e spieghi ai cittadini perché, per lui e solo per lui, si è inventato un codice di procedura penale nuovo di zecca (nella parte relativa alle intercettazioni telefoniche).

L’opportunismo è incompatibile con la memoria; almeno con quella scomoda. Il precedente di Cossiga che, nel 1990, rifiutò di testimoniare avanti al giudice Casson nel processo Gladio se lo ricordano tutti. Anche perché Cossiga piantò un casino furibondo. Ma quello, rispettoso delle istituzioni e collaborativo, di Ciampi al tempo dell’indagine Telekom Serbia non lo ricorda nessuno.

Era il 2004 e noi (la Procura di Torino) ci trovavamo alle prese con una commissione di inchiesta parlamentare che si era fatta portare in giro da un millantatore e calunniatore di nome Igor Marini. Alcuni deputati si fecero perfino arrestare in Svizzera, dove si erano recati per prendere imprecisati documenti custoditi negli uffici pubblici di Lugano; il tutto da turisti, senza rogatorie e senza accordi con le autorità svizzere: una cosa imbarazzante. La polizia li fermò e li trattenne per qualche ora; poi li riaccompagnò alla frontiera con le orecchie rosse per la vergogna.

CERCAMMO di ricostruire la vicenda dell’acquisto di una quota di Telekom Serbia da parte di Telecom. Fu abbastanza difficile, anche per via del plotone di esecuzione parlamentare che aveva deciso di fucilare Prodi, Dini e Fassino, opportunamente accusati da Marini di aver percepito tangenti. Invece noi lo incriminammo per calunnia, reato per cui fu poi condannato.

Nel corso delle indagini, saltò fuori che l’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, poteva fornire informazioni preziose. Così Marcello Maddalena (il procuratore capo di Torino) telefonò a Loris D’Ambrosio, il magistrato che già allora era consigliere giuridico al Quirinale, e gli disse di questa nostra necessità: “Indaghiamo sull’affaire Telekom Serbia, avremmo necessità di interrogare il presidente come testimone. Si può combinare? Quando e dove vuole lui, naturalmente”. Un paio di giorni e arrivò la risposta: “Va bene tra... a Castel Porziano? ” “Certo, come no. Ringrazi il presidente da parte nostra”.

Così, in una bella giornata di luglio, arrivammo (Maddalena e io) al cancello della tenuta. Un signore ci fece strada con la sua automobile fino alla residenza del presidente. Un posto bellissimo, una casa bassa, immersa tra i pini, arredata con una raffinatezza semplice e preziosa. Ciampi ci ricevette subito; era insieme allo storico segretario generale della Presidenza della Repubblica, Gaetano Gifuni. Tanto era grosso, diffidente e un po’ altezzoso Gifuni, tanto era piccolo, gentile e semplice Ciampi.

Ci fece accomodare e ci offrì un caffè. Poi si sistemò su una poltrona e si disse a nostra disposizione. Io aprii il portatile e cominciai a scrivere. Rispose a ogni domanda, senza chiederne il motivo, in maniera chiara ed esauriente. Qualcuna di esse - era evidente - avrebbe potuto metterlo in imbarazzo: era in atto uno scontro politico senza precedenti e senza esclusione di colpi. Ma il presidente non apparve mai turbato; mai reticente, mai in cerca di risposte equivoche, raccontò quello che sapeva.

Lesse con attenzione il verbale che avevo redatto; non trovò nulla che richiedesse modifiche e pregò Gifuni di leggerlo a sua volta. In verità non era una procedura prevista dal codice ma, con uno sguardo, Maddalena e io ci trovammo d’accordo nel non sollevare obiezioni. Nemmeno Gifuni trovò nulla da ridire ma, forse per giustificare il suo ruolo, mi impegnò fastidiosamente sulla sostituzione di due o tre parole e sulla modifica di un paio di frasi che, all’esito, non mutarono affatto di significato.

PRIMA che ce ne andassimo, il presidente ci chiese se gradivamo un tè, un succo di frutta, un altro caffè. Poi ci fu una piccola conversazione nel corso della quale Maddalena gli rimproverò di aver preso una posizione pubblica a favore della Fiorentina; gli disse: “Presidente, perché non lo fa anche per il Bologna? ”, squadra di cui lui è tifoso. Ridemmo tutti (io un po’ meno perché di calcio non capisco niente) ; e poi ce ne andammo. Tempo dopo, non so chi disse a Maddalena che in effetti Ciampi aveva detto qualcosa anche sul Bologna, cosa che lo riempì di soddisfazione.

Il verbale della deposizione di Ciampi è agli atti del processo Telekom Serbia. Che non fu indolore per la politica: dimostrammo la pochezza dell’indagine e delle conclusioni (colpevoliste, ça va sans dire) della commissione parlamentare di inchiesta; gli onorevoli commissari fecero una figura barbina; e il complotto della destra nei confronti degli uomini politici di riferimento della sinistra fu smascherato. Anche, ovviamente non solo, a seguito della deposizione di Carlo Azeglio Ciampi. Esempio concreto, sarebbe bene ricordarlo ora, di un capo dello Stato garante delle istituzioni e rispettoso della Costituzione e delle leggi.


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