Troppo legati alla mamma. La Chiesa: matrimonio nullo
di Giacomo Galeazzi (La Stampa, 16 febbraio 2014)
«Gli ammalati di mammismo non sono in grado di assolvere i loro doveri coniugali - spiega il cardinale canonista Valasio De Paolis, membro della Cassazione vaticana e giurista di fiducia della Santa Sede. Ci sono casi nei quali si è talmente legati alla madre da non poter fare vita comune con l’altro coniuge». Cuore di mamma va bene, ma attenzione perché il «mammismo può essere causa di nullità del matrimonio».
Mammisti, dunque e non mammoni: giacché il mammone è quello che della mamma non può far a meno e con la mamma continua a vivere mentre il mammista è la persona per la quale «per ogni scelta, per ogni mossa - scrive il Vicario giudiziale del Tribunale ecclesiastico della Liguria monsignor Paolo Rigon - è necessaria l’approvazione del genitore che di fatto diventa psicologicamente il vero coniuge mentre la persona che si è sposata sarà solo la sostituta».
Tante, le più svariate, le motivazioni che portano alla richiesta di nullità del matrimonio: una relazione adulterina dalla quale è nato un figlio, la mentalità divorzista o semplicemente la noia.
Atipico il caso di una ragazza veneta che ha chiesto l’annullamento delle nozze per essere stata indotta alla prostituzione dal marito. I soldi guadagnati sulla strada dovevano servire per mettere su casa. Sempre più gay chiedono alla Chiesa di dichiarare nulle le loro nozze. Emblematico il caso di un omosessuale di Padova che davanti al tribunale ha dato una sua personale interpretazione del Vangelo: «Gesù non specifica che io devo amare ad ogni costo una donna, importante è amare qualcuno».
Mammista è un neologismo inesistente almeno nei dizionari più accreditati ma efficace, prodotto dal tribunale ecclesiastico regionale della Liguria rivolto a coloro che faticano anche dopo il matrimonio a tagliare il cordone ombelicale che li lega alla mamma e che a lei si rivolgono come all’unica fonte di saggezza, autorizzandola di fatto a pontificare su qualsiasi cosa, dal colore delle tende alle prestazioni nel letto coniugale fino all’educazione dei bambini.
Ma il mammismo, avvertono i giudici ecclesiastici, conduce inevitabilmente all’apertura del vaso di Pandora con conseguenze disastrose: è una sorta di droga antalgica o analgesica che, dicono i prelati in toga, «porta a una dipendenza che inficia gravemente la vita coniugale». Si provi, pertanto, a ripetere continuamente al coniuge che «mamma avrebbe fatto così» oppure «mamma pensa che...» e il tribunale non ci metterà molto a far ritornare il mammista allo stato di celibe o nubile. In fondo, in questi tempi già sposarsi è un passo difficile da fare ma portarsi dietro la mamma potrebbe rendere la faccenda impossibile.
«Abbiamo affrontato il tema più delicato, più difficile ma purtroppo anche il più frequente delle nullità matrimoniali: gli aspetti deficitari dell’uso dell’intelligenza». Il «mammismo» è tra le forme di dipendenza più diffuse. «E’ un fenomeno in continua crescita, che mina il rapporto di coppia- commenta la sessuologa Alessandra Graziottin - C’è da parte dei figli un desiderio di rimanere nella “totipotenza” dell’adolescenza, mentre i genitori sono gratificati dalla loro essenzialità. Bene fa la Chiesa a rimarcare il problema: è un segno di grande modernità e attenzione alle fragilità della coppia». Un atteggiamento «sbagliato». Per la mancata maturazione, la persona «rimane sempre “figlio” e non “uomo” o “donna”, con un effetto su tutti gli aspetti relazionali, a partire da quello sessuale, con il rapporto che diventa una “ginnastica” e non il segno di una relazione affettiva.
Un conto è l’amore profondo, un conto la dipendenza patologica, che riguarda più le mamme ma talvolta anche i padri». Le conseguenze per la coppia sono devastanti. «Se non è risolto il rapporto genitoriale è impossibile stabilire un legame profondo con il partner e progettare una famiglia: si instaurano dinamiche di confronto: il partner viene sempre paragonato al genitore. Un vero psicodramma».