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A BENO FIGNON (SCRITTORE, POETA, AMICO FRIULANO SPENTOSI NELLA NOTTE SCORSA), IN RICORDO ....

L’ITALIA, LA LINGUA, I DIALETTI, ED ESSERI UMANI «CAPACI DI INTENDERSI E VOLARE»(BENO FIGNON). L’identità è una matrioska: somma di incontri e storie. Una riflessione di Claudio Magris, con una nota di Federico La Sala

Le dispute agosta­ne sui dialetti e gli inni nazionali o locali possono essere tutte sfatate da una lapidaria riflessione di Raf­faele La Capria sulla diffe­renza tra essere napoletani e fare i napole­tani. (...) Chi fa il napoletano è il peggior nemico dei napoletani.
lunedì 7 settembre 2009
[...] L’identità autentica assomiglia alle Ma­trioske, ognuna delle quali contiene un’al­tra e s’inserisce a sua volta in un’altra più grande. Essere emiliani ha senso solo se im­plica essere e sentirsi italiani, il che vuol di­re essere e sentirsi pure europei. La nostra identità è contemporaneamente regionale, nazionale - senza contare tutte le vitali mescolanze che sparigliano ogni rigido gio­co - ed europea; del nostro Dna culturale fanno parte Manzoni come Cervantes, Shakespeare o (...)

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> L’ITALIA, LA LINGUA.. L’identità è una matrioska: somma di incontri e storie --- #dilloinitaliano. Una petizione per invitare il governo italiano, le amministrazioni pubbliche, i media, le imprese a parlare un po’ di più, per favore, in italiano.

lunedì 15 febbraio 2016


Dillo in italiano

-  L’esortazione è semplice: dai, dillo in italiano.
-  Qui sotto potete leggere il testo che accompagna una petizione in favore di un uso più accorto della lingua italiana da parte di chi ha ruoli e responsabilità pubbliche. Non è una battaglia di retroguardia, e non è un tema marginale. Non è neanche una battaglia contro l’inglese ma va, anzi, in favore di un reale bilinguismo.
-  La petizione chiede all’Accademia della Crusca di farsi portavoce di questa istanza, che può aver peso e buon esito solo grazie all’appoggio di tutti noi.
-  Perché è importante che firmiate? Perché la lingua italiana è un bene comune: ci appartiene, ha un valore grande ed è nostro compito averne cura.
-  Se siete d’accordo potete firmare su Change.org: vi basta un minuto. E poi parlatene e fate girare il testo in rete. E dai... fatelo subito. L’hashtag è #dilloinitaliano

Un intervento per la lingua italiana (#dilloinitaliano)

Annamaria Testa Italia

Una petizione per invitare il governo italiano, le amministrazioni pubbliche, i media, le imprese a parlare un po’ di più, per favore, in italiano. *

La lingua italiana è la quarta più studiata al mondo. Oggi parole italiane portano con sé dappertutto la cucina, la musica, il design, la cultura e lo spirito del nostro paese. Invitano ad apprezzarlo, a conoscerlo meglio, a visitarlo.

Le lingue cambiano e vivono anche di scambi con altre lingue. L’inglese ricalca molte parole italiane (“manager” viene dall’italiano maneggiare, “discount” da scontare) e ne usa molte così come sono, da studio a mortadella, da soprano a manifesto.

La stessa cosa fa l’italiano: molte parole straniere, da computer a tram, da moquette a festival, da kitsch a strudel, non hanno corrispondenti altrettanto semplici, efficaci e diffusi. Privarci di queste parole per un malinteso desiderio di “purezza della lingua” non avrebbe molto senso.

Ha invece senso che ci sforziamo di non sprecare il patrimonio di cultura, di storia, di bellezza, di idee e di parole che, nella nostra lingua, c’è già.

Ovviamente, ciascuno è libero di usare tutte le parole che meglio crede, con l’unico limite del rispetto e della decenza. Tuttavia, e non per obbligo ma per consapevolezza, parlando italiano potremmo tutti interrogarci sulle parole che usiamo. A maggior ragione potrebbe farlo chi ha ruoli pubblici e responsabilità più grandi.

Molti (spesso oscuri) termini inglesi che oggi inutilmente ricorrono nei discorsi della politica e nei messaggi dell’amministrazione pubblica, negli articoli e nei servizi giornalistici, nella comunicazione delle imprese hanno efficaci corrispondenti italiani. Perché non scegliere quelli? Perché, per esempio, dire “form” quando si può dire modulo, “jobs act” quando si può dire legge sul lavoro, “market share” quando si può dire quota di mercato?

Chiediamo all’Accademia della Crusca di farsi, forte del nostro sostegno, portavoce e autorevole testimone di questa istanza presso il Governo, le amministrazioni pubbliche, i media, le imprese. E di farlo ricordando alcune ragioni per cui scegliere termini italiani che esistono e sono in uso è una scelta virtuosa.

1) Adoperare parole italiane aiuta a farsi capire da tutti. Rende i discorsi più chiari ed efficaci. È un fatto di trasparenza e di democrazia.

2) Per il buon uso della lingua, esempi autorevoli e buone pratiche quotidiane sono più efficaci di qualsiasi prescrizione.

3) La nostra lingua è un valore. Studiata e amata nel mondo, è un potente strumento di promozione del nostro paese.

4) Essere bilingui è un vantaggio. Ma non significa infarcire di termini inglesi un discorso italiano, o viceversa. In un paese che parla poco le lingue straniere questa non è la soluzione, ma è parte del problema.

5) In itanglese è facile usare termini in modo goffo o scorretto, o a sproposito. O sbagliare nel pronunciarli. Chi parla come mangia parla meglio.

6) Da Dante a Galileo, da Leopardi a Fellini: la lingua italiana è la specifica forma in cui si articolano il nostro pensiero e la nostra creatività.

7) Se il nostro tessuto linguistico è robusto, tutelato e condiviso, quando serve può essere arricchito, e non lacerato, anche dall’inserzione di utili o evocativi termini non italiani.

8) L’italiano siamo tutti noi: gli italiani, forti della nostra identità, consapevoli delle nostre radici, aperti verso il mondo. Se sei d’accordo firma, parlane, condividi in rete. E fallo adesso. Grazie!

Lettera a
-  Membri del Consiglio Direttivo Aldo Menichetti, Massimo Fanfani, Vittorio Coletti, Luca Serianni
-  Presidente Accademia della Crusca Claudio Marazzini
-  Presidenti Onorari Accademia della Crusca Nicoletta Maraschio e Francesco Sabatini

Chiediamo che, forte del nostro sostegno, l’Accademia della Crusca inviti formalmente il Governo e le Pubbliche Amministrazioni, gli esponenti dei media, le associazioni imprenditoriali a impegnarsi per promuovere l’uso dei termini italiani in ogni occasione in cui farlo sia sensato, semplice e naturale.

Infarcire discorsi politici e comunicazioni amministrative, resoconti giornalistici o messaggi aziendali di termini inglesi che hanno adeguati corrispondenti italiani rende i testi meno chiari e trasparenti, meno comprensibili, meno efficaci. Farsi capire è un fatto di civiltà e di democrazia.

Ma non solo: la lingua italiana è amata. È la quarta studiata nel mondo. È un potente strumento di promozione nel nostro paese ed è un grande patrimonio. Sta alle radici della nostra cultura. È l’espressione del nostro stile di pensiero. Ed è bellissima.

Privilegiare l’italiano non significa escludere i contributi di parole e pensiero che altre lingue possono portare. Non significa chiudersi ma, anzi, aprirsi al mondo manifestando la propria identità. Significa, infine, favorire un autentico bilinguismo: competenza che chiede un uso appropriato e consapevole delle parole, a qualsiasi lingua appartengano.

Chiediamo inoltre che, come avviene in Francia, in Spagna, in Germania e nei paesi anglosassoni, l’Accademia della Crusca attivi, anche in rete e insieme ad altre istituzioni, iniziative e servizi utili a promuovere e a diffondere qui da noi l’impiego consapevole delle parole italiane, e chiediamo che vengano conferite le risorse per poterlo fare.

Aggiornamenti:

Vittoria

10 mar 2015 - L’Accademia della Crusca - lo scrive il suo Presidente - accoglie il nostro invito a farsi portavoce e autorevole testimone della richiesta collettiva e amplissima di privilegiare, ove possibile, l’impiego di termini italiani nelle leggi, negli articoli dei giornali, nella comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni e delle imprese.

È il sostegno di tutti noi a dare visibilità, importanza, forza e positiva energia a questa istanza che, peraltro, già nel momento in cui è stata resa pubblica ha raccolto un grande consenso da parte di tutti i mezzi di comunicazione.

*

FONTE: CHANGE.ORG


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