IL SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE GENERA MOSTRI, ATEI E DEVOTI.
Un regime produce una sua "verità" che non esita a ricorrere a una brutale falsificazione dei fatti per imporsi e diventare dominio. Tutto il Novecento è percorso da episodi di questo tipo di inquinamento
di Aldo Schiavone (la Repubblica, 04.11.2010)
Da sempre, il potere intrattiene con la verità e con il suo contrario un rapporto difficile. Il potere si nasconde, e mente e falsifica per conservarsi e crescere. È anche per cercar di sciogliere questo nodo, che è nata la democrazia: con i governanti finalmente in pieno sole, visibili al centro della piazza - e non più nell’ombra dei palazzi o dei templi - sotto lo sguardo vigile del popolo riunito in assemblea, cui non si sarebbe potuto celare nulla.
Il potere è per sua natura asimmetrico: il suo esercizio sospende l’eguaglianza, e produce al suo posto uno squilibrio, un dislivello, un più e un meno. Questa dissimmetria è ineliminabile, ed è come la forza di gravità che curva lo spazio intorno a sé: distorce tutto quello che le sta intorno - rapporti sociali, discorsi, comportamenti. E proprio come la gravità, essa distorce anche la luce, che scivola e devia - assorbita, riflessa, rifratta - tramutando la sua rettilineità originaria in un ingannevole gioco di oscurità, di inganni e di misteri: l’irresistibile segretezza del potere, che ama nascondersi e dissimularsi: questo è la sua verità - gli "arcana imperii", dicevano i Romani, che ne capivano.
Le democrazie moderne hanno costruito nel tempo dispositivi efficaci per ridurre i rischi di questa ineliminabile deriva. Essi ruotano intorno a due assi fondamentali. Da un lato, la libertà della conoscenza, la diffusione dell’informazione, lo sviluppo senza limiti della capacità critica del pensiero e delle opinioni: l’impianto illuministico, insomma. Dall’altro, la sottomissione del potere alla legge e alla regola giuridica - costituzionalismo greco e diritto romano - per stringerlo in una rete dalle maglie sempre più fitte, dalle quali fosse impossibile sfuggire, e che riuscissero a contenere il suo esercizio senza mai trasformarlo nel suo abuso: senza cioè che la dissimmetria diventasse arbitrio. Si è aperta così una partita complicata, e dagli esiti tutt’altro che scontati, i cui movimenti hanno riempito il tempo della nostra modernità. Le vittorie, sono sempre provvisorie. Le sconfitte, rovinose e portatrici di sventure.
È per potersi tramutare in abuso, che il potere mente: per meglio dire, produce un suo regime di verità, che non esita a ricorrere alla più brutale falsificazione dei fatti per imporsi, e diventare dominante. La storia del Novecento è piena di grandi menzogne prodotte da poteri che si erano totalmente trasformati in abusi mostruosi: la menzogna delle razze per aprire la strada allo sterminio; la menzogna dell’Italia come potenza militare e imperiale, per costruire al fascismo un consenso di massa; la menzogna sociale sovietica, per poter sostituire l’irrealizzabilità del comunismo con un regime inetto e dispotico.
Accanto a queste menzogne che chiamerei "di sistema", esistono poi le menzogne e le falsificazioni "locali", d’occasione, ma non meno inquinanti e pericolose, che non escludono a prima vista la democrazia - come le altre - ma anzi sembrano poter convivere con essa, e presentarsi solo come suoi piccoli aggiustamenti. E sono invece tossine micidiali: a non combatterle, se ne resta paralizzati. Menzogne per coprire abusi, e che ne producono altri: in una spirale perversa e inarrestabile. Fino al corto circuito conclusivo: "non leggete i giornali" (come ha detto il nostro Premier) - tutti i giornali, da Repubblica al New York Times: la menzogna che non potendo aver ragione della realtà, distrugge almeno lo specchio, per non vedercisi dentro.