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IL MESSAGGIO EVANGELICO, IL PARADOSSO ISTITUZIONALE DEL MENTITORE, E LA CATASTROFE DELL’EUROPA. “Come fu possibile la hitlerizzazione dell’Imperativo Categorico di Kant? E perché è ancora attuale oggi?” (Emil L. Fackenheim, Tiqqun. Riparare il mondo).

DISTRUGGERE IL CRISTIANESIMO: IL PROGRAMMA "ANTICRISTO" DEL CATTOLICESIMO-"ROMANO". LA LEZIONE CRITICA DI KANT. Alcune luminose pagine da "La fine di tutte le cose", nella trad. di Giuseppe De Lorenzo - a c. di Federico La Sala

Se al Cristianesimo dovesse una volta avvenire che cessasse di esser benigno (il che potrebbe accadere, se si armasse di autorità imperativa, invece del suo spirito mite), allora (...) subito dopo, siccome il Cristianesimo invero è destinato ad essere religione universale, ma dal destino non sarebbe stato aiutato a divenirlo, avverrebbe, sotto l’aspetto morale la (inversa) fine di tutte le cose.
domenica 28 ottobre 2012 di Federico La Sala
[...] Il Cristianesimo ha per intenzione quella di promuovere amore alla osservanza del proprio dovere, e lo produce anche: perché il suo fondatore non parla nella qualità di un comandante, che esprime la sua volontà richiedente ubbidienza, ma in quella di un amico dell’uomo, che mette nel cuore dei suoi fratelli la loro propria bene-intesa volontà, secondo la quale essi agirebbero da se stessi volontariamente, se si saggiassero come si conviene [...]
MESSAGGIO EVANGELICO E ILLUMINISMO, (...)

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> DISTRUGGERE IL CRISTIANESIMO ---- IL DOPPIO ATTACCO DEL CATTOLICESIMO E DEL PAGANEISMO, OGGI. Il ritorno del paganesimo. Una sfida per i credenti - e non credenti (di Giacomo Canobbio)

domenica 29 gennaio 2012

Il ritorno del paganesimo. Una sfida per i credenti

di Giacomo Canobbio (Corriere della Sera/Brescia, 29 gennaio 2012)

Negli ultimi anni il cristianesimo sembra perdere influenza sul costume, benché da molte parti si dichiari la fine della secolarizzazione, o almeno la inadeguatezza di tale categoria per descrivere la situazione religiosa dei Paesi occidentali: ci si troverebbe piuttosto di fronte un deplacement della ricerca religiosa e a una riscoperta del sacro. Le analisi sociologiche non riescono tuttavia a precisare cosa si intenda con «ritorno del sacro» e con «ricerca religiosa».

Un fenomeno appare però meritevole di attenzione: la proposta di tornare al paganesimo. Il termine, va ricordato, rimanda alla lettura che da parte ebraica prima e soprattutto cristiana poi si dava delle altre religioni. Per quanto attiene al cristianesimo, è noto che all’inizio si diffuse prevalentemente nelle città, sicché gli abitanti dei villaggi (pagi) restavano nella religione «idolatrica», quella che era stata oggetto delle invettive dei profeti di Israele e del giudizio critico dei primi autori cristiani. Il paganesimo era dunque la religione delle campagne.

La recente proposta di tornare al paganesimo assume due forme principali: una dotta, l’altra popolare.

Per quanto attiene alla prima si riscontrano due varianti: 1) ripresa della funzione terapeutica della filosofia, il cui compito dovrebbe essere quello di educare ad accettare il limite, mettendo in conto che gli umani non possono mirare a mete troppo alte, trascendenti. Appare sullo sfondo il richiamo all’epicureismo nel suo intento terapeutico di destituire di valore il desiderio (merita attenzione a questo riguardo la ponderosa opera di M. Nussbaum, La terapia del desiderio, Vita e Pensiero, Milano 1998). 2) abbandono del monoteismo, che sarebbe fonte di violenza, per ridare spazio alla molteplicità degli dèi. Questa seconda variante collega politeismo e democrazia: solo il politeismo sarebbe il vero custode della libertà (Jan Assman) e permetterebbe di riconoscere le molteplici storie connesse con la molteplicità degli dèi (Odo Marquard).

Per quanto attiene alla seconda, quella «popolare», la si trova in una concezione e in una pratica utilitaristica della religione. Va riconosciuto che sia nell’ebraismo sia nel cristianesimo (come in tutte le altre religioni) la dimensione utilitaristica delle pratiche religiose non è mai venuta meno. Solo che oggi pare riproporsi con particolare vigore: si sceglie la religione dalla quale si pensa di ricavare maggior vantaggio; si può giungere perfino a crearsi una propria religione. Emblematico al riguardo quanto viene descritto dal sociologo tedesco Ulrich Beck nel volume Il Dio personale (Laterza, Roma 2008: il titolo in italiano potrebbe trarre in inganno; in tedesco suona Der eigene Gott, cioè "il proprio Dio"): ciascuno si sceglie/crea la propria divinità a secondo dei bisogni.

Collegando tra loro le due forme di ritorno al paganesimo si potrebbe notare che rispondono a una duplice esigenza, che diventa critica di una religione praticata/percepita: 1) un bisogno di salvezza intesa come terapia; 2) il bisogno di avere la divinità vicina. Si evidenzia nelle due esigenze una critica nei confronti di una religione troppo dottrinale, preoccupata delle verità anziché della vita delle persone, e nei confronti di un Dio troppo grande, quindi distante.

C’è però da domandarsi se la proposta di tornare al paganesimo riesca effettivamente a rispondere alle attese. Gli dèi a misura umana sono in grado di garantire quanto da essi ci si aspetta? Forse varrebbe la pena ricordare che la filosofia antica si era proposta come via di salvezza alternativa alle religioni mitologiche. Inoltre, una terapia che pretende di acquietare il desiderio sarà efficace? E soprattutto mantiene l’originalità degli umani la cui caratteristica è appunto la protensione verso il trascendimento?

Al di là di questi interrogativi, le religioni, quella cristiana in primo luogo, sono provocate a verificare se nella loro forma storica attuale riescano a mostrarsi plausibili.


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