Teilhard: «Io, né utopista beat né millenarista» *
"(...) sono stato considerato un ottimista o un utopista beat, che sogna di euforia umana o di millenarismo confortevole. Come se la maturazione umana che i fatti hanno l’aria di annunciare non si presentasse, nelle mie prospettive, non come un riposo, ma addirittura come una crisi di tensione, pagata da un’immensa scia di disordini e sofferenze: crisi tutta carica di rischi e dunque ancora più drammatica, a causa dell’enormità dell’interesse in gioco (il successo di un universo, nientemeno!), di tutte le fantasie egoiste e morbose dell’esistenzialismo contemporaneo.
Fatto ancora più grave, si va ripetendo che sarei il profeta di un universo distruttore dei valori individuali: perché ai miei occhi il mondo si dirige, sperimentalmente, verso uno stato sintetico. Ma in realtà la mia grande preoccupazione è sempre stata quella di affermare, in nome dei fatti, che l’autentica unione non confonde ma differenzia; e anche che, nel caso di esseri pensanti e amanti (quali l’uomo), lungi dal meccanizzare personalizza, e doppiamente: prima intellettualmente, per super-riflessione, e poi affettivamente, per unanimizzazione.
Così, nonostante il primato che io accordo tecnicamente al tutto in rapporto all’elemento, mi trovo, così come la struttura stessa del mio pensiero scientifico, agli antipodi sia di un totalitarismo sociale che porta al termitaio, sia di un panteismo induizzante che cerca la via d’uscita e la figura ultima dello spirituale nella direzione di un’identificazione degli esseri con un fondo comune sottostante alla varietà degli eventi e delle cose. Non meccanizzazione, dunque, né identificazione per fusione e perdita di coscienza, ma unificazione per ultradeterminazione laboriosa e amore.
Bisogna riconoscere che queste vedute biologiche possono avere una certa incidenza sulla nostra valutazione dei valori umani. Ci fanno propendere verso un umanesimo rinnovato, basato non più, come nel XVI secolo, su una riscoperta del passato, ma su possibilità inattese tenute in serbo per noi dal futuro. Ma la nascita, attorno a noi, di un tale "neo umanesimo" (legato nel mio pensiero religioso ai progressi della "carità") non è appunto uno dei caratteri distintivi dei tempi che stiamo attraversando?».
* Cfr. INTERVISTA INEDITA [1951]