Inviare un messaggio

In risposta a:
Per l’Italia di Gioacchino da Fiore e di Dante !!!

MATEMATICA E ANTROPOLOGIA, ALTRO CHE MISTERO. GALILEO GALILEI E’ GALILEO GALILEI ... E LA TRASCENDENZA CRISTIANA NON E’ LA TRASCENDENZA "DELL’ENTE ...CATTOLICO-ROMANO", DEL VATICANO!!! Cerchiamo di "non dare i numeri": il "Logos" non è un "Logo", e la "Charitas" non è la "caritas"!!!

domenica 31 dicembre 2006 di Federico La Sala
HAI VINTO, O GALILEO! L’elogio "laicista" di Piergiorgio Odifreddi diventa per Michele Smargiassi (seguendo De Santillana) un "Hai vinto, Vaticano"!!!
Aristotele fu un uomo, vedde con gli occhi, ascoltò con gli orecchi, discorse col cervello. Io sono un uomo, veggo con gli occhi, e assai più che non vedde lui: quanto al discorrere, credo che discorresse intorno a più cose di me; ma se più o meglio di me, intorno a quelle che abbiamo discorso ambedue, lo mostreranno le nostre ragioni, e non (...)

In risposta a:

> MATEMATICA E ANTROPOLOGIA, ALTRO CHE MISTERO. GALILEO GALILEI E’ GALILEO GALILEI --- MATEMATICA DIVINA, CALCOLO UMANO (di Michele Emmer).

sabato 18 febbraio 2017


Matematica divina, calcolo umano

di Michele Emmer *

      • Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi, 2016, 258 pp., € 14

“È importante rendersi conto che non sono gli algoritmi a decidere di per sé la verità matematica. La validità di un algoritmo dev’essere sempre stabilita con mezzi esterni. La computabilità è un’idea matematica, indipendente da qualsiasi particolare concetto di macchina per il calcolo, ma anche perché illustra l’efficacia di idee astratte in matematica [...]. In matematica ci sono cose per le quali l’espressione scoperta è in effetti molto più appropriata di invenzione. Questi sono i casi in cui dalla struttura emerge molto di più di quanto non vi sia posto in principio. Qualcuno potrebbe pensare che in tali casi i matematici si siano imbattuti in opere di Dio. Ci sono altri casi in cui la struttura matematica non ha una unicità altrettanto convincente, come quando nel corso della dimostrazione il matematico ha bisogno di introdurre una qualche costruzione artificiosa e tutt’altro che unica per conseguire qualche fine molto specifico. In tali casi è probabile che dalla costruzione non venga fuori più di quanto vi è stato messo in principio, e la parola invenzione sembra più appropriata che scoperta. Queste sono in effetti opere dell’uomo”.

Così scriveva Roger Penrose nel 1989, in The Emperor’s New Mind. La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini è il titolo di un libro del matematico Paolo Zellini. Un libro che parla di matematica e dei procedimenti di calcolo, gli algoritmi appunto. Ma perché a un non matematico dovrebbe interessare riflettere su cosa sia la matematica, come può essere originata, che cosa significano un procedimento di calcolo e la sua affidabilità?

Quando si ha qualche dubbio sulla nostra esistenza, sulle mostre vite, a chi ci si rivolge? Ai filosofi ovviamente. Loro sì che sono in grado di farci capire quale sia lo scopo ultimo della nostra esistenza, ovvero il fatto che non vi è alcuno scopo. E la matematica è solo questione per addetti ai lavori. Magari è utile, serve a risolvere problemi, ma in fondo non è altro che una forma raffinata di ingegneria e nulla di più.

“In fondo le matematiche sono la più convincente delle invenzioni umane per esercitarsi a quello che è la chiave di tutto il progresso collettivo come di tutta la felicità individuale: dimenticare i nostri limiti per toccare in modo luminoso, l’universalità del vero”: sono parole di un filosofo, Alain Badiou, che da anni, oltre a pubblicare ampi volumi sulle questioni fondamentali del pensiero filosofico, interviene puntualmente nella vita politica e sociale con veri e propri instant book. Un filosofo immerso nella vita di oggi ma che riflette a fondo sulle grandi questioni. La matematica non poteva non interessarlo.

Come qualsiasi altro matematico che voglia parlare anche ai non matematici, Zellini si pone la questione di quale realtà parli la matematica. “È opinione diffusa che i matematici si occupino di formalismi astratti e che solo per ragioni inspiegabili questi formalismi si applicano in ogni ambito della scienza. Concepiamo entità immateriali che sembrano poi destinate a definire modelli di fenomeni che accadono realmente nel mondo”.
-  Per far capire perché queste riflessioni sono non solo dedicate a entità immateriali e inspiegabili formalismi, è utile arrivare subito al capitolo conclusivo del libro di Zellini, intitolato Verum et factum, citazione da Giambattista Vico. (Bisogna perdonare all’autore le tante citazioni e note, spesso essenziali.) “La realtà è qualcosa che dipende dal fare, dal portarla effettivamente a termine con l’azione. La soluzione di un problema matematico dipende dalla possibilità di calcolarla in modo efficiente nello spazio e nel tempo fisici di una esecuzione automatica, che è l’unica strategia possibile a causa dell’elevata dimensione dei problemi”. (Sistemi di milioni di equazioni che simulano un fenomeno fisico, di cui non si può trovare una soluzione esplicita.) “Non sembra esserci nulla di più certo di un processo che, in un numero finito di passi, esegue i calcoli necessari in funzione di dati assegnati. Ma la realtà degli enti matematici si riassume davvero, in modo esauriente, in questa conclusione?”

Torna la domanda, che difficilmente avrà mai una risposta definitiva - fortunatamente, è il caso di dire -, del legame tra matematica e realtà. Quale migliore esempio della rete? “Ogni pagina o documento del web, della immensa ragnatela dell’informazione su scala planetaria, si rappresenta come un nodo di un grafo di enormi dimensioni al quale si può associare una matrice di dimensioni equivalenti (una enorme tabella di numeri) con miliardi di righe e di colonne [...]. L’importanza del nodo, cioè del documento web, dipende dall’entità dei collegamenti. L’aggiornamento si esprime allora nel calcolo iterativo, approssimato, dell’autovettore corrispondente all’autovalore massimo di una matrice” (ho volutamente lasciato le esatte parole matematiche di Zellini usando termini elementari della teoria delle matrici) “Un criterio di invarianza presiede al calcolo iterativo della soluzione del problema del web, che consiste nell’assegnare la maggiore o minore importanza di una pagina per elaborare la risposta ad un generico quesito”.

Esempio che tanti nel mondo hanno davanti agli occhi ogni giorno, ma che quasi tutti ignorano da quali calcoli derivino, da quali algoritmi umani che qualcuno ha elaborato immettendo i dati. Dettagli trascurati da parte dei nostri intellettuali e filosofi. Scrive Badiou che “oggi basta avere delle opinioni e una rete adeguata mediatica, per far credere che tali opinioni sono universali mentre sono assolutamente banali. Nella matematica non si può bluffare. I matematici sono coloro che dimostrano risultati prima sconosciuti, e di questo è impossibile farne un sottoprodotto o una caricatura, è impossibile”.

Ma se umani sono gli algoritmi, umane le scelte dei calcoli, perché la matematica ha origini divine? Due sono le parole chiave: crescita e invarianza. “Il fenomeno della crescita non è marginale, perché interviene nella più intima compagine dell’algoritmo”. Il calcolo ricorsivo e la ricerca dell’invarianza, di strutture che si ripetono, della velocità e affidabilità del calcolo, sono le regole auree della computazione.
-  E quando nasce l’idea di crescita, iterazione e invarianza in matematica? “I motivi della crescita dei numeri sono strettamente matematici e si chiariscono grazie a teoremi relativamente avanzati. Ma non è superfluo notare che il motivo della crescita, in ogni suo risvolto è stato oggetto della massima attenzione già nel pensiero antico, ed è precisamente il modo in cui la crescita delle grandezze è trattata nella geometria Greca, nei calcoli Vedici e nell’aritmetica Mesopotamica a far capire le cause della crescita dei numeri negli algoritmi moderni. La ragione è tanto semplice quanto sorprendente: alcuni importanti schemi computazionali sono rimasti immutati da allora fino alle più complesse strategie di cui si avvale oggi il calcolo su grande scala [...]. Furono gli dei Indiani Vedici e quelli Graci, molto prima del dio di Descartes, ad assicurare l’esistenza di un nesso tra le concezioni del mistico e della natura, tra la nostra sfera più intima e la realtà esterna”.

Se non si è ancora capito si sta parlando di cultura, di cui la matematica divina e il calcolo umano fanno parte, in modo essenziale ai nostri tempi così poco razionali. Un libro importante, interessante che richiede, come è giusto che sia, un certo sforzo. Comprendere è umano o divino?

* Alfabeta2, 18.02.2017


CREATIVITÀ: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETÀ DELL’UOMO A "UNA" DIMENSIONE. Una sollecitazione a svegliarsi dal sonno dogmatico.

CHI SIAMO NOI, IN REALTÀ?! RELAZIONI CHIASMATICHE E CIVILTÀ: UN NUOVO PARADIGMA. CON MARX, OLTRE.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: