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mercoledì 7 gennaio 2015

PAPA FRANCESCO NELLE SPIRE DELL’IMMAGINARIO COSTANTINIANO. Gesù, il "Bambino, nato a Betlemme dalla Vergine Maria". Sul tema, alcuni appunti:


Papa: "No allo splendore del potere. L’amore di Dio è umile"

Nell’omelia pronunciata durante la messa dell’Epifania in San Pietro Bergoglio rievoca le figure evangeliche di Erode, "uomo di potere che nell’altro riesce a vedere solo il rivale", e dei Magi, "entrati nel mistero"

di Redazione *

CITTA’ DEL VATICANO - "L’amore di Dio è umile, tanto umile". Nel giorno dell’Epifania Papa Francesco ha voluto sottolineare che bisogna credere "più nella bontà di Dio che non nell’apparente splendore del potere". Nell’omelia della messa solenne celebrata in San Pietro davanti a oltre cinquemila fedeli, vescovi e cardinali, Bergoglio ha evocato l’episodio evangelico dei tre re che giunsero a Betlemme per rendere onore al Salvatore e si ritorvarono in una povera stalla: la loro tentazione fu quella di "rifiutare questa piccolezza. E invece essi ’si prostrarono e lo adorarono’, offrendogli i loro doni preziosi e simbolici", divenendo così "modelli di conversione alla vera fede perché hanno creduto più nella bontà di Dio che non nell’apparente splendore del potere".

Nella riflessione del Pontefice il contraltare dei Magi è Erode, un "uomo di potere che nell’altro riesce a vedere soltanto il rivale". I tre re invece "sono passati dai calcoli umani al mistero". La ricerca di Dio "è una ricerca che non ha mai fine" e la compiono "uomini e donne nelle religioni e nel mondo intero".

"Quel Bambino, nato a Betlemme dalla Vergine Maria - ha detto Francesco nell’omelia - è venuto non soltanto per il popolo d’Israele, rappresentato dai pastori di Betlemme, ma anche per l’intera umanità, rappresentata oggi dai Magi, provenienti dall’Oriente". La ricerca di Dio da parte dell’umanità, ha osservato, è come la processione dei Magi, "una processione che da allora non si interrompe più, e che attraverso tutte le epoche riconosce il messaggio della stella e trova il Bambino che ci indica la tenerezza di Dio". Papa Bergoglio ha quindi ripercorso il racconto dei Magi analizzando i loro atteggiamenti, decisioni e comportamenti - e quelli di Erode e dei pastori - osservando in particolare il modo in cui i sapienti venuti dall’Oriente hanno cercato di capire il messaggio della stella, hanno superato le difficoltà, hanno commesso errori e sono caduti in tentazione. Ha analizzato ciò che ai Magi ha dato consolazione e cosa desolazione.

"L’amore di Dio è grande? - si è chiesto il Pontefice - Sì. L’amore di Dio è potente? Sì". "E allora - ha proseguito - ci possiamo chiedere: qual è il mistero in cui Dio si nasconde? Dove posso incontrarlo? Vediamo attorno a noi guerre, sfruttamento di bambini, torture, traffici di armi, tratta di persone? In tutte queste realtà, in tutti questi fratelli e sorelle più piccoli che soffrono per tali situazioni, c’è Gesù". E ancora: "Il presepe ci prospetta una strada diversa da quella vagheggiata dalla mentalità mondana: è la strada dell’abbassamento di Dio, la sua gloria nascosta nella mangiatoia di Betlemme, nella croce sul Calvario, nel fratello e nella sorella che soffre. Quell’amore di Dio che si abbassa, si annienta".

Il Papa ha quindi chiesto di pregare per "vivere lo stesso cammino di conversione vissuto dai Magi", "liberi dalle tentazioni che nascondono la stella". "Che abbiamo sempre - ha auspicato Francesco - l’inquietudine di domandarci: dov’è la stella?, quando - in mezzo agli inganni mondani - l’abbiamo persa di vista. Che impariamo a conoscere in modo sempre nuovo il mistero di Dio, che non ci scandalizziamo del ’segno’, dell’indicazione, quel segno detto dagli angeli: ’un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia’".

Papa Bergoglio ha concluso l’omelia pregando affinché "troviamo il coraggio di liberarci dalle nostre illusioni, dalle nostre presunzioni, dalle nostre ’luci’ e che cerchiamo questo coraggio nell’umiltà della fede e possiamo incontrare la Luce, ’Lumen’, come hanno fatto i Magi. Che possiamo entrare nel mistero, così sia". Parole alte, che hanno segnato una funzione durante la quale sono risuonate le tante lingue del mondo, dalle letture bibliche in inglese, italiano, spagnolo, alle preghiere in francese, cinese, swahili, filippino, russo e il vangelo è stato cantato in latino da un diacono dagli inconfondibili tratti orientali.

* la Repubblica, 07.01.2015.


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