Ansa» 2008-08-28 20:35
VULCANI, ONDATA MAGMA FA PREVEDERE ERUZIONI 60 GIORNI PRIMA
ROMA - Trovato un modo per prevedere le eruzioni vulcaniche con un anticipo di 20-60 giorni circa, metodo che potrebbe essere applicato a molti vulcani tra cui il Vesuvio a Napoli, permettendo alla protezione civile di prendere decisioni tempestive onde prevenire ogni rischio per la popolazione.
Secondo quanto riferito sulla rivista Science sulla base di uno studio su una delle ultime eruzioni vulcaniche verificatisi nel 1925 nell’isola Santorini in Grecia, un’ondata di magma più caldo, registrabile facilmente con le apparecchiature sismiche (perché dà luogo ad attività sismica), precede l’eruzione di due mesi circa. Diretti da Victoria Martin dell’Università di Durham in Gran Bretagna, gli esperti hanno studiato l’eruzione del vulcano Nea Kameni di Santorini, una delle cicladi, isola per l’appunto di origine vulcanica.
Gli esperti hanno studiato i cristalli di olivina, un minerale componente di molte rocce eruttive di color verde oliva, relativi a quell’eruzione ed hanno ricostruito i tempi di formazione di quei cristalli in rapporto all’eruzione. L’analisi dei cristalli, spiegano i geologi, mostra che i movimenti del magma, che rappresentano l’innesto dell’eruzione e possono essere registrati facilmente perché causano di norma attività sismica, avvengono 3-10 settimane prima dell’eruzione. In questa maniera solo tenendo d’occhio l’attività sismica legata ai movimenti del magma si potrebbero fare previsioni sulle eruzioni. Gli esperti sperano che il loro metodo sia utilizzabile anche per altri vulcani permettendo anche di capirne meglio il comportamento pre-eruttivo.
Nube di cenere domani sull’Italia
Cancellati 5.000 voli in Europa
Le correnti d’alta quota spingono la nuvola di cenere sui nostri cieli. Problemi in Spagna, con 19 scali chiusi, ma anche in Portogallo e nella Francia meridionale. A Fiumicino cancellati tre voli per la penisola iberica. *
ROMA - L’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajokul riprende a pieno ritmo e una nuova nuvola di cenere torna a creare problemi al trasporto aereo: annullati oggi 5mila voli in Europa e domani si prevede il passaggio della nube oscura su parte del cielo italiano. E’ l’ultimo bollettino del Vaac, il Centro di controllo europeo delle polveri vulcaniche ai fini della sicurezza del volo, ad annunciarlo, spiegando il fenomeno come il risultato della situazione delle correnti in alta quota. I venti si dirigono da nord verso sud per la presenza di un’area anticiclonica sull’alto Atlantico e di un’area depressionaria a ridosso della penisola iberica, poi muoveranno da ovest sud-ovest verso est nord-est, e cioè dalla Spagna in direzione dell’Italia.
Una situazione destinata a intensificarsi nei prossimi giorni, ma che già oggi appare molto seria. Dall’Atlantico, la nube ha raggiunto i Pirenei. L’autorità spagnola per l’aviazione civile (Aena) ha deciso la chiusura, a partire dalle 15:30, dell’aeroporto di Barcellona e dei vicini scali di Girona e Sabadell. Secondo il ministro delle infrastrutture, Josè Blanco, è possibile che i tre aeroporti possano riaprire alle 20, anche per la concomitanza del gran premio di Formula Uno a Barcellona. Attualmente sono complessivamente 19 gli scali chiusi in Spagna: 16 nel nord (Santiago di Compostela, La Coruna, Vigo, Asturie, Santander, Burgos, Valladolid, Salamanca, Leon, Saragozza, Bilbao, San Sebastian, Vitoria, Pamplona, La Rioja e Eida) oltre ai tre catalani. L’autorità aeroportuale ha comunicato che fino alle 14 sono stati già 673 i voli cancellati in Spagna.
Per effetto della situazione nella penisola iberica, a Fiumicino sono stati cancellati tre voli. Nel dettaglio, due diretti a Barcellona e uno a Lisbona. Un volo per Porto è ritardato di circa due ore. In arrivo, è stato soppresso un volo proveniente da Lisbona. I passeggeri penalizzati diretti a Barcellona sono in fila ai banchi della compagnia Vueling in cerca di informazioni e di capire quando sarà possibile raggiungere la destinazione: "Per stasera non se parla di poter partire, ci hanno fatto capire", riferisce una turista italiana. Cancellazioni anche in Lombardia: a Malpensa saltano due voli per Lisbona e uno per Barcellona, a Linate uno per Barcellona, mentre da Orio al Serio non sono partiti un volo per Valladolid e due per Barcellona Girona.
FOTO L’eruzione vista dalla Nasa
Eurocontrol, l’ente europeo per la sicurezza del traffico aereo, registra l’annullamento di 5mila voli tra Spagna del nord e Portogallo. Nella giornata di oggi gli operativi in Europa saranno in totale 25mila circa (ieri ne erano stati effettuati 30.342). I voli transatlantici sono stati riprogrammati per evitare la no-fly zone e questo "sta causando ritardi". Sempre per oggi, è attesa anche la chiusura degli scali nel sud della Francia, fra cui quello di Marsiglia.
La nube, che si estende per circa 2mila chilometri lungo l’atlantico settentrionale raggiungendo i 10mila metri di quota, ha costretto numerose compagnie aeree a imbarcare maggiori quantità di combustibile date le deviazioni necessarie per evitarla, o a utilizzare i corridoi aerei del sud della Spagna o quelli artici, con ritardi che possono arrivare fino alle due ore.
Nei giorni scorsi la cenere islandese aveva creato qualche perturbazione al traffico aereo dell’Irlanda e della Scozia. Il mese scorso molti Paesi chiusero i propri spazi aerei per diversi giorni.
* la Repubblica, 08 maggio 2010
AL VIA IL MONITORAGGIO DI QUELLI SOMMERSI IN MARE
Bertolaso lancia l’allarme vulcani:
"Ischia e Vesuvio i più pericolosi"
Entro fine anno aggiornati piani di evacuazione della popolazione
ROMA Il Vesuvio è «il problema di Protezione civile più grande nel nostro Paese». Lo ha detto il Capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, nel corso di una conferenza stampa nella sede della Stampa estera, a Roma, nella quale ha fatto un punto sui rischi legati ai vulcani in Italia, dopo l’emergenza dei giorni scorsi legata alla eruzione di un vulcano in Islanda. «Il Vesuvio - ha spiegato Bertolaso - sta bello tranquillo e speriamo che rimanga in questa situazione di quiescienza. Sappiamo anche - ha aggiunto - che nel caso di un risveglio la situazione sarebbe drammatica». «Del Vesuvio - ha continuato Bertolaso - sappiamo tutto».
Una eruzione del vulcano, sarebbe anticipata da segnali: scosse di terremoto forti, come quelle che hanno colpito lo scorso anno a l’Aquila. Ci troveremmo di fronte a una situazione di emergenza« con un prevedibile caos e panico nella popolazione. Nella cosiddetta fascia "rossa", che comprende 18 comuni dell’area vesuviana che si sono sviluppati negli ultimi sessant’anni attorno al vulcano vivono secondo i dati ufficiali almeno mezzo milione di persone. »Probabilmente - ha sottolineato Bertolaso - sono 600-650 mila persone«. È il dato critico che interessa il piano di evacuazione messo a punto dalla Protezione civile e che è in fase di revisione con l’aggiornamento degli scenari possibili in caso di una ripresa dell’attività del vulcano partenopeo.
L’ultima eruzione del Vesuvio risale al 1944, alla fine della seconda guerra mondiale. Gli americani, usavano la luce dell’eruzione come faro per dirigere i bombardieri verso Cassino. Dalla fine della guerra, attorno alla cintura del vulcano, in modo scellerato, sono nati e si sono sviluppate interi insediamenti: diciotto i comuni compresi nella cosiddetta fascia rossa, che è quella inclusa nei piani di evacuazione in caso di rischio di eruzione del vulcano partenopeo.
La Protezione civile aggiorna costantemente gli scenari possibili sul vulcano e sta rivedendo aggiornandolo il piano di evacuazione che potrebbe interessare in futuro - così come ha detto il Capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, non solo i circa 600 mila abitanti dei comuni vesuviani ma anche una parte della popolazione del capoluogo partenpoeo. Insomma, circa un milione di persone. Un piano aggiornato che sarà pronto entro la fine dell’anno e che Bertolaso ha annunciato di voler presentare ai sindaci dei comuni interessati e al governato della Campania, Stefano Caldoro.
Fermo restando, ha sottolineato Bertolaso, che nessuno scienziato al mondo è in grado di prevedere il risveglio di un vulcano o un terremoto è possibile monitorandone l’attività coglierne con un certo anticipo i segnali. Scosse di terremoto, anche di forte intensità, sarebbero il possibile segnale di un ritorno all’attività e potrebbero far scattare - se necessario - il piano di evacuazione che dovrebbe essere realizzato al «massimo in 7-10giorni».
Prima dell’esplosione, altrimenti sarebbe «una catastrofe». Si prevede, infatti, negli scenari più complessi che il Vesuvio potrebbe sprigionare colonne di cenere e lapilli fino a 20 chilometri di altezza. La ricaduta potrebbe quindi andare ben oltre il raggio di previsione e interessare anche parte della stessa città di Napoli. La Protezione civile italiana è in grado di gestire una evacuazione che interesserebbe potenzialmente quasi un milione di persone? «Sono molto tranquillo», ha risposto a un cronista Bertolaso. «La Protezione civile ha la flessibilità necessaria e la capacità per gestire anche una emergenza così complessa». Sul piano varato dalla Regione Campania per incentivare la delocalizzazione abitativa nei comuni della fascia rossa, Bertolaso ha espresso un giudizio senza appello: «È stato un fallimento totale».
Non è però il Vesuvio, ma Ischia il vulcano che preoccupa di più gli scienziati. Lo ha rivelato il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso nel corso di un incontro con la stampa estera per fare il punto della situazione sui vulcani italiani e sui rischi connessi ad un’eruzione. «Il vulcano che potenzialmente ha il colpo in canna peggiore di tutti - ha spiegato Bertolaso - è l’isola di Ischia, dove l’ultima eruzione si è registrata nel 1.300. Non vi sono al momento ragioni per temere che si risvegli, ma ciò può sempre avvenire e dunque va costantemente monitorato». In diecimila anni il cono vulcanico è cresciuto di 800 metri. «Ciò significa - ha concluso - che nel ventre del monte Epomeo si sta caricando una camera magmatica che potrebbe esplodere con conseguenze drammatiche».
* La Stampa. 27/4/2010 (20:49)
Napoleone fu ingannato a Waterloo
di MARIO TOZZI (la Stampa, 17/4/2010)
La crisi dei voli su gran parte dell’emisfero boreale è solo apparentemente surreale: è invece la realtà di un pianeta che non la smette di manifestarci la sua inesauribile vivacità. Succede anche da noi, come ben sanno i catanesi o i reggini che rimangono a terra ogni volta che l’Etna si fa sentire. Ed è accaduto decine di volte agli islandesi, che addirittura sono rimasti vittime a migliaia nel 1783, quando si scatenò la grande eruzione di Lakagigar. Oltre venti bocche eruttive e un fiume di lava veloce che correva a quasi 15 km al giorno fino a coprire oltre 550 chilometri quadri di territorio nella parte meridionale dell’isola. Quando l’eruzione terminò, una specie di nebbia bluastra ricca di vapori di zolfo oscurava il Sole, uccideva il bestiame e rendeva velenosa l’aria. Durante l’inverno circa 10 mila islandesi (sui 50 mila che contava l’isola allora) morirono di fame a causa della grave carestia che ne conseguì.
Non c’è da meravigliarsi se un’eruzione vulcanica ha effetti così vistosi e non c’è neppure bisogno di tornare tanto indietro nel tempo. Nel 1991 il Pinatubo esplode nelle Filippine: è l’eruzione vulcanica più potente del XX secolo, anche se per fortuna i morti sono stati solo mille (200 mila gli evacuati). Ma vasti appezzamenti di terra sono ricoperti dalla cenere, mentre oltre 40 mila edifici vengono devastati dalle nubi ardenti. La parte superiore del vulcano viene spazzata via dalla potenza dell’eruzione che eietta nell’atmosfera 10 chilometri cubi di ceneri, scorie e lapilli in colonne alte fino a 40 chilometri. Sulle Filippine il cielo rimase scuro per settimane nel cuore dell’estate e le ceneri raffreddarono l’atmosfera, mentre in tutto il Sud-Ovest Pacifico le temperature dell’aria si abbassarono di colpo. Della spettacolare eruzione del Pinatubo alle nostre latitudini non si è tanto avvertito l’abbassamento delle temperature - pure verificatosi -, quanto lo straordinario colore rosso fuoco che avevano acquisito i tramonti per via delle particelle sospese nell’aria.
I vulcani, da sempre, cambiano il clima e la storia. Ma provate a spiegarlo a Napoleone, sconfitto a Waterloo nel 1815 forse più a causa dall’eruzione del vulcano Tambora, in Indonesia, che non dal talento dei suoi avversari. Quell’anno l’inverno fu più pesante del solito: enormi quantità di fumi e polveri emessi dal vulcano appena esploso avevano oscurato la luce del Sole e reso più freddo il clima. Anche nel mese di giugno le temperature non salivano (neanche nei pressi di Bruxelles) e immensi nuvoloni - innescati dalla grande quantità di pulviscolo in circolo - si aggiravano per l’atmosfera raggiungendo località lontanissime dal centro di emissione. Napoleone aveva un punto di forza nella cavalleria leggera che - proprio in quel frangente - si trovò a essere, invece, irrimediabilmente appesantita dal terreno troppo fangoso dopo giorni e giorni di pioggia. Il generale Michel Ney - che faceva della velocità di esecuzione un vanto - arrivò in clamoroso ritardo all’attacco delle truppe di Wellington. Insomma un vulcano aiutò gli inglesi e i prussiani e chissà come sarebbero andate le cose su un pianeta tettonicamente «morto». E il 1816 è rimasto famoso come «l’anno senza estate». Così le ceneri islandesi ci rimettono al nostro posto di fronte allo spettacolo della Terra, e pure se ritarderanno qualche aereo, approfittiamone per riflettere e meditare.
La sonda progettata dall’Agenzia spaziale europea partirà da una stazione russa
Misurerà con estrema precisione il campo gravitazionale terrestre
Sulla rampa di lancio c’è il Goce
Aiuterà a prevedere i terremoti
Gli scienziati: "Per la prima volta avremo un livello marino medio di riferimento attendibile
Potremo monitorare meglio i mutamenti climatici e i movimenti della crosta terrestre"
MOSCA - Saranno le 16 e 21 in Italia del 10 settembre quando da una rampa di lancio di Plesetsk, circa 800 chilometri a nord di Mosca, partirà il satellite Goce (Gravity field and steady-state Ocean Circulation Explorer), a bordo del lanciatore Rockot. La sonda è stata progettata e costruita dall’Agenzia Spaziale Europea e avrà il compito di misurare le piccolissime variazioni del campo gravitazionale terrestre. Si tratta del primo satellite della serie degli Earth Explorer e inaugura il programma Living Planet dell’Esa.
Ai non addetti ai lavori sembrerà strano che non si conosca ancora bene il campo gravitazionale della Terra, ossia la forza che ci dà un peso. Eppure è proprio così. Se ci spostiamo da un punto all’altro del pianeta, infatti, scopriamo che il nostro peso cambia, seppur di poco. Queste variazioni dipendono dalla quota sul livello del mare, dalla presenza o meno di grotte sotto i nostri piedi, dal fatto che ci trovi su un oceano o sulla terraferma.
In geologia si definisce il "geoide terrestre", ovvero quella superficie ideale in tutti i punti della quale un qualsiasi corpo ha lo stesso peso. Il geoide non corrisponde con la superficie terrestre, ma la sua forma dipende proprio dalla struttura superficiale e interna della Terra. Goce determinerà la forma del geoide terrestre con una risoluzione spaziale di circa 100 km e con una precisione nelle misure mai raggiunta prima.
Spiega Roberto Sabadini, che, insieme a Valentina Barletta, Andrea Bordoni, Anna Maria Marotta fa parte del gruppo di Geofisica dell’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze della Terra "A. Desio" e sarà responsabile scientifico della missione per conto dell’Università di Milano: "Con Goce sarà possibile avere a disposizione per la prima volta un livello medio del mare di riferimento estremamente preciso, per misurare e per prevedere, mediante opportuni modelli matematici, le variazioni del livello marino dovute sia a mutamenti climatici che ai movimenti della crosta terrestre". La superficie di riferimento che ne uscirà permetterà di rivelare variazioni del livello del mare dell’ordine anche di un millimetro all’anno, non solo globalmente per i grandi bacini oceanici, ma anche per bacini di dimensioni più piccole, quali il Mediterraneo. Ciò fa capire l’importanza delle metodologie geofisiche che utilizzeranno i dati di Goce per monitorare e per prevedere le variazioni del livello medio del mare lungo le coste italiane.
Continua Sabadini: "Goce avrà ricadute altrettanto rilevanti nella misura della velocità di fusione dei ghiacciai aventi dimensioni spaziali più piccole di quelli già monitorati dalla missione Grace della Nasa, in orbita dal 2002, che ci ha permesso di determinare qual è la reale perdita di massa nei complessi glaciali dell’Alaska e della Patagonia, oltre alla perdita di massa in Groenlandia ed Antartide occidentale. Grazie all’aumentata risoluzione spaziale di Goce rispetto a Grace, saremo in grado di determinare la velocità di fusione dei ghiacciai in complessi glaciali come quelli appartenenti alle nostre Alpi".
I dati di Goce permetteranno un avanzamento fondamentale anche in settori diversi da quello ambientale, ossia nel campo della pericolosità sismica riconducibile alla tettonica attiva. "Infatti - prosegue Sabadini- si prevede di ottenere informazioni importantissime in regioni della crosta terrestre soggette a forti deformazioni, in grado di provocare variazioni di gravità per spostamenti di grandi masse di crosta terrestre come è avvenuto per il terremoto di Sumatra del 2004". Tali variazioni di gravità, integrate con misure di deformazioni ottenibili con i satelliti Gps, forniranno informazioni fondamentali sulle modalità con cui si accumula lo sforzo nella crosta terrestre nella fase pre-sismica di terremoti di magnitudo elevata. Una struda importante dunque per prevedere l’arrivo di un sisma.
* la Repubblica, 8 settembre 2008.