L’IRAN SCEGLIE IL PRESIDENTE, OBAMA: "CAMBIARE SI PUò" *
TEHERAN - Affluenza superiore al 70% nel voto per le presidenziali in Iran. Quattro anni fa si era recato alle urne il 60% degli aventi diritto.
L’alta partecipazione dovrebbe in teoria favorire il candidato moderato Mir Hossein Mussavi, il più accreditato sfidante del presidente ultraconservatore Mahmud Ahmadinejad. Nelle elezioni degli ultimi 12 anni, infatti, il successo di riformisti e moderati è sempre stato direttamente proporzionale all’affluenza alle urne.
Per il presidente degli Stati Uniti Barack Obama "un cambiamento è possibile".
Dopo una campagna elettorale segnata da tensioni e attacchi anche personali fra i candidati, oggi la Guida suprema, ayatollah Ali Khamenei, dopo aver deposto la sua scheda nell’urna, ha fatto appello alla popolazione perché "dia prova di calma e impedisca che si creino problemi nei seggi". Il presidente Ahmadinejad, che ha aspettato in coda 40 minuti con gli altri elettori, si è detto certo che il popolo farà una scelta "chiara, ferma e rivoluzionaria".
Mussavi ha invece lamentato che ai suoi rappresentanti non è stato consentito di assistere alle operazioni di voto in alcuni seggi e ha chiesto alle autorità preposte di "sorvegliare bene le urne". Un accenno ai timori di brogli più volte espressi negli ultimi giorni dai suoi sostenitori.
L’ex presidente pragmatico Akbar Hashemi Rafsanjani ha detto che le elezioni presidenziali in corso in Iran sono "fra le più importanti e decisive nella Storia del Paese" e ha auspicato che non avvengano brogli nei conteggi. Dopo aver votato in un seggio vicino alla sua abitazione, nel quartiere settentrionale di Jamaran, Rafsanjani si è intrattenuto con i giornalisti, ai quali ha detto che "in questa consultazione la gente sente una responsabilità maggiore che in tutte quelle precedenti, e lo ha dimostrato con la sua consapevolezza nelle Università, nelle strade e ovunque".
Rafsanjani, ritenuto uno dei principali sponsor del candidato moderato Mir Hossein Mussavi, è stato duramente attaccato con accuse di corruzione dal presidente Mahmud Ahmadinejad, che corre per un secondo mandato. L’ex presidente ha quindi inviato una lettera aperta alla Guida suprema, ayatollah Ali Khamenei, lamentando il suo "silenzio" su questi attacchi e chiedendogli di garantire elezioni "pulite". In seguito fra Khamenei e Rafsanjani si è svolto un lungo incontro dal quale, secondo la stampa di Teheran, Rafsanjani è uscito "soddisfatto".
* Ansa» 2009-06-12 19:11 - per aggiornamenti, cliccare sul rosso.
Oggi l’anniversario della rivoluzione islamica, Teheran presidiata dalle milizie
Nuove minacce del presidente in una telefonata al leader siriano Assad
Iran, manifestazioni ad alta tensione
Ahmadinejad: "Se Israele attacca sarà distrutta"
TEHERAN - Le milizie Basiji si stanno dispiegando nei punti nevralgici di Teheran, dove oggi si celebra il 31mo anniversario della rivoluzione islamica, per prevenire possibili nuove manifestazioni dell’opposizione. Lo riferisce la Cnn attraverso Twitter. Nelle strade "circolano pick-up che diffondono slogan pro-governativi attraverso gli altoparlanti".
E proprio per evitare il tam tam via internet che in passato ha permesso agli oppositori di organizzarsi, il regime ha bloccato anche il servizio di posta elettronica Gmail, molto usato dall’opposizione. Google ha confermato almeno in parte la notizia, che era stata data ieri sera da Wall Street Journal. E’ stato inoltre vietato l’accesso ai media stranieri a tutte le manifestazioni pubbliche.
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha scelto proprio questa giornata per mettere in guardia Israele dal dare il via a una nuova operazione militare nello scacchiere mediorientale. In quel caso - ha detto - sarà distrutto per sempre. In una conversazione telefonica avvenuta ieri sera con il presidente siriano, Bashar al-Assad, Ahmadinejad ha sostenuto di avere "informazioni attendibili" sul fatto che Israele voglia "trovare un modo per compensare le ridicole sconfitte (subite) dalla popolazione di Gaza e da Hezbollah in Libano". "Se il regime sionista dovesse ripetere i suoi errori e avviare un’operazione militare, allora -ha minacciato- dovrebbe essere combattuto con tutte le forze per esser distrutto una volta per sempre". Ahmadinejad, che ha spesso minacciato di voler cancellare "il regime sionista dalle mappe geografiche", ha aggiunto che l’Iran rimarrà al fianco di Siria, Libano e Palestina.
I festeggiamenti per il 31esimo anniversario dell’instaurazione della Repubblica islamica avvengono quest’anno in un clima di grande tensione internazionale causato dal dossier nucleare. Le celebrazioni sono tradizionalmente un modo in cui il regime mostra i muscoli e l’appoggio popolare di cui gode. Decine di migliaia di cittadini si raccoglieranno anche quest’anno a Teheran a piazza Azadì, ma anche l’opposizione è attesa in piazza.
* la Repubblica, 11 febbraio 2010
Lo ha annunciato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, durante un’audizione al Senato
Analoghe manifestazioni dei paramilitari agli ordini del pasdaran, anche in altre sedi diplomatiche
Teheran, tentato assalto all’ambasciata italiana
in azione miliziani basiji: "Morte a Berlusconi"
Il governo iraniano ha convocato l’ambasciatore Bradanini per protestare
contro le parole usate da Berlusconi durante la sua recente visita in Israele
ROMA - Decine di miliziani basiji, che non fanno parte delle forze armate iraniane, ma solo sostenitori del governo del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, hanno tentato di dare l’assalto all’ambasciata italiana a Teheran, lanciando pietre e al grido di "Morte all’Italia, morte a Berlusconi" . La notizia è stata data, durante un’audizione in Senato, dal ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha annunciato di aver dato disposizione al nostro ambasciatore a Teheran, Alberto Bradanini, di non partecipare alle cerimonie di giovedì in occasione del 31mo anniversario della Repubblica islamica. Manifestazioni analoghe sono avvenute anche davanti le ambasciate di Francia e Olanda.
Il nostro ambasciatore precisa. "In realtà non si è trattato di un vero e proprio assalto, ma di una manifestazione che è durata una ventina di minuti. Poi, tutto è rientrato, non c’è stato nessun danno a persone o a cose". Sono le dichiarazioni a caldo a Radio Capital dell’ambasciatore italiano a Teheran, Alberto Bradanini. "I manifestanti hanno gridato questi slogan e frasi un pò ingiuriose ("Morte a Berlusconi e morte all’Italia") che normalmente vengono utilizzate in questo tipo di manifestazioni, che sono orchestrate, ripeto, orchestrate dal regime. Anche 3 o 4 anni fa ci sono state manifestazioni simili. Comunque non siamo preoccupati".
La difesa della polizia iraniana. E’ stato Franco Frattini a precisare che sono stati proprio gli agenti della polizia iraniana a "scongiurare l’assalto vero e proprio all’ambasciata" italiana. E ha assicurato che, grazie a questo intervento, "non ci sono danni seri" alla nostra sede diplomatica.
Il governo di Teheran chiama il nostro ambasciatore. Il ministero degli Esteri iraniano ha convocato domenica l’ambasciatore Bradanini per trasmettergli una protesta ufficiale per le parole pronunciate dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nella recente visita in Israele. Lo ha confermato il ministro Frattini: "Il nostro ambasciatore è stato convocato l’altro ieri (dalle autorità iraniane, ndr) per una protesta contro le parole del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in Israele. Noi ci siamo limitati a dire che sono frasi in cui tutta l’Italia crede profondamente. La garanzia della sicurezza dell’esistenza di Israele è un principio assoluto e indiscutibile".
L’assalto. La manifestazione dei basiji iraniani è iniziata verso le 14,45, ora italiana, le 16,15 di Teheran. Sono stati lanciati sassi ed altri oggetti: i manifestanti hanno provato a divellere un cartello stradale, ma sono stati contenuti dalla polizia che, come in altre occasioni, in qualche modo fa da "cornice" a queste manifestazioni. Da tre anni non c’erano manifestazioni contro l’ambasciata italiana, mentre sono continuate quelle contro sedi di altri paesi. Lo stesso gruppo di manifestanti, dopo 20 minuti ha lasciato la sede diplomatica italiana e si è spostato verso quelle di Olanda, Germania e Gran Bretagna.
Gridavano: "E’ solo l’inizio". I manifestanti che hanno organizzato la protesta, prima di andarsene hanno gridato: "Se non cambierete, questo è solo l’inizio". Lo hanno riferito fonti diplomatiche italiane. Le stesse fonti hanno detto che una pietra è stata lanciata contro la sede diplomatica, ma non ha raggiunto il muro di cinta. Alcuni manifestanti hanno divelto il cartello con la scritta "Via Roma", una stradina che corre a fianco dell’ambasciata italiana, che era circondata da un folto schieramento di polizia.
Frattini ha annunciato che è in atto "una consultazione europea per capire se vi sarà una sorta di osservazione diplomatica da parte delle cancelliere europea, ma credo che quello che è stato deciso dall’Italia sarà condiviso da altri Paesi, come Germania e Gran Bretagna".
La reazione di Teheran. L’Iran reagisce con stizza alle dichiarazioni del ministro Frattini. A radunarsi di fronte alla rappresentanza italiana, afferma la tv di Stato "Press Tv", non erano miliziani basiji, come affermato dal capo della Farnesina, ma "studenti universitari" che chiedevano al Parlamento di limitare le relazioni con i governi che "interferiscono" nelle faccende dell’Iran. Le manifestazioni, si legge ancora, si sono tenute all’esterno delle ambasciate italiana e francese e gli slogan urlati erano : "Morte a Berlusconi" e Morte ai sostenitori del terrorismo". I manifestanti, afferma Press Tv citando la Fars, hanno lanciato uova e pomodori contro l’ambasciata francese.
Press TV lascia che sia Frattini ad affermare che la polizia "ha fermato un assalto vero e proprio", ma sottolinea che, secondo diversi "osservatori", il riferimento del capo della diplomazia italiana ai basiji è "un altro deliberato tentativo messo in atto dai membri dell’Unione Europea di demonizzare e mancare apertamente di rispetto per il più importante corpo di difesa popolare iraniano, e dunque è un’offesa a tutti i cittadini iraniani".
Cosa sono i basiji. Sono una forza paramilitare fondata dall’Ayatollah Khomeini nel 1979. Il basij sono di fatto una organizzazione di supporto e alle dirette dipendenze dell’Esercito dei Guardiani delle Rivoluzione Islamica iraniana, quelli comunemente conosciuti come pasdaran. In origine erano giovanotti di sesso maschile, considerati di età ancora immatura oppure troppo anziani per il servizio militare. Hanno avuto un ruolo importante durante la guerra Iran-Iraq per l’arruolamento dei volontari che si rendevano disponibili per attacchi a ondate contro gli Iracheni, in particolare nell’area di Bassora.
Nella fase attuale la forza paramilitare viene impiegata per lo più come supporto alla polizia nell’ordine pubblico, oppure per organizzare le cerimonie religiose pubbliche dove svolgono attività di vigilanza sul rispetto della "morale islamica" e per prevenire e se necessario reprimere ogni forma di dissenso al regime religioso iraniano. L’organizzazione dei basiji ha struttura capillare ed è presente nella maggior parte delle città iraniane.
Dal 1984, quando la querra tra Iran e Iraq erà esattamente a metà del travagliato tragitto, sarebbero stati addestrati circa 2,4 milioni di iraniani all’uso delle armi e al fronte ne furono mandati 450.000. Dopo quella guerra i basiji si riorganizzarono e divennero tra i primi garanti della sicurezza interna del regime iraniano islamico.
* la Repubblica, 09 febbraio 2010
Appello di Shirin Ebadi: «L’11 febbraio l’Onda verde in piazza»
I democratici vogliono usare l’anniversario della caduta dello Shah per denunciare il tradimento degli ideali rivoluzionari
di Ga B. (l’Unità, 08.02.2010)
Cresce come una febbre in Iran l’attesa per l’anniversario della rivoluzione khomeinista, che governo ed opposizione si apprestano a celebrare in opposta maniera. Il movimento democratico vuole trasformare la ricorrenza in un’occasione per denunciare il tradimento degli ideali rivoluzionari. Il potere si appresta a reprimere con la forza ogni manifestazione di dissenso.
Il regime cerca pretesti
Un appello ai connazionali affinché giovedì 11 febbraio scendano in piazza ed esprimano la loro esigenza di libertà, è stato rivolto ieri dalla premio Nobel per la pace 2003, Shirin Ebadi. La donna vive all’estero dai giorni delle elezioni presidenziali del giugno scorso. Ha buone ragioni di temere di essere arrestata non appena metta piede in patria.
In un’intervista al giornale britannico Sunday Telegraph, Ebadi, avvocata e fondatrice di un centro per la tutela giuridica delle vittime di abusi e violenze, esorta gli iraniani a «protestare pacificamente». «Penso che tutti dovrebbero partecipare alle dimostrazioni -affermae rivendicare i propri diritti in modo pacifico». La premio Nobel mette anche in guardia verso il fatto, a suo giudizio «evidente, che il regime cerca una scusa per poter intervenire».
Il regime già sta intervenendo.
Sette dissidenti sono stati arrestati ieri cono l’accusa di avere svolto attività sovversive. Alcuni di loro, secondo notizie diffuse dall’agenzia di Stato Irna, avrebbero agito su istruzioni della Cia e avrebbero avuto legami con «i network satellitari sionisti». Vengono loro imputati rapporti con l’emittente americana in lingua farsi Radio Farda. Sono accusati di essere stati «assunti come spie» dagli Stati Uniti e «addestrati a Dubai e a Istanbul».
I pasdaran minacciano
Sui media ufficiali è un susseguirsi di messaggi intimidatori. La notizia degli arresti è impacchettata in un comunicato del ministero dell’intelligence, secondo cui i sette avrebbero svolto un ruolo importante negli incidenti post-elettorali ed in particolare in quelli del giorno dell’Ashura, il 27 dicembre scorso. Il governo sostiene che stavano progettando una sedizione proprio per giovedì prossimo, anniversario della caduta dello shah.
«Le forze di sicurezza si occuperanno di garantire lo svolgimento delle dimostrazioni e affronteranno decisamente chiunque volesse uscire dai binari del percorso rivoluzionario», ha ammonito il comandante delle Guardie rivoluzionarie (Pasdaran), Hossein Hamedani. Secondo Hamedani l’anniversario della rivoluzione «appartiene a tutti i settanta milioni di iraniani e non permetteremo ad alcuno di appropriarsene per gli interessi di un gruppo particolare».
I dirigenti dell’Onda verde non si lasciano intimidire.
Sui siti vicini alle organizzazioni progressiste, i massimi dirigenti del movimento democratico continuano a invitare i seguaci a mobilitarsi per il trentunesimo anniversario della nascita della Repubblica islamica. Sia Mirhossein Mousavi sia Mehdi Karroubi chiedono ai concittadini di esprimere pacificamente la loro protesta nei confronti del regime, degli arresti arbitrari, delle torture.
E mentre il presidente Mahmoud Ahmadinejad sfida il mondo ribadendo l’intenzione di andare avanti con l’arricchimento dell’uranio nei siti atomici nazionali, la Guida suprema Ali Khamenei annuncia l’«imminente» distruzione di Israele. L’ayatollah si dice «molto ottimista sul futuro della Palestina» e ritiene «che l’entità sionista sia sulla strada del tramonto a e del deterioramento. A dio piacendo, la sua distruzione è imminente». ❖
Sale la tensione in vista dell’11 febbraio, anniversario della rivoluzione iraniana
La guida spirituale accusa, Stati Uniti e Ue esprimono "preoccupazione"
Iran, la sfida di Khamenei
"Daremo un pugno all’occidente" *
TEHERAN - In vista dell’anniversario della rivoluzione iraniana, il prossimo 11 febbraio, lo scontro tra l’Occidente e l’Iran riguarda non solo il nucleare ma anche anche i diritti umani. La guida spirituale dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha infatti annunciato che l’Iran darà un ’’pugno’’ alle ’’arroganti’’ potenze occidentali.
In un discorso rivolto all’aviazione militare iraniana il leader supremo ha dichiarato: "Il 22 di Bahman (11 febbraio nel calendario persiano, ndr) la Nazione iraniana, unita e con la grazia di Dio, sferrerà un cazzotto tale all’arroganza dell’Occidente, che lo lascerà stordito". Il governo ha messo in cantiere una serie di solenni cerimonie e, per evitare sorprese, ha avviato un giro di vite sulla dissidenza, ma non sembra aver scalfito il movimento Verde, impegnato a preparare le contromanifestazioni di giovedì prossimo.
"Se Dio vuole - ha detto l’ex presidente Mohammad Khatami - tutto il popolo, come titolare primo della rivoluzione, prenderà parte alle marce, difendendo allo stesso tempo la rivoluzione e i diritti umani". Negli ultimi due giorni sono finiti in carcere dieci giornalisti, che si aggiungono ai 45 già detenuti. Altri sette dissidenti, per i quali Amnesty International ha lanciato un appello, rischiano condanne pesanti, due di loro potrebbero andare alla forca. Il vice ministro degli Esteri Mohsen Aminzadeh è stato condannato a sei anni di carcere.
Khamenei ha messo oggi il sigillo personale su questi provvedimenti, attribuendo la protesta dell’Onda verde a mandanti stranieri: "Il più importante obiettivo delle sedizioni post-elettorali era di creare una spaccatura nella nazione, ma non sono riusciti a farlo e l’unità del nostro popolo resta una spina conficcata nel loro occhi". Le parole di Khamenei hanno spinto Stati Uniti e Ue a una nota congiunta in cui si esprime "preoccupazione" per la stretta sui diritti umani che potrebbe verificarsi nei prossimi giorni.
Il contenzioso con la comunità internazionale resta aperto anche sul nucleare. Mosca ha invitato l’Iran a "rispettare gli accordi internazionali", Roma è stanca di "politiche dilatorie", Parigi e Washington si sono dette insieme "d’accordo" su nuove sanzioni. Ma Teheran progetta di costruire dieci nuovi impianti di arricchimento dell’uranio entro il "prossimo anno" ha detto il capo del programma atomico iraniano (Aeoi), Ali Akbar Salehi. L’anno nuovo iraniano inizia il 21 marzo. Domani la Repubblica Islamica comincerà ad arricchire l’uranio fino al 20% nell’impianto sotterraneo di Natanz. Questo programma, ha aggiunto Saleh, non si limiterà alle necessità di combustibile del reattore civile di Teheran.
La corsa al riarmo è ormai una priorità per l’Iran. Teheran ha aperto due linee per la produzione di droni, gli aerei senza pilota che Washington utilizza in Pakistan. I droni potranno condurre operazioni di "sorveglianza, ricognizione e attacchi mirati con un alto livello di precisione".
* la Repubblica, 08 febbraio 2010
Mousavi: oggi dittatura in Iran come sotto lo Shah
Annunciata in Iran la prossima impiccagione di altri 9 oppositori. Il leader dell’«onda verde» Mousavi esorta i seguaci a celebrare con pacifiche proteste il ventesimo anniversario della rivoluzione, l’11 febbraio.
di Gabriel Bertinetto (l’Unità, 03.02.2010)
Sarà contento l’ayatollah Ahmad Jannati, che venerdì scorso aveva sollecitato i magistrati ad ordinare l’esecuzione di nuove condanne a morte. Un alto funzionario del potere giudiziario di Teheran, Ebrahim Raisi, ha annunciato che «altre nove persone saranno presto impiccate», oltre ai due presunti affiliati ad un’organizzazione monarchica saliti sul patibolo sei giorni fa. Gli uni e gli altri, secondo Raisi, «avevano legami con correnti antirivoluzionarie e furono arrestati per avere preso parte alla rivolta per rovesciare il sistema».
CELEBRAZIONI NON RITUALI
Le autorità di Teheran intensificano la repressione, e non si fanno scrupolo di mostrare tutta la brutalità di cui sono capaci. Non a caso ciò avviene mentre si avvicina l’11 febbraio, anniversario della rivoluzione khomeinista.
Quella che a lungo è stata una ricorrenza festeggiata in maniera rituale, diventa quest’anno occasione di scontro politico acceso. Sia il governo che i suoi avversari si apprestano a celebrarla, rivendicando a sé l’osservanza degli ideali libertari che accompagnarono il rovesciamento dello shah, e scaricando sugli altri l’onta di averli traditi.
Mirhossein Mousavi, leader del movimento che denuncia come fraudolenta la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad alla presidenza il 12 giugno scorso, si è rivolto ieri ai seguaci, invitandoli a manifestare pacificamente l’11 febbraio a sostegno della democrazia. Senza giri di frase, ha esplicitamente accusato il sistema istituzionale iraniano di incoerenza con i valori originari.
Sul sito online Kalemeh è stata diffusa una dichiarazione in cui Mousavi indica nelle impiccagioni, incarcerazioni, torture, uccisioni dei dimostranti, la prova che la rivoluzione del 1979 «non ha raggiunto i suoi obiettivi». Anzi, il Paese vive tuttora in condizioni di tirannia. «Riempiendo le prigioni e assassinando ferocemente i manifestanti, si dimostra che la radice della dittatura dell’era monarchica non è stata estirpata».
Mai forse sinora il capo dell’opposizione aveva usato un linguaggio altrettanto duro, mettendo in discussione non alcuni aspetti dell’azione di governo, ma la natura stessa della teocrazia iraniana. «Un dispotismo esercitato in nome della religione è il peggiore dei dispotismi», ha aggiunto Mousavi. E ancora: «Nei primi anni dopo la rivoluzione c’era la convinzione che fossero state eliminate le strutture che possono portare alla dittatura. Anch’io ne ero convinto, ma ora non lo credo più». Mousavi è stato a suo tempo una delle figure chiave del regime, avendo esercitato la carica di premier dal 1981 al 1988 nel pieno della guerra con l’Iraq di Saddam.
I PASDARAN MINACCIANO
Sia Mousavi sia l’altro dirigente riformatore Mehdi Karroubi esortano i concittadini a mobilitarsi per i raduni che l’opposizione prepara in vista dell’11 febbraio. «Il movimento verde (il colore dell’organizzazione pro-Mousavi) non abbandonerà la sua lotta non violenta fino a quando i diritti del popolo non saranno garantiti continua l’appello diffuso su Kalemeh -. Protestare pacificamente è uno di questi diritti».
Il trentunesimo anniversario del trionfo khomeinista rischia di trasformarsi in una nuova giornata di violenze. Khamenei, Ahmadinejad e soci manderanno in piazza i loro fedelissimi e soprattutto sguinzaglieranno sbirri e miliziani integralisti.
La parola d’ordine delle autorità integraliste è impedire i raduni dei democratici. Un ufficiale dei Pasdaran, Hossein Hamedani, è stato sinistramente minaccioso: «A nessuna condizione lasceremo che il movimento verde si mostri in giro. Sarebbe affrontato da noi con fermezza».❖
Il leader dell’opposizione Mussavi: "Per il Paese c’è il rischio di essere riportato a un dispotismo peggiore di quello prima della rivoluzione"
Iran, altri nove manifestanti verranno impiccati*
TEHERAN - Altre nove persone processate per le manifestazioni di protesta in Iran saranno impiccate, dopo le due giustiziate il 28 gennaio. Lo ha detto il vice capo della magistratura, Ebrahim Raissi, citato oggi dall’agenzia Fars. "Tutti i condannati - ha affermato Raissi - hanno legami con correnti anti-rivoluzionarie e hanno preso parte alla rivolta per rovesciare il sistema". Il leader dell’opposizione Mir Hossein Mussavi ha affermato che il Paese corre il pericolo di essere riportato "ad un dispotismo peggiore di quello di prima della rivoluzione", perché "il dispotismo esercitato in nome della religione è il peggiore possibile". Mussavi parla in un’intervista pubblicata dal suo sito, Kaleme, in occasione del 31/o anniversario della rivoluzione.
"Tutti i condannati - ha affermato Raissi - hanno legami con correnti anti-rivoluzionarie e hanno preso parte alla rivolta per rovesciare il sistema". Il 28 gennaio sono stati impiccati Mohammad Reza Ali-Zamani e Arash Rahmanpur, entrambi ventenni, riconosciuti colpevoli di essere ’Mohareb’ (’nemici di Dio’), di aver fatto parte di un gruppo di opposizione monarchico e di avere pianificato attentati contro autorità dello Stato.
Raissi ha ribadito oggi che i due giustiziati erano stati arrestati nelle proteste di piazza degli ultimi mesi, cominciate dopo la rielezione alla presidenza di Mahmud Ahmadinejad del 12 giugno 2009. Secondo fonti dell’opposizione, invece, Ali-Zamani e Rahmanpur erano in carcere già da prime delle presidenziali e sarebbero stati impiccati per intimidire gli oppositori e convincerli a non scendere in piazza in manifestazioni previste nell’anniversario della rivoluzione, l’11 febbraio.
* la Repubblica, 02 febbraio 2010)
Il principale leader dell’opposizione al regime di Kamenei e Ahmadinejad esorta
il governo del suo paese a liberare i prigionieri politici"Ucciderli non servirebbe a nulla"
Iran, Mussavi lancia l’appello per la libertà
"Sono pronto a morire per il mio popolo" *
TEHERAN - "Non ho paura di morire per la mia gente". Lo ha detto uno dei leader dell’opposizione in Iran, Mir Hossein Mussavi, in un appello per l’immediata liberazione di quanti sono stati arrestati nelle proteste cominciate subito, dopo le elezioni del 12 giugno scorso e pubblicato dal sito di opposizione Jaras.
"L’Iran è in seria crisi" - ha detto Mussavi - "e arrestare, oppure uccidere Mussavi o Karrubi non calmerà la situazione", ha aggiunto. Ed ha ribadito: "Non ho paura di morire per quello che chiede il muio popolo. La legge elettorale deve essere modificata. I prigionieri politici vanno rilasciati.
L’appello, pubblicato anche dal sito kaleme.org, si chiude con cinque punti. Oltre a chiedere la riforma della legge elettorale ("affinchè sia trasparente e credibile") e la liberazione dei prigionieri politici ("restituendo loro l’onore") - il principale leader dell’opposizione "dà reponsabilità diretta al governo" di Ahmadinejad per la crisi del paese.
Quindi chiede tanto la restaurazione della "libertà di stampa e il riconoscimento del diritto del popolo di riunirsi e manifestare (...), secondo quanto previsto dall’art. 27 della Costituzione". Allo scopo di ottenere quest’ultimo punto, Mussavi fa anche riferimento alla "cooperazione con tutti i paesi interessati" e "alla mobilitazione di organizzazioni nazionali alternative".
* la Repubblica, 1 gennaio 2010
Continuano gli scontri in tutto il Paese. E l’emittente di Stato
fornisce dati più attendibili anch se parla di "terroristi"
"Quindici i morti negli scontri"
Lo ammette la tv iraniana
Arrestato questa mattina l’esponente del dissenso Ebrahim Yazdi
Ancora condanne dagli Stati Uniti e dal Canada
TEHERAN - Il regime iraniano ora ammette che la repressione è stata durissima. Sono oltre 15 i morti negli scontri di ieri in Iran tra dimostranti e polizia. Lo riferisce la tv di Stato: "Oltre quindici persone sono state uccise durante i disordini" hanno raccontato gli speaker dell’emittente ufficiale citando il ministero dell’Intelligence iraniano. Tra i morti, "più di dieci appartenenti a gruppi anti-rivoluzionari" e "cinque a gruppi terroristici".
Arrestato il leader dissidente. Gli scontri sono continuati ieri fino a tarda sera e la notte, soprattutto a Teheran, è stata tutt’altro che tranquilla. Per oggi sono annunciate altre manifestazioni. L’opposizione sembra intenzionata ad andare fino in fondo. E continuano gli arresti. Il sito web Jaras, vicino all’opposizione, fa sapere che questa mattina è stato fermato il leader dissidente Ebrahim Yazdi: "Le forze di sicurezza sono arrivate a casa sua all’alba e hanno arrestato l’attivista politico", afferma il sito, aggiungendo che il nipote era stato fermato poche ore prima. Yazdi è dirigente del Movimento per la liberazione dell’Iran (Mli, liberale), un’organizzazione dissidente in teoria messa al bando, ma praticamente tollerata. Il dissidente, già ministro degli Esteri nel primo governo dopo la rivoluzione del 1979, ha più di 70 anni.
Condanne da Usa e Canada. E dalla comunità internazionale continuano ad arrivare voci di condanna per la repressione. Il Canada ha parlato ieri sera di "violenza brutale" impiegata dalle forze di sicurezza iraniane contro i manifestanti dell’opposizione e ha chiesto a Teheran di rispettare i diritti umani. Il Canada è "profondamente preoccupato per la violenta repressione" condotta "dal regime iraniano contro dei cittadini che esercitavano il loro diritto alla libertà di espressione e di riunirsi in occasione dell’Ashura", ha dichiarato in un comunicato il ministero degli Esteri Lawrence Cannon.
E anche la Casa Bianca torna ad esprimersi duramente sulla "repressione violenta e ingiusta di civili che cercano di esercitare i loro diritti universali in Iran". Gli Stati Uniti "condannano fermamente" queste violenze, ha dichiarato in un comunicato Mike Hammer, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale (Nsc). "La speranza, la storia ed anche gli Stati Uniti, sono dalla parte di coloro che vogliono esprimere in modo pacifico i loro diritti universali".
*la Repubblica, 28 dicembre 2009
Secondo fonti dell’opposizione gli agenti hanno aperto il fuoco
La polizia nega. Proteste e disordini anche in altre città iraniane
"Scontri a Teheran, cinque morti"
Sarebbe stato ucciso il nipote di Moussavi *
TEHERAN - Secondo giorno di violenti scontri tra polizia e manifestanti anti-governativi a Teheran durante il corteo per la festività sciita dell’Ashura. Secondo il sito d’opposizione Jaras la polizia ha aperto il fuoco sui manifestanti e almeno quattro persone sono rimaste uccise e altre due ferite. Anche il sito Rahesabz parla di quattro morti, affermando che uno dei suoi reporter ne è stato testimone. Omid Habibinia, giornalista che è riuscito a entrare in contatto con alcune fonti a Teheran nonostante il blackout delle linee cellulari e di molti siti web, ha riferito invece di cinque vittime. Tra queste, sempre secondo l’opposizione, ci sarebbe anche il nipote ventenne del leader riformista Moussavi.
Le forze di sicurezza negano: "Finora non ci sono notizie di morti, nessuno è stato ucciso", ha detto il capo della polizia di Teheran, Azizollah Rajabzadeh, citato dall’agenzia Isna.
Jaras ha riferito che diversi agenti hanno rifiutato di obbedire all’ordine di sparare sui dimostranti, cercando di sparare in aria quando sono stati messi sotto pressione dai superiori. Dal web arriva inoltre la notizia di scontri anche a Isfahan, nel centro dell’Iran, e nella vicina Najafabad, città natale del grande ayatollah riformista Hossein Ali Montazeri, morto una settimana fa.
Dopo le manifestazioni di ieri, quando gli oppositori hanno cercato di tornare in piazza ma sono stati affrontati con durezza da poliziotti in assetto antisommossa e miliziani Basiji, oggi il centro di Teheran era presidiato da centinaia di poliziotti. In risposta ai cortei dell’opposizione migliaia di sostenitori del presidente Mahmud Ahmadinejad sono scesi in piazza a Enghelab, la lunga strada nel centro della capitale da cui la polizia aveva cacciato i riformisti.
Nonostante la massiccia presenza di forze di sicurezza, migliaia di persone, giunte a piccoli gruppi, si sono radunate nel centro di Teheran. La polizia è intervenuta prima con i gas lacrimogeni e poi caricando la folla, che ha incendiato dei cassonetti.
Gli scontri si sono propagati in un’area molto vasta. Dalla piazza Imam Hossein, a est, alla piazza Enghelab, a ovest, distanti alcuni chilometri tra di loro. Incidenti sono stati segnalati anche sulla piazza Ferdowsi, sul viale Vali Asr e sul viale Hafez. Lungo quest’ultima arteria, in particolare, testimoni hanno riferito di aver visto dimostranti rovesciare e incendiare due veicoli della polizia e mettere momentaneamente in fuga le forze di sicurezza che controllavano un ponte. Un altro testimone ha detto di aver visto agenti e miliziani in borghese in una strada laterale mentre si organizzavano in un clima di nervosismo.
Le autorità hanno proibito qualsiasi manifestazione dell’opposizione in occasione dei giorni di Tasua e Ashura, ieri e oggi, quando processioni religiose attraversano in lutto le città iraniane nel ricordo del martirio di Hussein, il terzo Imam sciita, avvenuto a Kerbala nel 680 dopo Cristo. Ma era scontato che il cosiddetto ’movimento verde’ che si oppone al governo di Ahmadinejad avrebbe approfittato di questa occasione per tornare a far sentire la sua voce. Anche perché proprio oggi cade il settimo giorno dalla morte del grande ayatollah dissidente Hossein Ali Montazeri, i cui funerali, lunedì scorso, hanno vista riunita nella città santa di Qom un’enorme folla di oppositori. La tradizione sciita vuole che si torni a commemorare i defunti una settimana dopo il decesso.
* la Repubblica, 27 dicembre 2009
Aveva 87 anni ed è stato per molto tempo il naturale successore di Khomeini
Da anni viveva in esilio nella "città santa" di Qom, sotto stretta sorveglianza
Iran, è morto l’ayatollah Montazeri
uno dei grandi critici del regime
Migliaia di persone, da molte zone del Paese, stanno andando a rendere omaggio alla salma. Domani ai funerali anche il leader dell’opposizione, Mir Hossein Mussavi e Mehdi Karrubi che hanno invitato gli oppositori a partecipare in massa
TEHERAN - E’ morto l’ayatollah Hossein Ali Montazeri, uno dei religiosi iraniani più critici del regime, ex successore designato dell’ayatollah Ruhollah Khomeini alla guida della Repubblica islamica. Isna. Aveva 87 anni.
Montazeri si è spento la notte scorsa nella "città santa" sciita di Qom, a 130 chilometri a sud di Teheran. Malgrado il suo alto grado religioso, era stato escluso dalla successione a Khomeini dopo avere criticato apertamente parte delle politiche del regime. Da allora, è vissuto a Qom, quasi come un recluso, costantemente sorvegliato dagli apparati di sicurezza. Dal 1997 ha anche trascorso cinque anni agli arresti domiciliari, per avere duramente contestato l’attuale Guida, l’ayatollah Ali Khamenei.
Negli ultimi anni l’ayatollah - che godeva ancora di un vasto seguito religioso - ha fatto sentire spesso la sua voce. Dopo le contestate elezioni del giugno scorso, che hanno confermato alla presidenza Mahmud Ahmadinejad, Montazeri ha preso decisamente posizione al fianco del cosiddetto ’movimento verde’ di protesta, guidato dall’ex candidato moderato Mir Hossein Moussavi e da quello riformista Mehdi Karrubi.
Nelle ore immediatamente successive all’annuncio della morte, migliaia di iraniani hanno cominciato a dirigersi a Qom, per rendere omaggio alla salma dell’ayatollah dissidente. Secondo il sito riformista Parlemannews, "a migliaia stanno andando verso Qom da Isfahan, Najafabad, e altre città". Domani ai funerali saranno presenti anche Mussavi e Karrubi. I due leader dell’opposizione iraniana hanno proclamato un giorno di lutto nazionale e hanno fatto un appello ai loro sostenitori perchè partecipino compatti ai funerali del grande ayatollah Hossein Ali MOntazeri a Qom.
* la Repubblica, 20 dicembre 2009
Tam-tam su twitter e sui blog, l’agitazione sembra confermata
E il leader moderato chiede di liberare i "bambini della rivoluzione
"Iran, "sciopero generale dal 5 all’8 luglio"
Moussavi attacca: "Governo illegittimo"
Con il capo della "Rivoluzione Verde" anche Karroubi e Khatami In rete raccontate le sevizie: "Bastoni, pistole elettriche, violenze" *
TEHERAN - "Sciopero generale in Iran dal 5 all’8 luglio". La notizia rimbalza su Twitter e sui blog, nonostante il giro di vite della censura che ha colpito le comunicazioni via internet nel Paese. "National strike confirmed 15-17 tir (July 5-8)", è il messaggio postato su vari canali del social network che ha permesso all’Onda verde che contesta la rielezione del presidente Ahmadinejad di rimanere in contatto e coordinare le azioni di protesta, seppure fra mille difficoltà, anche dopo la violenta repressione delle proteste in piazza. Su Twitter si susseguono messaggi che chiedono agli utenti occidentali di far pressione sui media affinché tengano alta l’attenzione sull’Iran.
Continuano intanto ad arrivare notizie sulle sevizie e le torture di cui sono vittime gli oppositori del regime, fra cui politici, blogger e gestori di siti internet di orientamento moderato. E prosegue anche il botta e risposta tra i due sfidanti, Ahmadinejad, proclamato vincitore, e Moussavi, lo sconfitto che non accetta l’esito del voto.
La protesta non si ferma. I gruppi legati alla protesta verde sui social network in Iran stanno quindi organizzando un grande sciopero generale. Ci sono poi indiscrezioni ancora non confermate, forse per paura di essere preceduti da repressione della polizia, su una grande manifestazione che si dovrebbe svolgere giovedì (prefestivo in Iran) 11 tir -2 luglio- in tutto il Paese. A Tehran la protesta a quanto si dice dovrebbe avvenire alle 18 in piazza Vali Asr, piazza Enqelab e piazza Tajrish. Questa manifestazione dovrebbe aver luogo anche nelle altre grandi città dell’Iran come Shiraz, Tabriz, Isfahan, Urumieh, Khorram Abad, Bandar Anzali, Ahvaz, Qazvin, Qom e nella regione del Sistan Balucistana al confine con Pakistan e Afghanistan. Inoltre un’altra protesta sarebbe in pianificazione per giovedì 18 tir (9 luglio), ancora da confermare luogo e forma nei prossimi giorni.
La protesta continua poi tutte le sere dalle 21 alle 22.30 sui tetti delle case con il grido "Allah o Akbare", "morte al dittatore" e "Ya Hossein Mir Hossein" (O Hossein, nome del terzo Imam sciita Mir Hossein nome del leader dell’opposizione Mousavi). L’invito è esteso anche agli iraniani all’estero perché continuino la protesta negli stessi giorni in concomitanza alle date delle proteste in Iran, davanti alle ambasciate della Repubblica Islamica nei paesi in cui risiedono.
"Governo illegittimo". Proprio il leader dell’opposizione moderata iraniana Mir Hossein Moussavi è oggi intervenuto attraverso il suo sito web facendo sapere di "considerare illegittimo" il nuovo governo di Mahmoud Ahmadinejad, proclamato vincitore delle elezioni presidenziali dello scorso 12 giugno. Moussavi ha poi esortato le autorità a liberare quelli che lui stesso ha definito "i bambini della rivoluzione", cioè tutti i giovani scesi in piazza per sfidare Ahmadinejad e un regime accusato di avere "rubato" i loro voti. "Non esiste alcun compromesso in materia di diritti umani" ha detto Moussavi che ha poi chiesto che venga tolta immediatamente la censura su siti, blog e giornali dei moderati.
Karroubi e Khatami con lui. Nonostante il riconteggio del Consiglio dei Guardiani abbia confermato l’esito delle consultazioni, anche l’altro candidato sconfitto alle elezioni, il riformista Mehdi Karroubi, ha dichiarato di non riconoscere la rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad. Allo stesso modo si è espresso attraverso il suo sito l’ex presidente Mohammad Khatami che ha definito le elezioni un "colpo di stato" e il loto risultato "inaccettabile".
Ahmadinejad: "Vittoria contro l’imperialismo". Il contestatissimo presidente rieletto invece non perde l’occasione per provocare. Sia gli avversari politici interni. Sia quelli, presunti, esterni. Oggi, parlando con un rappresentante del governo venezuelano dell’alleato Hugo Chavez, Ahmadinejad ha affermato che quella del 12 giugno è stata una "grande vittoria per il campo anti-imperialista" e che in futuro "Iran e Venezuela staranno l’uno in fianco all’altro per affrontare le questioni globali con maggiore forza".
Sul blog torture e sevizie. Sul blog iraniano Revolutionary Road vengono raccontate nel dettaglio le torture nelle prigioni iraniane per chi osa sfidare le verità del regime. Si narra di largo uso di bastoni, pistole elettriche, privazione del sonno e persino violenze sessuali. Il blog, registrato nell’ottobre 2007 da un utente che ha scelto come nome quello di Saeed Valadbaygi II, oggi pubblica un testo - in versione bilingue, inglese e francese - sotto il titolo: "Cosa succede dietro le sbarre in Iran?"
Secondo una testimonianza riportata dal blog, molti prigionieri vengono rilasciati dietro pagamenti che vanno da 50 mila a 50 milioni di toman (con un toman che equivale a dieci rial, le cifre varierebbero da 37 a 37 mila euro). Viene sottolineato che la maggior parte degli arresti in Iran non sono stati fatti durante le manifestazioni e colpiscono "teenager, professori universitari e anche stranieri. Le peggiori torture - scrive il blog - vengono fatte nella stazione di polizia di via Vahdat Eslami oltre che nella prigione di Evin".
* la Repubblica, 1 luglio 2009
l’Unità 28.6.09
Canti di rivolta repressi casa per casa dai basiji. La denuncia di Human Rights Watch
Denunce sui blog: «Ci sono nuovi scontri». Ahmadinejad minaccia l’Occidente
Teheran protesta di notte. Pugno duro delle milizie
di Umberto De Giovannangeli
La protesta viaggia anche nella notte. E nei canti che si propagano dalle case di Teheran. Brutalmente repressi dalle milizie del regime. Che si scaglia contro l’ingerenza. Mousavi: no al riconteggio, si rivoti.
La protesta è anche un canto che si propaga nella notte dai tetti di Teheran. Il coraggio della protesta è anche nel volto fiero delle madri di quanto hanno pagato con la loro vita l’aver rivendicato in piazza verità e giustizia.
La sfida continua
Come ad un ordine prestabilito, i primi cori di protesta si sono levati tutti insieme da tetti, terrazze e giardini di Teheran la sera del 13 giugno, poche ore dopo l’annuncio ufficiale della rielezione alla presidenza di Mahmud Ahmadinejad. Grida di «Allah Akbar» (Dio è grande) e di «Morte al dittatore», le stesse della rivoluzione del 1979. Da allora si ripetono ogni sera, ma notizie di interventi dei miliziani islamici Basiji per fermare la protesta sono circolate negli ultimi giorni e sono state apertamente confermate ieri dall’organizzazione umanitaria Human Rights Watch (Hrw).«I Basiji conducono brutali raid notturni nelle case per fermare i cori di protesta», ha dichiarato Sarah Leah Whitson, responsabile per il Medio Oriente dell’organizzazione, affermando che i miliziani «irrompono nelle case e terrorizzano la gente intimando di non cantare». Per adesso, comunque, «Allah Akbar» e «Morte al dittatore» continuano ad essere gridati puntualmente ogni sera da molte case di Teheran. Le prime voci si levano alle 22.00. Gradualmente se ne aggiungono altre, di uomini, donne, bambini, fino a dar vita a cori che si rispondono da un’area all’altra, per spegnersi dopo dieci o quindici minuti.
CARCERI E TORTURE
Le centinaia di persone arrestate nel corso delle manifestazioni dei giorni scorsi a Teheran, tenute in isolamento nella prigione di Evin, nella capitale iraniana, «patiscono torture e maltrattamenti» sistematici. A denunciarlo è Reporter senza Frontiere (Rsf), ricordando che sono 33 i giornalisti ancora detenuti nel carcere. «La prigione di Evin, come lo stadio di Santiago del Cile nel 1973 dopo il golpe, è diventato un sanguinoso centro di detenzione», sottolinea l’associazione: «Numerose testimonianze ci fanno temere che la tortura ed i maltrattamenti all’interno del carcere siano sistematici, in particolare nel settore 209». E mentre i blogger danno notizia di nuovi scontri di piazza, il leader dell’opposizione, Mir Hossein Mousavi , ha respinto la proposta del regime di ricontare il 10% dei voti della contestata elezione presidenziale del 12 giugno, secondo quanto dichiara un suo alleato all’agenzia Reuters.
Dalla repressione allo scontro diplomatico. Teheran reagisce duramente alla posizione assunta l’altro ieri dal G8 sulle elezioni iraniane e allontana ulteriormente qualsiasi possibilità di dialogo a breve termine con una comunità internazionale costretta ad assistere attonita - dopo i morti in piazza - a un’escalation di violenza verbale anche nelle dichiarazioni diplomatiche. Dalla capitale iraniana sono stati accusati di «interferenze» i Paesi del G8 per la dichiarazione congiunta dell’altro ieri, in cui si chiedeva lo stop immediato delle violenze e una soluzione della crisi attraverso il dialogo democratico e pacifico.
MONITO AL G8
Il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Hassan Qashqavi, si è «rammaricato» della posizione assunta dai ministri degli Esteri del G8 che «interferisce nelle elezioni iraniane». L’Iran ricorda al G8 che la consultazione si è svolta in «un’atmosfera di libera e corretta competizione» e che elezioni di questo tipo «non si trovano nelle società occidentali, che affermano di essere democratiche». Poche ore dopo, a rincarare la dose è lo stesso Ahmadinejad: l’Iran, tuona il presidente rieletto e contestato, «trascinerà per la collottola in giudizio» quei Paesi che hanno criticato le elezioni e la sanguinosa repressione in Iran.
di Robert Fisk
La più nauseante fotografia della tragedia iraniana non è stata quella dei dimostranti insanguinati di Teheran, bensì una foto della Reuters che ritrae l’ex principe iraniano Reza Pahlavi «che tratteneva le lacrime» a Washington mentre diceva che la giovane Neda Agha Sultan uccisa una settimana fa dagli scherani di Ahmadinejad «ora rimarrà per sempre nel mio cuore. Ho aggiunto Neda all’elenco delle mie figlie», ha detto il figlio dello spietato e brutale Scià di Persia.
Inutile dire che il figlio della Luce degli Ariani non ha aggiunto «all’elenco delle sue figlie» le migliaia di donne altrettanto giovani e innocenti torturate a morte dalla sadica polizia segreta di suo padre. No, non credo che lo Scià Reza Palhavi abbia messo questa giovane donna «nel suo cuore». Ma, d’altro canto, non lo hanno fatto nemmeno i religiosi sciiti che sostennero il colpo di Stato anglo-americano contro Mohammed Mossadeq, democraticamente eletto in Iran nel 1953. All’epoca la massima autorità religiosa di Teheran fu inviata a Qom per convincere il principale Ayatollah di quei tempi, Sayed Mohammad Hossein Boroujerdi, ad emettere una fatwa per incitare ad una guerra santa contro i comunisti del partito Tudeh alleato di Mossadeq e a schierarsi dalla parte della religione e del trono. Stando alle voci sembra sia stato un certo Ruhollah Khomeini a spingere Boroujerdi a compiere questo passo.
L’analisi del golpe fatta dalla Cia - che, ovviamente, è stato ricordato con crescente entusiasmo da Ahmadinejad e dai suoi sodali nelle ultime settimane - comprende anche un colloquio quanto mai rivelatore tra Kermit Roosevelt, capo della Cia a Teheran, e Winston Churchill, che era ormai agli ultimi mesi del suo mandato da primo ministro. «È stata una occasione estremamente commovente», diceva il rapporto della Cia riguardo all’incontro Roosevelt-Churchill.
«Il primo ministro sembrava in cattive condizioni di salute. Non ci sentiva bene; di tanto in tanto aveva qualche difficoltà ad esprimersi e sembrava non riuscisse a vedere bene con l’occhio sinistro. Ciò nonostante non riusciva a trattenere il suo entusiasmo per l’operazione. Fu talmente gentile da spingersi a dire che avrebbe voluto avere «qualche anno» di meno per poter servire agli ordini di Roosevelt. La nostra operazione ci aveva fornito una inattesa e meravigliosa opportunità che avrebbe potuto cambiare l’intero quadro del Medio Oriente». Sembrano le parole di Condoleezza Rice. Ricordate quando parlò delle «doglie» di un nuovo Medio Oriente proprio mentre i libanesi venivano massacrati dalle bombe israeliane nel 2006? Ma «l’intero quadro» di Churchill cambiò davvero - nel 1979.
Che ne è della famosa rivoluzione? Fu realmente un promettente ritorno ai valori fondamentali dell’Islam sciita, un ritorno all’età dell’oro di Ali e Hussein quando il dominio islamico non poteva coesistere con un governo laico? È questa la vulgata che circola in questi giorni a Teheran. Questa è la storia cui Khamenei sostiene di credere: che l’Ayatollah Khomeini - qualunque cosa abbia consigliato a Boroujerdi nel 1953 - riportò l’Iran alla purezza delle radici sciite dell’Islam quando non si tentava nemmeno di separare la religione dal potere secolare.
Per una straordinaria coincidenza è stato appena pubblicato un nuovo libro scritto dal professor Nader Hashemi dell’università di Denver, che rappresenta l’opera più illuminante e chiarificatrice sugli ultimi drammatici avvenimenti iraniani. Il titolo, molto accademico, non fa onore al testo: «Islam, secolarismo e democrazia liberale: verso una teoria democratica delle società musulmane». Ecco una agghiacciante citazione di Hashemi riferita a Khomeini quando l’Ayatollah era in esilio nella città irachena di Najaf nel 1970. «Questo slogan della separazione tra religione e politica e della richiesta di impedire agli studiosi islamici di intervenire negli affari politici e sociali è stato coniato e diffuso dagli imperialisti; sono solo le persone non religiose che ripetono questo ritornello. Quando mai all’epoca del Profeta religione e politica sono state separate? È mai esistito un gruppo di religiosi contrapposto ad un gruppo di politici e di leader?».
Nel 1999 l’Ayatollah Abolghassem Khazali, già membro del Consiglio dei Guardiani, tornò sul tema dicendo che «quando un giurista del valore dell’Ayatollah Mesbah Yazdi» - non a caso oggi fedele seguace di Ahmadinejad e aspirante Leader Supremo dopo Khamenei - «dice qualcosa, bisogna rispondere solamente ‘ascolto e obbedisco’. Se c’è un pericolo, viene dallo slogan della ‘società civile’ e ora la situazione è arrivata al punto che l’esistenza di Dio è argomento di dibattito nelle universita’».
Nessuna meraviglia quindi se la settimana scorsa l’università di Teheran è stata messa a sacco e devastata dalla milizia Basiji. Nessuna meraviglia se ora l’atteggiamento «secolare» di Mirhossein Mousavi è così pericoloso per il regime. Ma, come osserva Hashemi - e stanno qui le traballanti fondamenta del regime iraniano - «quasi tutti convengono sul fatto che la dottrina dell’Ayatollah Khomeini del “governo del giurista islamico” ha segnato una significativa rottura con la tradizione sciita per quanto attiene ai rapporti tra religione e politica. Molti Ayatollah di primo piano del mondo sciita erano fortemente critici nei confronti della dottrina politica di Khomeini in quanto ritenuta una innovazione e una radicale rottura con il ruolo storicamente moderato svolto dai religiosi nella società politica».
E queste sono le conseguenze. Khomeini ha inventato il cosiddetto «velayat-e faqih» (governo del Leader Supremo). La Repubblica Islamica non era mai stata concepita nella storia islamica. È un tentativo, un esperimento che potrebbe continuare o potrebbe anche interrompersi. Le ultime due settimane lasciano intendere che c’e’ molto da lavorare affinché possa sopravvivere. Nel frattempo ricordiamo quanto disse Mossadeq 46 anni fa: «Una nazione non va da nessuna parte sotto l’ombra della dittatura».
© The Independent, Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
Il silenzio e la tragedia
Io iraniano, tradito dalla mia Italia
di Hamid Ziarati
Quanto vale la vita di un iraniano? Decisamente meno di quella di un americano, di un italiano o di un europeo in generale. E quanto vale la vita di un’iraniana? In Iran, per la legge islamica, vale la metà di quella di un uomo. E in Italia? Per gli italiani? Quanto vale la vita di un’iraniana come Neda? Sedicenne, avvolta nella gabbia del velo obbligatorio in una galera a cielo aperto chiamata Repubblica Islamica, e tanti sogni nel cassetto. Per i Pasdaran la sua vita valeva una pallottola conficcata nel suo petto e qualche litro d’acqua per lavare dall’asfalto della strada la scia di sangue lasciata da Neda. Quanto vale la vita di Neda per l’Italia e per chi la rappresenta? A giudicare dalle parole fino ad ora pronunciate del ministro Frattini, vale quanto il suo dispiacere per la «non ancora annunciata presenza» dei rappresentati del regime iraniano al convegno sull’Afghanistan e sul Pakistan a Trieste. Quanto vale la vita di Neda che ha espiato con la vita la sua colpa di non essere nata in un Paese libero? Onorevole Frattini, per Lei quanto valeva la vita di Neda? Nulla. Apparentemente meno di niente. Solo le lacrime di chi ha avuto il coraggio di guardarla agonizzare in quei pochi infernali istanti su YouTube e null’altro. E Lei, signor ministro, quel video l’ha visto?
In questi giorni di orrore, non so perché, non riesco più ad appassionarmi alle notizie che provengono dal mio Paese adottivo: l’Italia. Seguo con trepidazione tutte le notizie provenienti dall’Iran, il mio Paese d’origine, ma non riesco più ad ascoltare un telegiornale italiano fino alla fine. Vorrei essere orgoglioso del Paese che mi ha dato asilo e mi ha adottato come un figlio, in cui ho trovato una vita ancora libera, un Paese sulla cui bandiera ho giurato nel 2000, di cui ho sposato una cittadina dopo il giuramento e alla cui crescita economica ho contribuito con il mio lavoro. Io vorrei essere fiero della mia cittadinanza italiana, vorrei essere orgoglioso del mio Paese adottivo di fronte ai miei compatrioti iraniani, un Paese che ha portato all’Onu la moratoria sulla pena di morte.
Mi sforzo tanto, lo giuro, ma mi viene difficile esserne orgoglioso in questi giorni. E diventa sempre più difficile non essere avvilito di fronte a questa diplomazia inetta che attende di stringere la mano del vincitore e spera di veder arrivare in Italia quelle degli assassini di Neda al convegno del G8 a Trieste. Questa politica bieca che antepone agli interessi economici (l’Italia è il terzo partner economico dei mullah) il destino di 70 milioni di persone.
Mi guardo intorno, e nel futuro prossimo del mio Paese adottivo non vedo altro che l’uscita imminente nelle librerie delle memorie di una escort o lo sbandierare promesse che non si avverano mai. Fatemi cambiare idea! Fatelo per Neda! Rendetemi un iraniano orgoglioso d’essere italiano!
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Ansa» 2009-06-25 11:13
SCONTRI A TEHERAN, AHMADINEJAD ATTACCA OBAMA
TEHERAN - Il presidente Usa Barack Obama sull’Iran "ha fatto dichiarazioni come quelle del suo predecessore George W. Bush". Lo ha detto oggi il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad citato dall’agenzia Fars.
Il presidente Usa Barack Obama ’’e’ caduto nella trappola’’ di certi Paesi europei, soprattutto la Gran Bretagna, quando ha indurito i suoi toni verso Teheran a proposito delle elezioni e le proteste che ne sono seguite, ha aggiunto il presidente iraniano.
"Perché ha parlato in questo modo alla nazione iraniana?", ha chiesto Ahmadinejad, riferendosi ad una conferenza stampa tenuta da Obama due giorni fa, in cui ha alzato i toni delle critiche a Teheran in merito alla regolarità delle elezioni e alla repressione delle proteste che ne sono seguite. "Se parla così, cosa resterà da discutere tra noi?", ha aggiunto Ahmadinejad, parlando del dialogo che Obama dice di volere aprire con la Repubblica islamica dopo 30 anni di gelo. "Non vogliamo - ha detto ancora Ahmadinejad - che Obama commetta gli stessi errori dell’epoca di Bush. Se da parte di Washington ci sarà un vero cambiamento, noi lo accoglieremo favorevolmente".
Nei giorni scorsi Teheran ha reagito con durezza ai commenti di Paesi europei quali la Francia e la Germania che condannavano la repressione delle proteste di piazza e affermavano che le elezioni presidenziali erano state viziate da brogli, mentre ha accusato la Gran Bretagna di avere ordito un vero e proprio complotto contro il voto. Il presidente Obama, che fino a due giorni fa aveva tenuto una posizione più prudente, in una conferenza stampa martedì scorso ha anch’egli sollevato dubbi sulla regolarità delle elezioni e ha condannato le violenze contro i manifestanti. "Obama ha fatto un errore - ha detto Ahmadinejad oggi - e gli chiediamo perché è caduto in questa trappola".
SITO MUSSAVI;70 DOCENTI DETENUTI DOPO AVERLO INCONTRATO
Secondo il sito del leader dell’opposizione iraniana, Mir Hossein Mussavi, 70 professori universitari che lo avevano incontrato ieri sono stati arrestati. "Mussavi ha avuto un incontro con...i professori del Paese, dopo di che 70 persone presenti a quell’incontro sono state arrestate", si legge sul sito del candidato moderato sconfitto nelle contestate elezioni presidenziali del 12 giugno.
IERI UN’ALTRA GIORNATA DI SCONTRI
ROMA - "Sangue ovunque": così la Cnn americana nei suoi notiziari della sera ha riferito degli scontri avvenuti ieri a Teheran tra dimostranti e forze dell’ordine. La CNN non dà notizia di morti, ma riferisce che molti dimostranti "sono stati picchiati come animali", che sono stati "costretti a confessare", e che le comunicazioni con il cosiddetto ’movimento di twitter’ sono molto più difficili rispetto ai giorni scorsi.". Secondo la tv americana almeno altre due fonti parlando di "selvaggia violenza" da parte delle forze dell’ordine contro i dimostranti. Non viene specificato in quale zona della città avvengano gli scontri, che secondo alcuni blogger iraniani sono in Bahrestan Square davanti al parlamento. "Ci stavano aspettando - ha detto il testimone citato dalla Cnn - Avevano armi e le tenute antisommossa. E’ stato come cadere in una trappola per topi. Ho visto molta gente con braccia, gambe e teste rotte. Sangue dappertutto e gas lacrimogeni come in guerra". Secondo la fonte "500 vandali" armati di bastoni sono saltati fuori da una moschea ed hanno attaccato la gente nella piazza.
FRATTINI: ’’NOTIZIE ORRIBILI" Quelle che giungono da Teheran, riguardo a spari sui manifestanti, "sono notizie orribili che noi condanniamo perché screditano le autorità iraniane e rendono l’Iran davvero un problema per la comunità internazionale". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, oggi a Stoccolma, commentando quanto sta accadendo in queste ore in Iran. "Ci auguriamo che tutto questo finisca subito e che il popolo iraniano trovi finalmente pace e serenità con legittime istituzioni". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, commentando da Stoccolma le notizie che giungono da Teheran in queste ore. La situazione iraniana sarà all’ordine del giorno del G8 dei ministri degli Esteri che si aprirà domani a Trieste. "Sono certo che condanneremo queste ennesime violazioni gravissime del diritto alla vita e all’integrità fisica delle persone - ha aggiunto il titolare della Farnesina - e ribadiremo ancora una volta che questi atti allontanano l’Iran dalla comunità internazionale, cosa che noi non vorremmo".
Tra le donne che guidano i cortei
"Alzatevi tutti, dobbiamo continuare"
di Roger Cohen (la Repubblica, 22.06.2009)
Un uomo accanto a me gli ha lanciato una pietra. Il comandante, senza battere ciglio, ha continuato a pregarli. C’erano dei cori: «Unisciti a noi, unisciti a noi!». La pattuglia si è ritirata verso via della Rivoluzione, dove folti gruppi di persone si spostavano vorticosamente avanti e indietro attaccati dalla milizia Basiji armata di bastoni e dagli agenti di polizia antisommossa vestiti di nero sulle loro motocicletta.
Nuvole di fumo nero aleggiavano sulla grande città nel tardo pomeriggio. Da alcune motociclette date alle fiamme si levavano grandi fiammate verso il cielo. L’ayatollah Ali Khamenei, la guida suprema, aveva approfittato del suo sermone del venerdì per dare un ultimatum a Teheran, minacciando «spargimento di sangue e caos» se fossero continuate le proteste di chi contestava il risultato delle elezioni.
Sabato li ha ottenuti entrambi, ma ha anche visto l’autorità della sua carica, fino ad allora sacrosanta, sfidata come non era mai successo da quando la rivoluzione del 1979 aveva generato la Repubblica islamica e concepito per lui un ruolo di guida a fianco al Profeta stesso. Una moltitudine di iraniani, sabato, ha spinto la sua lotta oltre un limite sacro dal quale sarà difficile poter tornare indietro.
Non so dove porterà questa sollevazione. Quello che so è che alcune unità delle polizia stanno vacillando. E che il comandante che parlava della sua famiglia non era solo. C’erano altri poliziotti che si lamentavano delle indisciplinate milizie Basiji. Alcune forze di sicurezza sono rimaste ferme a guardare.
So anche che le donne iraniane sono in prima linea. Da giorni, ormai, le vedo incoraggiare gli uomini meno coraggiosi ad andare avanti. Le ho viste percosse e poi ributtarsi nella mischia. «Perché state lì seduti?», ha gridato una donna a due uomini accovacciati sul marciapiede. «Alzatevi! Alzatevi!».
Un’altra donna, Mahin, 52 anni, occhi verdi, si trascinava piangendo in un vicolo, con le mani sul volto. Poi, incoraggiata dalle persone intorno a lei, ha raggiunto zoppicando la folla che si dirigeva verso piazza della Libertà. La accompagnavano le grida di «Morte al dittatore» e «Vogliamo la libertà».
C’era gente di tutte le età. Ho visto un anziano con le stampelle, impiegati di mezza età e bande di adolescenti. Diversamente dalle rivolte studentesche del 2003 e del 1999, questo movimento è ampio. Una donna mi ha chiesto: «Le Nazioni Unite non potrebbero aiutarci?». Le ho detto che ne dubito molto. «Allora», ha detto, «dobbiamo cavarcela da soli».
Nei pressi di via della Rivoluzione, mi sono ritrovato in una nuvola di gas lacrimogeno. Pochi minuti prima avevo acceso una sigaretta - non per abitudine ma per necessità - e un giovane mi è crollato davanti urlando: «Soffiami il fumo in faccia». Il fumo riduce in parte gli effetti del gas. Ho fatto quello che potevo e lui mi ha detto, in inglese: «Siamo con voi». Insieme al mio collega, siamo finiti in un vicolo cieco - a Teheran ce ne sono tanti - per sfuggire al bruciore del gas e alla polizia. Sono caduto boccheggiante in un portone, dove qualcuno aveva acceso un fuocherello in un piatto per alleviare l’irritazione.
Più tardi ci siamo diretti verso nord, guardinghi, attenti alle improvvise cariche della polizia, e abbiamo raggiunto piazza della Vittoria, dove si stava svolgendo un aspro scontro. Dei giovani spezzavano pietre e mattoni per poterli lanciare. Alcuni gruppi di persone si affollavano sui cavalcavia per filmare e incoraggiare i manifestanti. Una macchina ha preso fuoco. La folla avanzava e indietreggiava, affrontata da unità di polizia poco convinte.
Attraverso il fumo ho visto un manifesto con il viso severo di Khomeini che campeggiava sulle parole: «L’Islam è la religione della libertà». Più tardi, mentre calava la notte sulla capitale in tumulto, si sentivano degli spari in lontananza. Dai tetti della città, il grido di sfida «Allah-u-Akbar» - Dio è grande - risuonava nuovamente, come ogni notte dal giorno dei brogli elettorali. Sabato, però, sembrava più forte. Lo stesso grido si sentì nel 1979, solo perché una forma di assolutismo lasciasse il posto ad un’altra. L’Iran ha aspettato abbastanza per essere libero.
Copyright New York Times/la Repubblica. Traduzione di Luis E. Moriones
Ansa» 2009-06-21 21:45
AHMADINEJAD A USA E GB: STOP INGERENZE: MUSSAVI: PROTESTA LEGITTIMA
TEHERAN - L’ex candidato alle presidenziali iraniane Mir Hossein Mussavi ha sostenuto che sono legittime le proteste popolari "contro le frodi e le bugie". In un comunicato diffuso attraverso il suo sito web, Mussavi afferma che il popolo iraniano "ha il diritto di protestare". "Oggi il paese è in lutto per quelli che sono stati uccisi nelle proteste, vi chiedo di restare calmi".
Mussavi ha condannato "gli arresti di massa" dei suoi sostenitori effettuati dalle forze di sicurezza durante le proteste contro i presunti brogli elettorali, ammonendo che gli arresti "creeranno una frattura tra il popolo e le forze armate".
Un appello che cade in una situazione di incertezza. Secondo testimoni citati dall’agenzia Reuters molti spari si sono sentiti in almeno due quartieri settentrionali di Teheran.
Di nuove proteste contro il regime iraniano aveva parlato la Cnn sul suo sito. Un video amatoriale, comparso anche su YouTube con la data di oggi, mostra una grande folla ripresa dall’alto di un edificio. La gente marcia composta in un viale del centro non meglio identificato al grido incessante di "Non abbiate paura, siamo uniti" e di "Morte al dittatore".
In un blog di Twitter dedicato all’Iran si parla di 50.000 dimostranti che avrebbero sfilato oggi davanti alla sede delle Nazioni Unite nello Shahrzad Boulevard a Teheran. Secondo quanto riporta la Cnn, un’altra manifestazione di protesta ha avuto luogo nella Università Azad, nella zona meridionale della capitale. Il sito della tv americana scrive che, secondo alcuni testimoni, migliaia di poliziotti in tenuta antisommossa sono schierati lungo le strade della città ma che non sono in vista mezzi blindati.
Ottavo giorno consecutivo di proteste dunque dopo il sabato di sangue nella capitale iraniana. Una battaglia durissima, in un’area molto vasta del centro, durata fino a notte e che ha visto morire decine di manifestanti. Questo e’ quanto raccontano i testimoni degli scontri avvenuti ieri nel centro di Teheran.
La televisione di Stato parla invece di non piu’ di una decina di morti, e il capo della polizia, Ahmad Reza Radan, ha affermato che le forze di sicurezza non hanno fatto uso di armi da fuoco. Gli abitanti delle zone interessate agli scontri, invece, parlano di diversi manifestanti uccisi dai proiettili. Uno di questi, raccontano, si chiamava Said Abbasi, un giovane di circa 20 anni. Stamane la sua fotografia campeggiava su un drappo nero appeso in segno di lutto alla serranda abbassata di un negozio sulla Via Rudaki, probabilmente appartenente alla famiglia. Chi si e’ recato oggi in centro parla dei segni, ovunque sull’asfalto, degli incendi appiccati dai manifestanti quando sono cominciati gli attacchi delle forze di sicurezza, di cui facevano parte i reparti anti-sommossa e molti agenti in borghese, probabilmente appartenenti alle milizie islamiche dei Basiji.
Ad essere data alle fiamme e’ stata nella maggior parte dei casi immondizia rovesciata dai cassonetti, che stamane erano spariti da interi viali del centro. Su alcune strade si puo’ ancora sentire odore di gomma bruciata. I testimoni riferiscono infatti che, lungo l’autostrada urbana Navvab, i manifestanti hanno divelto e dato alle fiamme le protezioni in materiale sintetico di un grande cantiere per lo scavo di un tunnel sotterraneo stradale. I vetri di alcune banche sono in frantumi, come quelli di una moschea, all’angolo tra la via Jomhuri e la Navvab, al cui interno e’ scoppiato un incendio. Ma le strutture portanti dell’edificio non sono danneggiate e i muri esterni non sono anneriti.
Secondo i racconti di chi era presente, migliaia di manifestanti si erano radunati nel primo pomeriggio di ieri a Piazza Enghelab per marciare verso la Piazza Azadi, quattro chilometri ad ovest, nonostante il divieto delle autorita’. Ma quando le forze di sicurezza, che li aspettavano in numero massiccio, hanno reagito, si sono dispersi nelle vie laterali e gli incidenti si sono diffusi in varie zone, distanti anche chilometri fra loro. Si va dalle strade a sud della Piazza Azadi, come le vie Rudaki, Azerbaigian, Jomhuri e Karun, al Viale Kargar, a nord-est, lungo il quale sorge il piu’ grande dormitorio universitario della capitale.
Gli scontri sono stati particolarmente duri sul Viale Sattarkhan, tra la Piazza Azadi e il Viale Kargar. Le truppe anti-sommossa, racconta chi era presente, hanno inseguito i manifestanti fin dentro i vicoli, dove non poche famiglie hanno aperto le loro porte per dare rifugio a chi scappava. In questi vicoli i vetri di molti portoni e delle auto in sosta sono andati in frantumi nella violenza delle cariche. Gli incidenti sono andati avanti fin quasi a mezzanotte. Verso le cinque del mattino, sono entrati in azione i mezzi della municipalita’ che hanno ripulito le strade dai segni piu’ evidenti della battaglia.
AHMADINEJAD A USA E GB: STOP INTERFERENZE Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha intimato oggi a Stati Uniti e Gran Bretagna di cessare ogni interferenza negli affari interni della Repubblica Islamica.
"Considerando le vostre sconsiderate affermazioni, non potete più essere considerati degli amici della nazione iraniana. Pertanto vi consiglio: correggete il vostro atteggiamento fatto di ingerenze", ha detto Ahmadinejad parlando a un consesso di chierici e insegnati. Il riferimento è alle critiche che numerosi paesi occidentali hanno rivolto alle autorità iraniane per lo svolgimento delle elezioni e il rifiuto di accogliere le richieste dell’opposizione.
KHATAMI PROTESTA, SEGNI FRATTURA IN ESTABLISHMENT Vietare le manifestazioni di piazza potrebbe avere "pericolose conseguenze" e addebitare la crisi iraniana ad un complotto delle potenze straniere è "indicazione di una falsa politica". Con queste dichiarazioni oggi l’ex presidente riformista Mohammad Khatami, appartenente al clero sciita con il titolo intermedio di hojatoleslam, è uscito allo scoperto nella disputa che è arrivata ad investire l’establishment del regime islamico. Mantiene invece ancora il silenzio l’ex presidente pragmatico Akbar Hashemi Rafsanjani, considerato tra i principali sponsor dell’ex candidato moderato Mir Hossein Mussavi, come del resto Khatami.
Ma un segno della tensione crescente è la notizia, data oggi dall’agenzia Fars, vicina al governo del presidente Mahmud Ahmadinejad, dell’arresto di una figlia di Rafsanjani, Faezeh Hashemi, che ieri era presente in una manifestazione non autorizzata nel centro di Teheran, dispersa dalle forze di sicurezza con un pesante bilancio di vittime. Organizzazioni di studenti fondamentalisti avevano chiesto nei giorni scorsi l’arresto e un processo pubblico per la Hashemi, accusandola di avere avuto un "ruolo nel provocare i disordini". L’assenza di Rafsanjani risaltava venerdì alla preghiera collettiva a Teheran, quando la Guida suprema, ayatollah Ali Khamenei, ha affermato che le manifestazioni dovevano cessare e ha avvertito che i promotori sarebbero stati ritenuti "responsabili della violenza, dello spargimento di sangue e del caos". L’ultima volta che Rafsanjani aveva fatto sentire la sua voce era stato con una lettera inviata allo stesso Khamenei prima delle elezioni, in cui gli chiedeva di garantire uno svolgimento corretto della consultazione e avvertiva che in caso di sconfitta di Mussavi attraverso brogli, nelle piazze sarebbero potuti scoppiare gravi incidenti.
Nella sua dichiarazione di oggi, Khatami chiede "l’immediato rilascio di tutti gli arrestati durante le proteste", ritenendo che ciò "può calmare la situazione nel Paese". E chiede alle autorità di "rispettare i diritti del popolo". Da parte sua, il grande ayatollah dissidente Hossein Ali Montazeri, già successore designato dell’ayatollah Ruhollah Khomeini come Guida suprema e poi defenestrato, ha chiesto tre giorni di lutto nazionale per i manifestanti uccisi e ha affermato che resistere alle richieste del popolo sulle elezioni é proibito dalla religione. Sebbene sia fuori dall’establishment politico del Paese da 20 anni, Montazeri ha ancora un vastissimo seguito di fedeli come esponente religioso.
Iran, l’opposizione sfida Khamenei
La polizia carica i manifestanti
Bomba contro santuario, un morto *
Scontri a piazza Enqelab, gli agenti colpiscono chi tenta di andare alla manifestazione. La marcia di protesta organizzata per oggi nella capitale per contestare l’esito del voto per le presidenziali non è stata annullata: l’opposizione ha scelto di ignorare la richiesta della guida suprema della rivoluzione islamica iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei. Il ministero dell’Interno: "Non è stato concesso alcun permesso di assemblea o di riunione in nessuna parte del Paese". Arrestato il direttore del quotidiano di uno dei candidati sconfitti alle presidenziali, Mehdi Karroubi.
15:29 Proteste conto il voto anche in regioni curde
Manifestazioni di protesta contro i risultati delle elezioni presidenziali in Iran si sono tenute anche nelle regioni curde del Paese. Lo ha reso noto ieri l’Associazione per i Popoli Minacciati (Apm), attraverso il suo sito internet. Fonti dell’Apm riferiscono inoltre che, nella città di Kermanshah (Iran occidentale), a maggioranza curda, lo scorso 17 giugno le forze di sicurezza iraniane avrebbero ucciso cinque persone durante le manifestazioni.
15:21 Bomba contro santuario di Khomeini, un morto
Una bomba esplosa vicino al santuario di Khomeini ha provocato almeno una vittima. Lo riferisce l’agenzia Fars. Ci sono anche due feriti.
15:16 Tra mille e duemila persone a piazza Enqelab
Tra i 1.000 E i 2.000 manifestanti si sono radunati di fronte all’Università di Teheran, situata nelle vicinanze di piazza Enqelab, il luogo dove è prevista una manifestazione contro i risultati delle elezioni presidenziali. [....]
* la Repubblica, 20.06.2009 (ripresa parziale, per aggiornamenti cliccare sul rosso)
La Stampa, 19/6/2009 (21:58)
Obama all’Iran: "Basta repressione"
La Casa Bianca ammonisce Teheran:
"I cittadini hanno diritto di protestare"
NEW YORK. Le parole dell’ayatollah Ali Khameneim, che oggi ha invitato l’opposizione a sospendere le proteste altrimenti «sarà un bagno di sangue», scuotono la comunità internazionale. Obama cambia registro e dopo l’iniziale prudenza, criticata anche da alcuni suoi sostenitori, il presidente americano ha invitato Teheran a allentare la repressione perchè «gli iraniani hanno diritto di protestare».
«È il governo iraniano che sta usando la violenza» ha aggiunto il portavoce di Obama, Robert Gibbs, esprimendo la condanna degli Stati Uniti per il modo in cui il regime iraniano sta reprimendo le proteste di centinaia di migliaia di dimostranti che contestano i risultati delle elezioni presidenziali. Il presidente Obama è già stato «chiaro nell’evidenziare e condannare le violenze» ha aggiunto Gibbs, in quella che suona come una replica agli esponenti repubblicani e commentatori conservatori che hanno accusato la Casa Bianca di un’eccessiva cautela ed un troppo prolungato silenzio sui fatti di Teheran in nome della realpolitik. Obama è convinto che «chi desidera che la propria voce sia sentita lo possa fare senza timore di violenze» ha aggiunto Gibbs sottolineando che le mozioni di sostegno alle proteste pacifiche del popolo iraniano approvate oggi al Congresso rispecchiano le posizioni della Casa Bianca.
Sulla stessa linea i leader dell’Ue che hanno lanciato un appello alle autorità di Teheran perchègarantiscano al popolo iraniano «il diritto a riunirsi ed esprimersi pacificamente» e «che non si ricorra all’uso della forza contro manifestazioni pacifiche». Al termine del Consiglio Europeo riunito a Bruxelles, è toccato al presidente francese, Nicolas Sarkozy, pronunciare parole più chiare: Teheran, ha detto ai cronisti, stia attenta a non andare «oltre un punto di non ritorno». Ferme, anche le reazioni tedesca e britannica. I proclami di Khamenei, ha sottolineato il cancelliere Angela Merkel, «non corrispondono alle attese della comunità internazionale nè a quelle del popolo iraniano». «Il mondo vi osserva», ha ammonito Gordon Brown, rivolgendosi alla dirigenza iraniana, che sembra avere individuato in Londra più che in Washington il mandante di un fantomatico complotto internazionale.
«In questi giorni -aveva detto Khamenei nel suo discorso- gli ambasciatori di alcuni Paesi occidentali che ci hanno parlato nell’ambito dei normali rapporti diplomatici hanno mostrato la loro faccia autentica, e più di tutti, il governo britannico». Il Foreign Office, per tutta risposta, ha convocato l’ambasciatore iraniano, per dirgli che quanto detto da Khamenei è «inaccettabile». Amnesty International, ha, intanto, fatto sapere che nelle proteste sono morte complessivamente dieci persone, ma il grande timore è per quanto potrebbe accadere nei prossimi giorni, a partire da domani. «Siamo profondamente turbati dalle dichiarazioni rilasciate dall’Ayatollah Khamenei che sembrano dare semaforo verde alle forze di sicurezza per trattare con la violenza coloro che, esercitando il loro diritto di manifestazione ed espressione, stanno contestando», ha affermato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. «Temiamo che, se un gran numero di persone scenderà in strada nei prossimi due giorni, andrà incontro ad arresti arbitrari e a un uso eccessivo della forza».
’’Ora abbiamo bisogno del sostegno internazionale"
Elezioni in Iran: ’’Aveva vinto Moussavi, ad Ahmedinejad solo il 12% dei voti. E’ un golpe’’ (Xinhua)
ultimo aggiornamento: 16 giugno, ore 17:17
Bruxelles - (Aki) - Dura accusa di due cineasti, Mohsen Makhmalbaf, regista di ‘Viaggio a Kandahar’, e Marjani Satrapi, autrice della pellicola ’Persepolis’. Presentato un documento della Commissione elettorale iraniana: al leader dell’opposizione 18 milioni di voti
Bruxelles, 16 giu. (Aki) - In Iran si è avuto un vero e proprio colpo di Stato che ha scippato Mir Hossein Moussavi della vittoria. A sostenerlo sono due noti cineasti iraniani, Mohsen Makhmalbaf, rappresentante ’ad honorem’ di Moussavi e regista di ‘Viaggio a Kandahar’, e Marjani Satrapi, l’autrice della pellicola cinematografica ’Persepolis’. I due hanno parlato alla stampa dalla sede del Parlamento Europeo a Bruxelles, nel corso di una conferenza del leader verde Daniel Cohn-Bendit.
I due cineasti hanno presentato la fotocopia di un documento che sarebbe la certificazione del risultato del voto della Commissione elettorale iraniana, nella quale a Moussavi erano assegnati 19.075.423 di voti, 13.387.103 quelli di Mehdi Kroubi, ex presidente del Parlamento, e soltanto 5.498.217 a Mahmoud Ahmadinejad, dichiarato invece vincitore. Non vi sono certezze sull’autenticità del documento ma, secondo la denuncia di Satrapi, "Ahmadinejad ha avuto solo il 12%, non il 65% dei voti".
"Moussavi - ha riferito dal canto suo Makhmalbaf - alla fine dello spoglio dei voti fu chiamato dalla Commissione elettorale che gli comunicava la vittoria e gli diceva di prepararsi per il discorso". Poi il colpo di scena. "Poco dopo - ha raccontato ancora il cineasta - alcuni militari sono entrati nel suo ufficio, gli hanno detto che non avrebbero consentito una rivoluzione verde. Poi la televisione di Stato ha annunciato la ’vittoria’ di Ahmadinejad".
Makhmalbaf ha esortato dunque "la comunità internazionale a non riconoscere ufficialmente la vittoria di Ahmadinejad. Quello che è successo non sono brogli elettorali, è un vero e proprio colpo di Stato". E conclude: "Se qualcuno si chiedeva se il popolo iraniano è pronto per la democrazia, la risposta è sì; lo abbiamo espresso nel voto, ma siamo stati derubati del voto. Ora abbiamo bisogno del sostegno internazionale".
La Stampa, 17/6/2009 (9:8)
TEHERAN - GLI SCONTRI DOPO IL VOTO
Iran, nuova manifestazione di protesta
Oggi altro corteo per le vie di Teheran Anche Khamenei apre al riconteggio
TEHERAN. I seguaci di Mir Hossein Mussavi, il candidato moderato sconfitto nelle elezioni presidenziali iraniane, hanno programmato una nuova manifestazione nel pomeriggio di oggi nel centro di Teheran, secondo quanto affermato da alcuni loro rappresentanti. Ieri pomeriggio, durante una grande manifestazione svoltasi nel nord di Teheran, la voce è circolata tra i partecipanti che oggi un nuovo raduno sarebbe avvenuto in una piazza centrale della capitale.
In precedenza l’agenzia riformista Ilna aveva scritto che il fronte riformista aveva avanzato una richiesta al ministero dell’Interno per tenere una manifestazione in un’altra piazza del centro, sempre oggi. Il raduno di ieri, che si sarebbe dovuto svolgere nella Piazza Vali Asr, in centro, è stato dapprima revocato e poi riprogrammato nel nord della città per evitare il contatto con i sostenitori del presidente Mahmud Ahmadinejad, che avevano programmato una contro-manifestazione proprio sulla Vali Asr.
Ieri le autorità iraniane hanno vietato alla stampa straniera la copertura degli avvenimenti in corso. Anche la copertura della manifestazione pro-Ahmadinejad, orchestrata dal potere, risultava molto difficile. Le autorità iraniane hanno vietato ai media stranieri di coprire tutti gli avvenimenti che non sono «nell’agenda» del ministero della Cultura e della Guida suprema.
Inoltre la Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, ha ordinato al potente Consiglio dei guardiani di aprire una inchiesta su eventuali brogli e irregolarità contestati dal candidato riformista Mousavi alle elezioni del 12 giugno e ieri ha aperto al riconteggio, seppur parziale. Le proteste contro la rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad ieri hanno interessato altre città oltre alla capitale, come Machhad, Ispahan e Shiraz.
La Stampa, 16/6/2009 (21:50)
La repressione
L’sos da Twitter: "L’esercito sta marciando verso Teheran"
Rinviata la manutenzione del sito su richiesta di Moussavi: E’ l’unico modo rimasto di comunicare con il mondo"
di CARLA RESCHIA
"L’esercito sta marciando su Teheran per reprimere le proteste". E’ il grido di allarme che da un’ora sta rimbalzando su Twitter. Notizia non confermata per il momento da alcuna agenzia di stampa ma ripresa con grande forza sul web. Che in queste ore è sempre più uno dei maggiori veicoli di notizie e informazioni dall’Iran, via via che gli altri vengono tacitati. Ai giornalisti stranieri oggi le autorità di Teheran minacciato l’arresto se sorpresi a filamre e a fotografare e hanno vietato di coprire le manifestazioni in piazza dettando un severo codice di comportamento: «Vi chiediamo di astenervi da ogni attività giornalistica che non sia in coordinamento con questo Dipartimento e senza l’autorizzazione di questo Dipartimento», è l’avvertimento del ministero della Cultura e Guida islamica iraniano: «Non prendete parte ad alcun evento ad eccezione di quelli annunciati da questo Dipartimento. Nel caso abbiate bisogno di coprire notizie in città, informatene questo Dipartimento e coordinatevi con esso. Evitate la partecipazione e la copertura di raduni che non abbiano l’autorizzazione del ministero dell’Interno».
I cellulari - quando funzionano - e il microblogging su Internet restano quindi l’unica fragile risorsa per comunicare con il mondo. E infatti Twitter, già protagonista in aprile delle proteste in Moldova, ha accolto la richiesta di rinviare a momenti migliori la manutenzione programmata dei suoi server, un aggiornamento di una certa importanza e fissato da tempo, proprio per non far cessare il servizio. Avrebbe dovuto fermarsi per un’ora e mezza ieri alle 21,45 della Costa Ovest negli Usa, metà mattinata di oggi a Teheran ma lo stop tecnico è stato rinviato su richiesta, oltre che degli utenti, del Dipartimento di Stato Usa e dello stesso Moussavi che, dal suo account sul sito aveva implorato che fosse tenuto aperto l’unico canale di comunicazione tra la società civile iraniana e il resto del mondo.
Un canale forse non esente da !inquinamenti". Tra le mille voci girano anche messaggi allarmanti: "Non credete a nulla di ciò che leggete su nuovi tweeters, il governo sta spargendo disinformazione", scrive ’gr88 iranelection’ e così anche RT Robert Hooman, secondo cui le forze di sicurezza di Ahmadinejad stanno aprendo account su Twitters fingendo di essere manifestanti.
A complicare ulteriormente la vicenda il generoso appello, da molti accolto, a tarare il proprio account sul fuso orario iraniano per confondere le acque e ostacolare il lavoro di identificazione dei blogger. Obiettivo raggiunto: non si capisce più chi scrive da dove.
Ansa» 2009-06-16 19:22
IRAN, KHAMENEI: RICONTARE VOTI SE NECESSARIO
TEHERAN - La Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, è favorevole a un parziale riconteggio dei voti, se necessario. Lo ha reso noto la tv di stato iraniana.
In precedenza Mussavi aveva revocato la manifestazione. Mussavi aveva spiegato che la decisione di annullare la manifestazione aveva il fine di ’’salvare vite umane’’. Il fronte degli oppositori ad Ahmadinejad aveva successivamente programmato una nuova manifestazione domani pomeriggio sullo stesso percorso di quella di ieri, che ha visto la partecipazione di centinaia di migliaia di persone.
Il Consiglio dei Guardiani ha intanto annunciato che riconterà "solo una parte" dei voti delle elezioni presidenziali del 12 giugno e soltanto "se vi saranno prove di irregolarità". Lo ha detto il portavoce dello stesso Consiglio, Abbas Ali Kadkhodai, citato dal sito della televisione di Stato. Quando un giornalista ha chiesto al portavoce se il Consiglio potrebbe accettare la richiesta del candidato moderato Mir Hossein Mussavi di cancellare il risultato del voto, il portavoce ha risposto: "Non è impossibile. Il Consiglio ha anche questo potere costituzionale".
IERI UCCISI SETTE MANIFESTANTI
E’ una calma carica di tensione quella che regna stamane su Teheran, dopo l’uccisione di sette manifestanti avvenuta ieri durante una gigantesca manifestazione degli oppositori del presidente Mahmud Ahmadinejad e una serie di incidenti che sono continuati in nottata in varie zone della città. Oggi molti negozi del centro sono rimasti chiusi e il traffico è molto meno congestionato del solito. Il tam-tam che corre su Internet, ma più ancora di bocca in bocca, parla di una nuova manifestazione che alle 17.00 ora locale (le 14.30 ora italiana) dovrebbe partire dalla Piazza Vali Asr, nel centro della capitale. La stessa dove due giorni fa Ahmadinejad ha radunato decine di migliaia di suoi fedelissimi per festeggiare l’annuncio della rielezione e dove oggi vorrebbero radunarsi di nuovo anche i suoi sostenitori. Ieri sera, come era avvenuto in quelle precedenti, dai tetti e dalle terrazze di molte case in diverse zone della città si alzavano grida di ’Morte al dittatore’ e soprattutto ’Allah Akbar’, come avveniva nelle ultime settimane prima della rivoluzione del 1979. Allo stesso tempo, squadre di miliziani islamici sono stati visti attaccare gruppi di giovani che si radunavano, o semplicemente passavano, su alcuni dei principali viali della città. Tra questi, Vali Asr, teatro degli scontri di sabato e domenica, lungo il quale la sera ristoranti e caffé sono ora chiusi. Il presidente del parlamento Ali Larijani ha oggi criticato il ministero dell’interno ritenendolo responsabile per alcuni attacchi avvenuti contro dormitori di studenti e contro abitanti di una cittadina a nord di Teheran.
ARRESTATI EPSONENTI DELL’OPPOSIZIONE
TEHERAN - Mohammad Ali Abtahi, ex stretto collaboratore del presidente riformista Mohammad Khatami, è stato arrestato oggi. Lo rende noto il suo staff. Intanto, anche la tv iraniana in lingua inglese Press Tv ha diffuso la notizia dell’uccisione di sette civili nella manifestazione di ieri a Teheran, senza precisare se i morti siano sostenitori dell’opposizione o meno.
Sayyed Mohammad Ali Abtahi, presidente dell’Istituto per il Dialogo Interreligioso, é uno dei maggiori collaboratori dell’ex presidente Khatami, di cui è stato vice nel governo. Si tratta di uno dei più convinti riformisti e tra le figure più invise ai conservatori. Alle presidenziali ha sostenuto la candidatura di Mehdi Karoubi. Fonti dell’opposizione affermano che anche un altro leader riformista, Saeed Hajjarian, è stato arrestato stamani. Hajjarian è un alleato di Mir Hossein Mousavi. Un funzionario delle forze dell’ordine ha dichiarato all’agenzia Fars che alcuni "anti-rivoluzionari" sono stati arrestati e trovati in possesso di materiale esplosivo ed armi, senza fornire ulteriori dettagli.
Il ministro dell’Intelligence iraniano, Gholamali Mohseni-Ejei, ha detto oggi che "i 26 principali elementi dietro ai disordini degli ultimi giorni a Teheran" sono stati arrestati. Lo riferisce l’agenzia Fars. "Nessuno - ha avvertito Mohseni-Ejei - si può nascondere agli occhi dell’Intelligence. Se la gente vuole continuare a scendere nelle strade giorno e notte, continueranno gli arresti". La Fars aggiunge che le forze di sicurezza hanno scoperto una casa nel nord-ovest di Teheran in cui "venivano nascosti armi ed esplosivi".
Ansa» 2009-06-15 22:42
IRAN: FOLLA AL CORTEO PRO MUSSAVI. SPARI: UN MORTO
di Alberto Zanconato
TEHERAN - Teheran ha vissuto la giornata più drammatica dalle contestate presidenziali del 12 giugno. Centinaia di migliaia di sostenitori dell’ex candidato moderato Mir Hossein Mussavi hanno invaso il centro di Teheran per una manifestazione vietata dal governo che ha ricordato gli immensi raduni della rivoluzione di 30 anni fa. Ma a conclusione del corteo un manifestante è rimasto ucciso e altri feriti quando sconosciuti hanno aperto il fuoco contro la folla. Un fotografo dell’Ap ha riferito che il manifestante ucciso é stato colpito in fronte davanti ad una sede, che in quel momento era in fiamme, dei Basiji, i miliziani islamici fedelissimi del governo del presidente Mahmud Ahmadinejad.
Secondo il fotografo, a sparare sono stati miliziani appostati in abiti civili sul tetto dell’edificio assaltato dai manifestanti. Mussavi, che oggi era alla testa della manifestazione, era stato ricevuto ieri sera dalla Guida suprema, ayatollah Ali Khamenei, dopo aver presentato al Consiglio dei Guardiani una richiesta formale di annullamento del risultato del voto, da cui é uscito vincitore Ahmadinejad. Khamenei aveva raccomandato a Mussavi e ai suoi sostenitori la "calma". Il candidato sconfitto, aveva aggiunto la Guida, deve proseguire la sua azione solo "attraverso le vie legali". Cioé seguire l’iter del ricorso al Consiglio dei Guardiani, al quale lo stesso Khamenei ha chiesto di esaminare "con precisione" il caso. "Non ci fermeremo", ha detto la moglie di Mussavi, Zahra Rahnavard, che gli è stata accanto in tutta la campagna elettorale. Ma non è chiaro se si riferisse appunto al processo legale o alla possibilità di nuovi raduni oceanici. Khamenei ha anche detto che gli incidenti avvenuti nei giorni scorsi a Teheran sono stati il risultato di "provocazioni dei nemici".
L’agenzia PeaceReporter, vicina ad Emergency, ha scritto oggi che negli scontri, tra sabato e domenica, sarebbero morti cinque persone, tre ragazzi due ragazze. Fino ad ora nessuna fonte dell’opposizione a Teheran ha dato notizia di morti. La convulsa giornata di oggi si era aperta con la notizia della messa al bando del giornale di Mussavi, Kalameh Sabz, e con l’annuncio del ministero dell’Interno che il raduno previsto dei suoi seguaci era illegale. Poco dopo, da Mosca, arrivava l’annuncio che Ahmadinejad aveva deciso di rinviare l’inizio di una missione in Russia, che era prevista per oggi. Qualche ora dopo Mussavi e un altro candidato alle elezioni, il riformista Mehdi Karrubi, che ieri aveva detto di "non riconoscere" Ahmadinejad come presidente, facevano sapere che essendo troppo tardi per revocare il raduno, sarebbero scesi ugualmente fra la folla per "invitare alla calma".
Reza Khatami, fratello di Mohammad Khatami, affermava che altrettanto avrebbe fatto l’ex presidente riformista, sostenitori di Mussavi. Verso le 16.00 non più di qualche centinaio di manifestanti si è radunato sulla piazza Enghelab, da dove il corteo doveva partire. Ma, non appena si è incamminato verso la Piazza Azadi, punto d’arrivo, si è ingrossato ad una velocità impressionante, con migliaia di persone che confluivano dalle strade laterali, incoraggiati dal fatto che gli agenti anti-sommossa, schierati in forze, non accennavano ad intervenire. Con un effetto a valanga, molti altri manifestanti arrivavano da altre zone della città, chiamati via cellulare da amici e conoscenti che li rassicuravano sul carattere pacifico del corteo. Alla fine, quando la testa della manifestazione doveva ancora arrivare alla Piazza Azadi, la coda si trovava oltre la piazza Imam Hossein, a diversi chilometri di distanza.
Un fiume di gente che riempiva il lunghissimo viale che tra il 1978 e il 1979 fu teatro di alcune delle più imponenti manifestazioni della rivoluzione. Mentre fino a un certo punto del corteo, a partire dalla testa, si udivano gli slogan di "Morte al dittatore" e "Gli iraniani preferiscono la morte all’umiliazione", in coda sembrava regnare un silenzio stupito. Dopo diverse ore, quando la manifestazione si stava sciogliendo, si è avuta la tragica conclusione.
Dopo gli incidenti dei giorni scorsi il ministero dell’Interno proibisce al candidato sconfitto
di Ahmadinejad di scendere in piazza con i suoi sostenitori, ma la folla sfida il divieto
Iran, tensione alle stelle e caos
Parte la manifestazione vietata
La suprema guida Khamenei lo ha ricevuto, invitandolo ad "agire
con calma seguendo le vie legali". E ordina un’inchiesta sui brogli *
TEHERAN - Nonostante il divieto imposto dal ministero dell’Interno iraniano, la manifestazione pacifica promossa a Teheran da Mir Hossein Moussavi, che contesta la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad, è ugualmente partita. Decine di migliaia di sostenitori del candidato riformista sconfitto alle elezioni presidenziali del 12 giugno, hanno sfidato le autorità riunendosi oggi nella capitale iraniana. Indossando il colore verde della campagna di Moussavi, brandendo la sua fotografia, cantano slogan: "Moussavi riprenditi i nostri voti".
Anche il leader dell’opposizione Moussavi, che in un primo momento sembrava aver annullato la manifestazione, e uno dei candidati alle elezioni presidenziali, Mehdi Karroubi, si sono uniti in macchina ai manifestanti che protestano contro i risultati del voto. Intanto la folla aumenta: sono ormai decine di migliaia i manifestanti assiepati tra piazza della Rivoluzione e piazza della Libertà, nel centro di Teheran. Anche l’ex presidente riformista, Mohammad Khatami, ha annunciato che parteciperà alla manifestazione.
Khamenei riceve Moussavi, inchiesta su brogli. Il candidato sconfitto da Ahmadinejad alle elezioni presidenziali in Iran è stato ricevuto ieri sera dalla suprema guida iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, che lo ha invitato ad "agire con calma, seguendo le vie legali". Khamenei ha ordinato al potente Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione di aprire una inchiesta su eventuali brogli e irregolarità contestati dal candidato riformista alle elezioni presidenziali. Moussavi ieri aveva presentato un ricorso allo stesso consiglio, considerato il pilastro della teocrazia iraniana, è l’autorità ultima incaricata di confermare la validità di qualsiasi scrutinio.
Disordini "provocati dai nemici". Sempre secondo Khamenei, i disordini verificatisi in questi giorni sono il risultato di "provocazioni dei nemici che agiscono da dietro le quinte". Sabato e domenica le proteste di chi contesta i risultati delle elezioni del 12 giugno sono state represse con la violenza dai reparti anti-sommossa dei Pasdaran e da uomini in borghese, non si sa se appartenenti alla polizia o alle milizie dei volontari islamici Basiji. Ieri il capo della polizia, generale Radan, ha detto che almeno 170 persone sono state arrestate. Nulla di ufficiale è stato comunicato su eventuali vittime. Alcune fonti parlano di almeno un morto, altre di tre, e di numerosi feriti. E questa mattina circa 200 familiari di giovani manifestanti arrestati si sono radunati davanti al Tribunale rivoluzionario di Teheran per chiederne la liberazione. La folla è stata allontanata da alcuni agenti in assetto anti-sommossa e qualcuno è stato malmenato dalla polizia.
Media stranieri ostacolati, liberi i due giornalisti olandesi arrestati. E’ certo invece che le forze di sicurezza impediscono alle televisioni straniere di riprendere le immagini degli incidenti. Due giornalisti della televisione pubblica olandese sono stati arrestati ieri perché filmavano gli scontri, e oggi sono stati rilasciati, mentre sempre ieri due belgi sono stati fermati per un’ora per lo stesso motivo. Anche i responsabili delle televisioni tedesche Zdf e Ard hanno lamentato che ai loro inviati è stato impedito di lavorare. Una troupe spagnola della televisione pubblica Tve è stata invitata a lasciare il Paese oggi stesso, e la Bbc ha denunciato l’oscuramento del suo segnale. Infine, il giornale del riformista Moussavi, Kalameh Sabz, è stato messo al bando. Ieri la polizia ha fatto irruzione nella sede del giornale, facendo una perquisizione e sigillando l’edificio.
* la Repubblica, 15 giugno 2009
Ansa» 2009-06-14 21:36
IRAN: SCONTRI A TEHERAN, MUSSAVI: ANNULLARE IL VOTO
di Alberto Zanconato
TEHERAN - Mir Hossein Mussavi, l’ex candidato moderato alle presidenziali iraniane, non si arrende e oggi ha annunciato di avere chiesto ufficialmente l’annullamento del voto del 12 giugno, mentre il presidente uscente e ufficialmente rieletto, Mahmud Ahmadinejad, ha celebrato la sua rielezione oggi davanti a una folla di migliaia di sostenitori in una piazza del centro di Teheran. Scontri sporadici in varie parti della capitale sono avvenuti anche oggi tra sostenitori di Mussavi e le forze anti-sommossa dei Pasdaran, mentre diversi dirigenti del movimento riformista arrestati ieri sono stati accusati dalla polizia di essere gli organizzatori delle proteste di piazza. Tre di loro, fra i quali Mohammad Reza Khatami, ex vicepresidente del Parlamento e fratello dell’ex presidente riformista Mohammad Khatami, sono stati rilasciati oggi. La scorsa notte sono stati arrestati anche cinque attivisti dell’opposizione islamico-liberale.
Nulla di preciso si sa intanto sulla situazione di Mussavi, che oggi, parlando con l’ANSA, Rajab-Ali Mazrui, dirigente del partito riformista Mosharekat, ha definito "praticamente agli arresti domiciliari". Il capo della polizia, Ahmad-Reza Radan, ha smentito un tale provvedimento. Sta di fatto che da venerdì sera, dopo la chiusura dei seggi, il candidato moderato non è più stato visto in pubblico e che ha affidato le sue reazioni a comunicati pubblicati dal suo sito, Qalam News. "Oggi ho presentato ufficialmente la mia richiesta al Consiglio dei Guardiani di annullare il risultato del voto", afferma Mussavi nella nota diffusa oggi, chiedendo ai suoi sostenitori di "continuare le proteste a livello nazionale in modo pacifico e legale". Anche il candidato riformista Mehdi Karrubi, che dai risultati ufficiali è uscito con un umiliante 0,85 per cento, ha denunciato brogli. "Non riconosco Ahmadinejad come presidente dell’Iran", ha aggiunto. Ahmadinejad, parlando ai suoi sostenitori, ha invece affermato che queste elezioni sono state "le più pulite".
Nel primo pomeriggio, sulla Piazza Vali Asr, nel centro di Teheran, alcune centinaia di sostenitori di Mussavi sono stati affrontati dalle forze di sicurezza, che hanno fatto uso di lacrimogeni. Un testimone citato dall’agenzia Afp ha detto che sulla Via Motahhari, più tardi, gli agenti hanno sparato alcuni colpi di pistola in aria per disperdere i manifestanti.
Un testimone oculare ha detto all’ANSA che tre banche e un ufficio della compagnia pubblica delle telecomunicazioni sono stati attaccati. Ma non è chiaro chi siano i responsabili di queste azioni. Manifestazioni avvenute ieri sera sono state segnalate anche a Tabriz, nel nord-ovest dell’Iran, e ad Ahwaz, nel sud-ovest. Secondo il sito del quotidiano britannico Guardian vi sarebbero state proteste anche a Orumieh e Hamadan.
Il generale Radan ha detto che soltanto negli scontri di ieri 160 persone sono state arrestate, di cui 50 sarebbero fra gli ’organizzatori’’ dei disordini. E il governatore generale e responsabile per la sicurezza di Teheran, Morteza Tamaddom, ha accusato Mussavi di essere il "responsabile" degli incidenti. Ma Ahmadinejad ha minimizzato le proteste. "E’ come dopo una partita di calcio - ha detto - i tifosi escono eccitati dallo stadio e qualcuno, preso da questa eccitazione, magari viola le regole del traffico e passa con il semaforo rosso. Allora viene multato dalla polizia. Ma non è nulla di importante".
Il presidente ha accusato i giornalisti stranieri presenti a Teheran di essersi concentrati troppo sulle proteste. "Dovreste cambiare il vostro approccio", ha detto. E oggi si è avuta notizia della chiusura per una settimana dell’ufficio della televisione satellitare Al Arabiya, che aveva dato notizia di tre morti negli scontri di ieri. Due giornalisti della televisione pubblica olandese, che stavano filmando ieri gli scontri, sono stati fermati e costretti a lasciare il Paese. L’ambasciata italiana a Teheran ha invitato i connazionali presenti nel Paese a prestare "la massima cautela" e a limitare gli spostamenti.
L’«Onda verde» sfida Ahmadinejad
di Alberto Negri *
"Ladro, ladro, ridacci indietro il nostro voto, morte al dittatore": l’onda verde torna nel centro di Teheran, a poche centinaia di metri da piazza Vali Asr dove si sta preparando la festa per la vittoria elettorale di Ahmadinejad. Un’altra sfida alla polizia, ai Pasdaran, alle Guardie della Rivoluzione e ai "Garde vishe" le truppe speciali motorizzate bardate di nero che sono la punta di lancia dell’apparato di sicurezza per spezzare la protesta. Alle tre del pomeriggio l’aria è già densa, per il fumo dei lacrimogeni e i cassonetti incendiati. Dentro alla piazza intanto arrivano i sostenitori del presidente, soprattutto bassiji, i volontari della milizia, le delegazioni delle province, le "madri dei martiri" della guerra contro l’Iraq che innalzano i ritratti dei loro congiunti caduti al fronte negli anni 80. La piazza si riempie di immagini del presidente e di Khamenei, la Guida Suprema. Ma si colora anche di centinaia di grandi bandiere verdi, proprio come quelle del movimento di Mir Hussein Moussavi, perché il verde è uno dei simboli più evocativi dell’Islam sciita, che contraddistingue i Seyed, i discendenti da Maometto e dalla famiglia del Profeta. Il presidente vuole riappropriarsi di questo colore simbolico: non deve rimanere neppure come il marchio della fallita "rivolta di velluto" dei suoi nemici.
In mezzo agli scontri, che forse promettono di continuare, Ahmadinejad ha organizzato, per celebrare la larga ma contestata vittoria elettorale, una scenografia precisa. Mentre i suoi supporter sono già in piazza e lui sta finendo la conferenza stampa al palazzo presidenziale, la tv iraniana trasmette per la prima volta le immagini degli scontri. Lo schermo è diviso a metà: a destra le immagini del centrodi Teheran in fiamme, a sinistra le schiere ordinate dei suoi allineate in piazza Vali Asr. Il messaggio è chiaro: da una parte c’è l’anarchia violenta dei manifestanti dell’onda verde, dall’altra l’ordine vincente rappresentato da Ahamdinejad. Un ordine nuovo e diverso anche per la repubblica islamica diventata con lui una sorta di regime autocratico che punta, oltre che sui fondamenti religiosi, soprattutto sul populismo e il nazionalismo.
C’è ancora una vita normale a Teheran? In molte zone della capitale degli scontri è arrivata soltanto l’eco, così come poche sono le notizie provengono dalle province. Un sostenitore di Moussavi a Tabriz mi ha raccontato per telefono che in città gli scontri sono stati sporadici ma da diverso tempo sono difficili le comunicazioni con i portatili e Internet. Restano, per informarsi, le tv satellitari straniere. A Teheran intanto ieri gli esami all’Università sono stati cancellati: "Uno sciopero degli studenti ha spinto quasi tutti a disertare le aule _racconta Yusuf Emadi, della facoltà di biologia _ e i professori hanno deciso di annullare la sessione d’esami".
Continuano anche gli arresti tra riformisti e oppositori ma non si sa di preciso quale sia la sorte di Mi r Hussein Moussavi. Anche se Ahmadinejad sibillino, in conferenza stampa, ha dichiarato: "Quando si passa con il semaforo rosso si infrange sempre la legge, che si tratti di un ministro o di chiunque altro". Una risposta che conferma le voci degli arresti domiciliari o di altre misure restrittive per il leader dell’onda verde.
La contestazione degli oppositori che denunciano brogli,
le manifestazioni di piazza e le violente cariche della polizia
Iran, retata fra i riformisti
"Hossein Moussavi ai domiciliari"
TEHERAN - Mir Hossein Mussavi, il principale antagonista di Mahmud Ahmadinejad alle elezioni presidenziali iraniane di venerdì, è forse stato messo agli arresti. A fare quella che, al momento, è solo un’ipotesi senza alcune conferma è il New York Times.
"Mussavi ha detto chiaramente ieri che non accetta il risultato del voto ed ha chiesto a tutti i suoi sostenitori di opporsi ai brogli. Ma non c’è alcuna notizia di una sua pubblica apparizione in tutta la giornata di sabato e ciò ha fatto circolare voci che potrebbe essere stato arrestato", scrive l’autorevole giornale americano.
Fonti iraniane collegate ai gruppi di sostenitori di Mussavi hanno parlato nelle ultime ore di numerosi arresti di importanti esponenti politici, tra cui anche personalità che parteciparono ai governi riformatori sotto la presidenza di Mohammed Khatami. Ma non hanno mai accennato a misure restrittive relative a Mussavi.
Intanto, sarebbero almeno cento i riformisti iraniani arrestati nella notte tra ieri e oggi. Tra loro ci sarebbe anche il fratello dell’ex presidente Mohammed Khatami. Lo ha dichiarato Mohammed Ali Abtahi, che fa parte del gruppo dei riformisti. "Sono stati portati via dalle loro case nella notte", ha detto Abtahi, aggiungendo di aspettarsi che nelle prossime ore vengano effettuati altri arresti.
* la Repubblica, 14 giugno 2009
I risultati ufficiali contestati dal candidato moderato e dai suoi sostenitori
Proteste e cariche della polizia, ci sarebbero tre morti. Black out dei telefoni cellulari
Iran, Ahmadinejad rieletto presidente
Moussavi: "Una farsa". Scontri a Teheran
Israele: "Il voto esplode in faccia a chi pensava che fossero pronti per il dialogo"
TEHERAN - Mahmud Ahmadinejad sarà alla guida dell’Iran per altri quattro anni. Ma la rielezione dell’ultraconservatore che ha più volte negato la Shoah e propugna l’eliminazione dello Stato di Israele dalle carte geografiche ha scatenato accese proteste, senza precedenti a Teheran dopo la rivoluzione islamica del 1979. Migliaia di persone sono scese in piazza per contestare i risultati ufficiali delle elezioni e sostenere il moderato Mir Hossein Moussavi, il principale sfidate di Ahmadinejad che da parte sua ha denunciato irregolarità e brogli. Le proteste sono sfociate in scontri tra i manifestanti e la polizia. E secondo la tv satellitare Al Arabiya hanno provocato almeno tre morti.
I risultati contestati. Stando ai dati resi noti dal ministero dell’Interno, Ahmadinejad ha ottenuto il 62,6 per cento dei voti contro il 33,7 per cento di Moussavi. L’affluenza alle urne è stata dell’85 per cento, un record per l’Iran.
Il candidato moderato, che ieri si era proclamato vincitore a seggi ancora aperti, come del resto aveva fatto anche il presidente uscente, ha immediatamente denunciato irregolarità dicendo che milioni di persone non hanno potuto esprimere la propria preferenza a causa della scarsità delle schede elettorali. Moussavi ha aggiunto che a molti osservatori del suo partito non è stato consentito l’ingresso ai seggi e che alcuni sono stati malmenati. E qualche ora dopo, ha rincarato la dose spiegando che la leadership di Teheran "ha manipolato il voto del popolo, e ha reso queste elezioni una pericolosa farsa".
A Moussavi ha replicato indirettamente la Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, dicendo che Ahmadinejad è "il presidente di tutta la nazione" ed esortando i sostenitori dei candidati sconfitti alla "calma e pazienza". Khamenei ha poi manifestato ancora una volta il suo appoggio al leader ultraconservatore: "I 24 milioni di voti per il presidente dimostrano la reale partecipazione che garantisce il progresso del Paese. Mi congratulo con il popolo per questo grande successo e chiedo a tutti di essere riconoscenti per questo dono divino".
A fine giornata Ahmadinejad ha parlato in televisione: ha detto che le elezioni sono state "libere e corrette", che "il popolo ha scelto la strada della dignità e dello sviluppo" e che tra le richieste della nazioni vi è quella di "vedere tagliate le mani al nemico".
Le proteste a Teheran. Diverse migliaia di sostenitori di Moussavi sono scesi in piazza già al mattino al grido di "Che ne è stato del nostro voto?", "Anche noi siamo iraniani" e "Moussavi è il nostro presidente". I dimostranti hanno bloccato il traffico e hanno continuato a scandire slogan contro Ahmadinejad.
La polizia è intervenuta pesantemente in diversi punti della città. Gli incidenti più gravi sono avvenuti nel tardo pomeriggio, quando un corteo di non meno di 5.000-6.000 giovani, fra i quali molte donne, è sceso per il Viale Vali Asr verso Piazza Fatemi, dove hanno sede il ministero dell’Interno e il quartier generale elettorale di Mussavi. Ne sono seguiti scontri durati almeno due ore: i manifestanti che gridavano "Morte al dittatore", incendiavano cassonetti dell’immondizia e lanciavano pietre contro le forze di sicurezza che rispondevano con cariche e lancio di lacrimogeni.
Gli incidenti si sono rapidamente propagati a una vasta area, lungo Vali Asr, verso nord e sud, mentre la polizia cercava di isolare l’intera zona. In almeno un caso, in piazza Vanak, ci sono stati scontri tra sostenitori degli opposti schieramenti.
Secondo alcuni testimoni nei pressi di una strada affollata nella zona Nord di Teheran sono stati sparati anche colpi d’arma da fuoco. In serata Al Arabiya ha riferito che negli incidenti tre persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite.
Troupe del Tg3 coinvolta negli scontri. Una delle cariche della polizia ha coinvolto anche una troupe del Tg3 guidata dall’inviata Lucia Goracci. L’interprete iraniana che accompagnava i giornalisti italiani è rimasta contusa da una manganellata alla schiena e il cameraman, Ettore Cianchi, è stato fermato per un quarto d’ora dagli agenti, che gli hanno sequestrato la cassetta con le immagini degli scontri. La Farnesina ha dato mandato all’ambasciatore in Iran di effettuare un passo ufficiale presso il ministero degli Esteri della Repubblica islamica.
Gli agenti hanno cercato di impedire in tutti i modi ai cameramen delle televisioni straniere di riprendere gli incidenti. Ma il canale tv in lingua persiana della Bbc ha mandato in onda alcune immagini dove si vede fra l’altro la polizia che picchia una ragazza.
Blackout dei cellulari. Dopo gli sms a Teheran sono state disattivate anche le comunicazioni cellulari. Secondo quanto riferito da alcuni abitanti il black out è cominciato quasi in contemporanea con l’inizio del discorso televisivo di Ahmadinejad alle 22 ora locale (le 19.30 italiane) e interessa entrambi gli operatori di telefonia cellulare iraniani. La stessa cosa è accaduta a Facebook. Entrambi gli strumenti sono stati usati negli ultimi giorni come sistema di comunicazione privilegiato dai sostenitori di Moussavi.
Reazioni internazionali. Per l’amministrazione Obama la partita delle elezioni iraniane non è ancora chiusa, anche se vengono implicitamente confermate le aperture fatte nelle scorse settimane. "Continuiamo a monitorare da vicino l’intera situazione, comprese le accuse di irregolarità", ha commentato il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs, mentre il segretario di Stato Hillary Clinton ha auspicato che il risultato rifletta effettivamente la volontà del popolo iraniano.
Altro Paese particolarmente attento all’esito delle elezioni nella Repubblica islamica era ovviamente Israele. La posizione del governo Netanyahu è stata riassunta efficacemente dal vicepremier Silvan Shalom, uomo della destra moderata in seno al Likud: il risultato "sta esplodendo in faccia a chi pensava che l’Iran fosse pronto al dialogo con il mondo libero". Parole irrituali e insolitamente velenose verso l’alleato americano se si considera che a evocare il dialogo, in questi mesi, è stata proprio la nuova amministrazione di Washington. A questo punto, ha aggiunto Shalom, "gli Stati Uniti e il mondo dovrebbero riesaminare la loro politica verso l’Iran e i suoi programmi nucleari".
* la Repubblica, 13 giugno 2009
Elezioni in Iran, vince Ahmadinejad
Moussavi: "Non mi arrendo a questa farsa"
La vittoria del leader conservatore si annuncia schiacciante Impedita dalla polizia una conferenza stampa dei sostenitori del candidato moderato. Nella mattinata scontri a Teheran. La prima reazione di Israele: un risultato molto preoccupante *
12:32 Israele: un colpo in faccia a chi voleva il dialogo Il risultato delle elezioni presidenziali iraniane "sta esplodendo in faccia a chi pensava che l’Iran fosse pronto a un dialogo con il mondo libero, incluso quello sulla cessazione dei suoi piani nucleari". Lo ha detto oggi il vicepremier e ministro per la Cooperazione Regionale israeliano, Silvan Shalom, uno dei dirigenti più autorevoli del Likud, il partito del primo ministro, Benyamin Netanyahu.
12:27 Iran: i dati definitivi Mahmoud Ahmadinejad ha vinto le elezioni con il 63,36%, frutto di 21 milioni e 800mila voti, mentre il suo principale sfidante, Mir Hossein Moussavi, si è attestato al 34,07% con 11 milioni e 700mila preferenze. Lo ha riferito il capo della commissione elettorale, Kamran Daneshjoo. Molto distanti gli altri due candidati: l’ex capo dei pasdaran, Mohsen Rezai, si è attestato all’1,7% con 588mila voti. Allo 0,87% (290mila voti) l’ex presidente del Parlamento, Mehdi Karroubi.
12:18 Israele: cresce la minaccia iraniana "Se anche ci fosse stata un’ombra di speranza, la rielezione di Ahmadinejad è giunta a dimostrare una volta di più la crescente minaccia rappresentata dal’Iran", lo ha detto Dany Ayalon, vice ministro degli Esteri israeliano.
12:12 Iran: quasi ultimato lo spoglio delle schede Per il ministero dell’Interno iraniano non ci sono dubbi: quando è stato scrutinato il 98% delle schede di una votazione con affluenza record (oltre l’82% di partecipazione), le presidenziali sono state vinte nettamente dal presidente in carica, l’ultraconservatore Mahmud Ahmadinejad, con oltre il 63% dei consensi.
12:10 Israele: "Intensificare il contrasto al nucleare di Teheran" Per il viceministro degli Esteri israeliano, Dany Ayalon, "la comunita’ internazionale deve ora intensificare la sua azione per contrastare immediatamente i programmi nucleari di Teheran".
11:55 Moussavi: "Risultati contrari alle nostre notizie" Said Shariati, portavoce di Mussavi, ha definito i risultati ’’totalmente contrari alle notizie da noi raccolte ieri’’ e anche se lo sfidante accettasse tali risultati, ’’non li accetteranno i suoi sostenitori’’
11:53 La vittoria di Ahmadinejad è ufficiale E’ ufficiale: Mahmud Ahmadinejad è stato rieletto presidente dell’Iran al primo turno. Secondo il presidente della commissione elettorale, Ahmadinejad è stato confermato nell’incarico con il 63 per cento delle preferenze ottenuto nella maggior parte dei distretti del Paese.
11:52 Moussavi: "Rischio tirannia" "Questo gioco pericoloso - ha detto Moussavi in un comunicato -rischia di instaurare una tirannia".
11:51 Moussavi: "Il popolo non si piegherà" Il popolo iraniano sarà "vigile" e "non si piegherà a chi prende il potere con gli imbrogli". Lo ha affermato Moussavi contestando i risultati ufficiali che danno una vittoria schiacciante al presidente uscente Mahmud Ahmadinejad.
11:50 Impedita una conferenza stampa dei sostenitori di Moussavi La polizia ha chiuso l’accesso al quartier generale di Mir Hossein Mousavi impedendo una conferenza stampa dei sostenitori de candidato riformista sconfitto. Lo rendo noto il sito della Bbc.
11:48 Moussavi: "Stop ai brogli prima che sia troppo tardi" Mussavi ha "consigliato alle autorità di porre fine immediatamente all’attuale comportamento nel conteggio dei voti prima che sia troppo tardi". Lo si legge in un comunicato pubblicato sul suo sito, Qalam News.
11:47 Moussavi: "Si torni alla legalità" Mir Hossein Mussavi, ha chiesto alle autorità del governo del presidente Mahmud Ahmadinejad di "tornare alla legalità e salvare il voto della nazione", accusandole di pesanti irregolarità nel conteggio dei voti.
11:46 Moussavi: "Non mi arrenderò a questa farsa pericolosa" "Non mi arrenderò a questa farsa pericolosa". Lo ha detto oggi il candidato moderato Mir Hossein Mussavi, rifiutando il risultato delle elezioni presidenziali di ieri in Iran che hanno visto, secondo i dati ufficiali, la schiacciante vittoria del presidente uscente Mahmud Ahmadinejad.
* la Repubblica, 13.06.2009 - ripresa parziale, per aggiornamenti cliccare sul rosso.
Il voto femminile potrebbe essere decisivo oggi in Iran dove si va alle urne in un clima di
elettrizzante attesa. Euforia tra i riformatoriIran, la carica delle donne
Mousavi spera nella svolta
Oggi le presidenziali Il leader del fronte riformatore sfida il falco Ahmadinejad
L’aspirante First Lady Zahra Ranavand ha il consenso di giovani, ceti medi e moderati
di Gabriel Bertinetto (l’Unità, 12.06.2009)
Mercoledì sera, mentre la campagna elettorale si chiudeva per la cosiddetta pausa di riflessione prima del voto odierno, a Teheran è accaduto l’impensabile. In margine ad una manifestazione a sostegno del candidato riformatore Mirhossein Mousavi, un gruppo di donne ha sfidato in un solo momento trent’anni di inibizioni e proibizioni: via il foulard, sciolti i capelli sul volto scoperto, hanno ballato allegramente in strada con i loro compagni maschi. La polizia religiosa stavolta si è ben guardata dall’intervenire.
RINASCE LA SPERANZA
Se Zahra Ranavand, moglie di Mousavi, fosse stata presente, avrebbe redarguito le esuberanti connazionali, bollandone il comportamento come inutilmente provocatorio. Lei, Zahra, ha più volte detto che la società e le istituzioni della Repubblica islamica vanno cambiate con gradualità. Ma con la sua personalità decisa, la moderazione dei metodi e l’intransigenza dei principi, è diventata l’idolo di molte donne. Ed è anche grazie a lei che i gruppi sociali favorevoli alle riforme, ma delusi in passato dagli aspiranti riformatori, hanno ritrovato in queste ultime settimane entusiasmo e speranza di cambiare.
Attorno a Zahra ed al consorte si è formata una eterogenea alleanza fra i ceti medi urbani, i giovani, gli intellettuali, e parte degli ambienti conservatori che non si riconoscono nella retorica estremista di Ahmadinejad e che soprattutto hanno sperimentato quattro anni di politica economica disastrosa. Ecco perchè l’ondata anti-governativa del 2009 si distingue dai movimenti che accompagnarono l’elezione di Khatami nel 1997 e nel 2001. Allora molti votarono con l’illusione di portare alla presidenza un uomo capace di trasformare radicalmente il sistema in senso democratico.
Oggi, ammaestrati dai precedenti sforzi andati in fumo, si pongono obiettivi più limitati. Togliere di mezzo Ahmadinejad è considerato di per sé già un grande risultato. Poi a poco a poco qualcosa gradualmente si potrà fare: dalla ripresa del dialogo con l’Occidente, a scelte più oculate in materia economica e sociale, all’apertura di spazi di libertà culturale e mediatica, a modifiche migliorative delle leggi che discriminano in base al sesso.
SPEZZATO UN TABÙ
Presentandosi assieme ai comizi, Mousavi e signora hanno spezzato il tabù della politica al maschile, ed aggirato i cavilli legali che sinora hanno impedito alle donne di candidarsi per la presidenza. Sarà certamente Mousavi, se eletto, a dirigere il Paese. Ma il ruolo di Zahra non sarà quello di una comprimaria. Quando una giornalista le ha chiesto se si sentisse una potenziale Michelle Obama di Teheran, Zahra ha risposto con il piglio di chi non vuole essere seconda a nessuno: «O forse potremmo dire che Michelle è una Zahra americana». Se le donne iraniane avevano un modello in Shirin Ebadi, paladina dei diritti umani vincitrice di un Nobel per la pace, ora ne hanno trovato uno non meno solido in Zahra Ranavand.
I sostenitori di Ahmadinejad temono di non farcela. Potrebbero anche prevalere ma senza superare il quorum del 50%cento. Ed in un eventuale ballottaggio con Mousavi tutto potrebbe accadere. Apparentemente fuori gioco sono gli altri candidati, il riformatore Kharroubi e l’ultraintegralista Moshen Rezaie.
Il nervosismo del presidente uscente emerge dai ripetuti tentativi di infangare la personalità dei suoi avversari. Ha insinuato che Zahra abbia ottenuto irregolarmente un dottorato di ricerca universitario. Ha accusato di corruzione l’ex-presidente Rafsanjani, sostenitore di Mousavi. Ha mobilitato gli ambienti militari a lui favorevoli per lanciare un pesantissimo monito agli avversari. «Ogni tentativo di provocare in Iran una rivoluzione di velluto sarà stroncato sul nascere», ha dichiarato Yadollah Javani, responsabile politico dei Pasdaran. In altre parole, non azzardatevi a scendere in piazza per denunciare brogli o reclamare la vittoria.
La commissione elettorale parla di una maggioranza ormai schiacciante
Con l’87% dei seggi scrutinati, accreditato del 64,88% dei voti
Iran, Ahmadinejad è presidente
Ma Moussavi protesta: "Brogli"
TEHERAN - Non sembrano più esserci dubbi sulla rielezione di Mahmud Ahmadinejad alla presidenza della repubblica islamica d’Iran. Con l’87% dei seggi scrutinati, il leader iraniano è accreditato del 64,88% delle preferenze, contro il 32,6% del suo principale sfidante mir hossein mousavi: un risultato definito incolmabile dalla commissione elettorale, mentre lo stesso Mousavi ha denunciato brogli. Ancora nessun dato ufficiale, invece, sull’affluenza alle urne: ma sarebbe stata tra il 75 e l’82%. Se le previsioni della commissione elettorale dovessero rivelarsi esatte, verrebbe smentita la tesi di quanti ritenevano l’alta affluenza un grande vantaggio per Mousavi.
Secondo i dati diffusi dalla commissione, il presidente ultraconservatore avrebbe oltre 9,5 milioni di voti di vantaggio sullo sfidante moderato (18.787.766 Contro 9.269.998). "La differenza nel numero di voti è tale che qualsiasi dubbio sulla sua vittoria sarà interpretato come una forma di umorismo da parte dell’opinione pubblica", dicono dal comitato del presidente uscente.
Mousavi, dopo essersi proclamato vincitore "con un margine importante" a urne ancora aperte - come del resto aveva fatto anche Ahmadinejad - ha denunciato irregolarità nel voto, dicendo che milioni di persone non hanno potuto esprimere la propria preferenza a causa della scarsità delle schede elettorali.
Mousavi ha anche fatto sapere che a molti osservatori del suo partito non è stato concesso l’ingresso ai seggi e che il suo partito "attende il conteggio ufficiale dei voti, le spiegazioni su queste irregolarità, sperando che le autorità di controllo facciano il loro lavoro". E qualche ora dopo, ha rincarato la dose spiegando che la leadership di Teheran "ha manipolato il voto del popolo".
Intanto i supporter di Ahmadinejad hanno cominciato a riversarsi sulle strade per festeggiare la rielezione del presidente uscente. Mentre il sito web ufficiale di Mousavi ha riferito che i guardiani della rivoluzione islamica iraniana sarebbero scesi nelle strade della capitale con l’intenzione di fare irruzione nelle sedi del candidato moderato. Lo ha riportato la tv satellitare Al Arabiya, citando sostenitori di Mousavi che hanno parlato apertamente di ’golpe dei pasdaran’.
* la Repubblica, 13 giugno 2009