Il voto utile
di Norma Rangeri (il manifesto, 25.12.2012)
Domani il manifesto sarà in edicola con un’edizione speciale dedicata alle primarie del centrosinistra. Un’eccezione alla regola per un evento politico di primo piano. Se questa sera il risultato del voto dirà che si va al ballottaggio, e a giocarsi la finale saranno Bersani e Vendola, allora si aprirà una fase inedita per la sinistra italiana. Se, viceversa, come pronosticano i sondaggi, alla fine la contesa sarà tra il segretario del Pd e il sindaco di Firenze, le primarie avranno fatto bene solo al partito democratico e, come succede nelle altre democrazie maggioritarie, questo anticipo di campagna elettorale avrà rafforzato la corsa di Bersani verso palazzo Chigi.
Un voto utile oggi può influire sull’identità del futuro centrosinistra e, di rimbalzo, anche di quel che si sta muovendo fuori dal suo perimetro. A cominciare dai promotori delle liste arancioni, come anche di chi con l’appello "Cambiare si può" vuole innovare forme e contenuti della sinistra. Con la dichiarata, e benefica, intenzione di non replicare il fallimentare copione delle liste Arcobaleno del 2008. Per questo, al di là delle differenze sull’idea di governo o sulla necessità di rimescolare le carte a sinistra, tra riformisti e radicali, resta il comune impegno per abbattere quel "muro di Berlino" di cui parla Vendola nella nostra intervista, costruito dal liberismo e dalle politiche di austerità.
L’uscita di scena di Berlusconi e la forte leadership del governo tecnico hanno cambiato lo scenario delle primarie, molto diverse, oggi, dal rito liberatorio e plebiscitario tributato al tempo di Prodi e Veltroni. Allora finì nell’urna un grande no a Berlusconi, oggi non c’è proprio aria di plebiscito, per nessuno dei cinque candidati. Si esprimerà, invece, un giudizio ponderato perché è chiaro a tutti che il risultato condizionerà la prossima legislatura. A seconda del consenso ottenuto da Vendola, potremmo avere due importanti conseguenze: un primo, netto no al montismo e una prefigurazione dei futuri equilibri a sinistra.
C’è un campo da ricostruire, rifondare, rinnovare e milioni di persone credono di avere nelle primarie un bonus da spendere per iniziare questo lavoro. Una scommessa rilevante, pur con molti limiti. Il più evidente si riferisce proprio alla forma di partecipazione: una replica del modello leaderistico, che nulla aggiunge a quel bisogno di democrazia partecipata, connotato prevalente dell’intenso fermento alla sinistra del Pd. Così è stato nella natura delle mobilitazioni vincenti degli ultimi referendum e delle elezioni amministrative, così pure nelle forme creative di partecipazione dei movimenti nati dentro la grande crisi economica, sociale e politica.
Tuttavia, cogliere i limiti delle primarie non significa esserne spettatori indifferenti. Tanto più sea mettersi in fila, per condividere, anche fisicamente, una scelta di voto, risponde al forte vento populista, contestando l’idea di sostituire al corpo uanto dal signore un corpo consacrato da internet. Tra l’altro, nei racconti di chi è andato a registrarsi nelle vecchie sezioni del Pci, emerge un particolare che forse non piacerà agli ideologhi della rottamazione: molti anziani a prendere le iscrizioni, molti giovani a prenotarsi.
Primarie, Bersani e Renzi al ballottaggio. Boom votanti, oltre 3,5 milioni
ll segretario Pd fra i primi a votare. Alla fine dice: "Giornata straordinaria. L’ho voluta io così". Ressa per Matteo in coda: "Al secondo turno voglio più seggi". Emilia a Bersani, Toscana a Renzi. Anche Tabacci in fila a Milano
di MONICA RUBINO *
ROMA - E’ ballottaggio tra Pierluigi Bersani e Matteo Renzi, che concludono la prima tornata elettorale di queste primarie di coalizione rispettivamente al 44% e al 36%. Nichi Vendola incassa il 15%. Laura Puppato ottiene circa il 3% mentre Bruno Tabacci si attesta all’1,2%. Questi i risultati a metà dei voti scrutinati che concludono una giornata che per il centrosinistra è stata di per sé un successo. L’affluenza al primo turno delle primarie di coalizione è andata oltre ogni aspettativa e ha fatto registrare una partecipazione record. Almeno 3,7 milioni i votanti secondo il comitato Renzi. I bersaniani limano leggermente i risultati e parlano di 3,5 milioni. Ma, aldilà di questa piccola guerra di cifre, il risultato finale non cambia: oggi l’antipolitica e la tendenza all’astensionismo hanno perso, battute da una partecipazione corale del popolo di centrosinistra. E non solo.
Tutto secondo le previsioni. Il primo round delle primarie di centrosinistra non è stato una sorpresa per il segretario del Pd. Pier Luigi Bersani è "molto soddisfatto", assicurano i suoi. E’ probabile che oggi stesso il leader del Pd convochi una conferenza stampa a Piacenza per una valutazione dei dati definitivi. La lettura dei risultati ha fornito già alcune indicazioni giudicate molto importanti. Matteo Renzi è stato ovviamente accolto da una ovazione nel suo comitato: è una realtà con cui tutto il centrosinistra deve da oggi fare i conti, anche se con una affluenza così alta c’era chi avrebbe scommesso su un risultato ancora più eclatante. "Bersani prende in un elettorato vasto", hanno tenuto a sottolineare fonti vicine al segretario del Pd.
Bersani è andato bene nel Nord-Est e ha sfondato al Sud, nonostante il buon risultato di Nichi Vendola soprattutto in Puglia. Male invece nel Nord-Ovest e nelle regioni tradizionalmente rosse come la Toscana, in Umbria e nelle Marche. Di certo, come si aspettavano a largo del Nazareno, il voto si è polarizzato sui due principali candidati. Ora si lavorerà per recuperare in quei territori in cui il segretario è andato meno bene. Sarà scaramanzia, ma di possibilità di sconfitta al secondo turno non si parla. L’obiettivo è dare una legittimazione ancora più forte alla candidatura di Bersani a premier. Anche se, si fa notare, se pure non vi fosse stato il ballottaggio, il voto del 45% degli elettori di centrosinistra sarebbe stato già un’investitura di peso.
In coda per votare. Lunghissime file davanti ai seggi in tutta Italia con attese che in alcuni casi, come nel seggio di Matteo Renzi a Firenze, superano le due ore, e schede elettorali che in alcune sezioni scarseggiano e vengono fotocopiate. Ma pochi i problemi e le irregolarità, a parte un gazebo dato alle fiamme a Palermo, in piazza Bellini.
8 milioni di euro. Con circa 4 milioni di persone al voto, la coalizione di centrosinistra incasserà quasi 8 milioni di euro. Per votare, infatti, si sono dovuti versare almeno 2 euro. La somma che verrà ricavata verrà utilizzata per coprire le spese dell’organizzazione delle primarie stimata attorno al milione e mezzo di euro. Il resto verrà utilizzato per la campagna elettorale delle politiche 2013 dalla coalizione di centrosinistra.
Bersani: "Una giornata meravigliosa". La vittoria al primo turno non c’è stata ma è certo che Renzi, comunque vadano i ballottaggi, farà pesare al congresso il suo serbatorio di voti e chiederà un’adeguata rappresentanza ai vertici del partito. Una vittoria al primo turno, del resto, era stata esclusa dallo stesso Bersani che ha votato a Piacenza ed ha trascorso la giornata delle primarie insieme a sua moglie e alle due figlie. "E’ stata una giornata meravigliosa - ha detto il segretario Pd al comitato elettorale- l’ho voluta io così. Ho fiducia nel ballottaggio. Siamo una grande squadra, Renzi è un protagonista ma siamo tutti importanti, ciascuno ha il suo ruolo".
Renzi: "Abbiamo vinto nelle regioni rosse". Dopo la chiusura dei seggi (che in alcuni casi hanno dovuto chiudere con due ore di ritardo per permettere a tutti di votare), arriva il turno di Matteo Renzi. "Va moooolto meglio dei sondaggi" esulta su Facebook. E a chi lo accusa di aver preso i voti da destra invita a guardare "i risultati nei singoli comuni della Toscana, dell’Umbria, di parte dell’Emilia, le zone rosse ci tirano su". Il battagliero sindaco di Firenze dà subito mandato ai suoi di cercare di riaprire il più possibile le iscrizioni per il secondo turno, con l’obiettivo di ammortizzare l’effetto dei voti che da Vendola dovrebbero passare al secondo turno al segretario Pd. Poi a Firenze al teatrino Lorenese scelto come sede straordinaria del suo comitato, Renzi riconosce la sconfitta e chiede ai suoi un grande applauso per Bersani. Ma scalda subito i motori per il ballottaggio: "Se fossimo a Sanremo avremmo vinto il premio della critica, ma noi vogliamo vincere il festival", scandisce. Per Renzi ora "si riparte da zero a zero". E, ancora scottato dalla coda di due ore e mezzo che gli è toccato fare per votare, al ballottaggio chiede più seggi per votare.
Nichi Vendola, ago della bilancia? Il governatore della Puglia, che ha votato nella sua Terlizzi dice di non voler ragionare come l’ago della bilancia. "Il centrosinistra ha ritrovato il suo popolo". Poi aggiunge: "Vorrei fare i complimenti a Renzi e Bersani per la splendida affermazione, nella quale sono stati avvantaggiati anche dai media. E’ stata una disputa impari, perché il mio è un piccolo partito. Avevo dei dubbi, ma è stata una partita utile da giocare". E conclude: "Ascolteremo con puntigliosa attenzione le parole di Bersani e di Renzi e orienteremo il nostro sostegno di conseguenza".
Tutti d’accordo. La massiccia partecipazione del popolo del centrosinistra, nonostante le regole per la registrazione, da alcuni giudicate un po’ macchinose, ha comunque messo d’accordo tutti i candidati. E anche Laura Puppato, alla fine, tira un sospiro di sollievo: "Il mio risultato - commenta - è quasi un miracolo. La mia era una lotta titanica, contro avversari con mezzi economici e visibilità mediatica imparagonabili rispetto a me". E prevede che al ballottaggio "potranno esserci anche delle sorprese". Tabacci, in fila per 20 minuti a Milano per votare, dice di aver fatto, consapevolmente, "il donatore di sangue". Ma è comunque felice "di aver concorso a scrivere una fase importante del Paese alla quale voglio partecipare con serenità".
Il confronto in tv. Dagli altri leader politici, compresi quelli del centrodestra come Giorgia Meloni (che si è presentata nella storica sezione del Pd di via dei Giubbonari a Roma per ’vedere’come funzionavano le primarie del centrosinistra e poi ha fatto i complimenti a tutti) sono arrivati solo commenti positivi. Il più contento è Romano Prodi che, senza dire per chi ha votato, esulta per per la "grande macchina di democrazia" che sono le primarie. L’ora X è dunque rinviata alla prossima settimana. La sfida in tv tra il segretario Pd e il sindaco di Firenze questa volta sarà su Rai Uno, mercoledì alle 21,10. Ma comunque vada Enrico Letta è sicuro che sarà un successo e che "Bersani e Renzi insieme saranno capaci di rendere più forte il centrosinistra".
la Repubblica, 25 novembre 2012
Volontari della democrazia
di Antonio Padellaro (il Fatto, 25.11.2012)
Forse saranno tre milioni gli italiani che oggi parteciperanno alle primarie del centrosinistra, forse anche di più ma se anche si presentasse ai seggi soltanto quel milione e mezzo di persone che si sono già iscritte al voto sarebbe un miracolo della democrazia. Non veniamo forse dagli anni più bui della politica italiana?
L’orgia del potere berlusconiano, le leggi vergogna, la corruzione elevata a principio, il denaro pubblico sperperato da cricche e caste, il duplice, infame record dell’evasione fiscale e della pressione fiscale, le imprese che chiudono, i lavoratori a spasso e dei giovani, poveri giovani che ne parliamo a fare?
Insomma, lo sfacelo civile e morale davanti al quale una parte della nazione reagisce mettendosi in fila e poi rimettendosi in fila sopportando lunghe attese e complicazioni burocratiche con l’unico, evidente scopo di scrivere un nome sopra una scheda. Perché lo fanno?
Già qualche leader, passato o futuro prova a gonfiare il petto per accaparrarsi il merito per quelle benemerite file. Per favore, non ci provino. In queste settimane, al di là delle varie storie politiche (alcune dignitose, altre meno) il dibattito tra Bersani, Renzi, Vendola, Puppato e Tabacci è sembrato abbastanza fumoso e senza una idea una sul futuro dell’Italia capace di fare battere il cuore.
Del resto, questo è quello che passa il convento e l’imbarazzante piazzata per strapparsi una comparsata al Tg1 la dice lunga su certi vizi duri a morire. Ma no, il merito di questa grande testimonianza democratica è quasi esclusivamente di quel milione e mezzo di persone che si sono messe in fila per votare che oggi potrebbero diventare molti di più.
Dice un vecchio aforisma che democrazia è il nome che diamo al popolo ogni volta che abbiamo bisogno di lui. Per il popolo rispondere anche stavolta è quasi una forma di eroismo dopo i tanti schiaffi ricevuti.
Chi vince ne tenga conto e non disperda gli impegni nella solita nuvola di parole al vento. L’impressione è che difficilmente avrà (e avranno) una prova d’appello.
Incompatibilità
I tre schermi che dividono l’Italia
di Furio Colombo (il Fatto, 25.11.2012)
Immaginate un grande schermo diviso in tre, anzi, guardatelo, perchè davvero il grande schermo della nostra vita è diviso, e sconnesso. Nella prima sezione dello schermo vedete i politici. Eseguono rituali che di volta in volta vengono richiesti, senza conoscere o voler conoscere le ragioni o le conseguenze. Pensate all’obbligo, divenuto impegno costituzionale, di pareggio di bilancio. Significa che non puoi più decidere se spendere o risparmiare, se punire o premiare.
Nelle mani dei politici non è rimasto alcun potere. Divampano le lotte per la leadership, dette “primarie”. Forse porteranno grandi conseguenze, ma solo nell’acquario delle stanze interne alla politica. Probabilmente, molti cittadini parteciperanno, una specie di danza della pioggia, un esorcismo per fare accadere qualcosa nel mondo reale. Ma tutto avviene di là dal cristallo che separa la politica dai cittadini. Il secondo schermo dimostra che ogni rapporto fra politica e realtà, in questo momento, è impossibile.
Infatti una telecamera fissa, come quelle delle banche, ci mostre la strana realtà del governo tecnico. Da un lato è così debole che ascolta in auricolare ciò che deve dire di volta in volta. Dall’altro è così forte che non discute con la politica e i partiti. Ordina e aspetta rapida e precisa esecuzione.
QUI MANAGERS e docenti danno ordini da managers e giudizi da docenti, in un tipico modo che non concepisce obiezioni, perchè non si tratta di professioni che accettano cedimenti o patteggiamenti. Nello stesso tempo, abbiamo detto, noti uno sdoppiamento. Comandano ma anche ubbidiscono, con la stessa prontezza e lo stesso rigore.
Non sappiamo nulla, tecnicamente, della gravità della situazione o di come tutto sia improvvisamente precipitato in modo tanto drammatico (sto parlando di Europa e del mondo; quanto al rovinoso governo dell’Italia, fino a poco fa, sappiamo fin troppo).
Sappiamo però che i punti di analisi, di visione, di decisione, sono al di là del governo tecnico, che è tecnico anche nel senso di essere un esperto intermediario: conosce la materia e può esporla bene. Ma porta non le sue decisioni, ma decisioni già prese e che non sono in discussione.
In questo schermo apprendiamo che ogni cosa si conta, si valuta, si approva o respinge a seconda del costo, e non ci sono spazi che non siano contabili, non ci sono misuratori che non siano i conti, e non ci sono idee se non sono esprimibili in termini quantità. E che le quantità o sono tollerabili (che vuol dire accettate dalle voci che parlano negli auricolari dei “tecnici”) o non se ne deve neppure discutere. In altre parole l’intero mondo dei progetti detti riformismo deve essere cancellato.
L’economia non è negoziabile. O i valori sono giusti o non lo sono. Se non lo sono non resta che spostare, cambiare, comprimere o tagliare fino a che i valori sono (o tornano ad essere) quelli giusti. Quali siano quelli giusti non tocca nè ai politici nè ai cittadini decidere. Il secondo schermo ci avverte infatti che, una volta entrati nel territorio tecnico dei numeri e del governo economico, la democrazia non conta, nel senso che non puoi votare ciò che non hai, o non hai diritto (lo dicono i conti) di avere.
La democrazia resta un rito di parlamento per dire disciplinatamente “va bene” a ciò che prescrivono gli esperti in base alle loro tabelle. E alle istruzioni che ricevono da quella voce nell’auricolare. Che non è la voce di Dio o la trama di un complotto. Semplicemente, per qualche ragione e molti errori, abbiamo trasferito il punto di autorità nel cielo di alcuni organismi internazionali che dirigono il traffico della ricchezza senza sapere, o poter sapere, che ricchezza è, di chi è, come sia stata accumulata, e a chi sia stata eventualmente sottratta.
SI CONOSCONO solo i limiti di spesa consentiti. E così tu vedi, nel terzo schermo, la lotta disperata che si estende per le strade, giovani e non giovani, operai e gente che non lavora più o non ha quasi mai potuto lavorare, e gente che all’improvviso ha perso tutto, lavoro, pensione e casa e, come se non bastasse, scopre di avere torto. E vedi l’abbandono umiliante dei disabili, le carrozzelle e i corpi dei malati gravi senza sostegno perché il costo non è previsto, lo stivaggio barbaro dei detenuti, i bambini senza scuole e i malati senza letti. Niente, nel terzo schermo, ha a che fare con il primo e il secondo.
Nessuno sembra sapere o voler sapere niente degli altri, tranne coloro che si azzuffano. I politici restano nell’acquario e si parlano senza che si senta la voce. I “tecnici” ascoltano dall’auricolare e riferiscono con cura, ma anche con fermezza non discutibile, ai politici e ai cittadini. La democrazia? È caotica, a momenti insidiata dalla violenza, dalle troppe cariche e dalla solitudine. Ma resta solamente nelle strade.