La Sapienza costituzionale dei nostri Padri ("Giuseppe") e delle nostre Madri ("Maria") .... e la Sapienza "costantiniana" della "Chiesa" di "Mammasantissima"!!!

L’ITALIA E’ UN PAESE SFILACCIATO, A CORIANDOLI. E’ CARNEVALE!? NO. E’ PAROLA DEL PRESIDENTE DELLA CEI. LA GERARCHIA CATTOLICA FUORI DALLA GRAZIA ("CHARITAS") DI DIO ATTACCA IL GOVERNO GUIDATO DA PRODI E GRIDA "FORZA VATICANO", "FORZA ITALIA"!!! Mastella è pronto: "E’ venuto il momento di dire basta". Berlusconi: "Subito alle elezioni". Prodi ottimista: "Le crisi non si discutono in tv"!!! - a cura di pfls

mercoledì 23 gennaio 2008.
 

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-  Governo, Prodi ottiene la fiducia alla Camera
-  Ipotesi di dimissioni prima del Senato

Il Professore ha superato il primo ostacolo senza difficoltà nonostante l’astensione dell’Udeur. Adesso è riunito con i ministri per valutare cosa fare. Sempre più insistenti le voci che stia valutando l’ipotesi di dimettersi al Senato senza chiedere il voto come gli aveva chiesto a fine mattinata il presidente Napolitano. Dalle dichiarazioni di voto dei gruppi dell’Unione la richiesta di andare avanti con la legislatura. "Questo governo ha fatto un ottimo lavoro"

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-  Bagnasco riaccende la polemica sulla mancata visita di Ratzinger alla Sapienza
-  La 194 "abominevole, da aggiornare". L’Italia "un Paese a coriandoli"

-  "Papa sconsigliato da autorità italiane"
-  Palazzo Chigi: "Mai date indicazioni"
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ROMA - La visita di Ratzinger alla Sapienza sarebbe stata sconsigliata dalle autorità italiane. Lo dice il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, che nella prolusione d’apertura del Consiglio episcopale permanente riaccende la polemica sulla mancata visita di Benedetto XVI all’università di Roma. Parole alle quali replica una nota di Palazzo Chigi: "Il governo italiano non ha mai suggerito alle autorità vaticane di cancellare la visita". Il porporato torna all’attacco della legge sull’interruzione di gravidanza ("abominevole", va "almeno aggiornata in qualche punto"), rinnova il no alle unioni di fatto e conferma le analisi più preoccupate sulla situazione italiana: "paura del futuro" e "senso di fatalistico declino", "un Paese a coriandoli".

"La Sapienza, clima di ostilità". Benedetto XVI ha rinunciato alla visita alla Sapienza su suggerimento "dell’autorità italiana". Bagnasco parla del "grave episodio di intolleranza" e del "clima di ostilità" che ha "suggerito questa amara soluzione". Una rinuncia che, "se si è fatta necessariamente carico dei suggerimenti dell’autorità italiana, nasce essa stessa da un atto di amore del Papa per la sua città".

Palazzo Chigi: "Sicurezza Papa era garantita". Palazzo Chigi affida a una nota la replica alle parole di Bagnasco. Il governo italiano "non ha mai suggerito alle autorità vaticane di cancellare la visita" del 17 gennaio. Sia il presidente del Consiglio che il ministro dell’Interno, dopo la riunione del Comitato provinciale per la sicurezza - alla quale erano presenti anche i responsabili della gendarmeria vaticana - "hanno comunicato alle autorità vaticane che lo Stato italiano garantiva assolutamente la sicurezza e l’ordinato svolgimento della visita del Santo Padre".

"194 da aggiornare". La legge sull’interruzione di gravidanza, "abominevole", "va almeno aggiornata in qualche punto", visto "il portato delle nuove conoscenze e i progressi di scienza e medicina", e visto che "oltre le 22 settimane di gestazione c’è qualche possibilità di sopravvivenza" del feto. Il presidente della Cei ribadisce la posizione già espressa dal cardinale Camillo Ruini e sottolinea: "Il fatto che a trent’anni dall’approvazione della 194 la coscienza pubblica non abbia ’naturalizzato’ ciò che naturale non è, è un risultato importante, grazie a chi, come il Movimento per la vita, mai si è rassegnato". I vescovi chiedono "che si verifichi ciò che la legge ha prodotto, e ciò che non si è attivato, soprattutto in termini di prevenzione e aiuto alle donne, alle famiglie". E suggerisce che i fondi previsti dalla 194, "accresciuti da apporti delle Regioni, siano dati in dotazione trasparente a consultori e centri di aiuto alla vita".

"Italia, Paese a coriandoli". Il Paese è "sfilacciato, frammentato", "ridotto a coriandoli". E’ senza mezzi termini il ritratto dell’Italia fatto dal presidente della Cei. "Bloccato lo slancio e la crescita anche economica", vede "in giro paura del futuro e senso di fatalistico declino", "sfiducia diffusa e pericolosa", manifestata "anche da osservatori stranieri". Di fronte a tale quadro, "non credo di sbagliare se dico che è l’Italia, in particolare, ad avere oggi bisogno della speranza". Quel che interessa ai vescovi, precisa, è "guardare in profondità alla crisi interiore che è in parte causa e radice della crisi pubblica" pur tenendo conto delle "testimonianze di bene che prendono forma sul territorio" e della "riservatezza e capacità di sopportazione che rappresentano un indizio di ripresa e capacità di futuro".

"No a unioni di fatto e divorzio breve". La Chiesa sostiene "la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna", per questo "si oppone alla regolamentazione per legge delle coppie di fatto, o all’introduzione di registri che surrogano lo stato civile". Da Bagnasco un secco no anche a riforme come quelle del "divorzio breve". "Conferendo diritti e privilegi alle persone conviventi - spiega - all’apparenza non si tolgono diritti e privilegi ai coniugi, ma di fatto si sottrae ai diritti e ai privilegi dei coniugi il motivo che è alla loro radice, ossia l’istituto matrimoniale. Che nessuno, a questo punto, può avere interesse a rendere inutile" o a "offuscare con iniziative, quali il divorzio breve, che avrebbero la forza di incidere sulla mentalità e il costume inducendo atteggiamenti di deresponsabilizzazione".

* la Repubblica, 21 gennaio 2008.


-  L’ex ministro della Giustizia stacca la spina al governo Prodi
-  "Ringrazio il premier ma l’esperienza del centrosinistra è finita"

-  Mastella lascia la maggioranza
-  "E’ venuto il momento di dire basta"
-  "Lavoreremo con tutte le forze che vogliono prendere in mano la bandiera della libertà"
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ROMA - "Se ci sarà da votare sulla fiducia voteremo contro. L’esperienza di questo centrosinistra è finita". Lo dice il leader dell’Udeur Clemente Mastella in una conferenza stampa. "Ringrazio Prodi per lo splendido e prestigioso incarico di ministro, anche se è stato drammatico. Il rapporto umano con lui - aggiunge Mastella - rimane e rimarrà sempre, ma l’esperienza politica del centrosinistra è chiusa". L’ex ministro ha detto che ora lavorerà per le elezioni anticipate.

L’Udeur, ha spiegato Mastella, lavorerà "con tutte le forze che saranno disponibili a prendere in mano la bandiera della libertà e della giustizia senza le quali non c’è politica che non sia avvilente pratica politicante". "Non tratto - ha aggiunto - non negozio, non accetto mezze misure: mi batto e mi batterò per un governo e una maggioranza in grado di ridare un senso alla giustizia".

"Viene un momento - ha detto l’ex guardasigilli - in cui dire ’basta’ è una scelta senza alternative". "Da uomo di centro che ha guardato a sinistra - ha proseguito - secondo la lezione degasperiana; da ministro della Giustizia che ha operato laicamente per la riconciliazione e il rispetto della separazione dei poteri costituzionali, dell’autonomia della politica e dell’ordine giudiziario; da quella persona schietta e sincera che spero di essere riuscito ad essere, dico basta".

Un basta che, per Mastella, non riguarda "i dettagli per quanto dolorosi e avvilenti di un’inchiesta giudiziaria faziosa e pregiudiziale, condotta con abuso di regole inquisitoriali, a partire dal ruolo inaudito e patologico delle intercettazioni. Un’inchiesta che si è presto trasformata in gogna mediatica, privazione della libertà personale di una mia familiare incensurata e sempre a disposizione dell’autorità penale".

Ma Mastella punta il dito anche sulla "mancata solidarietà di amici e alleati, timorosi di subire anch’essi la gogna mediatica, l’attacco strumentale e fazioso di ministri che dovrebbero guardare il loro passato e riflettere più che aggredire il presente e il futuro dei loro compagni di banco".

* la Repubblica, 21 gennaio 2008.


-  Vertice dell’Unione. Il premier decide di sottoporsi ad un voto della Camera
-  Solo dopo deciderà se andare al Quirinale. FI e Lega chiedono il voto
-  Prodi vuole la crisi in Parlamento
-  Berlusconi: "Subito alle elezioni"
-  Fini e Casini non si sbilanciano, per ora chiedono solo le dimissioni del governo

ROMA - Riunione di capigruppo alle 9 poi Romano Prodi parlerà alla Camera per "rendere comunicazioni sulla situazione politica generale", come dice il comunicato degli uffici di Bertinotti, e poi un voto. Solo allora il presidente del Consiglio deciderà se andare al Quirinale per rassegnare le dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Parlamentarizzare" la crisi è dunque l’indicazione uscita dal vertice di maggioranza convocato in quattro e quattr’otto dopo l’annuncio di Clemente Mastella di abbandonare il centrosinistra. "Si va in Parlamento e lì ognuno si prende le proprie responsabilità", riassume il segretario di Rifondazione Franco Giordano. E solo se il governo non ha la maggioranza la crisi sarà formalizzata.

La reazione dell’Unione. L’annuncio di Mastella cade sull’Unione con l’effetto di una doccia gelata. Da Palazzo Chigi fanno sapere che "da due giorni il premier cercava di mettersi in contatto con l’ex ministro della Giustizia". Temevano qualche manovra ma certo non si aspettavano un precipitare degli eventi così immediato. Poi, sempre dall’entourage del premier, fanno sapere di aver appreso la notizia dalle agenzie, sottolineando così lo sgarbo istituzionale dell’ex ministro. Tutti i leader politici della maggioranza lasciano gli impegni (Veltroni abbandona la presentazione di un libro di monsignor Fisichella) e si precipitano a Palazzo Chigi. Prodi spiega che vuole essere sfiduciato dal Parlamento. Vertice veloce e si decide che prima di andare al Quirinale Mastella dovrà prendersi le proprie responsabilità alle Camere. La linea passa a maggioranza con i diniani perplessi: "Lo abbiamo detto a Prodi, inutile cincischiare", dice Natale D’Amico.

L’opposizione. Silvio Berlusconi non offre alternative, davanti alla crisi della maggioranza aperta dallo strappo di Mastella e chiede il voto a primavera. Mentre Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini si limitano a chiedere le dimissioni di Prodi senza avanzare in questa fase richieste di elezioni.

"La crisi era già evidente nei fatti. Ora è indispensabile e urgente ridare la parola ai cittadini", è la secca reazione di Berlusconi. Con l’ex premier si schiera senza incertezze la Lega, che lancia il pressing su Napolitano per il voto subito. "Dimostri che è davvero il presidente di tutti e restituisca il Paese alle urne prima che sia troppo tardi", dice Roberto Calderoli, avvertendo gli alleati di essere uniti e "evitare scherzi". "Niente pasticci, no a governi istituzionali o tecnici", taglia corto anche Roberto Maroni.

Netta anche An. Gianfranco Fini lascia la parola al portavoce Andrea Ronchi, che invita Prodi a dimettersi subito, mentre il capogruppo al Senato Altero Matteoli considera "inimmaginabile" che il Professore "voglia resistere nel fortino di Palazzo Chigi".

La crisi è "inevitabile" anche per Pier Ferdinando Casini. L’Udc per ora non va oltre la richiesta di dimissioni di Prodi, guarda all’evolversi della situazione, alle mosse del Quirinale. Ma certo non sosterrà da sola alcun esecutivo istituzionale. Per le larghe intese, d’altra parte, non resta che Lamberto Dini, che chiede "un governo di transizione" in grado di affrontare "alcune emergenze" e tutelare il referendum o approvare una nuova legge elettorale che garantisca la stabilità. Ma, di fronte al no della rediviva Cdl, nel centrosinistra l’idea non sembra passare.

* la Repubblica, 21 gennaio 2008


Intervento del premier alla Camera dopo l’uscita dell’Udeur dalla maggioranza "Le crisi si discutono in Parlamento, non sulle agenzie di stampa o in tv"

-  Doppia fiducia, Prodi non si arrende
-  "Penso di farcela anche stavolta"

-  Il Professore in aula ha rivendicato i successi del suo esecutivo. E si dice "ottimista"
-  Il primo voto domani a Montecitorio, giovedì sera quello decisivo al Senato

ROMA - Darà battaglia fino in fondo, giocando ogni carta in suo possesso per salvare le sorti del governo. E se non dovesse essere sufficiente a scongiurare la fine, farà di tutto per mettere ognuno davanti alle proprie responsabilità, in modo che vengano alla luce i veri motivi della crisi. Le contromosse di Romano Prodi all’annuncio dell’uscita dell’Udeur dalla maggioranza hanno messo in chiaro che il premier non ha nessuna intenzione di arrendersi senza dare battaglia e che guadagnando qualche giorno di tempo pensa forse di poter avere ancora qualche asso nella manica da giocare.

Il Professore ottimista. Facendo il suo ingresso a Montecitorio per le comunicazioni al Parlamento sulla nuova situazione politica aperta dal voltafaccia di Mastella, il presidente del Consiglio si è mostrato ancora una volta ottimista: "Va benissimo, penso di farcela anche questa volta", ha commentato. Le ragioni di tanta fiducia Prodi le spiegherà nei circa 20 minuti di discorso pronunciati alla Camera, con il lungo elenco dei meriti che ascrive all’azione del suo esecutivo. Ma la stessa decisione di presentarsi alla Camera è stata una scelta di autodifesa. E di sfida. In serata, dopo una giornata di passione, alla riunione dei parlamentari del Pd ripete: "Sono ottimista". E poi: "Sono d’accordo con Veltroni: il voto sarebbe la scelta peggiore". Un muro, ecco: è sempre stato l’atteggiamento che in questo anno e mezzo più di tutti ha fatto saltare i nervi alla Cdl.

"Le crisi non si discutono in tv". Il motivo lo ha chiarito lui stesso. Ribadita una solidarietà di forma all’ex ministro colpito dall’indagine della magistratura campana, il premier ha iniziato subito a menare fendenti. Se Mastella per spiegare il divorzio dall’Unione è andato da Bruno Vespa, Prodi ricorda che "è salutare assumere comportamenti che implichino l’assunzione di responsabilità limpide da parte delle istituzioni preposte al governo del Paese, a partire dal Parlamento". "In un paese legato allo stato di diritto - ha aggiunto facendo fatica a proseguire per le rumorose interruzioni dell’opposizione - non sono le agenzie di stampa e neppure i dibattiti televisivi che determinano le sorti di un governo".

"E’ bene che tutto venga alla luce". E’ importante che la crisi venga discussa in Parlamento, ha sottolineato il presidente del Consiglio, perché davanti al rischio che possano entrare "in discussione in modo opaco preoccupazioni di riforma elettorale o di altro genere è bene che tutto venga alla luce in questa sede, nelle aule parlamentari. Esse sono la sede fondamentale della democrazia". Altra stoccata al leader dell’Udeur, che molti sospettano abbia deciso di puntare ad elezioni anticipate per scongiurare il referendum e gli effetti nefasti che avrebbe sul suo partito.

L’orgoglio di Prodi. Il premier ha rivendicato quindi quelli che ritiene successi indiscutibili della sua permanenza a Palazzo Chigi, dal risanamento dei conti pubblici alla lotta all’evasione fiscale, dagli accordi sul welfare alle scelte di politica estera, dalle politiche in favore dei ceti più deboli al senso di responsabilità con cui ha affrontato l’emergenza rifiuti in Campania. Davanti a un tale bilancio, è stato il ragionamento sottinteso di Prodi, Mastella e chi intende seguirlo lungo la strada della crisi, si assuma le proprie responsabilità, ma ricordi che "questo è un governo che, nato su un patto di legislatura sottoscritto da tutti i partiti dell’Unione il 20 giugno del 2005, si era ripromesso, cito testualmente, ’un’alleanza destinata a durare per l’intero arco della legislatura’. Questo è un governo - ha proseguito - che, nato sulla base di un programma elettorale firmato e condiviso da tutti i partiti dell’Unione l’11 febbraio del 2006, ha avuto il mandato di guidare il Paese per cinque anni".

Verso la doppia fiducia. Per questo Prodi ha deciso di chiedere espressamente la fiducia, alla Camera come al Senato. Il primo voto è fissato per domani pomeriggio a Montecitorio, dove salvo sorprese, il governo otterrà la maggioranza anche senza il voto favorevole dei deputati dell’Udeur. L’appuntamento con lo scoglio del Senato, dove in teoria con la defezione dei mastelliani la maggioranza non esiste più, sarà invece in agenda molto probabilmente per il pomeriggio di giovedì con la replica dell’intervento del presidente del Consiglio.

Al premier serve tempo? Questa è almeno la proposta avanzata dal ministro dei Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti alla presidenza di Palazzo Madama. Una tempistica che potrebbe far slittare il voto di fiducia dei senatori alla prossima settimana, quasi che Prodi voglia prendersi tutto il tempo possibile per cercare di giocarsi le ultime carte. Magari tentare la riapertura di un dialogo con Mastella, come ha suggerito il ministro Rosi Bindi, oppure la conquista di qualche senatore del grande magma centrista.

I timori di Forza Italia. Manovre che potrebbero essere la ragione dell’ottimismo del Professore e che almeno un poco sembrano impensierire anche l’opposizione. "Prodi ha descritto il paese dei Balocchi - ha sentenziato con sarcasmo il portavoce di Berlusconi, Paolo Bonaiuti - un paese completamente difforme dal vero. Però - ha messo in guardia - stiamo attenti, perché questa pervicacia nel difendere la poltrona contro ogni evidenza, è sospetta".

* la Repubblica, 22 gennaio 2008


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