a cura di Dalila Nesci
"Non era la ’Cunski’ la nave affondata al largo di Cetraro in Calabria", "caso chiuso". Lo hanno detto ieri (29 ottobre 2009), in una conferenza stampa presso la Direzione nazionale antimafia (Dna), il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e il procuratore capo della Dna Piero Grasso. Presenti i procuratori di Catanzaro Antonio Vincenzo Lombardo e Giuseppe Borrelli, e il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone.
Il ministro Prestigiacomo ha precisato in conferenza: "Non è la nave dei veleni ma è la nave passeggeri “Catania”, costruita a Palermo nel 1906 e silurata nel corso della Prima guerra mondiale il 16 marzo 1917».
Lo hanno stabilito le ricerche della nave "Mare oceano" (qui i dati sui registri navali), noleggiata (a 40.000 euro al giorno) dal governo per svelare l’identità del relitto (articolo sul ritrovamento avvenuto nello scorso settembre) e verificare, nei pressi, eventuale inquinamento radioattivo delle acque.
Il nostro giornale pubblica la registrazione integrale della conferenza stampa, prevista per il 30 ottobre 2009 ma anticipata alle 17 del 29.
In basso, i file in formato mp3 con gli interventi di Grasso, Prestigiacomo, Lombardo, Borrelli e Pignatone; coi dettagli tecnici e alcune delucidazioni fornite dai magistrati calabresi sul pentito di ’ndrangheta Francesco Fonti, che confessò d’aver personalmente affondato tre navi, nei mari della Calabria, cariche di rifiuti tossici.
Nella conferenza stampa è stato detto che la nave ispezionata col robot calato dalla "Mare Oceano" è lunga 103 metri. Secondo due siti specializzati, i link appena sotto, la lunghezza del piroscafo "Catania" è inferiore.
Non tornerebbe, fa rilevare "la Repubblica", qui e in basso il link, l’attribuzione dell’identità del relitto.
Non si legge, secondo il quotidiano, la scritta "Catania" nelle foto mostrate in conferenza. Colpa di cime nuovissime, scrive Repubblica, che nella conferenza di ieri sono state ritenute "probabilmente" calate dalla "Copernaut Franca", la nave, di proprietà del fratello dell’assessore calabrese all’Ambiente Silvio Greco, con cui sono state effettuate le prime indagini.
Anche il quotidiano "il manifesto" ha espresso delle perplessità collegate al divieto di pesca nella zona (nel 2007, con analisi che rivelarono tracce di cadmio, merculio e cobalto), che si possono leggere a questo link (corsivo sul numero del 30 ottobre 2009, a pag. 6).
Su "Strill.it", le questioni poste dal giornalista Claudio Cordova a proposito del ritrovamento della "Catania" e non della "Cunski". Scrive Cordova:
"...il Procuratore di Paola, Bruno Giordano, il primo a indagare, con grande impegno, sul relitto di Cetraro, prima che il fascicolo fosse trasferito alla Dda di Catanzaro: ’Se sia davvero la nave di cui parla il pentito Fonti, questo lo dirò solo quando avremo tutte le prove. Certo, una serie di elementi lo fanno pensare: la lunghezza complessiva, tra i 110 e i 120 metri, la relativamente recente costruzione, perché non presenta bullonature ma le lamiere sono saldate, il fatto che non sia registrata come affondata, tutto ciò fa pensare che sia una delle tre navi indicate dal pentito’. Insomma, nei giorni successivi allo scorso 12 settembre, data in cui, per la prima volta, si sa qualcosa sul relitto di Cetraro, Giordano manteneva la giusta cautela, ma sembrava convinto della veridicità delle affermazioni di Fonti. Molto più esplicito era stato, per esempio, Nicola Maria Pace, attuale procuratore di Trieste che, nella sua carriera, si è occupato di navi dei veleni di concerto con il giudice Francesco Neri e il Capitano della Marina Militare, Natale De Grazia. Commentando il memoriale di Fonti, Pace aveva detto: ’...riproduce e si sovrappone, con una precisione addirittura impressionante, agli esiti di indagini che ho condotto proprio come procuratore di Matera, partendo dalla vicenda della Trisaia di Rotondella e proseguendo con la tematica dello smaltimento in mare di rifiuti radioattivi, su cui svolsi delle indagini in collegamento investigativo con la procura di Reggio Calabria’.
Sarebbe interessante sapere, oggi, cosa pensano dei risultati ottenuti dalla nave ’Oceano’ quella che il Ministero dell’Ambiente ha inviato in Calabria per gli accertamenti e che, secondo alcuni, non sarebbe attrezzata per una simile opera: ma Giordano e Pace sono magistrati competenti e responsabili, quindi difficilmente interverranno in indagini che non sono più sulle loro scrivanie.
Sarebbe altresì interessante capire perché, circa un anno e mezzo fa, il Dipartimento di Reggio Calabria dell’Arpacal abbia evidenziato nelle acque di Cetraro, esaminando le specie ittiche per i radionuclidi appartenenti alle famiglie dell’uranio, del torio e del cesio, la presenza di tracce di Cesio 137".
Il dossier di "L’espresso". Testimonianze e notizie
La "Mare Oceano" è di Diego Attanasio, armatore coinvolto nel caso Mills-Berlusconi
Quattro navi, il documento segreto della Commissione d’inchiesta
Il comunicato ufficiale sul sito del Ministero dell’Ambiente
Il caso Cetraro è chiuso. Il relitto a largo delle coste della Calabria «non è la nave dei veleni ma è la nave passeggeri “Catania”, costruita a Palermo nel 1906 e silurata nel corso della Prima guerra mondiale il 16 marzo 1917». Lo ha affermato il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo nel corso di una conferenza stampa organizzata con il procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso nella sede della Direzione nazionale antimafia di via Giulia, a Roma. Nell’incontro con la stampa si è anche sottolineato che nella zona non c’è traccia di inquinamento radioattivo.
La conferenza stampa prevista per domani «è stata anticipata ad oggi per rassicurare la popolazione calabrese e tutta l’opinione pubblica», ha aggiunto il ministro.
Si chiude così un caso che ha destato profondo allarme e polemiche roventi sull’utilizzo che si è fatto delle notizie sull’inchiesta in corso in Calabria sulla base delle affermazioni di un pentito di mafia. Timori sparsi a piene mani, ma dimostratisi ingiustificati, che hanno portato molta paura tra i cittadini, hanno inibito l’attività di pesca e creato allarme tra gli operatori turistici. Un aspetto, questo, sottolineato con forza dal ministro Prestigiacomo, che ha detto: «Vicende come queste vanno seguite con più prudenza e responsabilità. Abbiamo registrato un tentativo di soffiare su questa vicenda da parte di chi, amministratori e sindaci, avrebbero dovuto agire con più cautela». «Abbiamo registrato - ha sottolineato ancora il ministro - ostilità a tutti costi delle autorità regionali verso il governo. Oggi è giusto rassicurare al più presto l’opinione pubblica e la popolazione calabrese».
D’altronde i primi rilievi della nave “Mare Oceano”, appositamente inviata dal ministero sul luogo del ritrovamento, avevano già escluso zone di contaminazione radioattiva. Il procuratore Grasso ha spiegato che «Fino a 300 metri di profondità e per un raggio di 7 chilometri sono da escludere tracce di contaminazione radioattiva». Per Grasso, insomma, «Il caso è chiuso» anche se non bisogna abbassare la guardia.
I dati del piroscafo Catania, tra cui lunghezza e coordinate del punto di affondamento
Come i quotidiani hanno riportato sul web le notizie date nella conferenza stampa
Le coordinate non coincidono, appare su "il manifesto" del 31 ottobre 2009
Pagina web di "Repubblica" sulla conferenza di ieri
Pagina web di "Il Corriere della sera"
Pagina web di "Il Quotidiano della Calabria"
Il problema delle coordinate
Coordinate della "Catania", secondo i dati dei registri navali: 39.32N, 15.42E
Coordinate punto da cui è stato calato il robot della "Copernaut Franca", che ha individuato il relitto al largo di Cetraro: 39 gradi 28.50 primi nord, 15 gradi 41.57 primi est
In fondo alla pagina uno schema
Contributi multimediali
L’intervista del pentito di ’ndrangheta Francesco Fonti a "L’Espresso"
Le immagini del 12 settembre del relitto al largo di Cetraro
"La nave ’Catania’ era segnalata su tutte le carte nautiche", dice un pescatore calabrese
La ricostruzione di Fonti in un’intervista a Riccardo Bocca, giornalista di "L’Espresso"
Calabria al veleno, articolo di Riccardo Bocca
Che cosa chiedono i cittadini dopo le dichiarazioni del ministro dell’Ambiente
La manifestazione nazionale del 24 ottobre 2009 ad Amantea (Cosenza)
La petizione promossa da "Il Quotidiano della Calabria"
Il comunicato stampa del deputato Angela Napoli, membro della commissione parlamentare Antimafia
Il problema dell’inquinamento ambientale della Calabria ha sempre destato in me grandi inquietudini e perplessità su come lo stesso sia stato continuamente affrontato. Inquietudini e perplessità che oggi più che mai, alla luce delle ultime vicende delle navi dei veleni, sono diventate non più sopportabili. Ed allora ho deciso di spogliarmi momentaneamente delle vesti di politico e di assumere i panni di normale cittadina che vive in quella martoriata terra. E’ poiché con tali vesti non intendo patteggiare né per i Governi nazionale o regionale, né per questo o quel Magistrato, più che mai per un collaboratore piuttosto che per qualsiasi trafficante o faccendiere, sento la necessità di porre alcune domande per vedere se qualcuno è in grado di darmi le relative risposte. Premetto che parto dalla certezza che la ‘ndrangheta, come la camorra, trae grandi profitti dal settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani e tossici e che per poter praticare tale illecita attività deve trovare complicità in ambienti istituzionali di varia natura. Ma ritorniamo alle navi dei veleni e prima di potermi sentire tranquilla sull’esito delle relative indagini, gradirei sapere se c’è stata attività, ed in caso affermativo le relative risultanze, dopo la deposizione nel 2005 presso la DNA del memoriale del collaboratore Fonti. Se e chi ha avuto la possibilità di comparare le immagini realizzate dalla Geolab con quelle della Copernaut. Perché nelle fasi di accertamenti non vi è stata reciproca collaborazione tra Governi nazionale e regionale. Perché la Magistratura competente non ha provveduto a sequestrare i relitti reperiti al fine di accertare l’identità e l’eventuale uguaglianza degli stessi. Chi può garantire che a largo delle coste calabresi non giacciano navi affondate dalla ‘ndrangheta e contenenti rifiuti radioattivi. Chi mi garantisce che le morti del Capitano Natale De Grazia e della giornalista Ilaria Alpi non siano avvenute perché entrambi vicini alla scoperta di verità . Perché le indagini nel merito finiscono ogni volta che le stesse passano per competenza dalle Procure ordinarie alle DDA. Perché a distanza di anni qualcuno tenta di riavviare le indagini e qualcun altro fa si che le stesse vengano immediatamente chiuse. Sarò sicuramente una cittadina sospettosa, ma se non mi verranno date esaustive risposte, non potrò che desumere che in questo settore, oltre agli interessi della ‘ndrangheta ci sono anche quelli di ben altri ambienti, la cui natura potrà essere identificata da ogni cittadino in chi riterrà più opportuno.
Roma, 3 novembre 2009
On.le Angela Napoli
L’audio della conferenza stampa
Il mistero del Cunsky non è ancora risolto
di Marco Bucciantini *
Questa è una storia dove si può mentire raccontando la verità. È una favola, ma non raccontatela ai bambini. Non ancora. Anche se a loro piacerebbe: ci sono le navi, forse i pirati che le inabissano, e la gente che ha paura e alla fine arrivano i buoni che scoprono che il mare è limpido e pulito. Dipende da dove le peschi, queste storie. Da dove tuffi l’amo. E nel mare di Cetraro pesca il governo, e l’importante è mettere il punto in fondo all’ultima riga.
Ha fatto in fretta: 30 anni per intrecciare i fili di una vicenda di affari fra Stato, ‘ndrangheta, Paesi esteri e poi poche ore per dire che i calabresi sono pazzi, a voler vederci il Diavolo. Si erano allarmati dopo il riscontro alle parole del pentito Francesco Fonti: «A 11 miglia a largo di Cetraro ho affondato per conto della ‘ndrangheta un relitto russo, il Cunski. Ce ne sono a decine, intorno alla costa. Sono stipate di bidoni pieni di rifiuti radioattivi». La procura di Paola (Cosenza) andò giù e trovò una nave simile alla descrizione offerta dal pentito.
A sei mesi da quella denuncia, a tre mesi dalla crisi economica che ne è seguita, a 45 giorni dalle foto subacquee della procura, si è mosso il ministero dell’Ambiente. La Prestigiacomo sentenziò: «Quel relitto non è il Cunski, ma una nave passeggeri affondata nel 1917, di nome Catania, silurata il 16 marzo 1917, nel corso della prima guerra mondiale, da un sommergibile tedesco». Lo aveva ripreso e riprodotto la nave Oceano, spedita lì dal ministero stesso. Perfetto, preciso, il lavoro finito, e il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso disse subito: «Sì, è così». È così. Mentire è dire la verità. Dipende da dove guardi.
I pescatori di Cetraro dissero all’Unità, già 40 giorni fa: «Lì vicino c’è una nave affondata nella prima guerra mondiale». Lo sapevano i padri e i nonni. E lo intuì anche il pm Franco Greco, ascoltato dalla commissione rifiuti nel 24 gennaio 2006 e titolare ai tempi di un’inchiesta sullo smarrimento delle navi a perdere. Una parte di quella seduta ieri è tornata a galla. In un documento si dice che le navi in quella zona sono tre: «...è stato rilevato un corpo estraneo della lunghezza di 126 metri... potrebbe essere una nave... si trova a 680 metri di profondità». Greco accenna ad altri ritrovamenti: «...una nave lunga tra gli 88 e i 108 metri, larga dai 15 ai 20 metri, a 380 metri di profondità. Che perde liquido scuro... e deve essere il carico della nave che appoggiandosi, si è aperto ed è fuoriuscito». Veleno, teme il magistrato.
Non è tutto: spunta fuori un mercantile affondato nel 1920, la Federico II, ma gli atti sono secretati. Da tempo si conosce la presenza promiscua di scafi là sotto, ed è documentata la fuoriuscita di possibili veleni. Ma nessuno ha fornito le procure dei mezzi per verificare. Non è questo rammarico che conta adesso: bisogna capire se è in atto un depistaggio da manuale.
Quindi - con ampio ritardo - il governo decide di scandagliare i fondali. Non usa l’attrezzata Saipem dell’Eni, capace di recuperare relitti e fusti a migliaia di metri di profondità, con tecnici e scienziati indipendenti. Manda a Cetraro l’Oceano della Geolab, di proprietà degli Armatori del Monte di Procida, all’indirizzo della famiglia Attanasio. L’armatore Diego Attanasio è un 56enne napoletano finito nell’inchiesta sulla corruzione al giudice Mills. I giudici desumono sia Berlusconi (per suo vantaggio) il corruttore. Il premier - smentito dal processo - tirò in ballo Attanasio (che si fece due mesi di carcere): i soldi di Mills erano per lui. In breve: spedendo in zona l’Oceano - al prezzo di 50 mila euro al giorno per il nolo - si foraggia un amico. Ma l’Oceano è attrezzata con un robot di ultima generazione. Può andare bene. A bordo non vuole nessun tecnico della Regione, che aveva sovrinteso le rilevazioni di metà settembre, a bordo della Copernaut, che “videro” il Cunski. Da qui in avanti i fatti non tornano.
Le immagini filmate dalla Oceano sono diverse da quelle riprese in precedenza. È diverso il fondale, è diverso il relitto. La nave misurata dal mezzo governativo è lunga 95 metri, larga 12. Quella della Copernaut è lunga più di 100 metri, e larga 20. Il relitto è adagiato comodo sul fondale, il presunto Cunski è inclinato di 45 gradi. Nel primo filmato non c’è accenno di vegetazione attorno alla nave. Nell’altro video è tutto un fiorire, cosa impossibile ai 480 metri di profondità del Cunski.
Il sospetto è che il governo abbia cercato un’altra nave, per tacere l’allarme e per non impelagarsi nella ricerca di rifiuti tossici, con le conseguenze e gli imbarazzi economici e politici del caso (si tratta di bidoni smaltiti dopo una trattativa fra Stato e criminalità?). Il Wwf ne è certo: «La procura di Paola e i tecnici della Regione fissano il relitto da loro filmato a 3 miglia e mezzo di distanza da dove ha operato l’Oceano e dove si troverebbe il mercantile Catania». Le coordinate dell’ufficio idrografico inglese lo confermano.
Il caso è chiuso, ha detto il ministro (che ha esagerato: «Volevano usare il Cunski contro di noi»). Non un bidone è stato prelevato dal mare, quando è certo che ci sono 50 navi piene di rifiuti tossici sottacqua. Se n’era accorto il capitano Natale De Grazia, morto d’infarto e curiosità 14 anni fa e alla cui memoria è stato intitolato un lungomare ad Amantea, dieci giorni fa. Non si intitolano le strade ai visionari. Poi un giorno sarà bello raccontarla ai due figli che ha lasciato in terra: una storia, non una favola.
* l’Unità, 04 novembre 2009