Politica

Calabria - San Giovanni in Fiore, una faccia della stessa medaglia - di Marco Militerno

Una lucida analisi del consigliere comunale del movimento "Vattimo per la città", all’opposizione a San Giovanni in Fiore
mercoledì 2 maggio 2007.
 

A San Giovanni pare che la buona amministrazione si possa limitare alla semplice apertura di cantieri o, meglio ancora, alla prosecuzione di lavori già predisposti da altri. Tutto ciò spinge, chi governa la città, a sbandierare bilanci positivi nella gestione della cosa pubblica in maniera a dir poco allegra, oltre che incauta. Purtroppo tutto ciò non basta a nascondere le piaghe di decubito sociale in cui la città versa e che spinge frotte di persone a lasciare la propria terra per tentare la fortuna altrove. Lo spopolamento della città è sotto gli occhi di tutti e le delicate tematiche che investono la società, in misura più grave le fasce più giovani, dimostrano quanto sia malata la realtà che si vive a San Giovanni. Troppo semplicistico dire “tutto va bene”, quando la nave punta, dopo avere speronato l’iceberg dell’immobilismo, al graduale affondamento negli abissi del sottosviluppo. Tutto ciò che viene discusso nel pubblico consesso cittadino viene sistematicamente vanificato dall’incedere passivo del tempo. Tanti dibattiti che hanno interessato nell’ultimo anno la discussione del consiglio si sono eclissati nel nulla. Forse si spiega anche così come mai l’impegno di tante associazioni ed uomini, che credono davvero nel cambiamento della propria terra, si vanifichi irrimediabilmente innanzi alla grande muraglia di gomma dello stato- mafia in cui operano. Il dibattito sul difensore civico, in seno al consiglio comunale, ha suscitato lo stesso entusiasmo che poteva suscitare una discussione sui diritti civili ed umani nella duma russa o nel parlamento cinese. Il tentativo di riconvertire una scuola, finalmente ultimata secondo tutti i crismi di legge, in rsa per anziani è caduto stranamente nell’oblìo delle stanze del potere; il silenzio inquieta però più delle parole. Persino i disabili, da tempo vittime più esposte dell’incoscienza politica, fanno fatica a ritrovare nelle parole dei politici la giusta considerazione dei loro problemi quando non gli viene consentito di accedere ai loro posti di lavoro con la facilità che gli spetta e quando i nuovi marciapiedi del rinnovato Viale della Repubblica sono occupati da parcheggi invadenti e di fortuna, in barba al rispetto del prossimo più svantaggiato. Il più volte annunciato consiglio comunale sulla sanità, ancora una volta, è stato spostato a data da destinarsi, questa volta tirando in ballo l’imminente avvicendamento nella direzione generale della asl crotonese che in realtà non c’è stato. Intanto dalle stanze del nosocomio locale giungono notizie di fatti di malversazione e di truffa, in ossequio al più classico dei copioni calabresi, che probabilmente termineranno col finale solito che si è abituati a vedere. La gestione poi della vecchia casa di riposo badiale acuisce ancora di più la sfiducia del cittadino nelle istituzioni. I gruppi di potere comandano sulla città e la politica ne rispetta le sue logiche. E le centinaia di disoccupati che percepiscono il sussidio di 480 euro, quanto ancora dovranno aspettare prima di essere affrancati dalla loro condizione di eterni precari votati all’assistenzialismo più disperato? E le centinaia di lavoratori dell’ex fondo sollievo quanto sudore ancora dovranno buttare tra i boschi della Sila, prima che si vedano riconosciuti i propri diritti di lavoratori restituendogli quello che illegittimamente gli è stato soffiato? La consulta degli emigranti, che premono per dare un contributo vero e sincero allo sviluppo della propria terra, potrà mai essere un strumento efficace se dentro si ci ficca la solita truppa di politici utili a spartirsi solo onori e passerelle nelle sagre di paese? E Vattimo, che ha trasformato buona parte della città in una landa infestata di coccodrilli che lo rimpiangono da ogni dove, potrà mai sparire facilmente dagli incubi di chi lo ha criminalmente allontanato dalla città?

Quanti progetti si stanno studiando sul territorio per far sì che una significativa fetta di quei 12 miliardi di euro, stanziati dalla UE per la Calabria, possa ridare fiato alla più che fiacca economia locale? In quali zone più felici del pianeta il sindaco o l’assessore alle attività produttive sono andati per poter promuovere con convinzione investimenti veri e serie progettualità sul territorio? Quali interventi si stanno predisponendo per evitare il lento declino del centro storico, nonostante numerosi e coraggiosi privati vi investano fortune ed energie? Che azioni concrete si stanno valutando per poter parlare di vera occupazione e frenare in maniera credibile l’esodo perpetuo di braccia e cervelli da questa terra? In questa terra - dove anche i pubblicitari più famosi faticano a vedere coloro che la abitano come delle persone normali in quanto ultimi che, chissà in quale mondo, saranno primi - cosa si sta facendo per ridare fiducia ai cittadini e riportare la gente ad operare per il bene della collettività? Forse la creazione di un partito democratico nato dalle ceneri di vetusti e rotti partiti politici che con le solite facce ostentano voglie farlocche di cambiamento? Forse l’operato di questa giunta regionale che, per scongiurare una sconfitta politica del suo capo, pone il veto alla nomina a presidente dell’area industriale, con le maggiori potenzialità della Calabria, sull’imprenditore calabrese più capace ed affermato in regione e all’estero? Scriveva poco tempo fa un noto politico di questa terra che la notte della Calabria è ancora lunga e perigliosa, ma potremo mai avvicinarci ad uno barlume di luce se gli apparati della politica si pavoneggiano davanti a dei vuoti processi di cambiamento anteponendo l’ integrità della propria immagine politica al bene della propria terra? Oggi una delle speranze che può riscattarci dal sottosviluppo in cui la nostra terra versa è l’azzeramento di questa classe dirigente che dentro di sé porta ancora vecchie scorie di ideologismi ormai anacronistici e, nelle sfaccettature più fosche, la mania perversa dell’intreccio con l’antistato, con l’affarismo delle truffe alla UE e il clientelismo più spietato d’Europa. La speranza, però, per potere essere tale deve anche formarsi; Roma non è stata costruita in una notte! La Calabria sprofonda sempre più nelle sabbie mobili della storia e il potere politico, a tutti i livelli, spinge affinché questo terricidio sia sempre più ineluttabile. Solo un anno fa dalle colonne di alcune testate locali invocavo, in occasione dell’annuncio del ritiro delle truppe italiane dall’Iraq, che se lo stato voleva riappropriarsi della Calabria doveva ricorrere all’impiego del suo strumento più persuasivo ed energico: l’esercito. Ciò fece in Sicilia immediatamente dopo la stagione dello stragismo con risultati insperati, mai avuti prima. Ciò, a distanza di diciotto mesi dell’omicidio Fortugno, non ha fatto per la Calabria permettendo alla n’drangheta di scorazzare sempre più sicura tra i campi della corruzione politica e l‘immobilismo di una società civile impotente o comunque troppo frammentata per poter incidere compiutamente nel cambiamento così tanto agognato. La politica dei partiti deve fare tutti i passi, indietro e in avanti, che occorrono per ridare la giusta linfa di cambiamento al malato terminale della regione Calabria. Primo fra tutti quello di fare pulizia al proprio interno allontanando chi ha avuto o ha precedenti penali conclusi o pendenti; abbracciare in tal senso tutte le proposte di legge che vanno proprio in questa direzione; aprirsi con determinazione all’introduzione delle primarie in politica al fine di favorire il processo di svecchiamento della classe politica più antica del mondo; demolire i santuari delle dinastie politiche familiari e di partito, vere tombe della democrazia; creare delle scuole di politica dove il bene della collettività sostituisca la gestione spregiudicata del potere. Solo vedendo facce nuove in partiti rifondati e ripuliti si potrà recuperare il rapporto perduto fra istituzioni e cittadini e restituire alla politica il suo ruolo riformatore della società.

Marco Militerno, 30/04/2007


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