Ponte sullo Stretto

Dal No al Ponte ad una gestione partecipata del territorio meridionale - di Osvaldo Pieroni

mercoledì 7 dicembre 2005.
 

"Intendiamo rispondere al bisogno di partecipazione e di democrazia inclusiva [...] ottenendo un duplice risultato: da un lato, i cittadini potranno esercitare diritti finora sfuggevoli, riappropriandosi del ruolo da protagonisti nella comunità; dall’altro le istituzioni comunali si riavvicineranno alla loro missione di tutelare gli interessi e i valori della comunità". Così esordisce un amministratore del Comune di Gioiosa Jonica che ha proposto in Comune l’applicazione del bilancio partecipativo. Molte esperienze degli ultimi anni in Sicilia, in Calabria, in Puglia, al Sud più in generale, dimostrano come sia in atto il dispiegarsi di una nuova cultura alternativa, tale da rappresentare una visione della società e del territorio meridionale diversa da quella dominante. Una società di “amministrati” intesa come serbatoio di consenso e di clientele ed un territorio come “spazio socialmente disponibile” per l’incontro del grande capitale speculativo con le ingenti risorse finanziarie da riciclare, accumulate dalla mafia con le attività legate al ciclo della droga, delle armi, del cemento, dei rifiuti. Gli attori delle nuove esperienze vanno oltre la pure importantissima “resistenza“ all’aggressione all’ambiente perpetrata dagli interessi affaristici e criminali (ieri con la costruzione dei grandi poli industriali e infrastrutturali, oggi con un maggiore orientamento verso il terziario commerciale ed il turismo). Il loro obiettivo è promuovere l’affermazione virtuosa di azioni tese a valorizzare i patrimoni culturali ed ambientali dei territori, a costruire partecipazione reale, ad intessere reti di scambio solidale centrate sul rilancio delle produzioni e delle attività locali. Queste azioni tuttavia trovano ancora attenzione molto relativa, troppo debole, da parte della politica istituzionale ai diversi livelli. Ciò non sorprende, se si pensa, per esempio, al carattere delle dirigenze dei partiti, anche riformisti nonostante l’importante svolta delle regionali, espressioni di un ceto politico che intende la sua azione per lo più come pratica di mestiere autoreferenziale, da preservare ed allargare, guardando più agli interessi delle lobbies che all’innovazione sociale di base. D’altro canto l’ideologia di mercato e il mito della crescita hanno contagiato anche molta sinistra, trasformando politici ed amministratori in “manager aziendali” e relegando i cittadini al ruolo passivo di “utenti” e “consumatori”. Probabilmente Berlusconi perderà le elezioni, ma a quel punto la società italiana ed in particolare il Sud - che ha bisogno di profonde svolte innovative, sociali e politiche - si troverà ad essere governata da un quadro politico-istituzionale inadeguato e obsoleto, nonostante le novità rappresentate dall’orientamento di Nichi Vendola in Puglia, dalle intenzioni di svolta contenute, ad esempio, nelle Linee Guida per la pianificazione territoriale in Calabria, dalla vittoria di Rita Borsellino alle primarie dell’Unione in Sicilia. Anche per questo è importante che le capacità d’innovazione nella gestione dei problemi “dal basso”, dimostrate dalle realtà di lotta e di partecipazione meridionali, siano allargate per diventare riferimento per una soggettività plurale e diffusa, in grado di “pressare criticamente” la politica e le istituzioni fino a ri-orientarne l’azione. E’ importante, di più, che simili indicazioni arrivino dall’ambito in cui si sta consumando uno dei maggiori conflitti tra aggressione e difesa del territorio: lo Stretto di Messina. Proprio per il peso che ha assunto il “no” al ponte in termini di resistenza alle aggressioni speculativo-mafiose, di difesa dell’ambiente, ma anche di valorizzazione autosostenibile del territorio, attorno a tale ambito possono prodursi fertili relazioni per la crescita scientifica e politica di molti soggetti in diverse direzioni. Anche di questo si parlerà nell’assemblea del 10 dicembre, indetta a Reggio Calabria da associazioni del “Coordinamento No ponte” e dalla rete meridionale del “Nuovo Municipio”, per il consolidamento delle relazioni di “rete” fra soggettività e situazioni che resistono all’aggressione al territorio, non solo al Sud (basta guardare a quanto avviene in Valle Susa contro la TAV). Dallo scambio di preziose esperienze di lotta per la difesa del territorio, dalle conoscenze tecniche e politiche che ne sono derivate, dagli esperimenti di partecipazione e democrazia deliberativa possono derivare importanti stimoli per quella svolta necessaria in molti settori dell’economia e della società italiana. Non si tratta, infatti, solo di cancellare Ponte, Mose, TAV Val-Susa, né di evitare il ritorno al nucleare, concedendo il gas e un po’ di carbone più piccolo e pulito. Si tratta invece di marcare una svolta politico-programmatica che sancisca la pianificazione autosostenibile dal basso qua le strumento d’intervento sull’energia, sui trasporti, sulla gestione dei rifiuti, sulla salute e la qualità della vita degli abitanti. In questa prospettiva è fondamentale che, in un quadro generale orientato alla “decrescita” - intesa come uscita da paradigmi economicistici centrati sulla quantità, piuttosto che sulla qualità, sulla competizione piuttosto che sulla cooperazione -, le azioni di riqualificazione, ri-territorializzazione e rilocalizzazione delle attività produttive, recupero e riassetto socio-culturale ed ecologico del territorio divengano riferimenti generalizzabili. A testimoniarne la possibilità sono esperienze come i “Laboratori territoriali”, in cui esperti, tecnici e cittadini elaborano scenari e progetti sostenibili e condivisi; come la gestione dei percorsi di turismo ecosociale (nei Nebrodi, nelle Madonie, nell’Area dello Stretto, a Riace, ecc.); come alcune azioni dei Gruppi di Azione Locale; come il rilancio dell’agricoltura biologica e la vendita diretta dei prodotti sani della terra; come la “lezione” della Cartiera di Pettogallico, che istituisce una Casa della Partecipazione e p ropone progetti per la vallata; come i “contratti di solidarietà” e la moneta locale dell’Aspromonte; come la cittadinanza attiva dei gruppi pugliesi, che dalla lotta contro l’ecomostro di Punta Perotti, hanno impresso una svolta al governo regionale; come la rete di economia solidale partenopea; come i progetti di bilancio partecipativo che alcuni Municipi stanno assumendo, ecc. L’iniziativa del 10 dicembre a Reggio Calabria vuol dunque essere un momento d’incontro, di scambio d’esperienze e informazioni su quanto sta emergendo nelle regioni meridionali attorno ai temi della partecipazione dal basso, della resistenza a progetti calati dall’alto - di cui il Ponte sullo Stretto al Sud e la TAV al Nord sono eclatanti esempi - e della costruzione di pratiche e scenari sostenibili per un nuovo orizzonte di futuro condiviso. L’incontro - aperto a tutti - è previsto per le ore 15 presso l’Università per Stranieri “Dante Alighieri”, in via del Torrione, 95. Gli interventi introduttivi seguiranno la seguente “scaletta”: Coordinamento NO ponte: “No ponte - No Tav. Rafforziamo la mobilitazione”; Rete Sud del Nuovo Municipio: “Verso nuovi Comuni: democrazia, sovranità locale, altra economia”; Laboratori Territoriali: “Dalle lotte alla costruzione di scenari partecipati di autosostenibilità.”. Seguiranno interventi di associazioni, collettivi, amministratori locali della Calabria, della Sicilia, della Campania, della Puglia e della Basilicata.

Rete Meridionale del Nuovo Municipio - Associazioni del “Coordinamento No ponte”

Cosenza, 6 dicembre 2005.


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