Avevo pensato ad uno scherzo, ad un gioco.
Sapete quando si prende la foto di un pincopallino e - per mezzo di un apposito programmino - la si monta sulla copertina del "sorrisi e Canzoni" o su quella di "Panorama" o, ancora più su, del "Time"?
di Domenico Monteleone
Ecco, avevo pensato a qualcosa di simile quando ho letto - su Facebook - che il Sindaco di Riace (tale Domenico Lucano) era stato inserito tra i 50 personaggi più influenti del mondo.
Avesssero detto i 50 più influenti di Calabria, mi sarei fermato ed avrei prestato - subito - più attenzione a questa iperbolica notizia. La notizia, però, recitava esattamente tra i 500 più influenti del Mondo e, così, non ho dato molto peso. Insomma, la cosa mi è parsa talmente grossa da sembrare una burla e - come burla - l’ho accantonata. L’ho accantonata fino a che ho trovato questa notizia riproposta una, due, tre, quattro, infinite volte. Persino davanti all’ineffabile Vespa.
"Vediamo di capire meglio" mi sono detto e, così, sono andato a verificare ed a studiare meglio la notizia e la notizia era confermata ed era - più o meno - del seguente tenore letterale: la rivista americana "Fortune Magazine" ha inserito il Sindaco di Riace (tale Mimmo Lucano) tra i 50 personaggi più influenti del Mondo e lo ha inserito per la sua attività a favore dei migranti.
Sono rimasto basito, si, lo ammetto, sono rimasto basito. Più influente? In che senso? Nel senso che ha in mano il destino del mondo? Che può spostare equilibri? Che, almeno in Italia, è quello che ha più potere nel mondo? Maddai! Non credo sia quello il senso da dare alla notizia, cosa vuoi che conti - voglio dire - uno che chiamano (questo l’ho scoperto studiando in rete) "Mimmu u curdu". E, allora, se non è quello il senso, qual è il senso di inserire il buon Lucano fra i primi quaranta personaggi più importanti del Mondo?
Certo, deve fare un sicuro effetto vedersi inserito tra cotanta compagnia e penso che - se me lo trovassi difronte - gli chiederei: "Cosa vuoi di più dalla vita?".
Non deve, però, essere la strada maestra questa, poiché - giocoforza - viene in mente solo la classica risposta dello spot: "cosa vuoi di più dalla vita? Un Lucano!". Naturalmente, debbo dire che queste considerazioni non mi hanno chiarito la situazione. Tutt’altro. Ma andiamo avanti.
"Repubblica" scrive che "Riace è un piccolo paesino calabrese di poco più di duemila abitanti, che è rinato Perché è diventato centro d’accoglienza per migranti. Il primo cittadino ha trovato una soluzione allo spopolamento del posto offrendo alloggio e nuova vita alla città riaprendo laboratori di ceramica e tessitura, bar, panetterie e persino la scuola elementare. Ha avviato un programma di raccolta differenziata e ha assunto dei mediatori culturali per far funzionare un modello, che come scrive Fortune, “ha messo contro Lucano la mafia e lo Stato, ma è stato studiato come possibile soluzione alla crisi dei rifugiati in Europa”.
Come si vede, è lo stesso "Fortune Magazine" a proclamare che il Sindaco Lucano ha contro di sé lo Stato e la Mafia e, però - a questo punto - una domanda (come direbbe il buon Antonio Lubrano) sorge spontanea: se ha contro lo Stato e la Mafia, questo Sindaco dove conta? Insomma, escludendo Stato e Mafia, dove espande la sua influenza? A Briscola? Boh! Non è dato di sapere, si sa solo che è il quarantesimo nell’ordine, nell’ordine di influenza. Nel Mondo!
Mi sembra un po’ come quelle classifiche che - di tanto, in tanto - escono sui nostri quotidiani; ad esempio mi ricordo di quando pubblicarono la lista dei quaranta avvocati più bravi d’Italia e ovviamente, appena ho saputo, mi sono messo a cercare il mio nome. Niente, non c’era. Meledizione! Come le fanno ’ste classifiche? Ah, un nome mi chiarì subito la situazione: il figlio di Napolitano, adesso non ricordo il suo nome di battesimo (se ha un senso usare questo sostantivo), ma ricordo molto bene che è il figlio del peggiore presidente della storia della nostra Repubblica e che deve essere una specie di fenomeno se è vero - come è vero - che non aveva ancora quarant’anni quando è diventato ordinario all’Università di Roma. Un nome, insomma, che mi ha chiarito tutto. Va buo’, i prodigi son prodigi e c’è chi può e c’è chi non può.
Probabilmente funziona così: se vuoi entrare in classifica non hai che una possibilità, senza alternative, ovvero devi appartenere. Ecco Perché non sono entrato in classifica! E sì che alcuni miei clienti mi chiamano Mourinho. Boh! Misteri della vita.
Man mano che andavo avanti con l’analisi di questa bizzarra notizia - vedevo in rete che tanta gente si congratulava, si congratulava, continua a congratularsi, esattamente come quell’altra volta.
Quale volta? Quella volta in cui il Sindaco di Sellia si è inventato - grosso modo - una Delibera contenente un divieto di morire e tutti si mostrarono felici, contenti e soddisfatti. Quasi come se effettivamente ciò fosse possibile. Dicevano di essere riusciti a far parlare del territorio e di averne fatto parlare in tutto il Mondo. Cioè, fatemi capire: tutto il Mondo parla di una delibera impossibile? È proprio vero che viviamo in una sorta di «matrix», si può esultare perché gli altri parlano di te per una cosa impossibile? Boh!
Sarà come sarà ma il fatto resta - tornando al nostro Mimmo Lucano (pure Lui però, non poteva avere un cognome più localizzato? Che so’, ad esempio Mimmo Jonico) - che tutti si sono mostrati felici, soddisfatti, sollevati da questo riconoscimento, da questo premio. Un premio che - badare bene - fino al giorno prima, almeno il 99 virgola 9 periodico dei Calabresi e degli italiani nemmeno sapeva esistesse.
Mi è sembrata - in ogni caso - quasi come una corsa a salire sul carro del vincitore. Già, il vincitore. Ma che cosa aveva vinto e, soprattutto, qual era la partita e come ci era entrato il buon Lucano?
Che cosa è, insomma, questo "Fortune Magazine"?
Non ho fatto in tempo a pormi questa domanda che mi è venuta in mente la risposta.
Per associazione di idee mi è venuta in mente anche una delle avventure di Sherlock Holmes, una in cui il leggendario investigatore trova un fiammifero - già utilizzato dal colpevole ancora ignoto - ai piedi di un albero che era stato teatro di un delitto. Ebbene, quando il fido Watson gli chiede come avesse mai fatto a trovare un piccolissimo fiammifero - per di più già usato - in mezzo a tutte quelle sterpaglie, il più famoso investigatore della letteratura mondiale risponde esattamente così: "non è che l’ho trovato, l’ho cercato e quindi l’ho trovato, sapevo che ci doveva essere e mi sono messo alla ricerca".
Ecco, più o meno allo stesso modo, io sapevo esattamente cosa e chi avrei trovato dietro questa rivista "Fortune Magazine" allorquando mi sono messo a digitare su Google. Ero sicuro, in verità, che avrei trovato i Rockefeller o i Rothschild e - come ti sbagli? - ho trovato che quella rivista si trova nell’orbita della Fondazione Rockefeller! Questa è, almeno, l’informazione che ho trovato.
Che cosa vuol dire? Lo spiego solo per chi non conosce o non vuole conoscere il Mondo.
Vuol dire - e si tratta di evidenza che è difficile non condividere - che inserire il Sindaco di Riace tra i 50 più influenti è una chiarissima forzatura anche di natura meramente semantica. Avrei capito di più e meglio se lo avessero inserito tra i più buoni o tra i più belli o tra i più intelligenti, ma ragazzi, tra i più influenti, dai, come si fa ad inserire un sindaco (che non conta nulla), di una cittadina (che non conta nulla), di una regione (che non conta nulla), di una nazione (che non conta nulla) tra i più influenti al mondo? Dai, è una cazzata di dimensioni mastodontiche!
Tra tutte queste "nullità", insomma, la Rivista americana estrae dal cilindro il coniglio e indica Mimmu u curdu al pubblico giubilo ed alla pubblica ammirazione. Ragazzi, la situazione è questa e la domanda è conseguente: Cui prodest?
Poniamo alcune osservazioni.
Abbiamo un paesino che si stava spopolando. Si stava spopolando per effetto della emigrazione che è - per chi non lo sapesse - la sommatoria di povertà, di mancanza di lavoro, di carenza di possibilità. Una sommatoria che non ti lascia scampo: devi andartene, sei costretto a scappare, e sei costretto Perché ti ci hanno costretto. Volevi restare ma devi andare. Punto!
In questo clima desertificato, in questo paesaggio spettrale, il primo cittadino ha la soluzione. Sentite qual’è: consegna le case vuote del centro ai migranti e riapre laboratori di ceramica e tessitura, bar, panetterie e persino la scuola elementare. Avvia, peraltro, un programma di raccolta differenziata (con gli asini!) e assume dei mediatori culturali per far funzionare un modello, che come scrive Fortune, “ha messo contro Lucano la mafia e lo Stato". Ha creato, insomma, un modello che può essere - sempre secondo il Magazine premiante - "studiato come possibile soluzione alla crisi dei rifugiati in Europa”. Ottimo.
La questione, però, è anche un’altra. Come mai non si è pensato questo progetto, questa possibilità, questo sogno, anche per noi calabresi?
Perché non si è cercato e non si cerca di fermare l’emigrazione di noi Calabresi con questi stessi sistemi? Perché non si è fatto prima, perché non si fa ora, perché non ci si organizza per farlo in futuro?
Perché?
Perché si pensa di ripopolare la Calabria con gli Immigrati e perché non si pensa - piuttosto e più logicamente - di ripopolarla con i Calabresi?
Insomma, pare che - in questo tempo che sembra come un finale di stagione - l’unico ripopolamento possibile sia quello attuabile attraverso i migranti da paesi lontani e culturalmente diversi, di ripopolarlo attraverso l’accoglienza di popoli di altre parti del Mondo.
Già, ma perché - allo stesso modo e con lo stesso impegno - non ci si preoccupa di riaccogliere i Figli della nostra Terra che sono andati via e che, come tutto il Mondo sa, nutrono (nutriamo) per la Madre Terra di Calabria un Amore struggente?
Niente, ciò non è possibile. L’imperativo categorico è - si! - quello di ripopolare la Calabria, le Due Sicilie, l’Italia, ma di ripopolare con i migranti.
Chi sa di certe cose, sa di un piano, di un piano molto disumano, un progetto che appellano "Piano Kalergi", un progetto che mira alla sostituzione della popolazione europea, alla creazione di una società senza radici morali e culturali, senza quei fondamenti morali e culturali che si sono sclerotizzati nel corso dei secoli, un piano che mira alla creazione di una società liquida e come tale più facilmente soggiogabile e gestibile da parte di quella Elite che governa il Mondo e che ha in mano il destino di noi tutti. Emigranti, Migranti e Stanziali. Tutti.
Il problema vero mi sembra, allora, quello per cui la società contemporanea pare essere stata programmata per rispondere agli ordini, agli imperativi - morali o pseudomorali - impartiti indirettamente e senza apparente costrizione e, di converso, per rifuggire decisamente e vigorosamente quelli impartiti con precetti diretti ed immediati.
In questo consiste - secondo me - la differenza tra religione (soprattutto quella Cristiana) e quello che (notoriamente o meno notoriamente) viene denominato Nuovo Ordine Mondiale. La Religione impone dei comandi precisi, diretti e senza mezzi termini. Il Nuovo Ordine Mondiale, non chiede se non indirettamente, con suggestioni, con messaggi subliminali, è ammiccante e pretende senza apparenti sanzioni, senza una punizione, senza un castigo, men che meno eterno. Tutt’altro. Ed in questo aspetto che sta tutta la questione della perdita di "aderenza" della religione rispetto alla nuova era mondialista.
Non capisco, dicevo, perché non sia possibile pensare di ripopolare la nostra Terra che - è molto importante non dimenticarlo - è stata svuotata dalla stessa classe politica che chiede 50 milioni di immigrati.
Non capisco perché ripopolare attraverso i migranti debba essere considerato un valore e - di converso - non sia e non possa essere un valore altrettanto grande quello di fermare l’emigrazione dei Calabresi, degli Italiani, non possa essere un valore, di più, non capisco perché non possa essere perseguito il sogno meraviglioso di un rientro nella propria Terra di tutti noi Emigranti.
Ecco: non capisco e mi rifiuto di capire questa scala di valori. Una scala di valori insensata. Una scala di valori che sento come imposta dall’alto e che non mi appartiene.
Correlativamente, non capisco perché non possa essere un valore lavorare al fine di consentire anche agli odierni profughi - o presunti tali - di rientrare nella loro Terra Madre, qualunque essa sia. Non capisco perché non possa essere un valore lavorare al fine di far contribuire essi stessi alla rinascita ed all’affermazione economica, culturale e sociale dei loro paesi d’origine.
C’entrerà qualcosa la fabbricazione delle armi (l’Italia ha un fatturato pari a 54 miliardi di euro in questo campo), c’entrerà la schiavitù connessa alla Moneta-Debito? C’entrerà la lotta per la conquista del petrolio, del dannatissimo oro nero? C’entrerà il famigerato imperialismo americano?
Il fatto è che non vedo chi possa negare una lapalissiana evidenza ovvero che si tratti di Calabria, di Africa, di Siria, di Bangladesh, eccetera, eccetera, eccetera, c’è una cosa che accomuna tutti ed è che calabresi, africani, siriani, bengalesi, tutti e sottolineo tutti hanno un’idea comune, una speranza, un sogno: rientare, si, rientrare, rientrare per rendere più bella, più prospera, più evoluta la propria terra. Per viverci fino alla morte, morte che tutti immaginano, che tutti sognano possa - più tardi possibile - sopravvenire nella propria terra natia. Questa è la verità.
E se così è, anzi, visto che è così, Perché di questo sogno non si parla? Perché di queste speranze non v’è traccia nei media mainstream ?
Perché queste "cose" non possono rappresentare un valore, un valore anche superiore a quello della mera accoglienza che - parliamoci chiaro - tutto appiattisce e tutto livella in una indistinta contaminazione di tutto, in una inesorabile liquefazione di tutti i retroterra culturali.
Ed è proprio in questo significante che sta tutta la sensazione di crepuscolo, di approssimarsi al fine stagione, la sensazione di un’attesa, di un’attesa spettrale che tutti ci coinvolge e che tutti ci opprime ma di cui solo in pochi sembrano avere contezza e cognizione.
Tutti gli altri - come novelli suonatori di violino sul Titanic che affonda - sguazzano in una sorta di zona d’ombra, in una sorta di fuori-zona della mente, posizione dalla quale accettano tutto e si beano di briciole, di contentini, di regalini, insomma si accontentano di prezzi-saldo, si accontentano di saldi di fine stagione.
Ed i saldi - è abbastanza noto - hanno i loro listini, esattamente come i premi delle riviste cosmopolite, ma la corrente e forte e impetuosa e non ammette alternative: bisogna festeggiare, bisogna complimentarsi, altrimenti si passa pure per rosiconi.
Complimentarsi è l’unica possibile possibilità su piazza e state certi che i nostri padroni - di là in America - approveranno sicuramente.
Gli emigranti Calabresi, di buona fede e pensiero sveglio, non so fino a che punto.
“Io rispetto la Costituzione più di altri”
Riace - Il sindaco Mimmo Lucano, ai domiciliari, ascoltato dai magistrati di Locri
di Lucio Musolino (Il Fatto, 05.10.2018)
“Mi stanno accusando di un reato di umanità. È tutto assurdo. La Costituzione la rispetto più io che altri che si nascondono dietro le regole. La Costituzione nasce dalla resistenza, dal rispetto degli esseri umani. E questi esseri umani non hanno colore della pelle diverso, sono tutti uguali”. Dopo l’interrogatorio di garanzia, durato tre ore, il sindaco di Riace Mimmo Lucano ha gli occhi stanchi, provato dopo due giorni ai domiciliari. Ma ieri mattina ha risposto a tutte le domande dei magistrati che lo accusano di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti.
Accompagnato dai suoi avvocati Antonio Mazzone e Andrea Daqua, in Tribunale a Locri Mimmo “’u Curdu” ha raccolto le forze e, punto su punto, ha replicato alle contestazioni della Procura che, dal giorno del suo arresto, non sta facendo altro che lamentarsi di quella parte dell’inchiesta, cassata dal gip, sulla gestione dei fondi per l’accoglienza.
Lucano non ha mai intascato un centesimo, dice il gip. Eppure il procuratore di Locri Luigi D’Alessio lo vuole arrestare di nuovo per truffa ai danni dello Stato. Lucano si difende e contrattacca. Non ci sta a passare per un trafficante di uomini, per un sindaco con mani e piedi dentro quel business dei migranti che per una vita ha combattuto, riuscendo a dimostrare che l’accoglienza è un’opportunità anche per i piccoli Comuni che rischiano di scomparire. Come è stato per due cooperative, iscritte nell’albo comunale, e non in quello regionale previsto dalla normativa (tra l’altro non operativo fino al 2016), e alle quali aveva affidato la raccolta rifiuti senza gara. Un po’ come hanno fatto altri Comuni, a partire da Reggio Calabria nel 2013 guidato dai commissari prefettizi. Nel capoluogo di provincia non è reato, ma a Riace si per la Procura di Locri. “Ma come? - dice Lucano - In una zona assediata dalle ecomafie, inquinamento dei mari, c’è una mafia che controlla il ciclo dei rifiuti, io ho cercato di fare luce e devo pagare per questo? È assurdo. Nelle cooperative lavoravano le persone più svantaggiate di Riace insieme ai rifugiati”.
Tra le accuse anche i matrimoni fittizi tra residenti e ragazze immigrate che, così, avrebbero ottenuto il permesso di soggiorno. “Perché parlano di matrimoni combinati? - si sfoga Lucano -. È stato solo un episodio ma non era combinato. Abbiamo fatto le pubblicazioni, con tutte le procedure regolari. È una cosa assurda. Anche gli inquirenti durante l’interrogatorio hanno parlato di reato di umanità. Però, dicono, ci sono le regole”. “Ma sono state regole quelle dell’ex ministro Minniti che ha fatto accordi con i lager libici dove morivano delle persone?”.
Lucano è un fiume in piena: “Anche i campi di concentramento, quando c’era Hitler, rispettavano le regole. A queste persone vorrei chiedere se è giusto quello che è successo a Becky Moses”. È la ragazza morta carbonizzata a gennaio nella baraccopoli di Rosarno dove si era nascosta perché costretta a lasciare Riace dopo il rifiuto dell’asilo politico: “Chi ha pagato per quello che le è successo? Ciò che ho fatto - afferma ancora - è evitare che ci fossero tante Becky. Salvare anche una sola persona dalla strada vale dire fare il sindaco, dà significato a un’intera vita. Io non ho mai avuto un tornaconto economico. Anche per quanto riguarda la fiction con Fiorello io non ho chiesto alcun compenso”.
Barbara Spinelli: “Il razzismo è ben più allarmante dei conti”
di RQuotidiano *
Barbara Spinelli è intervenuta nella sessione plenaria del Parlamento europeo in seguito alle dichiarazioni di Consiglio e Commissione europea su “Emergenza umanitaria nel Mediterraneo: sostenere le autorità locali e regionali”.
“La Commissione si allarma - ha detto l’europarlamentare italiana - per il possibile deficit spending in Italia (ricordo che i poveri assoluti sono nel mio paese cinque milioni) ma approva una legge sulla sicurezza che decurta i permessi umanitari, toglie certezza legale ai richiedenti asilo, elimina fondi per le strutture municipali di accoglienza migranti.
Dice Draghi che ci sono parole che creano danni alle imprese, ma le parole di Salvini sul sindaco di Riace, arrestato ieri per favoreggiamento dell’immigrazione e irregolarità minori, sono benevolmente ignorate. ‘Sei uno zero’, ha detto il ministro di chi, con fondi in diminuzione, ha salvato un intero villaggio dallo spopolamento integrando i profughi.
Non parlo solo dell’Italia: arresti e violenze contro chi facilita accoglienza e integrazione si moltiplicano. Cédric Herrou, Diego Dumont, il sindaco Mimmo Lucano: la lista si sta allungando, Commissario Oettinger, e vorrei sapere se questo allarma anche lei”.
* Il Fatto, 05.10.2018: https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/barbara-spinelli-il-razzismo-e-ben-piu-allarmante-dei-conti/
Lucano non è il «simbolo» ma l’accoglienza realizzata
Riace chiama. L’esperienza straordinaria di Riace e del suo sindaco va messa a confronto con l’immondo business della speculazione sui migranti che si svolge nei centri gestiti direttamente dallo Stato, spesso sotto gli occhi e con la complicità di molte Prefetture
di Guido Viale (il manifesto, 04.10.2018)
Domenico Lucano, il sindaco di Riace, arrestato con motivazioni pretestuose che rispondono più a un desiderio esplicitamente espresso dal ministro Salvini che a ragioni di ordine giuridico, non è solo, come è stato detto, «il simbolo dell’accoglienza».
È l’accoglienza realizzata, a beneficio tanto dei nuovi arrivati che dei cittadini italiani di paesi che prima del loro arrivo erano stati costretti ad abbandonare, per emigrare anche loro. Riace è la dimostrazione che italiani e migranti, se ben governati, possono non solo vivere bene insieme, ma anche prosperare: far rinascere i borghi e le terre abbandonate, ricostruire una vita di comunità nei loro abitati, imparare gli uni dagli altri a conoscere, rispettare e valorizzare la cultura, le tradizioni, le usanze, ma anche le sofferenze di cui ciascuno di noi è portatore.
L’esperienza straordinaria di Riace e del suo sindaco va messa a confronto con l’immondo business della speculazione sui migranti che si svolge nei centri gestiti direttamente dallo Stato, spesso sotto gli occhi e con la complicità di molte Prefetture, o con l’abbandono a cui sono condannati centinaia di migliaia di profughi e migranti a cui non è stata concessa alcuna protezione internazionale e, quindi, alcun diritto di soggiorno; e che il recente decreto “sicurezza” voluto dal ministro Salvini non farà che moltiplicare, senza alcuna reale possibilità di rimpatriarli in una “patria” da cui sono dovuti fuggire, come lo stesso Salvini ha dovuto ammettere dopo aver fatto di questa promessa il “cavallo di battaglia” della sua campagna elettorale.
E’ questa moltitudine di disperati abbandonati a sé stessi - in nome dello slogan “prima gli italiani” - in un paese che non conoscono, condannata all’accattonaggio, alla piccola e grande delinquenza, alla prostituzione o, nel migliore dei casi, a un lavoro in nero sottopagato, quello che mette in allarme una popolazione che non ha modo di conoscerli, di incontrarli e soprattutto di progettare insieme a loro la rinascita del nostro paese, come è stato fatto invece a Riace e in molti altri Comuni e in molte altre esperienze che hanno puntato sull’accoglienza e sull’inclusione dello “straniero”.
Ed è su questo abbandono che prosperano le fortune elettorali di Salvini e del suo governo: la paura del migrante e non dei tanti delinquenti italiani, con la lupara o con il colletto bianco, che affliggono la nostra vita quotidiana. Il risultato è l’abbandono all’incuria, al degrado e allo spopolamento di paesi, territori, edifici, ma anche di intere città, da cui ogni anno partono per l’estero decine di migliaia di giovani italiani e italiane, spesso laureate e diplomate, a cui non viene offerta alcuna possibilità di lavorare e valorizzare le loro capacità in Italia; e certo non perché quel lavoro che non c’è per loro sia stato portato via da chi è costretto a vivere di espedienti, come i profughi e dei migranti che hanno raggiunto fortunosamente il nostro paese, per lo più con l’intento e la volontà di proseguire verso l’estero.
Nel nostro interesse, nell’interesse del nostro paese, di una convivenza pacifica tra tutti, di un senso di umanità che rischia di essere soffocato per sempre, dobbiamo opporci con forza all’arresto di Mimmo Lucano e al tentativo di far naufragare questa bellissima dimostrazione di buona convivenza.
Per l’Osservatorio Solidarietà - Carta di Milano
La disobbedienza generosa di Lucano
di Tomaso Montanari (Il Fatto, 04.10.2018)
Ho un amico senegalese, arrivato in Italia sei anni fa: è un clandestino. Lavora: fa il falegname. Ha un ruolo nella nostra società: a cui non nuoce in nulla, anzi alla quale giova moltissimo, con la sua dedizione, con la qualità del suo lavoro, con la sua onestà. Ma è un fantasma: uno schiavo del nostro sistema.
Ma con le leggi che ci siamo dati, non c’è modo di fargli avere un permesso di soggiorno, e chissà, un giorno la cittadinanza. Abbiamo chiuso tutte le strade: e non perché siano troppi, ché anzi ci servono (in tutti i sensi). No: per la “percezione dell’insicurezza” messa a reddito da una politica ridotta all’imprenditoria della paura. Ebbene, se io potessi organizzare un matrimonio combinato per dargli la cittadinanza, lo farei. Se, pur violando qualche norma, potessi affidargli un appalto pubblico per un lavoro che fosse in grado di fare bene, non ci penserei un momento. È quello che ha fatto Mimmo Lucano, su una scala così importante da essere diventato un modello e un riferimento internazionale. Ora Mimmo Lucano si difenderà in un processo, come tutti coloro che si trovano costretti a violare la legge perché quella legge è inumana, ingiusta, sbagliata. È una resistenza civile, una disobbedienza: e chi la pratica sa perfettamente che può essere chiamato a pagarne tutto intero il prezzo. Anche se vive in una terra, come la Locride, in cui certo le infrazioni della legge hanno altri moventi, e in cui un cittadino si potrebbe ingenuamente aspettare che la procura usasse tempo e soldi per perseguire altri reati. Ma il punto non è questo. Il punto è da che parte stare: e c’è un’Italia che sta con Mimmo Lucano, perché sente che l’unico modo di superare queste leggi è disobbedire, pagandone il prezzo. Chi la pensa così sa che dalla parte del sindaco di Riace c’è un alleato potente: che si chiama Costituzione della Repubblica italiana. Già: si può violare la legge, e però attuare la Costituzione.
Il precedente è quello celeberrimo di Danilo Dolci, processato nel 1956 per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, istigazione a disobbedire alle leggi e invasione di terreni. Capi di imputazione ben più gravi di quelli contestati a Lucano: e legati anche in quel caso a una lotta per i diritti dei più poveri. In quel memorabile processo sfilarono come testimoni della difesa di Dolci figure come quelle di Carlo Levi ed Elio Vittorini, e fuori dall’aula le ragioni dell’imputato furono difese da La Pira, Piovene, Guttuso, Zevi, Bertrand Russell, Moravia, Bobbio e Zavattini, Silone, Sellerio, Capitini, Paolo Sylos Labini, Eric Fromm, Sartre, Jean Piaget e da altri ancora.
Alla fine Dolci fu condannato: a cinquanta giorni di reclusione. Eppure la sua battaglia ebbe un’importanza cruciale: per cambiare il senso comune, e le stesse leggi della Repubblica.
Uno degli avvocati difensori di Dolci fu, è noto, Piero Calamandrei, e la sua arringa è il testo più illuminante da leggere per capire anche questo caso di 62 anni dopo: “Anche oggi l’Italia vive uno di questi periodi di trapasso, nei quali la funzione dei giudici, meglio che quella di difendere una legalità decrepita, è quella di creare gradualmente la nuova legalità promessa dalla Costituzione”.
Ebbene, quel periodo di trapasso non è finito: la nostra legalità non è ancora la legalità nuova promessa dalla Costituzione. In particolare, la legislazione sui migranti è in gran parte contro lo spirito e la lettera della Costituzione, e contro i diritti umani più elementari. Disobbedire a queste leggi, essendo disposti a pagare il prezzo di questa disobbedienza, è un modo generoso e impervio per cambiare lo stato delle cose.
Per questo sto con Mimmo Lucano, e faccio mie le parole di Calamandrei: “Vorrei, signori Giudici, che voi sentiste con quale ansia migliaia di persone in tutta Italia attendono che voi decidiate con giustizia, che vuol dire anche con indipendenza e con coraggio questa causa eccezionale: e che la vostra sia una sentenza che apra il cuore della speranza, non una sentenza che ribadisca la disperazione”.
L’errore di Antigone
di Mattia Feltri (La Stampa, 04.10.2018)
C’è qualche cosa di commovente in Mimmo Lucano, sindaco di Riace, che imbroglia le carte per salvare una prostituta nigeriana e offrirle un domani. Commovente al pari di Antigone, l’eroina di Sofocle che dà sepoltura al fratello contravvenendo alla legge di Creonte. Non è invece commovente Matteo Salvini quando blocca per giorni gli immigrati sulla Diciotti, ma in fondo non è molto diverso da Antigone e da Lucano: tutti e tre piegano le regole a un loro convincimento morale.
Antigone rifiuta la legge scritta della democrazia contando di scamparla in nome della legge aristocratica degli dèi, Lucano per scamparla si muove di nascosto in nome della legge naturale dell’uomo, Salvini agisce allo scoperto e pensa di scamparla in nome del superiore volere del popolo. E poi rivendicano di farlo a fin di bene, ma non significa nulla, avanti di questo passo e fino all’abisso qualsiasi dittatura è stata fondata per un mondo migliore.
Questa non è disubbidienza civile. La disubbidienza civile, quella di Marco Pannella e dei radicali, era ed è altro: è la violazione plateale e annunciata della legge proprio perché siano le conseguenze a stabilirne l’iniquità. Il problema è che Antigone aveva torto (ma pagò un prezzo spropositato), e hanno torto Lucano e Salvini: la loro forza morale non sfida la legge, la rovescia di prepotenza o la aggira col sotterfugio, e ognuno finisce col costruirne una su misura. Se, come diceva Lucano, l’idea personale di giustizia superasse l’idea collettiva di legge, avremmo sessanta milioni di codici penali in più e una democrazia in meno.
La triste storia di Riace che rende tutti più deboli
di Goffredo Buccini (Corriere della Sera, 04.10.2018)
Con la sua ostensione della bontà ha spaccato l’Italia in due tifoserie. O, meglio, ne ha rafforzato divisioni già profonde. Sarebbe forse utile, invece, un approccio più pragmatico alla vicenda umana, politica e giudiziaria di Domenico Lucano, il sindaco di Riace agli arresti domiciliari nel paesino calabrese diventato, per opera sua, modello mondiale dell’accoglienza (e dunque assai osannato e assai vituperato).
L’idea di fondo che ha mosso Lucano è molto difficile da contestare in buonafede. Fare leva sui migranti per ripopolare borghi deserti delle nostre montagne, soprattutto al Sud, è una scelta ormai diffusa e praticata dal sistema Sprar (lui ci arrivò in anticipo): e porta, al contrario della «sostituzione» paventata da alcuni, anche il rientro di molti ragazzi del posto, perché le cooperative sociali, come testimoniano pure tante storie narrate dal Corriere con Buone Notizie, creano reddito, lavoro, nuova imprenditorialità (si pensi a casi virtuosi come la rinascita di Petruro Irpino, protagonista la Caritas, o di Castel del Giudice, a opera di un sindaco riformista e di un imprenditore «olivettiano»): insomma, vita che ricomincia.
La strada assai vitale imboccata dal sindaco di Riace, però, sembra virare a un certo punto verso un’altra direzione, creando nel tempo una specie di repubblica autonoma sulle montagne calabresi. I «bonus» come moneta parallela dei migranti (ora carta straccia nelle tasche dei negozianti), i laboratori solidali quali volano di lavoro (chiusi da tempo) sono ingegnose trovate che reggono solo con il sostegno dello Stato, in assenza del quale tornano mera utopia. E la gestione dei soldi pubblici può diventare dunque una ricca pignatta cui qualcuno, meno idealista di Lucano, può aver mirato. Del sindaco le carte mostrano, accanto a un grado quasi insostenibile di naïveté, una disinvoltura amministrativa spinta ben al di là dei fardelli penali e ben distante dall’immagine di economista prodigio che gli era stata ritagliata addosso per via ideologica.
In uno Stato di diritto, inoltre, il fine non giustifica mai i mezzi, anzi, se i mezzi sono sbagliati pervertono il fine. Così l’idea di bypassare la legge per offrire ai migranti corsie preferenziali occulte si presta a ogni forzatura. La parte politica più vicina a Lucano si rallegra del fatto che siano cadute molte delle accuse mosse dalla Procura. Ed è comprensibile.
Dovrebbe tuttavia preoccuparsi di quanta benzina diano alle tesi di Salvini l’uso opaco del danaro e il ricorso ai matrimoni combinati per mettere in regola le migranti. Lo scarso rispetto per i contraenti italiani di quei matrimoni, poveri fantocci paesani arruolati dal sindaco alla bisogna (il «piccolino» che non ha «mai visto una donna» e il «poverino» così stralunato da non ricordare nemmeno il nome della falsa promessa sposa) riesuma poi l’idea inquietante che per raddrizzare il legno storto dell’umanità poco importi quanto si debba sacrificare di ogni individuo, conta il disegno etico.
Il gip ha scagionato da altre e più gravi accuse (concussione, associazione per delinquere, truffa) il sindaco con parole che però ne velerebbero il profilo di amministratore quand’anche nelle prossime ore fosse revocata o alleggerita la misura cautelare. Arrestandolo per i matrimoni combinati (dunque favoreggiamento dell’immigrazione clandestina) e per la gestione dei rifiuti, ne fa un quadro sorprendente: dice cioè che Lucano tiene talmente in non cale la legge che, se restasse libero, continuerebbe nell’illecito anche sapendo di avere gli occhi di tutti addosso. Perché, aggiungiamo noi, certo di avere ragione.
Invece, con buona pace di molta intellighenzia di sinistra, Lucano ha inferto - magari con le migliori intenzioni - al sistema dell’accoglienza da lui stesso propagandato nel mondo un colpo dieci volte più duro di quanto avrebbero saputo fare mesi di propaganda sovranista.
Scegliere senza controllo né criteri oggettivi quale migrante aiutare va benissimo per un privato cittadino volenteroso ma apre voragini di ingiustizia sotto la scrivania di un sindaco. La solidarietà senza legalità diventa caos e arbitrio. Dalla storia di Riace, comunque vada a finire, usciamo tutti più deboli e più poveri.
Arrestato il sindaco di Riace, con accuse «vaghe e generiche»
Pericolo pubblico. Dalla truffa aggravata alla malversazione, il gip rigetta sette capi di imputazione e ridimensiona l’inchiesta: «Errori grossolani»
A Riace la raccolta differenziata dei rifiuti si fa con gli asini
di Silvio Messinetti (il manifesto, 03.10.2018)
LOCRI (RC) Un’operazione molto strana che sa di rappresaglia. Ieri mattina Riace si è svegliata con questa sensazione. Mimmo Lucano, il sindaco della cittadina della Locride, è stato messo agli arresti domiciliari dalla Guardia di finanza, nell’ambito dell’indagine Xenia. Alla sua compagna, Tesfahun Lemlem, è stato notificato il divieto di dimora. Ciò che in Europa è un modello, per la procura di Locri è un reato, anzi, un castello costruito sugli illeciti. Tuttavia quelli più gravi, inizialmente contestati, malversazione, truffa ai danni dello Stato e concussione, sono caduti, non hanno trovato riscontro, derubricati dal gip di Locri, Salvatore di Croce, a «malcostume diffuso». La gestione dei fondi - si legge in un passaggio del provvedimento di 134 pagine - «è stata magari disordinata, ma non ci sono illeciti e nessuno ha mai intascato un centesimo». Nonostante ciò a Lucano e a Teshafun è stata comminata la misura coercitiva sulla base di un generico pericolo di reiterazione criminosa. E sulla base di ipotesi di reato lievi, sproporzionate rispetto alla custodia domiciliare.
NELL’ORDINANZA di custodia cautelare, con il capo d’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, è riportata una sola intercettazione telefonica con cui gli inquirenti mirano a screditare il sindaco riacese. Gli contestano di organizzare presunti matrimoni ad hoc per far ottenere il permesso di soggiorno.
Quel che invece si capisce bene in queste carte è che il sindaco di Riace è un «fuorilegge» che si autodenuncia, che va contro «le leggi balorde» del governo, come lui stesso dice al telefono. E per questo atto di disobbedienza civile «in barba a Minniti», per evitare che una nigeriana di nome Joy, diniegata per tre volte dalla commissione, continuasse a prostituirsi, (lo stesso artifizio utilizzato per evitare che un’altra nigeriana, Stella, facesse la stessa fine) ora Lucano si trova agli arresti nella sua abitazione.
L’altra ipotesi di reato rimasta in piedi concerne invece l’affidamento diretto della raccolta rifiuti, fraudolenta secondo il Gip. Sul primo punto gli inquirenti stigmatizzano «la particolare spregiudicatezza del sindaco Lucano, nonostante il ruolo istituzionale rivestito, nell’organizzare veri e propri “matrimoni di convenienza” tra cittadini riacesi e donne straniere, al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano».
NELLO SPECIFICO il sindaco, nella conversazione intercettata, ragionava ad alta voce con una non meglio specificata interlocutrice sulla delicata situazione di Joy, cui era stato negato il permesso di soggiorno . «Se ne deve andare, se ha avuto per tre volte il diniego, ecco perché non lo rinnovano più. Lei non può stare ... mica dipende da ... questo purtroppo, dico purtroppo perché io non sono d’accordo con questo decreto, come documenti lei non ha diritto di stare in Italia. Se la vedono i carabinieri la rinchiudono, perché non ha i documenti, non ha niente». E a chi gli chiedeva lumi sulla situazione della ragazza spiegava: «Lei i documenti difficilmente ce li avrà, perché ha fatto già tre volte la commissione, ecco perché non rinnovano il permesso di soggiorno. Però proprio per disattendere queste leggi balorde vado contro la legge... Io la carta d’identità gliela faccio. Io sono un fuorilegge perché per fare la carta d’identità io dovrei avere un permesso di soggiorno in corso di validità ... in più lei deve dimostrare, che ha una dimora a Riace, allora io dico così, non mando neanche i vigili, mi assumo io la responsabilità, sono responsabile dei vigili... la carta d’identità tre fotografie, all’ufficio anagrafe, la iscriviamo subito».
NELL’AFFIDAMENTO DIRETTO del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti, secondo la Procura, Lucano avrebbe favorito due cooperative sociali, la Ecoriace e L’Aquilone, impedendo l’effettuazione delle necessarie procedure di gara previste dal Codice dei contratti pubblici. «Le predette cooperative sociali - scrivono gli inquirenti - difettavano dei requisiti richiesti per l’ottenimento del servizio pubblico, poiché non iscritte nell’apposito albo regionale previsto dalla normativa e Lucano, al precipuo scopo di ottenere il suo illecito fine, a seguito dei suoi vani e diretti tentativi di far ottenere quella iscrizione, si è determinato ad istituire un albo comunale delle cooperative sociali cui poter affidare direttamente lo svolgimento di servizi pubblici».
Sulla gestione dei fondi destinati all’accoglienza le accuse sono, come detto, cadute e «può pacificamente essere esclusa - scrive il Gip - la sussistenza di un grave compendio indiziario». È lo stesso Gip poi a parlare di «errori grossolani» e di «tesi congetturali» nell’inchiesta, per cui «ferme restando le valutazioni già espresse in ordine alla tutt’altro che trasparente gestione delle risorse erogate per l’esecuzione dei progetti Sprar e Cas, il diffuso malcostume emerso nel corso delle indagini non si è tradotto in alcuna delle ipotesi delittuose ipotizzate».
La procura ha annunciato che ricorrerà al Tribunale della Libertà di Reggio Calabria e trasmetterà subito gli atti alla Procura regionale della Corte dei Conti.
Mimì Capatosta che batteva moneta «Amo più la giustizia della legalità»
La solidarietà della sua gente e il ruolo della compagna etiope, anche lei indagata
dall’inviato Goffredo Buccini (Corriere della Sera, 03.10.2018)
Riace (Reggio Calabria) Non affannatevi a salvarlo o a crocifiggerlo, «Mimì Capatosta» ha già confessato. Nelle intercettazioni: «Se queste leggi sono balorde io ci vado contro!». E persino nelle interviste: «Che volete? Sono innamorato più della giustizia che della legalità». Così, per merito o per colpa sua, questo paesino di mille e cinquecento anime di cui oltre quattrocento immigrati, che prima del suo pirotecnico sindaco s’era trovato sui giornali solo nel 1972 per via dei Bronzi e pareva destinato all’estinzione, è stato scaraventato sul palcoscenico del mondo quale «modello d’accoglienza alla Riace»; e adesso che il miele è diventato fiele si scopre catapultato dentro quesiti filosofici, se il diritto sia forma o sia sostanza, e domande più terrene, se il fine giustifichi sempre i mezzi. Perché, intendiamoci: se i mezzi sono apparsi ai giudici così discutibili da infliggergli ieri all’alba gli arresti domiciliari nella casa di famiglia, nessuno, nemmeno tra i suoi rari nemici, pensa che il fine di Domenico Lucano (il copyright di Mimì Capatosta è di Tiziana Barillà e del suo bel libro) sia stato men che buono.
Inno alla bontà
«Da ragazzino si toglieva la giacca per coprire chi aveva freddo», dice Pietro Zucco, che ci è cresciuto insieme e che pure gli rimproverava cattive compagnie negli ultimi tempi. Tutto, in verità, qui a Riace, un pugno di case arroccate otto chilometri sopra la famigerata statale 106, è un inno alla bontà, talmente insistito da assordare: i murales del Bene, con il Che e Peppino Impastato a braccetto; i laboratori di artigianato solidale coi tessuti e le ceramiche delle mamme migranti; i «bonus» con cui il sindaco batteva moneta come un monarca stampando i visi degli eroi antimafia su banconote da Monopoli che si cambiavano uno a uno con l’euro nelle botteghe (poi ripagate da Mimì coi contributi dello Stato); il Villaggio Globale dove i migranti hanno trovato casa riempiendo le case abbandonate dai riacesi; quei graffiti che ricordano Libano e Sudan, Etiopia ed Eritrea e le mille terre d’origine di questo nuovo popolo che adesso piange il suo protettore, già parlandone al passato.
Come Aywa che, picchiando i pugni a terra, dice che «era un padre, a Rosarno mi avevano sparato e lui mi ha salvato». Come Rosy, del Camerun, che trema: «Se finisce male lui, finiamo male noi. Lui non c’è, noi non ci siamo più». O come Chimene, che stringe il suo piccolo Gabriel febbricitante e strilla che adesso in farmacia non le danno più le medicine, ora che i bonus sono diventati carta straccia: e che le mura della repubblica del Bene sembrano vacillare. Mimì s’era inventato qualcosa, piaccia o meno. E questo qualcosa, oggi che è in disgrazia, spacca l’Italia, perché spacca l’idea stessa delle migrazioni, avendo il sindaco provato a farne una risorsa invece che un problema. A modo suo. Da capatosta, rosso da ragazzino (Lotta Continua), rosso adesso (Potere al Popolo) ma di quel rosso virato sull’evangelico che manda in bestia i teocon. Quando Salvini gli ha detto che era «uno zero», lui ha mormorato ai suoi: «Sono contento, mi sento uno zero tra gli zero del mondo».
La difesa dei fratelli
Davanti alla casa di famiglia di via Milano s’affacciano i fratelli, protettivi. Sandro, più esplicito, dice che quest’inchiesta è «tutta una caz...». Giuseppe, più diplomatico, dice che «il modello Riace è nel mirino, mio fratello ne é il simbolo. Era pure andato a farsi interrogare, è molto amareggiato. Tende a dare fiducia, è una ciminiera di idee, magari qualche sbaglio ci sta, ma l’arresto... si è giocato anche la famiglia per stare accanto agli immigrati». Non è un mistero, la moglie separata di Mimì vive lontano coi figli. E non è un mistero nemmeno che accanto a lui sia apparsa una giovane signora etiope, Lemlem Tesfahun, con lui finita sotto indagine. In paese la chiamano «la Lady», le maldicenze si spingono fino a mormorare di chissà quali sue spese disinvolte. Non è maldicenza ma atto giudiziario però il matrimonio fasullo che lei, coperta da Mimì, avrebbe fatto con suo fratello per farlo venire in Italia. Il sindaco, per amore dei suoi ultimi, s’era trasformato in sensale? «Si sposa! Il matrimonio te lo faccio immediatamente... con un cittadino italiano!», lo sentono dire nelle microspie. Un metodo? La via breve per la cittadinanza e per la salvezza, la via sicura per la dannazione di un amministratore.
E ancora la sua gente lo difende. Anche chi è danneggiato dall’utopia di quest’uomo incontenibile, che «si è inventato l’accoglienza prima degli Sprar». Anche chi sta proprio dall’altra parte. Fernando il fruttivendolo dice «sono fascista» e fa il saluto romano: «Ho tremila euro di bonus che mi devono pagare», mormora, «io davo frutta e verdura vere alle signore immigrate». Preoccupato? «No, ho fiducia nel sindaco, hanno fatto male ad arrestarlo, qualcuno mi pagherà». I bonus sono diventati carta straccia quando la prefettura ha stretto i cordoni dei finanziamenti (dopo accertamenti contraddittori sul sistema Riace). Mimì allora ha appeso la sciarpa tricolore a un chiodo del Villaggio Globale e s’è messo a fare sciopero della fame. Era agosto. Già si capiva che le cose si stavano mettendo male, i laboratori erano chiusi da un pezzo, il lavoro una mezza chimera.
Il clima cambiato
Eppure fino a sera salgono quassù ex sindaci d’ogni colore politico a portare solidarietà, sabato prossimo faranno una manifestazione. «Il clima era già cambiato con Minniti», dice Domenico Vestito, sindaco di Marina di Gioiosa finché non gli hanno sciolto il Comune per mafia, «mi aspettavo che succedesse». «In Calabria se uno fa una cosa buona arriva la ‘ndrangheta o la repressione», sbotta ribelle Ilario Ammendolia, ex sindaco di Caulonia, un figlio coinvolto nell’inchiesta: «Pure io mi aspettavo che succedesse». Tutti se l’aspettavano. Tranne Mimì, forse. «Sono un fuorilegge!», proclamava nelle intercettazioni. Ma la legge da cui si chiamava fuori, per lui, doveva valere meno dei soldi del Monopoli.
L’inchiesta le carte
«Gestione opaca dei fondi e matrimoni combinati. Ma non voleva arricchirsi»
Il giudice: scappatoie per aiutare gli ingressi illegali
di Fiorenza Sarzanini (Corriere della Sera, 03.10.2018)
Roma. «Io sono un fuorilegge... proprio per disattendere queste leggi balorde vado contro la legge... la legge sull’immigrazione è una legge che presenta tantissime lacune e tante interpretazioni... Uno può cercare quelle più restrittive se la sua indole ... e può cercare quelle più elastiche se tu condividi, se non sei d’accordo con quella legge, c’è un livello di interpretazione». È il 22 luglio 2017. Mentre sta organizzando un finto matrimonio per Joy, ragazza straniera che vive a Riace, il sindaco Domenico Lucano parla con la responsabile di una struttura di accoglienza e le spiega che ha deciso di aiutare la ragazza ad avere il permesso di soggiorno facendola sposare con un anziano paesano.
Il malcostume
Sono le intercettazioni ambientali e le testimonianze a raccontare il «sistema Riace». Il giudice sottolinea come «Lucano vive oltre le regole, che ritiene di poter impunemente violare nell’ottica del “fine che giustifica i mezzi”». Nell’ordinanza di cattura parla di «comportamenti di estrema superficialità e diffuso malcostume», ma evidenzia che «non c’è stato alcun vantaggio patrimoniale» né per Lucano né per gli «enti attuatori». E così spiega la decisione di ordinare l’arresto: «La gestione quantomeno opaca e discutibile dei fondi destinati all’accoglienza di cittadini extracomunitari tratteggia il Lucano come soggetto avvezzo a muoversi sul confine (invero sottile in tali materie) tra lecito ed illecito... Appare evidente che l’incarico attualmente ricoperto e la copiosa presenza di stranieri sul territorio riacese potrebbero costituire occasioni propizie per l’adozione di atti amministrativi volutamente viziati o per la proposizione a soggetti extracomunitari di facili ed illegali scappatoie per ottenere l’ingresso in Italia».
I finti matrimoni
Sono tre i matrimoni che Lucano combina. Uno lo fa per assecondare la richiesta della compagna etiope Lemlen Tesfahun(anche lei agli arresti) che progetta di sposare suo fratello pur di farlo arrivare in Calabria e non riesce soltanto perché il giovane nel frattempo è stato arrestato. I dettagli li racconta nel luglio 2017 mentre si trova nell’associazione «Città Futura».
Lucano: questa ragazza nigeriana è stata diniegata tre volte, per cui con il nuovo decreto Minniti deve andare via l’unica possibilità per rimanere era quella di sposarsi con un cittadino ... questo qua si chiama Giosi. Mi ha chiamato la sorella, non è tanto... poverino, anzi devo dire la verità ha votato per me... mi sono barattato... l’unica cosa ... mi ha detto così io ti voglio votare però mi devi trovare una fidanzata... Abbiamo fatto un altro matrimonio con la consapevolezza che un’altra ragazza anche lei nigeriana, che si chiama Stella, si è sposata con uno che si chiama Nazareno, Stella è una bella ragazza, lui è piccolino così, mai avuto donne...
Donna: quindi quando fate questi matrimoni tra giovani e vecchi? L’altro è...
Lucano: addirittura Daniela... questa Daniela Maggiulli... voleva sposarsi lei con un matrimonio tra donne, però poi abbiamo visto che praticamente Sara non era di questo progetto di Riace, Daniela le ha dato un passaggio quando faceva la prostituta, l’ha recuperata e poi le abbiamo dato una casa, non c’entra con lo Sprar, l’abbiamo presa dalla strada e ora le volevamo risolvere anche questo problema, però poi abbiamo visto che se sono due donne o due uomini non vale ai fini del permesso di soggiorno... perché per me era bello come sindaco fare il primo matrimonio tra due donne...
«Ti cacciano, capito?»
Nel luglio di un anno fa, quando entra in vigore il decreto firmato dal ministro dell’Interno Marco Minniti il sindaco parla con le ragazze straniere.
Lucano: ti cacciano dall’Italia adesso, tu capisci l’italiano?
Joy: si
Lucano: Stella si è sposata, perché diniegata, perché in Nigeria li stanno diniegando tutti... no no no la commissione, una volta, due volte ... adesso con il governo nuovo c’è uno che si chiama Minniti, una brutta persona, vi mandano via, vi cacciano... hai capito?