L’altra parte

Firme Palermo, Monteleone: "Montatura contro Nuti e il suo gruppo, cadrà il teorema"

Parla il legale dei parlamentari sotto tiro per la vicenda delle firme di Palermo
domenica 4 dicembre 2016.
 

"La Voce di Fiore" pubblica per intero una nota dell’avvocato Domenico Monteleone, difensore dei parlamentari siciliani di cui si stanno occupando tv e giornali per la vicenda delle firme a Palermo. Monteleone è anche il responsabile legale dell’associazione di tutela "La Voce di Fiore", sia chiaro. L’omonima testata che dirigo ritiene utile offrire ai lettori il seguente spunto di riflessione, perché l’informazione e la critica sulla vicenda pendono, ad oggi, quasi per intero da una parte. Ciò produce inevitabilmente un giudizio a senso unico, che è proprio ciò contro cui lottiamo, insieme a Monteleone, con i nostri strumenti e le iniziative culturali fuori del coro, fondate soltanto sull’argomentazione nella dialettica e non sulle narrazioni o sulla potenza politico-mediatica.

Emiliano Morrone

LA NOTA DELL’AVVOCATO MONTELEONE

Che si tratti di un caso che deve passare sotto la anfibia lente mediatica ce lo certifica una precisa evidenza: la stampa ha saputo immediatamente - praticamente prima che uscissero dalla stanza dove si era tenuto l’interrogatorio - che alcuni indagati non si erano voluti sottoporre al cosiddetto saggio grafico.

Orbene, quando il caso è mediatico bisogna avere l’accortezza - e mi riferisco soprattutto agli addetti ai lavori - di valutare, di saper discernere e di non farsi risucchiare in quella che Giorgio Gaber definiva “grande confusione deviante”.

Mi riferisco, ovviamente, agli addetti ai lavori (avvocati, attivisti, giornalisti, commentatori) che vogliano effettivamente ricercare la verità ed escludo, altrettanto ovviamente, quelli che hanno interesse a che le cose vadano in un certo modo, quelli che potrebbero trarre e traggono vantaggio dalla eliminazione di una persona o di un gruppo ritenuto egemone o potenzialmente egemone. Li escludo perché a questi ultimi, evidentemente, non interessa di discernere alcunchè, interessa veder colpito duro il proprio avversario od il proprio antagonista.

Naturalmente, non voglio entrare nel merito dell’accusa perché in riferimento ad essa l’unica risposta - a piede fermo - è che i parlamentari Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita nonché gli attivisti coinvolti a cominciare da Samanta Busalacchi sono assolutamente innocenti e, conseguentemente, si professano e si professeranno sempre come tali.

Mi ha molto colpito ciò che Riccardo Nuti mi ha detto nel mio studio - seduto sul divano proprio davanti alla mia scrivania - la prima volta che abbiamo affrontato il caso: «avvocato, per farti capire, noi siamo stati sempre integralisti, maniacali, intransigenti, per tutto ciò che riguarda la legalità. Pensa un po’ se potevamo tollerare un così marchiano pregiudizio alla nostra integrità, e per integrità intendo sia quella pubblica sia, soprattutto, quella autopercepita come gruppo e come singoli».

Ecco, credo per per comprendere la strategia difensiva bisogna partire necessariamente dal dato interiore dei miei assistiti, un dato il cui indicatore si presenta fisso e sicuramente posizionato su una sola certezza: innocenti! Partendo da tale dato, granitico per ognuno di loro, cerchiamo allora di vedere cosa ha visto e cosa ha vissuto, ciascuno dei miei patrocinati, nel corso di questa vicenda. La questione nasce - guarda caso! - proprio all’inizio di un nuovo percorso elettorale ed, infatti, erano e sono alle viste le elezioni comunali di Palermo.

Il video trasmesso da “Le Iene” il 2 ottobre ed anche quello trasmesso il 9 ottobre hanno un dirompente effetto mediatico anche e soprattutto perché rilanciati a più riprese da tanti organi di informazione.

La reazione dei miei assistiti è immediata ed è l’unica naturalmente possibile: querela! Anzi, più querele. Querele molto lunghe e dettagliate che pubblicheremo appena possibile.

“Le Iene” e gli altri accusatori, per tutta risposta, realizzano una serie infinita di filmati e, come argomento principale, brandiscono come una spada un post di Beppe Grillo, uno scritto in cui il leader del Movimento, nel suo blog, ringrazia la trasmissione.

Insomma, mentre i miei assistiti querelano, Grillo ringrazia. È questa la contrapposizione che gli accusatori usano per mettere alla berlina Nuti e gli altri. Mi sento di dire - con grande forza - che la contrapposizione è basata su una evidente finta, su una mossa giocata bene da chi ha organizzato la vicenda. La verità, in effetti, è che anche i miei patrocinati avrebbero ringraziato la trasmissione se gli autori si fossero limitati a sollevare il problema.

Anche Nuti e gli altri avrebbero ringraziato se solo “Le Iene” si fossero limitate a rendere pubblica l’esistenza di quella che ha tutta l’aria di essere una contraffazione. Se, insomma, si fossero limitate a questo, anche Riccardo Nuti, Claudia Mannino, Giulia Di Vita, Samanta Busalacchi e tutti gli altri avrebbero apertamente ringraziato “Le Iene”. Il problema, dal nostro punto di vista, si è posto perché - nonostante la totale assenza di prove e la totale assenza anche di soli indizi a carico di Nuti e degli altri - sono stati indicati, sin da subito, i pretesi colpevoli e sono stati indicati con tanto di grafica che, in cosiddetta sovraimpressione, mostrava il volto dei miei clienti. Insomma, ai miei patrocinati è stato sin da subito sottratta anche la possibilità di considerarsi parte offesa, di considerarsi e di farsi considerare soggetto passivo del reato, è stata sin da subito sottratta la possibilità di ringraziare - appunto! - chi aveva fatto luce su questi fatti.

In definitiva, nessuno, in quel frangente, si è posto un problema abbastanza evidente: se contraffazione c’è stata, perché si è subito additato al pubblico ludibrio una serie precisa di nominativi?

In effetti, nel corso degli anni, numerosi di quei soggetti accusatori erano stati allontanati ed avevano motivi di forte rivalsa nei confronti del gruppo guidato da Nuti. Per altro, col senno di poi, bisogna evidenziare che alcuni dei nomi indicati da “Le Iene” - come ad esempio l’avv. Giampiero Trizzino - oggi non risultano nemmeno nell’elenco delle persone indagate.

C’è stata fretta insomma e che vi sia stata ce lo chiarisce persino Filippo Roma il quale nel quarto servizio del sequel televisivo dichiara esattamente: “abbiamo finalmente accertato che il reato c’è stato. Ora bisogna trovare i colpevoli”. Ma come? I colpevoli non erano già stati indicati perentoriamente nelle puntate precedenti? Ciò che appare abbastanza evidente e che a noi sembra necessario evidenziare è che si è trattato di una fretta i cui effetti sono stati apertamente direzionati contro un gruppo di persone ben definito ...

Ecco allora emergere, con evidenza lapalissiana, quella che - se è non stata una strategia - è stata una sicura risultanza ovvero il fatto che a Nuti ed agli altri è stato, di fatto, impedito di unirsi alla dichiarazione, giustissima, di Beppe Grillo, la dichiarazione di ringraziamento.

Da avvocato con un’attività oramai - ahimè - ultraventennale, mi sembra di vedere i grumi di una lucida e devastante strategia pseudopolitica, ma questo lo vedremo e lo dimostreremo più avanti, nel merito.

In ogni caso, ciò che stava emergendo in quei frangenti era l’isolamento cui erano stati destinati - loro malgrado - i miei assistiti. Ricordiamo, infatti, le numerose richieste di autosospensioni sollevate a più voci dalle alte sfere del Movimento.

La conseguenza di questo isolamento mi era abbastanza chiara e - durante una lunga riunione - ho avuto anche occasione di argomentare la mia posizione ad Alfonso Bonafede, mio collega e parlamentare, spiegandogli anche le motivazioni in base alle quali avevo sconsigliato ai miei assistiti di autosospendersi.

Mi sembrava evidente che - partendo dall’assunto granitico secondo cui i miei clienti sono innocenti - se vi era e vi è un disegno teso ad una “sostituzione” di un gruppo ad un altro, se, insomma, vi era e vi è un progetto, di abbattimento del gruppo di Nuti (ed ai miei clienti ciò appariva certo in forza della loro innocenza), gli autori di questo perverso disegno stavano evidentemente strumentalizzando le regole del Movimento e stavano, conseguentemente, strumentalizzando il Movimento stesso ed i relativi vertici. Insomma, mi sembrava e mi sembra evidente che l’autospensione avrebbe portato a compimento - attraverso la suddescritta strumentalizzazione del Movimento - un preciso ed avverso disegno di lotta pseudopolitica. Insomma, mi sembrava e mi sembra che l’istituto della autosospensione avrebbe potuto danneggiare i miei clienti ed avrebbe potuto, vieppiù e nel contempo, danneggiare anche lo stesso Movimento.

Peraltro, da un punto di vista squisitamente legale, non vedevo e non vedo perché un soggetto - che senta forte il sentimento della sua innocenza - debba procedere nella direzione di limitare la propria appartenenza o la propria sfera di azione e così facendo, de plano, attuare i propositi e le mire di coloro i quali tramano alle sue spalle.

Ancora, anche a livello di impatto su un qualsiasi osservatore, una autosospensione non si presenta come la più azzeccata delle mosse, come se, insomma, un calciatore che decida di uscire dal campo per qualche fischio che, magari, proviene dagli spalti avversari. No, un calciatore vero rimane in campo e continua a dare il proprio contributo alla squadra di appartenenza.

In definitiva, non mi sembra che questa idea abbia punti deboli e persino in quella sede - e mi riferisco alla riunione tenuta alla presenza anche di Alfonso Bonafede - la mia linea non ha trovato contrasto ed, anzi, è stata ritenuta molto solida e fondata.

Questi sono i motivi per cui non si è proceduto alla più volte richiesta autosospensione e sono ben consapevole che questa posizione poteva ed, effettivamente, è stata utilizzata in vari modi contro Nuti e gli altri all’evidente fine di distorcere la verità dei fatti con tutto ciò che ne consegue.

“Vien dietro a me, e lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla già mai la cima per soffiar di venti” consigliava Virgilio a Dante e così ho cercato di fare - molto modestamente - anch’io.

Ne è derivata una inesorabile situazione di isolamento e di solitudine, situazione resa inevitabile dall’enorme forza dell’ondata di piena mediatica che si è abbattuta sui miei patrocinati.

Dai media abbiamo saputo delle indagini e qualcuno di quelli che avevano querelato “Le Iene” è stato pure sentito - dalla procura di Palermo - in qualità di persona informati sui fatti.

Le voci che pervenivano erano tra le più disparate ed anche le più strane, almeno dal punto di vista dei miei clienti. Si pensi, ad esempio, al momento dell’arrivo della notizia secondo cui l’onorevole Claudia La Rocca avrebbe confessato e tirato in ballo anche altri attivisti dell’epoca. Ebbene, in quel momento - proprio partendo dalla granitica consapevolezza della propria innocenza - la sorpresa di Nuti e degli altri ha raggiunto il culmine e ciò in forza del fatto che non si è capito cosa avesse da confessare e, soprattutto, chi mai avesse potuto coinvolgere in questa vicenda.

I giorni, comunque, sono passati e mi pare inutile esprimere in questa sede il turbamento subito dai miei clienti, ciò a cui bisogna aver riguardo è la notificazione dell’Invito per la presentazione di persona sottoposta ad indagine. Insomma, cominciavano a concretizzarsi i perversi risultati di ciò che era stato posto in essere e, così, si scopriva che tra gli indagati non risultavano e non risultano persone come Vincenzo Pintagro e Giampiero Trizzino.

Sul primo, mi sembra di poter dire che la credibilità attribuitagli da “Le Iene” - una credibilità secondo quanto stiamo per dire tutta da dimostrare - sembra trovare conferma anche nella ricostruzione della Procura di Palermo e ciò nonostante lo stesso abbia dichiarato che sarebbe stato presente alla contraffazione: “stiamo commettendo un reato”, è quanto testualmente affermato molto candidamente dallo stesso davanti alle telecamere. Insomma, se era cosciente di commettere un reato e, vieppiù, se ha mantenuto anche dopo la sua candidatura alle relative elezioni, un minimo di dubbio deve sorgere in riferimento alla sua posizione ed alla giustezza della sua esclusione dalla lista degli indagati.

Sul secondo, c’è da dire che sembra sparito dai riflettori ed anche - buon per lui! - dalle indagini e ciò nonostante egli era pur stato individuato e nominato da Vincenzo Pintagro nelle prime puntate de sequel di Italia 1. Insomma, le tesi di Pintagro hanno valore a corrente alternata o, per così dire, a macchia di leopardo. Mi pare rilevante altresì far notare che - in riferimento ad alcuni degli odierni Indagati - la Procura non li ha mai sentiti come persone informate sui fatti.

Questo dato - ovvero che Riccardo Nuti, Claudia Mannino, Pietro Salvino e Samanta Busalacchi non siano mai stati sentiti come persone informate sui fatti - apre il campo ad una riflessione spontanea: come mai, fra tutti quelli coinvolti dai servizi de “Le Iene”, alcuni sono passati davanti ai magistrati come testimoni ed altri no? Non mi pare di dire nulla di particolare se affermo che vi è stata una evidente disparità nel trattamento dei vari soggetti protagonisti di questa vicenda.

Aggiungo un altro elemento: Riccardo Nuti era stato convocato come persona informata sui fatti e, successivamente (il giorno prima), la relativa udienza è stata annullata dagli inquirenti senza comunicazione di alcun motivo.

Sono aspetti, questi, che potremo approfondire e comprendere bene solo al momento di quella che si chiama discovery. Solo per i non addetti ai lavori ricordo che con tale termine si intende quel momento in cui finisce il segreto istruttorio e l’indagato può vedere cosa c’è nel fascicolo, chi lo accusa, quali sono le prove e quali argomentazioni vengono portate contro di lui.

Per far capire bene, debbo necessariamente aggiungere che - durante la fase di indagine - il codice di procedura penale prevede due interrogatori.

Sono due, dunque, gli interrogatori della persona indagata e non uno soltanto così come si lascia supporre da tante parti. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che con tutte le stranezze che venivano rilevate - ricordo nuovamente la riferita confessione dell’onorevole regionale Claudia La Rocca ma ricordo, altresì, la novità della confessione anche dell’onorevole regionale Giorgio Ciaccio - mi è sembrato normale consigliare (anche con una certa forza) ai miei assistiti di attendere la discovery e, dunque, di avvalersi della facoltà di non rispondere.

La base su cui ha attecchito questa indicazione è sempre quella dell’assoluta consapevolezza della propria innocenza e, soprattutto, dal quadro che ne stava uscendo che - considerate le inopinate confessioni e l’evoluzione della situazione relativa ad esempio a Vincenzo Pintagro - facevano apparire ancora più chiaro il quadro di una sorta di regolamento di conti interno al Movimento, di cui i magistrati potrebbero essere strumenti inconsapevoli.

Netta la necessità, dunque, di avvalersi della facoltà di non rispondere ed, in questo senso, ho accolto con infinito piacere la dichiarazione del Giudice Ferdinando Imposimato che ha condiviso il senso e la giustezza di questa scelta. C’è un altro elemento che, però, va gettato sulla bilancia e si tratta del fatto - che mi sento di garantire sin da subito - che al secondo interrogatorio (che, anzi, saremo noi a richiedere dopo la discovery) tutti gli indagati, miei clienti, si sottoporranno alle domande dei magistrati e si sottoporranno a tutte le prove che essi vorranno eseguire nel rispetto del contraddittorio.

In quella sede smentiremo tutte le accuse e colpiremo con precisione chirurgica chi, magari, accusa qualcun altro solo in forza di un’antica ruggine e/o solo in forza del desiderio di sopravvivere politicamente rispetto alla situazione attuale. Utilizzando una metafora molto nota, si sa, infatti, che i topi abbandonano per primi la nave che affonda.

Arriveremo, insomma, a quell’appuntamento consapevoli di tutte le accuse (consapevolezza che il codice di rito ci impedisce di avere oggi) e risoluti a chiarire tutte le situazioni magari mettendo in luce le discrepanza che - statene certi - saremo capaci di individuare nelle accuse portate da persone appartenenti o appartenute al Movimento. Sulla stessa scorta bisogna leggere il rifiuto di effettuare il saggio grafico (ed anche in questo si è mostrato d’accordo il Giudice Ferdinando Imposimato) in quella sede.

Mi piace rilevare che il rifiuto è arrivato anche da Riccardo Nuti che nessuno accusa di aver copiato le firme ma viene additato solo di essere a conoscenza del fatto. Orbene, a parte che non si capisce perché il saggio grafico sia stato chiesto anche a lui, il fatto che si sia rifiutato (Lui che aveva tutto l’interesse a farlo) rientra proprio nella strategia che la mia difesa ha ritenuto di proporre ed applicare. Su questa scorta, mi si consenta di rimarcare, ancora una volta, la stranezza del fatto che tutti hanno saputo, dopo appena qualche minuto, che alcuni indagati non si erano voluti sottoporre al cosiddetto saggio grafico. Ecco allora la scontata verità che nessuno ha voluto e/o saputo vedere: i miei assistiti non intendono sottrarsi al confronto con i magistrati, più semplicemente i miei assistiti si sottoporranno all’interrogatorio (che saranno loro stessi a chiedere) solo dopo che si potrà avere accesso al fascicolo ed, anche, solo dopo che l’ondata di piena sarà cessata ed il clamore diminuito. Lo faranno volontariamente al pari del saggio grafico così come prescrive il codice di procedura penale. Punto.

Per altro verso, mi permetto di entrare nella polemica secondo cui i miei clienti - pur in presenza di un riconosciuto e sacrosanto diritto - avrebbero dovuto rinunciare (così ho letto su qualche giornale) a questo stesso diritto e sottoporsi senza fiatare a qualunque cosa. Contesto questa visione delle cose poiché sembrerebbe che un parlamentare od un politico tout court debba avere meno garanzie di quisque de populo, debba rinunciare a diritti costituzionalmente garantiti. Per l’odierno scrivente, non solo è fallace questo assunto ma è - più propriamente - vero l’inverso, la storia e l’evoluzione del diritto ci dice che il politico deve essere necessariamente protetto contro iniziative che potrebbero inficiare il suo lavoro e la sua missione ed, a proposito di missione, mi sembra inutile rammentare tute le battaglie e le lotte sostenute dal gruppo di Nuti, battaglie e lotte che - proprio perché condotte con spirito positivamente intransigente - hanno lasciato una lunga scia di nemici. Nemici a cui oggi non intendo e non intendiamo - rebus sic stantibus - lasciare il benché minimo vantaggio.

Non posso non osservare che questa vicenda arriva proprio a ridosso di una campagna elettorale “ricca di interessi” come quella delle elezioni comunali palermitane.

Concludo dicendo che nessuno dei miei assistiti intende fare ricorso o opporsi alla decisione dei vertici del Movimento di sospenderli. E lo dico pur essendo cosciente che diversi aspetti appaiono claudicanti come, ad esempio, il termine di dieci giorni imposto in data 28 novembre - a mezzo di una missiva inviata a ciascuno di loro dallo Staff - e poi non più considerato in alcun modo allorquando si è proceduto alla richiamata sospensione.

La verità è che - pur vivendo e avvertendo come profondamente ingiusta - i destinatari non intendono in alcun modo portare nocumento al Movimento 5 Stelle, identità di cui sentono di fare parte moralmente anche e soprattutto oggi, in questo momento così difficile e così impervio dal quale ne usciranno più forti e più considerati di prima: "Ma nondimen, rimossa ogne menzogna, tutta tua vision fa manifesta; e lascia pur grattar dov’è la rogna. Ché se la voce tua sarà molesta nel primo gusto, vital nodrimento lascerà poi, quando sarà digesta".

Avv. Domenico Monteleone


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