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Calabria: l’Abbazia florense ha una stabilità precaria. Lo dimostra uno studio di Francesco Bencardino, dell’Università di Cosenza

venerdì 24 aprile 2009.
 

(San Giovanni in Fiore, Cosenza) - L’Abbazia florense ha una stabilità precaria e va consolidata. Sono le conclusioni di uno studio del ricercatore Francesco Bencardino, ingegnere e docente all’Università della Calabria, commissionato dall’appaltatore del restauro del monumento, Ati Lufraco di Rende (Cosenza).

Scrive Bencardino, che ha interpretato i dati disponibili: “A tutt’oggi si rileva la presenza, sul lato est del complesso monumentale, di una lesione che dal rosone lobato prosegue in basso in direzione quasi verticale, sino ad interessare la zona fondale. Da quanto emerso, si è propensi ad attribuire le cause delle fenomenologie su esposte ad una serie di fattori concomitanti, tra cui l’assoluta mancanza di qualsiasi tipo di fondazione dell’Abbazia”. Nella stessa perizia, indica una serie di interventi tecnici di consolidamento. Al telefono, ci dice che “occorre valutare con attenzione gli accorgimenti, non solo per le fondazioni, che concorrono alla solidità dell’edificio”.

Il geologo Massimo Aita, che in Abbazia ha condotto indagini per conto di Ati Lufraco, riferisce: “Negli atti progettuali mancava lo studio geologico, obbligatorio per legge. San Giovanni in Fiore è zona sismica di II grado. Dalle ricerche eseguite, poi, si evince che il monumento fu interessato da lievi cedimenti. Ci sono contrafforti, una parte dell’edificio insiste sulla testata di un’antica incisione. Coi tempi che corrono, bisogna stare attenti. Si devono consolidare le fondazioni, prima di eseguire altri lavori. Il progetto è, prima di tutto, di consolidamento”.

In una recente nota riassuntiva, protocollo 595/M, la Soprintendenza per i Beni Archeologici e per il Paesaggio (Sbap) di Cosenza richiama sue direttive (del 21 gennaio 2009) alla Direzione dei lavori - in base allo studio di Bencardino - per le quali “non bisogna tralasciare incuranti le deficienze di natura strutturale” dell’Abbazia florense e “occorrerà dare priorità assoluta alle opere di consolidamento”.

Fin qui, enti e soggetti interessati al restauro del monumento non si sono intesi, preferendo dibattere su altri interventi. Divergenze sono sorte, in particolare, sulla pavimentazione e sull’iter amministrativo. “Per me l’iter amministrativo va bene così, ho fornito le delibere al giornale”. Non aggiunge altro Maria Rita Greco, segretario municipale, sulla presunta illegittimità dell’affidamento di progettazione e direzione dei lavori denunciata ai carabinieri dall’appaltatore. Per l’impresa, in Comune sarebbe stato attivato un sistema di “furberie”.

Gli incarichi in questione, conferiti a Giovanni Belcastro, Salvatore Marazita e Domenico Marra, potevano essere dati, come è stato, senza gara pubblica?

Dagli atti amministrativi rilasciatici dal responsabile unico del procedimento (Rup), risulta una convenzione fra il Comune e i tre professionisti per la sola direzione dei lavori. Non abbiamo potuto avere né visionare atto analogo, in merito alla progettazione, che il segretario comunale intenderebbe assegnata con la delibera di giunta municipale 883/1996. Con questa, il Comune di San Giovanni in Fiore recepì il progetto di restauro dell’Abbazia florense, commissionato a titolo gratuito da don Franco Spadafora, allora abate, ai tecnici privati.

Nel merito, a livello generale, l’Autorità di vigilanza sui Lavori pubblici richiama la deliberazione n. 112 del 13/12/2006: “L’affidamento degli incarichi professionali con delibera di Giunta comunale è in contrasto con le disposizioni dell’art. 107 del Decreto Legislativo n. 267/2000 e s.m.. Tali disposizioni prevedono, infatti, che l’adozione dei provvedimenti amministrativi conseguenti all’attuazione dei procedimenti sono di competenza della dirigenza e che agli organi di governo dell’amministrazione competono le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo”.

La stessa deliberazione chiarisce: “Per il conferimento degli incarichi professionali le vigenti disposizioni prevedono l’adozione di procedure di evidenza pubblica diverse in relazione al valore del servizio. (...) Il frazionamento del servizio per eludere gli obblighi previsti dalle vigenti disposizioni normative non è consentito”.

Dopo la denuncia dell’appaltatore, le indagini dei carabinieri sono partite, mentre il Comune di San Giovanni in Fiore ha ricevuto i pareri con prescrizioni obbligatorie della Soprintendenza Bap di Cosenza e dell’Archeologica, in attesa di quello della Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico (Psae).

Non è stato possibile rintracciare il sindaco Antonio Nicoletti, più volte cercato, né Caterina Greco, capo della Soprintendenza Archeologica, e il Rup Tiano.

Sulla vicenda, il primo cittadino aveva annunciato un dossier a “il Crotonese”. Diversamente, siamo riusciti ad avere una risposta dei direttori dei lavori all’appaltatore. Abbiamo reperito, inoltre, una relazione del Rup a Nicoletti, in cui si legge: “Le motivazioni adottate dall’Impresa circa la mancanza di autorizzazione di altre istituzioni appaiono infondate in quanto la procedura dell’appalto è avvenuta in seguito al parere favorevole della Soprintendenza Bap del 14.09.2006 n. 109/M in cui non si fa alcuna menzione di richiedere altre autorizzazioni alle Sezioni, ma queste sono state richieste durante il corso dei lavori quando vi erano delle esecuzioni che potevano interessarle”. Ati Lufraco lamenta, poi, l’assenza, nella direzione dei lavori, della figura del restauratore, a suo avviso imposta dalla legge.

Facciamo un passo indietro. La Sbap di Cosenza, nel superato ordine di sospensione dei lavori (del 7 settembre 2007) aveva chiesto al sindaco, lo si legge in un’interrogazione parlamentare del deputato Angela Napoli al Ministro dei Beni culturali, “di richiamare i direttori dei lavori alle finalità e alla delicatezza dei compiti ad essi affidati, valutando che l’esecuzione dell’opera era stata predisposta senza le ’necessarie cautele’”. La direzione dei lavori rimprovera all’appaltatore un’“incapacità venuta fuori in tutti i suoi aspetti”, mentre questi ritiene che dall’altra parte non ci siano “i titoli e l’esperienza per il restauro”.

Circa i ritardi nei lavori, nella recente nota con protocollo 595/M, la Sbap di Cosenza rievocando “disordini sociali” alimentati dai disoccupati che “assediarono l’immobile occupandone le impalcature”, riporta passaggi d’una pregressa lettera del Rup. In questa, sull’allora funzionario incaricato della Soprintendenza, Pasquale Lopetrone, si legge: “Non si capisce la pervicacia”. Di seguito, la Sbap di Cosenza precisa: “La Soprintendenza Archeologica richiama più volte la Direzione dei Lavori ai compiti e alle responsabilità ad Essa affidati”, riferendosi al richiesto invio degli “atti relativi a” “Perizia di Variante”, cui il Comune di San Giovanni in Fiore “non ha intesto rispondere” per mesi.

I retroscena dei lavori in Abbazia florense, emersi con le inchieste su “il Crotonese”, sembrano ripetere il classico copione all’italiana, fatto di alterazioni, scaricabarile, cerchiobottismo, coperture, “solidarietà meccaniche” e “volemose bene”. Come sempre a spese dei cittadini, della cultura, della civiltà.

Emiliano Morrone

Già su il Crotonese del 10 aprile 2009, a pag. 24


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