Afa, una gigantografia in memoria della tragedia di Monongah, timori. “Count down” luminoso “allo scopo di tenere il tempo”, per il presidente Franca Migliarese Caputi (Pd). Previsto alle ore 18 del 13 luglio, il consiglio comunale sul restauro dell’Abbazia florense, su una nuova discarica, una variazione di bilancio, l’ospedale civile e la revoca d’un suolo per il canile, è iniziato alle 19. Insulti, tensione, espressioni triviali. Dai banchi e dalla platea.
Pubblico numeroso: disoccupati, donne, ragazzi e un operaio rientrato dalla Svizzera, Salvatore Frijo, noto a Gian Antonio Stella, autore di “L’Orda”, bestseller sull’emigrazione italiana. “I miei nipotini sono a Bologna con la famiglia, e io non passo più sotto le loro finestre. Mi distrugge vedere le tapparelle abbassate, sapere che non torneranno dove col sudore gli abbiamo costruito casa”. Ce lo ha scandito in lacrime, voce rotta.
Dopo il sequestro dell’Abbazia di Gioacchino da Fiore da parte della Procura di Cosenza, è arrivata la convocazione del consiglio (foto in alto, con barchette di carta su un banco dell’aula, ndr) sul monumento, da mesi richiesto dalla minoranza.
Ha introdotto l’assessore comunale al Bilancio Giuseppe Lammirato (Pd), ricordando che “il progetto di rifunzionalizzazione dell’Abbazia partì con una delibera di giunta del 1996” e lamentando “l’eccessiva burocrazia che investe ben tre soprintendenze”, per superare la quale il Comune vorrebbe dialogare con la Direzione regionale dei Beni culturali. Secondo Lammirato, “i problemi sono iniziati con gli scavi archeologici”.
Il consigliere d’opposizione Giovanni Greco (Socialisti di Zavettieri) ha sostenuto: “La vicenda del sequestro è dipesa, leggendo il dispositivo, se capisco bene di leggi, soltanto da una stretta dell’impresa appaltatrice e dei vertici della soprintendenza”. Ha detto che “l’Abbazia florense deve unire e non dividere”, anche per il gradimento del centro storico locale, registrato da un sondaggio. Per Greco, adesso è necessario istituire “una sorta di authority, interessando il presidente della Provincia di Cosenza Mario Oliverio (Pd), il deputato Franco Laratta (Pd) e il consigliere regionale Antonio Acri (Pd)”.
Il suo collega Marco Militerno (Vattimo per la città) ha chiesto le dimissioni del sindaco e la rimozione del responsabile del procedimento e dei tre direttori dei lavori, tutti indagati - figura nell’atto di sequestro della Procura di Cosenza - per danneggiamento, in cooperazione, al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale.
Antonio Barile (Pdl) - firmatario di un manifesto murale riassuntivo, insieme a Militerno, Luigi Astorino (Pdl), Franco Spina Iaconis (Movimento disoccupati), Angelo Gentile (Socialisti di Zavettieri), Italia dei Valori, il laboratorio culturale antimafia “la Voce di Fiore” e il Comitato pro Abbazia - ha ribadito le richieste dell’esponente vattimiano, aggiungendo che “i compensi dei direttori eccedono i 100.000 euro e andava dunque predisposto un bando di gara, pure per avere il meglio della qualità”. A giudizio di Barile, la vicenda è “emblematica di un sistema in cui gli incarichi per i lavori pubblici sarebbero assegnati solo a professionisti vicini ai partiti”.
Nella sua replica, Pierino Lopez (Sdi), assessore comunale al ramo, ha dichiarato che è in corso una campagna elettorale anticipata; ha accusato il deputato del Pdl Angela Napoli d’essere venuto a San Giovanni in Fiore (il 3 maggio scorso) per ragioni di propaganda. Con Napoli, Lopez assente, nell’occasione hanno dibattuto in pubblico, invitati dalla società civile, il sindaco Antonio Nicoletti (Sdi), Laratta, Luigi De Magistris e Gianni Vattimo (Italia dei Valori), lo stesso Barile e Fabio Madia di Azione Giovani. Per Laratta, sentito nel merito, “quell’iniziativa è stata utilissima e ha permesso di centrare l’attenzione sull’Abbazia florense”.
Annarita Pagliaro (Sdi), circa le dimissioni della giunta pretese da politica e società civile nel manifesto di sintesi sul restauro della chiesa, ha obiettato: “Sembra un po’ troppo che la maggioranza da parte lesa diventi carnefice, il mio partito è pronto da subito a scendere in piazza a protestare, anche con azioni eclatanti”.
Fin qui, la giunta di San Giovanni in Fiore ha scaricato sulle soprintendenze, in particolare la Bap di Cosenza, il cui dirigente, Stefano Gizzi, ha puntualizzato che il ripensamento sui riscaldamenti sotto il pavimento dell’Abbazia florense “è soltanto un dettaglio” e che il suo ufficio “ha sempre avuto a cuore la tutela del monumento”.
In un documento conseguente al sopralluogo del 12 giugno scorso (presenti Comune, direzione dei lavori, rup, impresa e soprintendenze), la Soprintendenza Bap (Sbap) di Cosenza ha scritto: “Si è ribadita la necessità e l’urgenza agli intervenuti di individuare le lavorazioni strettamente necessarie per mettere in sicurezza il monumento”. Nell’atto si legge di “un nuovo imprevisto quadro fessurativo al 2° piano dell’ala est per cause da stabilire e per i maggiori carichi messi in opera per il rifacimento della copertura”. Per la Sbap, “si reputa necessaria la verifica di stabilità delle murature lesionate (...). Subito dopo o contemporaneamente (da valutare da parte della Direzione Lavori) procedere alle opere necessarie”. Inequivocabile il parere sui danni: “Si sono individuati alcuni punti critici e opere eseguite in cantiere che hanno alterato la situazione statica e strutturale precedente ai lavori (...) e anche in conseguenza delle piogge torrenziali dei mesi scorsi”.
Dalle denunce dell’appaltatore Ati Lufraco di Rende (Cosenza), sulla sicurezza dell’edificio e l’assegnazione della progettazione e direzione dei lavori, sono partiti le verifiche degli organi competenti, appelli di intellettuali e politici nazionali bipartisan, i provvedimenti della magistratura e la richiesta di sospensione del finanziamento europeo avanzata dalla Regione Calabria.
Giovanni Mancina (Pd) ha sottolineato in consiglio comunale che “da tempo si sta denigrando San Giovanni in Fiore”.
Gabriele Piluso (Pd) ha dichiarato che “il compenso dei direttori dei lavori è inferiore a 100.000 euro”. Franco Talerico (Udc) ha chiesto: “Poiché informato, può esporre la vicenda il giornalista Morrone?”. Il sindaco ha ribattuto: “Non si tratta di un consiglio comunale aperto”.
In sostanza, a parere della maggioranza tutto è regolare e - lo ha scritto anche in un recente manifesto murale - c’è uno sciacallaggio ad opera di giustizialisti che tentano di speculare sull’Abbazia florense.
Gli esponenti del Pdl hanno abbandonato l’aula insieme a Spina, motivando la scelta con una “lunga interruzione del consiglio comunale da parte del presidente”. Hanno poi divulgato una nota sulla variazione di bilancio all’ordine del giorno, approvata, a loro avviso estremamente dannosa per le casse municipali.
Emiliano Morrone
IL COMMENTO
In un articolo su “il Crotonese” del 7 novembre 2005, d’un consiglio comunale scrivevamo: “Il grado di inciviltà raggiunto è stato assoluto”.
C’era la speranza che maggioranza e opposizione evitassero oscenità verbali e intemperanze, mai più dimenticando che la dialettica politica ha delle regole, che l’aula consiliare è tempio laico della democrazia. I tempi, da rimpiangere, di Tonino Straface (Dc) e Tonino Acri (Pci) erano diversi. In latino, il termine civitas indica ’città’ e la condizione di cittadino, il diritto di cittadinanza. Gli eletti rappresentano il popolo, danno l’esempio e non possono manifestare violenza.
Il dibattito politico deve essere fondato su fatti concreti, rispetto ai quali è giusto che le parti abbiano ed esprimano divergenze, anche con veemenza. Non è lecito, però, mancare di rispetto, scadere nella volgarità, profittare del diritto di parola solo per celebrare i graduati di partito.
Nel consiglio del 13 luglio scorso, pezzi di opposizione e maggioranza hanno offerto uno spettacolo indecoroso, nel linguaggio e nei comportamenti, dipeso pure da foga in platea e interruzioni del presidente, a volte di parte. In ogni caso, ci sono etica e buon senso, di là da disposizioni regolamentari e cronometri digitali che disciplinano gli interventi. Soprattutto, c’è un presidente, di norma garante neutrale, cui certo non mancano poteri specifici.
Quel pezzo del 2005 fu il tentativo di suggerire un metodo. La stampa non ha solo funzione di cronaca, lo ricordavano Montanelli e Biagi. Eppure, San Giovanni in Fiore (5 banche, 23 autosaloni, 10 macellerie), tenuto in piedi coi redditi minimi e svuotato da un’emigrazione alimentata e ignorata dalla “Casta”, non ha più capito che non c’è sviluppo senza politica, che va fatta anzitutto in consiglio comunale. Né ha voluto cogliere certi spunti dell’informazione.
Dal pubblico, nell’ultimo consiglio un’imprecazione agghiacciante: “Potissi carire l’abbazia!”. Questa, purtroppo, è realtà, ordinaria, sistematica. Non so quanto più rassicurante dei botti a Scampia, degli scippi a Bari, dell’uccisione, in Sicilia, della “povera” Graziella Campagna. Questo il contesto: un paesone di montagna che vive molto di assistenzialismo e favori; la capitale, forse europea, dell’emigrazione, in cui urbanistica selvaggia, dominio delle coscienze e attentati alla memoria e al patrimonio culturale hanno prodotto rassegnazione, pretese, rabbie.
Ora che Gioacchino è stato mortificato coi danni all’Abbazia florense, la maggioranza accusa “speculatori”, “giustizialisti”, chiede in astratto di conoscere la verità, pur avendo gli atti della vicenda. Si dice vittima.
La politica dovrà interrogarsi sullo stato delle cose, di cui il caso dell’Abbazia è sintesi emblematica. I disastri qui sono frutto di vecchie irresponsabilità, menefreghismo e ignoranza nei palazzi, malcelati col “giuoco delle parti”, il rinvio ai Berlusconi e Prodi. Occorre cambiare. Specie alle porte d’un federalismo che non concederà appello. In una Calabria causa dei suoi mali.
Emiliano Morrone
entrambi gli articoli sono stati già pubblicati su il Crotonese del 17 luglio 2009, a pag. 24
Materiali utili per capire bene la vicenda
Gli intellettuali in difesa dell’Abbazia florense;
L’interrogazione parlamentare dell’on.le Angela Napoli;
La verità sull’affidamento dell’incarico di progettazione e direzione lavori;
IL CARTEGGIO
«Come tutte le merci di valore, la verità è spesso contraffatta»
di Paola Militano (Corriere della Calabria, 07/10/2022)
Ho letto la lettera inviatami da Giuseppe Riccardo Succurro (la riportiamo sotto, ndr), presidente “in aeternum” del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti. Lo scrivente lamenta espressioni irrispettose e nel farlo - non avvedendosi dell’evidente contraddizione rispetto al lamento - aggiunge «sarebbe stato più corretto professare di ignorare Gioacchino». Già, perché in Calabria della figura, del verbo e del pensiero dell’abate Gioacchino lo scrivente si ritiene unico depositario, sacerdote officiante di un rito per pochi, pochissimi eletti che per autoconvincimento, sono irradiati di “luce intellettual piena d’amore” e popolano un dantesco empireo, inarrivabile e intangibile.
Mi è capitato raramente di assistere ad una tale manifestazione di supponenza, un’autoreferenzialità declinata con l’indicazione di articoli, lettere e medaglie ricevute dal Centro che sa di esercizio autoerotico di natura fintamente intellettuale. Nell’elenco fornito poi da Succurro ci sono le pubblicazioni di testi ed il florilegio di espressioni che è utile mettere in fila: teologica simbolica, principi esegetici, dottrina trinitaria, teologia della storia. Insomma, né più né meno che la plastica dimostrazione di una grottesca ricercatezza che lungi dallo smentirla, conferma invece l’affermazione “irrispettosa” di «Gioacchino confinato all’interno dei monti della Sila».
Mi piace richiamare, usandole come forzata analogia, alcune parole di Papa Francesco nell’esortazione Gaudete et Exultate «... forme di sicurezza dottrinale o disciplinare che danno luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario dove, invece di evangelizzare, si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare».
Il sempiterno presidente - come documenta la sua lettera - non riesce a cogliere e distinguere l’approfondimento e la divulgazione di carattere scientifico-letterario dalla valorizzazione e promozione “urbi et orbi” della figura, del ruolo e dell’importanza di Gioacchino da Fiore che «ha conosciuto il mondo, i suoi vizi, le invidie ed i contrasti della chiesa e delle corti». Si tratta di punti di vista completamente diversi, ugualmente validi ed essenziali.
Ma vale la pena ragionare, stante l’occasione, anche del Centro Internazionale (e privato) di Studi Gioachimiti gratuitamente ospitato in spazi pubblici e titolare, alla stregua di un privé, dei cori notturni dell’Abbazia florense. Concessioni, unite a contributi pubblici, garantite a una associazione presieduta da quasi 13 anni dal finissimo intellettuale che - in forza delle previsioni statutarie - è anche membro di diritto del Comitato scientifico. Quest’ultima circostanza, stante la natura privata dell’associazione, ha dato luogo a singolari scelte, ineccepibili sul piano formale ma molto discutibili sotto il profilo dell’opportunità.
Diciamolo pure, solo in Calabria un’associazione privata riceve gratis spazi pubblici, è esclusivista di luoghi simbolici e identitari, si autoperpetua per mandato statutario e pensa che un gigante del pensiero e della storia possa essere questione di famiglia. Ma è questione di cui, magari, ci occuperemo in un altro momento. (paola.militano@corrierecal.it)
Gentile direttrice,
l’abbiamo ascoltata affermare pubblicamente davanti ad una affollata assemblea che “Gioacchino è confinato all’interno dei monti della Sila”. Ci è sembrata una espressione irrispettosa. Ciascuno è libero di sostenere che il sole sia nero! Sarebbe stato più corretto professare di ignorare Gioacchino come molti non sono tenuti per forza a conoscere Shakespeare o Corrado Alvaro.
Le segnaliamo un articolo che Il Sole 24 Ore ha recentemente dedicato a Gioacchino da Fiore, al Centro Internazionale di Studi Gioachimiti e a San Giovanni in Fiore. Non ci risulta che il Sole 24 Ore sia pubblicato negli sperduti monti della Sila abitati da feroci briganti.
Le segnaliamo le lettere che quest’anno ci hanno inviato Papa Francesco e Papa Benedetto XVI con splendide parole di elogio verso l’opera di diffusione del pensiero di Gioacchino da Fiore che stiamo compiendo. Le facciamo presente che il Presidente della Repubblica Mattarella ci ha concesso la medaglia presidenziale. Le segnaliamo che tante Reti nazionali hanno trasmesso servizi su Gioacchino da Fiore.
Come prima lettura, le consigliamo questo libro: “Bernard McGinn, The Calabrian Abbot. Joachim of Fiore in the History of Western Thought, New York 1985” che il Centro Internazionale di Studi Gioachimiti ha pubblicato presso la Casa editrice Marietti di Genova. “L’’abate calabrese. Gioacchino da Fiore nella storia del pensiero occidentale”.
È un’opera che è stata tradotta in quaranta nazioni, anche in Giappone, a testimonianza dell’interesse degli studiosi di tutto il mondo nei confronti del nostro Abate.
Bernard McGinn è professore emerito di Storia della teologia alla Divinity School dell’Università di Chicago. Membro del Comitato scientifico del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti, ha partecipato ai lavori dei Congressi Internazionali di Studi Gioachimiti insieme ad altri cento relatori provenienti dalle Università americane, tedesche, inglesi, francesi, spagnole, australiane, ecc. Abbiamo avuto il piacere di ascoltarne la prolusione tenuta nell’ambito della commemorazione di Gioacchino a Roma, nell’Accademia dei Lincei, alla presenza del Presidente della Camera. Era presente quando ci ricevette il Presidente della Repubblica (la delegazione del Centro era guidata dal prof Oliverio e dal prof Fonseca).
Il libro di Bernard McGinn colloca Gioacchino da Fiore sullo sfondo dell’ambiente storico e dei precedenti dottrinali, per poi intraprendere un’accurata analisi della sua teologia simbolica attraverso lo studio dei principi esegetici, della dottrina trinitaria e della teologia della storia.
La visione apocalittica della storia di Gioacchino da Fiore affonda le proprie radici nella tradizione cristiana, fino all’Apocalisse di Giovanni, il libro che egli considera la chiave per decifrare l’intera Bibbia. Benché numerose opere abbiano trattato dell’influsso dell’abate calabrese, poche hanno tentato di determinarne la posizione nella storia del pensiero attraverso un’analisi dei suoi apporti teologici più significativi. Buona lettura!
Un motivo in più per vergognarsi......
E’ ora di finirla,in termini generali,con queste guerre che portano al completo sfascio della società sangiovannese. Da diversi anni,almeno 15, vado predicando il cambio della prospettiva politica del nostro amato paese ed è per questo che ho ben visto il tentativo del Prof. Vattimo e di E. Morrone. Il non capire che il vento sta cambiando e che i temi locali vanno affrontati con una visione non politichese ma pragmatica, finalizzata alla soluzione del singolo problema e non al numero di voti che si perdono o si vincono a seconda delle scelte operate è indice di cecità assoluta e malafede. Io sono ancora comunista ma sono del parere che è tempo che si dimentichino,a livello locale, le bandiere e si parli e si operi,alla luce del sole, per la soluzione degli annosi problemi dei nostri compaesani;il mio pensiero forse sarà tacciato di populismo,ma non importa,io sono con chi opera una scelta risolutiva dei singoli problemi indipendentemente dal "colore" politico. Il tema dell’Abbazia è talmente insulso da essere nella sua essenza uno spaccato dei nostri annosi problemi; sono convinto che si è partiti malissimo senza le idee chiare sul da farsi,sul come farsi e l’elenco dei problemi che si sarebbero potuti incontrare,forse solo con l’intento di mettere a frutto i capitali in gioco nell’affare; non è un bel vedersi poi il comportamento dei vari attori politici e non. Noto che se 100.000 € di parcella per la direzione lavori è poco allora con il federalismo fiscale state freschi.
PINO
è una cronaca dei fatti....di un consiglio pietoso...era il primo a cui ho assistito...e forse sarà l’ultimo... sinceramente giudico eccessive le critiche alla migliarese caputi, presidente del consiglio, la quale è stata ripetutamente attaccata e insultata dai banchi o meglio dal consigliere barile, e dal pubblico... prima della seconda interruzione ha chiesto alle forze dell’ordine che venisse allontanata una signora del pubblico...risultato, i carabinieri sono saliti sul soppalco dove era presente la signora in questione, si sono limitati a parlarle, ma non ad allontanarla... ora mi chiedo, che doveva fare il presidente del consiglio comunale??? allontanare personalmente i facinorosi o sospendere definitivamente il consiglio comunale??? ognuno ha il dovere di assumersi la propria responsabilità, personalmente chiedo un pò di decenza da parte del consigliere barile (che ha espressamente risposto così ad una precisazione della migliarese caputi (una donna) " senti...non parlarmi così, altrimenti prendo il microfono, lo sbatto alla parete e me ne vado...") e da parte del pubblico tutto...credo che si dovrebbe assistere al dibattito e poi dopo la discussione farsi una propria opinione e non insultare, fare versi animaleschi, urlare, etc etc.... calmiamoci un pò tutti e ragioniamo, il 13 luglio è stata scritta una pagina penosa nella storia della politica sangiovannese e tutti noi abbiamo le nostre colpe...
con stima Francesco