Ipotesi degli esperti dopo studio di 2 anni sul quadro.
È in ottimo stato, ancora mistero sulla tecnica delle sfumature
"Monna Lisa sorride per il figlio nato
ecco il segreto del dipinto di Leonardo"
"Il tipo di vestito non può essere che quello di una puerpera"
Dal 2004 esami in profondità: inciso prima il ritratto sul legno
di GIAMPIERO MARTINOTTI *
Gioconda (Ansa) |
PARIGI - Mona Lisa sorride perché ha appena avuto un figlio, il mistero del suo sorriso si nasconde dietro la condizione più naturale del mondo: la maternità. È la conclusione cui sono giunti i ricercatori del Centro nazionale delle ricerche canadese (Cnrc), che hanno analizzato la donna più famosa del mondo, la più corteggiata, discussa e interpretata, la più insensibile alle mode e al tempo: il sorriso più enigmatico della cultura occidentale apparterrebbe a una madre.
La radiografia tridimensionale dei ricercatori canadesi ci dà una nuova interpretazione della Gioconda e al tempo ci rassicura sullo stato di conservazione del quadro: il dipinto leonardiano sta bene, le sue condizioni di conservazione sono ottimali e consentiranno alle generazioni future di ammirarlo ancora.
Il nuovo check up cui è stato sottoposto il quadro di Leonardo è stato molto sofisticato. Conservata gelosamente sotto la sua teca blindata, la Gioconda viene estratta dal suo "rifugio" e controllata una notte all’anno.
Per i tecnici del Cnrc, il quadro è stato rimosso due volte, il 18 e 20 ottobre 2004. Grazie alle loro apparecchiature, i canadesi hanno potuto scannerizzare la Gioconda come non era mai stato fatto. In sedici ore di lavoro, nei sotterranei del Louvre, hanno sfruttato tutte le possibilità delle loro macchine che permettono di riprodurre immagini con una profondità di 10 micrometri, cioè un decimo del diametro di un capello.
Un lungo lavoro di analisi sulle immagini ha permesso di scoprire una vera sorpresa, rivelata ieri da Bruno Nottin, specialista del Centro di ricerca dei musei francesi. Gli strumenti canadesi consentono di vedere un particolare inedito: Mona Lisa è rivestita da un fine velo di mussolina, che all’epoca era portato dalle donne incinte o da quelle che avevano partorito da poco.
La vernice aveva finora nascosto questo dettaglio: "È una donna che ha appena avuto un figlio, si gira verso di noi e sorride leggermente", dice Nottin.
Lisa Gherardini sarebbe stata dunque raffigurata dopo aver messo al mondo il secondo dei suoi cinque figli. Secondo lo specialista transalpino, "non c’è nessun mistero nel quadro, come nel Da Vinci Code", ma il dipinto nasconde tutta la tecnica di Leonardo "e questo è il vero mistero che abbiamo scoperto".
Quanto allo stato del quadro, il verdetto è confortante: "I nostri risultati corroborano quelli degli studi precedenti. Nonostante sia crepato, lo strato di pittura propriamente detto aderisce bene al supporto di legno - ha detto John Taylor, coordinatore delle analisi - . Non abbiamo scoperto nessun segno di scollamento". L’analisi tridimensionale ha permesso di rivelare, dietro il dipinto, lo schizzo inciso sul legno da Leonardo: prima di dipingere il quadro ne aveva abbozzato la struttura.
E anche qui una sorpresa: Leonardo aveva pensato di dipingere Mona Lisa con una cuffia, poi le ha lasciato i capelli liberi, La Gioconda dovrebbe restare intatta ancora a lungo, se si continua a conservarla in condizioni ambientali controllate. E i ricercatori sono rassicuranti anche sull’incrinatura di dodici centimetri nella metà superiore del quadro, probabilmente causata dal ritiro della cornice originale e da una riparazione effettuata tra la metà del Settecento e i primi dell’Ottocento: "Sembra stabile e non si è aggravata nel corso del tempo". I segreti dello sfumato di Leonardo restano tuttavia inavvicinabili: "La superficie della Gioconda non rivela alcuna pennellata. Lo strato di pigmento è estremamente sottile e uniforme".
* la Repubblica, 27 settembre 2006
L’enigmatico sorriso appartiene a una donna che aveva appena partorito
Monna Lisa aveva avuto un bambino da poco
Un critico ha riesaminato il dipinto con raggi infrarossi: «c’è un velo di garza sull’abito. Lo portavano le neomamme» *
NEW YORK - L’enigmatico sorriso della Gioconda è quello di una donna che aveva da poco partorito: è quanto ha sostenuto uno storico dell’arte francese dopo che scienziati canadesi gli hanno consentito di esaminare il famoso dipinto di Leonardo con una tecnologia speciale a raggi infrarossi e a tre dimensioni. Bruo Mottin, del Centro per la ricerca e il restauro dei Musei di Francia, ha dichiarato che un attento esame del quadro ha rivelato che Monna Lisa indossa sull’abito un leggerissimo velo di garza. «Questo tipo di vestito di garza era tipico, nell’Italia del sedicesimo secolo, della donna incinta o che aveva appena partorito».
LA NASCITA DEL SECONDO FIGLIO - In una conferenza stampa a Ottawa, Mottin ha osservato che finora non era stato possibile vedere il velo perchè il quadro era stato giudicato «troppo scuro» e difficile da esaminare. «Possiamo però ora affermare che il dipinto di Leonardo fu commissionato per celebrare la nascita del secondo figlio della Gioconda, il che ci aiuta a datarlo con più precisione a circa il 1503», ha detto lo studioso. La giovane donna al centro di secoli di illazioni è identificata come Monna Lisa Gherardini, la moglie del mercante fiorentino Francesco del Giocondo, da cui ebbe cinque figli. Mottin ha anche rivelato che, contrariamente a quanto appare a occhio nudo, la Gioconda non aveva i capelli sciolti sullespalle ma portava un berrettino in testa da cui uscivano solo alcuni riccioli: «Finora i capelli sciolti di Monna Lisa avevano sorpreso gli esperti -ha spiegato - perché li portavano così solo le ragazze molto giovani o le donne di malaffare».
IL QUADRO E’ IN BUONE CONDIZIONI - Gli esperti canadesi hanno trovato il capolavoro di Leonardo sostanzialmente in buona forma malgrado i suoi 500 anni. Su richiesta del Centro di ricerca e restauro dei musei di Francia, più di un anno fa gli esperti del Consiglio nazionale delle ricerche del Canada (Cnrc) si erano recati al Louvre di Parigi per studiare il quadro utilizzando una tecnica di digitalizzazione dell’immagine in formato tridimensionale sulla base dei dati raccolti in 16 ore di scannerizzazione dell’opera.
* Corriere della Sera, 27 settembre 2006
GIOCONDA Musée Condé di Chantilly. |
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
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RIPRENDERE IL FILO DEI "VENTICINQUE SECOLI", LA LEZIONE DI Dante
FEDERICO LA SALA
«La madre di Leonardo da Vinci? Schiava, esule nel Mediterraneo»
L’italianista Carlo Vecce narra la vita di Caterina in un libro che si fonda pure su molteplici scoperte di carattere scientifico, sul ritrovamento di documenti (ma non solo) in grado di riscrivere la storia dell’origine del genio
di Maria Pirro (Il Mattino, Martedì 14 Marzo 2023
Profuga, schiava, esule per il Mediterraneo. Così viene descritta la madre di Leonardo da Vinci nel romanzo storico firmato da Carlo Vecce per Giunti editore. L’italianista, professore universitario all’Orientale di Napoli, narra la vita di Caterina in un libro che si fonda pure su molteplici scoperte di carattere scientifico, sul ritrovamento di documenti (ma non solo) in grado di riscrivere, appunto, la storia dell’origine del genio, risolvendo un mistero lungo 600 anni.
APPROFONDIMENTI
Un’opera, "Il sorriso di Caterina", destinata ad aprire un dibattito importante tra i maggiori studiosi. «Tutto quello che c’è nel volume è reale, a partire dai loro nomi, la fiction interviene per connettere le loro storie», assicura l’autore, mostrando un manoscritto in latino, datato 2 novembre 1452, che ricostruisce la liberazione (con alcuni errori e sviste), ritrovato nell’archivio di Stato di Firenze e scritto da ser Piero da Vinci: suo padre dell’artista.
Com’è arrivata a Firenze Caterina? Grazie al marito della sua padrona, monna Ginevra: un vecchio avventuriero fiorentino di nome Donato, già emigrato a Venezia, dove aveva al suo servizio schiave provenienti dal Levante, dal Mar Nero e dalla Tana. Prima di morire, nel 1466, l’anziano lascia i suoi soldi al piccolo convento di San Bartolomeo a Monteoliveto, fuori Porta San Frediano, per la realizzazione della cappella di famiglia e della propria sepoltura. Il notaio di fiducia è sempre lui, Piero. E Leonardo esegue la sua prima opera proprio per quella chiesa: l’Annunciazione. «Non è un caso», è la tesi.
«Io, per primo, non avevo dato credito all’ipotesi che la madre di Leonardo potesse essere una schiava, e così mi sono messo a cercare, tentando di dimostrare il contrario», ammette Vecce. Per arrivare a sostenere, invece, che la ragazzina venne catturata alla Tana, ultima colonia veneziana alla foce del Don, dove iniziò il suo viaggio tra il mar Nero e il mare nostrum. «Una storia anche di oggi», aggiunge Vecce, che spiega così «l’urgenza di narrarla in questa maniera, per aprire gli occhi». Un legame evidente dalla foto di una profuga in copertina.
«A questo punto Leonardo è italiano solo per metà, e non lo è per la sua parte migliore, perché figlio di Caterina. Sì, è figlio di una straniera: una schiava al più basso gradino sociale. Una donna senza voce, scesa da un barcone, che a stento parlava la nostra lingua», conclude il professore, indicando le conseguenze che ha tutto questo sulla vita di Leonardo. L’idea di libertà assoluta, innanzitutto, e probabilmente l’amore immenso per la natura, visto che la mamma proviene da quel mondo selvaggio, per l’esattezza caucasico, in cui è molto diffusa l’attitudine proprio al disegno. Da qui deriva l’universalità di Leonardo, che non appartiene a una sola cultura e paese, «e lui lo sente. Lo sa, perché sa da dove proviene».
Alla presentazione del libro Paolo Galluzzi, accademico dei Lincei, con Antonio Franchini, direttore editoriale, e Sergio Giunti. E la storia continua anche ora, in questi giorni, oltre le pagine del volume. A Milano, dietro Sant’Ambrogio, nei lavori per la nuova sede dell’Università Cattolica, sta ricomparendo la cappella dell’Immacolata Concezione, quella della Vergine delle rocce dipinta da Leonardo: tornano alla luce il muro vicino all’altare, il pavimento della cripta, i frammenti del cielo stellato dipinto sulla volta dagli Zavattari. Confusi tra loro, resti umani di antiche sepolture. Forse anche quelli di Caterina, morta a Milano tra le braccia di suo figlio nel 1494, e sepolta in quello stesso luogo.
La madre di Leonardo era schiava e straniera, del Caucaso. Trovato un documento che lo conferma
di Costanzo Gatta (Stile Arte, 14 Marzo 2023)
Un documento trovato nell’archivio di Stato di Firenze da parte del professor Carlo Vecce dell’Università di Napoli conferma le origini straniere di Caterina, la madre di Leonardo. La donna era una circassa, di origini Caucasiche, che fu portata a Firenze da un uomo di nome Donato. Il suo lungo viaggio, prima di arrivare alla capitale fiorentina, la portò, in stato di schiavitù, prima sul mare di Azov, in Russia, poi a Bisanzio, quindi a Venezia. Successivamente, Caterina fu acquistata dalla famiglia Da Vinci.
Il documento ritrovato riguarda un atto di affrancamento dalla servitù, emesso da Piero da Vinci, padre di Leonardo e compagno transitorio della donna. La rinunzia a Caterina come a un “oggetto di proprietà” avvenne sei mesi dopo la nascita del grande artista. Il ritrovamento conferma ciò che già indicavano le indagini sulle impronti digitali di Leonardo stesso, condotte nel passato. riproponiamo ora un’importante intervista.
di Costanzo Gatta
Sangue mediorientale nelle vene di Caterina, madre di Leonardo? Da un pezzo lo si diceva, senza dar eccessivo credito alla storia. Ora c’è un motivo in più per tornare a parlare delle origini orientali di quella donna: non una contadinotta della campagna toscana ma una giovane levantina che avrebbe avuto una relazione con ser Pietro, il padre del futuro genio da Vinci.
Già molti anni fa si diceva che la mamma fosse una delle tante schiave che nel ’400 erano state portate a lavorare in Toscana: una poveraccia senza alcun diritto, senza un patronimico, forse appena convertita. Una serva chiamata come mille altre: Catharina. Uno studioso toscano aveva frugato negli archivi per cercare contratti d’acquisto di schiavi. Voleva raccapezzarsi in questo mistero. Aveva ripercorso i vari flussi migratori ipotizzando che la donna fosse ebrea, circassa, araba. A quei tempi i risultati furono negativi.
E così, ai tanti misteri della vita di Leonardo, si aggiunse anche questo della madre, la povera Caterina, con la quale il donnaiolo ser Pietro faceva bellamente all’amore, nonostante stesse per portare all’altare Albiera, figlia dell’Amadori, notaio.
La storia - prima della scoperta del 2023 - dice poco. Si sa solo che quando la serva fu mandata - secondo il costume dei paesi sulle colline toscane - a sgravarsi nel casale che ancora oggi esiste, era l’aprile del 1452. Una camera dal soffitto basso con pagliericcio, attaccata alla cucina col camino, poche nicchie nel muro per riporvi ramaiole, caldaie e il pennato: qui la giovane Catharina attese, assieme alla levatrice, che si rompessero le acque. Non era misteriosa la relazione del giovane ser Pietro, uno dei tanti borghesi di Vinci, la cui casata sfornava rampolli notabili che alternativamente venivano avviati alla carriera legale o alla vita ecclesiastica.
Per i casi della vita la nascita del genio venne messa - nero su bianco - da Antonio, il nonno. “Nachue (nacque) un mio nipote, figliuolo di ser Piero mio figliuolo, a dì 15 d’aprile (1452) in sabato a ore 3 di notte. Ebbe nome Lionardo...”. Il resto si può immaginare: quattro soldi di dote per mandar via Caterina contenta e poi il battesimo, senza nemmeno la mamma. Lo sappiamo ancora dal nonno, che ebbe a registrare con precisione i presenti attorno a quel fonte di pietra, tuttora intatto. “Battizzollo Piero di Bartolomeo da Vinci, in presenza di Papino di Nanni, Meo di Torino, Pier di Malvolto, Monna Lisa di Domenico di Brettone”. Insomma c’erano tutti: prete, testimoni e intimi. Mancava Caterina, che ritroveremo poi sposata a tale Antonio del Vacha, detto Accattabriga, soprannome che non prometteva nulla di buono. In gioventù doveva essere stato un soldataccio di ventura.
Nelle note del catasto di Vinci per l’anno 1457 si trova che nonno Antonio, di 85 anni, abitava nel popolo di Santa Croce, era marito di Lucia, di anni 64, e aveva per figli Francesco e Piero, d’anni 30, sposato ad Albiera, ventunenne. Convivente con loro era “Lionardo figliuolo di detto ser Piero non legiptimo nato di lui e della Chatarina, al presente donna d’Achattabriga di Piero del Vacca da Vinci, d’anni 5”. Albiera non poteva avere figli e Piero aveva accolto in casa l’illegittimo. Intanto Caterina lavorava con il marito un piccolo appezzamento di proprietà e i campi delle suore del convento di San Pier Martire. Nonno Antonio morì novantaseienne, nel 1468, e negli atti catastali di Vinci Leonardo, che ha diciassette anni, risulta suo erede insieme con nonna Lucia, il padre Piero, la matrigna e gli zii Francesco e Alessandra. L’anno dopo, la famiglia del padre, divenuto notaio della Signoria fiorentina, e quella del fratello Francesco, che era iscritto nell’Arte della seta, erano in una casa di Firenze, abbattuta già nel Cinquecento, nell’attuale via dei Gondi.
Madonna Litta Dell’Accattabriga si hanno invece notizie da un verbale di citazione durante un processo alla Curia vescovile di Pistoia. La data è il 26 settembre 1470, dopo i disordini verificatisi all’inizio del mese nella pieve di Santa Maria di Massa Piscatoria, nella palude di Fucecchio. Alcune persone, armate di lancia, capeggiate da due preti (uno della diocesi di Lucca, l’altro sotto la potestà del vescovo di Firenze) avevano disturbato la celebrazione durante la festa in onore della Madonna e interrotto la Messa. Antonio fu chiamato a testimoniare ma non si presentò.
Di Caterina si sa che fu donna prolifica, e da Accattabriga ebbe sicuramente almeno quattro femmine e un maschio. Rimasta sempre lontana da Leonardo, si ricongiungerà al figlio - pare certo - nel 1493 a Milano. E in una casa di Porta Vercellina, nel territorio della parrocchia dei Santi Nabore e Felice, morirà il 26 giugno 1494, dopo lunga malattia. Per le cure prima e poi per i funerali, Leonardo annotò le spese (eccessive per una servente, non certo per una madre): “Quattro chierici, cinque sotterratori, un medico, le candele...”. Oggi Caterina ritorna in scena. A parlarci di lei sono le impronte digitali del figlio, quei polpastrelli che hanno creato uno sfumato magico, inimitabile. Evocano la donna, quelle ditate rimaste fra il cielo e il fogliame che fa da sfondo al ritratto di Ginevra Benci o su un disegno della Battaglia di Anghiari, fra i capelli di Cecilia Gallerani o sulle pagine dei Codici voltate con mani sporche.
Gli studi sulle impronte di Leonardo sono stati illustrati da Luigi Capasso, direttore dell’Istituto di antropologia e del Museo di storia delle scienze biomediche dell’Università di Chieti e Pescara, e da Alessandro Vezzosi, direttore del Museo Ideale di Vinci.
Proprio nelle macchie d’inchiostro sono state scoperte numerose impronte digitali, anche se parziali, che hanno portato alla ricostruzione di un intero polpastrello dell’artista.
“L’impronta - ha aggiunto Capasso - ha tra l’altro una struttura a vortice con diramazioni a y, dette triradio: tale tipologia di impronte è comune a circa il 65% della popolazione araba”.
“A questo punto - ha affermato Vezzosi - si rafforza l’ipotesi che la madre del genio fosse orientale: nello specifico, secondo i miei studi, una schiava”.
Nuova diagnosi per la Gioconda
Monna Lisa non aveva problemi di tiroide
di Redazione ANSA *
Il fascino enigmatico della Monna Lisa di Leonardo da Vinci ha sempre attratto anche la comunità scientifica, tanto che di recente le era stato diagnosticato un grave problema alla tiroide, noto come ipotiroidismo. Ora l’ipotesi viene smentita da Michael Yafi, del Centro di scienze della salute dell’Università del Texas a Houston (UTHealth), in un nuovo studio pubblicato sulla rivista internazionale di endocrinologia e metabolismo Hormones: secondo il ricercatore, il sorriso asimmetrico, l’assenza di sopracciglia e il colorito giallo della pelle non possono essere attribuiti alla malattia.
"Difendere l’affascinante Lisa Gherardini dipinta nel ritratto è per me una responsabilità personale", commenta Yafi, "perciò ho deciso di dare un secondo parere medico". Se la Monna Lisa avesse avuto la tiroide ingrossata, il suo collo sarebbe stato molto più tozzo. Inoltre molte delle donne ritratte dall’artista sono prive di sopracciglia, quindi anche questa caratteristica non può essere una prova.
Per quanto riguarda il colorito giallognolo della pelle, potrebbe essere dovuto semplicemente all’età dell’opera e alle vernici utilizzate. Infatti questo sintomo si manifesta solo in una fase avanzata della malattia, che tipicamente causa infertilità, mentre è noto che Lisa Geherardini ha partorito cinque figli, di cui uno solo pochi mesi prima di posare per il ritratto.
Infine il ricercatore ha esaminato il celebre sorriso della Gioconda che, secondo lo studio del 2018 pubblicato sulla rivista Mayo Clinic Proceedings, poteva essere un indizio di debolezza muscolare. "Di solito i danni ai tessuti muscolari dovuti all’ipotiroidismo sono molto gravi", sottolinea Yafi: "Vuol dire che la donna non avrebbe potuto neanche posare con la schiena dritta".
* Redazione ANSA 18 aprile 2019 (ripresa parziale - senza immagini).
La "gioconda nuda" trasferita in gran segreto nei laboratori del Louvre: forse è di Leonardo
Il disegno del Musèe Condè che si pensa sia opera di Leonardo da Vinci, è stato trasferito dal castello francese di Chantilly al Louvre. Qui da oltre un mese è sottoposto a una serie di analisi: riflettografia, raggi infrarossi, luce rasente, radiografia, fluorescenza ai raggi X. Che confermerebbero la mano del genio italiano *
PARIGI - Una domanda aleggia da sempre su "La Gioconda nuda" del Musée Condé del castello francese di Chantilly. E se ci fosse la mano di Leonardo Da Vinci (o della sua bottega) dietro quel piccolo disegno a carboncino con pigmenti bianchi? Per risolvere il mistero, l’opera è stata trasferita in gran segreto nei laboratori del Centre de Recherche et de Restauration des Musées de France, che occupa un’ala del palazzo del Louvre.
La Monna Lisa ’senza veli’, raffigurata su un doppio foglio incollato di 72 per 54 cm, si trova nei laboratori parigini da circa un mese, rivela il quotidiano "Le Figaro", dove è stata sottoposta da un gruppo di ricercatori ed esperti ad una serie di analisi: riflettografia, raggi infrarossi, luce rasente, radiografia, fluorescenza ai raggi X. I risultati sono ancora da ufficializzare, ma confermerebbero "la mano di Leonardo da Vinci", sostiene il quotidiano francese.
Il disegno resterà nei laboratori del Louvre ancora un altro mese e sarà esposto nel 2019 in occasione dei 500 anni dalla morte dell’artista-scienziato del Rinascimento. Il disegno appartiene alla collezione donata nel 1897 da Henri d’Orléans, duca d’Aumale e finora non aveva mai lasciato il Musée Condé di Chantilly.
Le prime analisi con il radiocarbonio, riferisce "Le Figaro", hanno accertato che il disegno sarebbe databile tra il 1485 e il 1638. Sono rilevati una serie dettagli che confermerebbero che si tratta di un originale e non di una copia, come supposto in passato. I ricercatori del Louvre ritengono plausibile ipotizzare che l’opera di Chantilly sia stata realizzata nella bottega di Leonardo. C’è da accertare se sia anteriore o posteriore alla "Gioconda" del Louvre e se sulla superficie del carboncino ci sia stata anche la mano del genio toscano. Nel mondo esistono circa una ventina di versioni della "Gioconda nuda" del secolo XVI, tra cui quella di Gian Giacomo Caprotti (detto il Salai), allievo di Leonardo.
* la Repubblica, 28 settembre 2017 (ripresa parziale).
Gli avi di Leonardo e il doppio volto della «Gioconda»
Leonardo fa sempre notizia, a volte anche più di una in poche ore. Così Alessandro Vezzosi, direttore del Museo ideale «Leonardo da Vinci» (a Vinci), giovedì ha dichiarato di aver ricostruito assieme alla storica Agnese Sabato (dopo oltre 43 anni di ricerche) l’albero genealogico della famiglia dell’artista, partendo da Ser Piero, padre di Leonardo, e svelando che tra i discendenti ci sarebbe anche il regista Franco Zeffirelli.
Quasi in contemporanea il ricercatore Silvano Vinceti, già responsabile della scoperta a Porto Ercole dei presunti resti di Caravaggio, dava l’annuncio (anticipato dall’agenzia LaPresse) che il viso della celebre Gioconda, sempre di Leonardo, sarebbe il risultato dell’incrocio di due volti, quelli di un uomo e di una donna.
Il «lato femminile», secondo Vinceti, potrebbe essere Lisa Gherardini, detta anche Lisa del Giocondo o Monna Lisa (e dunque non a caso la conferenza stampa di presentazione dei risultati di queste ricerche è prevista per il 20 aprile nella chiesa di Sant’Orsola a Firenze, dove sono stati trovati i suoi resti).
Il «lato maschile» sarebbe invece quello dell’allievo prediletto di Leonardo, Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì, spesso usato dal maestro come modello, anche per i ritratti femminili, per i suoi tratti androgini. «Dopo una lunga ricerca e grazie a photoshop - ha detto Vinceti - siamo finalmente riusciti a mettere insieme prove scientifiche e documenti storici».
* Corriere della Sera, 16.04.2016
Studio, forse c’è una Gioconda ’russa’
Indagini con comparazione su studio preparatorio a Monna Lisa
di Redazione ANSA FIRENZE *
C’è la possibilità che Leonardo possa avere realizzato una "Gioconda con le Colonne" sconosciuta e che si trova a San Pietroburgo in una collezione privata. A queste conclusioni, dopo lunghi accertamenti, è giunto Silvano Vinceti coordinatore della ricerca e secondo il quale "molteplici sono gli indicatori che rinviano al grande genio pittorico toscano ma si tratta di una ipotesi".
Gli esami, tra cui quelli a raggi infrarossi, a raggi X, dei componenti dei colori usati, hanno evidenziato, spiega Vinceti, "la piena compatibilità di questo dipinto con il periodo in cui Leonardo realizzava i suoi capolavori". Per le analisi usata anche la tecnica del "photoshop avanzato", cioè la comparazione di un dipinto e dei suoi particolari con altri simili. "In questo caso - dice Vinceti - ci si è avvalsi dello studio preparatorio della Gioconda che Carlo Pedretti, il più grande studioso di Leonardo ritiene essere probabilmente di Leonardo.
Nella comparazione fra lo studio preparatorio, del Louvre, e la Gioconda Russa è emersa la piena sovrapposizione fra la Gioconda Russa e lo studio preparatorio, le colonne, presenti nella Gioconda Russa e nello studio preparatorio, ma anche la perfetta coincidenza fra la sagoma del labbro superiore dello studio preparatorio, della Gioconda russa e non della Gioconda del Louvre. "Tutti gli elementi che sono emersi da questa lunga e affascinante avventura indagativa - spiega Vinceti - sono messi a disposizione di tutti. Personalmente mi limito ad asserire che la possibilità che vi possa essere la mano di Leonardo e di un suo allievo è una ipotesi che ha una sua dignità. Da ricercatore non avendo verità assolute so che, tutto è relativo, pronto a cambiare idea se emergono diversi elementi certi e fondati".
*
Monna Lisa, trovato lo scheletro? Forse si potrà ricostruire il volto di Lisa Gherardini e sapere se era lei la nobildonna dipinta da Leonardo Da Vinci
di Elysa Fazzino (Il Sole-24 Ore, 18 luglio 2012)
Un antico convento, uno scheletro e il sorriso enigmatico della Monna Lisa: gli ingredienti ci sono tutti per catturare l’attenzione dei media e un tabloid popolare come il Daily Mail non poteva lasciarsi sfuggire la nuova puntata di questa "detective story", il ritrovamento di uno scheletro umano nello scavo alla ricerca dei resti mortali di Lisa Gherardini, la nobildonna che avrebbe posato da modella per Leonardo Da Vinci.
"E’ questo lo scheletro della Monna Lisa?" si domanda il Daily Mail nell’annunciare - con molte foto - che nell’ex convento di Sant’Orsola a Firenze sono state trovate ossa che potrebbero essere della moglie del mercante Francesco del Giocondo, che si ritiene abbia ispirato Da Vinci. L’anno scorso, nello stesso luogo, sotto il pavimento originario del convento era stato trovato un teschio femminile, insieme ad altri frammenti di costole e vertebre umane. Gli archeologi del team guidato da Silvano Vinceti sono "eccitati", scrive il giornale inglese, perché sono convinti che le ossa appartengano a Lisa Gherardini, la donna che secondo la maggior parte degli storici sarebbe stata ritratta da Leonardo nel suo capolavoro.
Alla morte del marito, Lisa si ritirò nel convento di Sant’Orsola, dove morì il 15 luglio 1542, a 63 anni. Sulla scorta di un antico registro, scoperto di recente, che indica l’ex convento come luogo di sepoltura, l’anno scorso il team di scienziati ha cominciato a scavare.
L’équipe, i cui membri sono stati soprannominati "Tomb Raiders" (per le ricerche svolte sui resti del Caravaggio e di altri personaggi), ha dovuto perforare uno spesso strato di cemento, posato quando si progettava di trasformare il convento abbandonato in una caserma. Fatica premiata dal ritrovamento di una cripta dove gli archeologi pensano fosse stata sepolta la donna. Poco dopo, un metro e mezzo sotto il pavimento originario del convento, fu dissotterrato un teschio femminile.
A questo punto i fondi erano finiti e il team non ha potuto continuare la ricerca. Gli scavi sono ripresi il mese scorso e questa settimana è stato trovato uno scheletro umano. Le ossa saranno sottoposte ad analisi per stabilire se appartengono alla stessa persona del teschio trovato l’anno scorso. Poi gli scienziati confronteranno il Dna delle ossa con i resti dei due figli della nobildonna, sepolti in un’altra chiesa di Firenze.
Quando avranno verificato che lo scheletro e il teschio appartengono a Lisa Gherardini, gli esperti tenteranno di ricostruire il suo volto per confrontarlo con la versione dipinta da Leonardo 500 anni fa. Forse, azzarda il Daily Mail, risolveranno il mistero del sorriso enigmatico della Monna Lisa. Silvano Vinceti, lo studioso responsabile dello scavo, afferma che ancora non si sa se le ossa appartengono a un solo scheletro o a più scheletri. Ma questo ritrovamento "conferma che nel convento di Sant’Orsola ci sono ancora ossa umane e non possiamo escludere che tra queste ci siano anche ossa appartenenti a Lisa Gherardini". Il Daily Mail fa sapere che lo scavo è seguito anche da Natalia Guicciardini Strozzi, che ha legami di parentela con Lisa Gherardini ed è "amica del principe Charles e dell’ex primo ministro Tony Blair". Quando fu scoperto il teschio, la discendente della Gioconda confessò di essere più emozionata di quanto non avrebbe mai immaginato e si disse certa che quello fosse il luogo di sepoltura di Lisa Gherardini.
Il professor Vinceti, che il Daily Mail paragona al protagonista del romanzo di Dan Brown "Il Codice Da Vinci", l’anno scorso ha affermato che negli occhi della Monna Lisa si può vedere un messaggio nascosto. Esaminando il dipinto con una lente a ingrandimento particolarmente potente, lo studioso ha individuato dei segni che a suo parere sono una lettera L nell’iride sinistra e una lettera S nell’iride destra. Inoltre, sotto una delle arcate del ponte sullo sfondo dell’opera, ha notato il numero 72. Questi tre segni, secondo Vinceti, sono un messaggio volutamente nascosto da Leonardo Da Vinci nel dipinto.
«Troverò chi si cela dietro il sorriso di Monna Lisa»
«Leonardo concepiva la pittura come scienza sia dei caratteri fisici sia di quelli interiori»
Un’avventura con tomografie, scansioni in 3D e test del Dna
Somiglianze e diversità Le ossa Le rilevazioni con il georadar e le successive ricerche hanno portato alla luce i resti nell’ossario e in altre sepolture
Gli scavi Si svolgono a Firenze nell’ex convento di Sant’Orsola dove si presume siano state seppellite le spoglie della Gioconda
di Gianni Parrini (La Stampa, 08.06.2011)
Ci sono secoli di storia e montagne di libri a dividerci dal più grande mistero dell’arte: chi è la donna rappresentata da Leonardo nella Gioconda e cosa si cela dietro l’enigmatico sorriso? Intorno all’interrogativo si mescolano cronaca e magia, cabala e psicanalisi, fede ed esoterismo, accrescendo il mito di Monna Lisa e del suo geniale autore. Ora, però, questa fonte inesauribile di interrogativi e leggende potrebbe essere prosciugata dalle certezze offerte dall’high-tech.
Da settimane una serie di sofisticate strumentazioni sono all’opera per rintracciare i resti mortali di Lisa Gherardini, la signora che, secondo gli scritti cinquecenteschi di Vasari, fu ritratta da Leonardo in occasione della nascita del suo secondo figlio.
Le ricerche si svolgono a Firenze, nell’ex convento di Sant’Orsola, dove si presume che le spoglie della Monna Lisa, moglie del setaiolo Francesco del Giocondo, siano state sepolte il 15 luglio 1542, come riportato in un documento ritrovato di recente dallo storico Giuseppe Pallanti. «Vi sono varie ipotesi sull’identità della donna, ma confidiamo che la testimonianza del Vasari sia attendibile spiega Silvano Vinceti, responsabile del progetto e presidente del Comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storici, culturali e ambientali -. Le rilevazioni eseguite con il georadar e i successivi scavi hanno permesso di raccogliere i resti presenti nell’ossario e in altre sepolture. Occorre ricordare che nel convento, oltre alle monache, furono inumati alcuni laici benefattori della congregazione. Tuttavia, per capire se fra i resti trovati ci siano quelli di Lisa Gherardini bisognerà aspettare i test: solo questi potranno mettere la parola fine alle diverse ipotesi storico-documentali».
Terminate le operazioni di scavo, infatti, inizierà la seconda fase della ricerca, affidata a rivoluzionarie metodologie d’indagine scientifica, che rendono possibile una dettagliata lettura delle informazioni contenute negli scheletri, a un livello di attendibilità finora impensabile. Esami di biologia scheletrica, datazione al carbonio 14, tomografie computerizzate, scansioni tridimensionali dei resti ed estrazione del Dna dalle ossa e comparazione con quello dei discendenti: ci vorranno mesi, ma alla fine questi riscontri, confrontati con i dati documentali sulla Gherardini, dovrebbero permettere di scoprire i «caratteri biologici» della celebre dama, le sue malattie come le sue abitudini alimentari.
E, fatto essenziale, consentiranno di ricostruirne l’aspetto. «Se recuperiamo il cranio, potremo ricreare il volto di Monna Lisa - spiega Vinceti -. Affideremo il compito a tre diverse team: uno pisano, uno francese e uno canadese. Ciascuno usa tecniche diverse di “facial recostruction”, ma tutte convergono sullo stesso obiettivo: partendo dalla morfologia del teschio e dalle scansioni in 3D, si ricostruiranno i tessuti, la muscolatura e le caratteristiche facciali. Così si avrà un’immagine fedele della Gherardini, con un margine d’errore molto basso: dall’1 al 6%».
Il volto così ricreato potrà essere confrontato con il ritratto della Gioconda e a quel punto molti dei misteri del capolavoro potrebbero essere fugati: «Probabilmente troveremo elementi di somiglianza ma anche di diversità - spiega Vinceti -. Dopotutto Leonardo concepiva la pittura come scienza dei caratteri fisici, ma anche di quelli interiori». C’è un particolare che offre una conferma indiretta di questo modus operandi: nelle «Vite» Vasari scrive che, mentre veniva ritratta da Leonardo, Monna Lisa era malinconica e per farla ridere furono fatti arrivare dei giullari. L’analisi ai raggi infrarossi, effettuata al Louvre nel 1954, ha evidenziato che nella prima versione la donna appariva effettivamente triste e corrucciata.
Possibile, dunque, che in quel sorriso enigmatico si nasconda una felicità di facciata? «Non saprei - prosegue Vinceti -. Certo è che il quadro rappresenta il testamento filosofico, spirituale ed esistenziale di Leonardo e va letto su più livelli. Probabilmente, il sorriso della Gioconda è simile a quello della sfinge o all’ironia socratica. Come se dicesse: “Mi guardate, ma non vedete ciò che nascondo”».
In effetti, nel quadro sono presenti elementi simbolici che nella storia del pensiero umanistico-rinascimentale rivestono significati evidenti. «C’è il 72, numero chiave nella tradizione cabalistica, che compare sotto il ponte sullo sfondo - prosegue il presidente del comitato -. Oppure le lettere L e S, presenti negli occhi della Gioconda. Leonardo amava fare anagrammi e indovinelli. E sappiamo che, oltre a quelli della Gherardini, nel ritratto compaiono tratti fisici del Salaì (che fu allievo e probabilmente amante del pittore) e forse caratteri dell’autore stesso. Tutti questi elementi offrono lo spunto per una nuova interpretazione del capolavoro».
Il mistero della Gioconda
Simboli nei suoi occhi... *
Nasconderebbero anche misteriosi simboli gli occhi della Gioconda di Leonardo, due lettere piccole piccole, volutamente celate in ognuna delle pupille della fascinosa dama la cui identita’, dopo piu’ di cinquecento anni, aspetta ancora di essere svelata. A sostenerlo sono gli esperti del Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni storici, culturali e ambientali, (quello che ha fatto parlare di se’ negli ultimi mesi per il ritrovamento dei resti di Caravaggio), impegnati da qualche settimana nel tentativo di dare un nome alla protagonista del quadro piu’ celebre e piu’ celebrato, ma anche piu’ misterioso del grande artista toscano.
E un terzo simbolo, forse due lettere, forse due numeri, sarebbe nascosto anche in un altro punto del quadro, sotto la prima arcata a destra del ponte che fa da sfondo al ritratto della Gioconda. Ad occhio nudo e’ difficile notarlo, ma l’ingrandimento dell’immagine, spiega il presidente Silvano Vinceti, rivela la presenza nell’occhio destro della modella (sinistro per chi guarda il quadro) ’’la presenza di un monogramma che sembra essere ’LV’, forse proprio le iniziali di Leonardo’’. Diversi ma ancora piu’ difficili da decifrare i caratteri riconoscibili all’interno dell’occhio sinistro della modella (il destro per chi guarda la tela): in questo caso, secondo Vinceti, potrebbe trattarsi di ’CE’ o semplicemente di una ’B’. Quanto ai segni nascosti sotto l’arcata del ponte sembrano due numeri, ’72’, che potrebbero pero’, dice, anche leggersi rovesciati.. e in questo caso si tratterebbe di una L e di un 2. Come gia’ lo furono per le ossa del povero Caravaggio, riportate con tutta solennita’ questa estate a Porto Ercole, gli esperti del comitato guidato da Vinceti sono certissimi della loro scoperta, che si deve peraltro, raccontano, al contributo casuale di un bidello pugliese, Luigi Borgia, che li ha convinti ad un esame piu’ attento del dipinto: ’’Abbiamo fatto esami dettagliati e chiesto la consulenza di pittori esperti’’, racconta Vinceti, ’’tutti hanno confermato che questi segni non possono essere stati fatti per caso o per errore, sono stati inseriti volutamente dal pittore’’.
Resta il fatto che nessuno dei tantissimi specialisti di Leonardo si era mai accorto della presenza di simboli nello sguardo della pur enigmatica Gioconda, cosi’ come negli altri quadri di Leonardo. ’’Dopo la scoperta abbiamo sottoposto ad esame anche la Dama con l’Ermellino - sottolinea Vinceti - e nei suoi occhi non abbiamo trovato nulla’’. Pero’ e’ un fatto, dice, che la Gioconda e’ un quadro particolare nella produzione di Leonardo, cominciato intorno al 1490 e finito molti anni dopo. Un quadro, ricorda Vinceti, ’’che il grande artista porto’ a lungo con se’ e al quale sicuramente attribuiva un valore particolare, non era un semplice ritratto, aveva un significato filosofico, con quest’opera Leonardo voleva lasciare una testimonianza che andasse oltre la pittura’’. La ricerca prosegue. A giorni la scoperta verra’ illustrata in una conferenza stampa, annuncia il presidente del comitato, con nuove rivelazioni, anticipa, anche sull’identita’ della Gioconda. Intanto, tra simboli esoterici e dame misteriose, la vicenda e’ di quelle che potrebbero stimolare la fantasia di un Dan Brown.
* l’Unità, 12 dicembre 2010
Vinceti: "Il ragazzo aveva tratti molto femminili"
La Gioconda? Non era una donna ma il bello e giovane amante di Leonardo *
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - La Gioconda non e’ il ritratto di una donna. Secondo i piu’ recenti studi del Comitato Nazionale per la valorizzazione dei Beni storici culturali e ambientali, effettuati sul dipinto di Leonardo da Vinci le sembianze della figura ritratta dal grande pittore sarebbero di Leonardo Salai, con il quale Leonardo da Vinci visse per venti anni.
’’Il Salai aveva rapporti ambigui con Leonardo. Le sue sembianze sono molto femminili e riconducibili ad altri quadri del pittore che presentano tratti molto somiglianti a quelli della Gioconda’’. Spiega Silvano Vinceti, presidente del Comitato a conclusione della ricerca avviata sul quadro a dicembre, quando rese noto che negli occhi della Gioconda si nascondevano alcuni simboli: si tratta di una S, una L ed un 72.
’’Riteniamo che la Gioconda sia la sintesi fra tre momenti importanti nella vita di Leonardo da Vinci - aggiunge Vinceti - la S la riconduciamo al Salai, la L invece pensiamo che possa essere riferita a Lisa Gherardini che ispiro’ Leonardo all’inizio del ritratto. I numeri 7 e 2, sia visti singolarmente che in coppia, evocano moltissimi significati della tradizione cabalistica, ebraica e cristiana’’.
La tesi secondo la quale la Gioconda sarebbe il ritratto del Salai, troverebbe riscontro nella comparazione della figura con altri dipinti di Leonardo come ’’Angelo incarnato’’, ’’Monna Vanna’’ (o Monna Nuda), ’’San Giovanni Battista’’ una tra le ultime opere fatte dal Leonardo, oggi al Louvre, dove e’ ritratto senza alcun dubbio, il giovane, bello e sensuale Leonardo Salai. ’’La Gioconda - prosegue il presidente - e’ il testamento di Leonardo che nel quadro ha voluto trasmettere il pensiero di tutta la sua vita, l’armonia raggiunta. Questo spiega il perche’ la Gioconda appare sorridente solo nella sua ultima versione. A dimostrare appunto l’equilibrio raggiunto dal grande genio’’.
Infatti, secondo uno studio effettuato nel 1954 del Louvre, risulta che sotto l’attuale espressione della Gioconda ce ne sarebbe un’altra, diversa dall’ultima, cupa e malinconica successivamente corretta.
* ADNKRONOS - ultimo aggiornamento: 02 febbraio, ore 15:01
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cultura/La-Gioconda-Non-era-una-donna-ma-il-bello-e-giovane-amante-di-Leonardo_311625798274.html
Il genio dell’arte che cambiò l’immagine di san Giovanni
Un volto androgino, un sorriso enigmatico, uno sguardo che è una promessa d’infinito: l’annuncio di Gesù è
tutto in quel dito che sbuca dall’ombra e indica la luce e il cielo
Il maestro lo portò con sé in Francia e lo conservò fino alla morte: come la Gioconda
il dipinto era legato a Firenze di cui il Santo è il protettore
Il Battista era stato fino ad allora un profeta allucinato come quello di Verrocchio o
il martire decollato di Donatello:
con l’opera del Louvre prende forma il mistero
di Claudio Strinati (la Repubblica, 29.11.2009)
Leonardo da Vinci soggiornava in Francia nel palazzo di Cloux (oggi Clos-Lucé) presso il palazzo reale di Amboise come primo pittore, ingegnere e architetto di Francesco I di Francia, che l’amava moltissimo: il re - ce lo racconta Benvenuto Cellini, anch’egli un protetto del monarca - non lasciava passare giorno senza vederlo, per il fascino della conservazione di quell’uomo che sapeva tutto, combinava poco, ma nelle sue stanze conservava preziosi tesori della sua arte. Quando, il 10 ottobre del 1517, ricevette la visita del cardinale d’Aragona, il prelato vide tre quadri descritti dal suo segretario: "uno di certa donna fiorentina facta di naturale ( è forse la Gioconda del Louvre), l’ altro di San Johanne baptista giovane ( il quadro, pure del Louvre ora esposto a Milano ) et uno de la Madonna e del figliolo che stan posti in grembo di Sancta Anna ( altro quadro del Louvre)".
Dunque Leonardo teneva nello studio in Francia quadri concettualmente collegati con Firenze. La Gioconda, infatti, risulterebbe commissionata da Giuliano de’ Medici, la Vergine, Sant’Anna e il Bambino è elaborato a Firenze, il San Giovanni è fiorentino in sè essendo il Battista il protettore della città.
Il San Giovanni, nei secoli, ha avuto prima una certa sfortuna critica per diventare poi un mito supremo dell’immaginario leonardesco. Alcuni esperti si sono addirittura chiesti se il San Giovanni fosse da considerare opera certissima del maestro o opera di collaborazione con gli allievi. Ma con il tempo la qualità sovrana del dipinto ha convinto dell’assoluta autografia e certe caratteristiche hanno proiettato l’opera verso la fama universale come l’evidente androginia del personaggio, il sorriso misterioso, il dito alzato a indicare il cielo, l’ombra morbida dello "sfumato" leonardesco che plasma la figura facendola emergere da una fitta oscurità.
Mauro Di Vito , nel catalogo della mostra di Milano, spiega: "Il dipinto ha le dimensioni di uno specchio e riflette convesso come uno specchio. Per Leonardo lo specchio è il maestro del pittore". Si chiarisce l’impostazione data da Leonardo a questa figura contenente in sé una ancestrale contraddizione. Il Battista è una sorta di ultimo profeta che introduce nel mondo il redentore dell’umanità. Ha chiara cognizione del destino e vede la verità. Dovrà essere tacitato con la morte.
E’ l’immagine dell’enigma. Emerge dall’ombra, simbolo di mistero impenetrabile. Non manifesta un pensiero forte e terribile ma una interrogazione verso chi guarda. Sembra porre la domanda eterna di fronte all’opera d’arte: cosa significa veramente, cosa vuole dire? La figura di San Giovanni, è bene rammentarlo, accompagnò Leonardo fin da bambino, quando il suo maestro Verrocchio dipingeva con gli allievi un Battesimo di Cristo, oggi agli Uffizi. Leonardo vi fece una testa di angelo bellissima e Verrocchio un Battista magro e allucinato e fu quella la prima immagine del San Giovanni che Leonardo conobbe.
Ma prima e durante la vita di Leonardo la figura di San Giovanni appare ripetutamente nell’arte fiorentina e non solo. Donatello, anni prima, aveva scolpito la testa decollata del Battista nella formella del Duomo di Siena rimarcando il senso d’orrore della scena. Poi Leonardo stesso aveva reinventato l’immagine del Battista bambino benedetto dal Redentore appena nato nella Vergine delle Rocce dipinta a Milano in due redazioni ( oggi rispettivamente alla National Gallery di Londra e al Louvre). Anzi la tipologia del San Giovannino fanciullo che gioca con il Redentore ebbe poi immensa fortuna nei quadri fiorentini di Raffaello Sanzio. Piacque anche il San Giovanni giovane vestito solo di una pelle d’animale come lo aveva rappresentato Domenico Veneziano in pieno Quattrocento accentuandone quasi la natura ferina. Masaccio, ai primi del secolo, lo aveva raffigurato in uno sportello del Trittico della Neve a Roma ( oggi a Londra) accanto a San Girolamo, quale uomo crudo e fiero che indica la croce in preda a amara sofferenza, mentre poco dopo il senese Sassetta lo aveva inserito nell’altra pala detta della Madonna della Neve, oggi al Pitti, quale fiero sapiente, avvolto nel mantello antico e recante in mano il cartiglio della scritta "ecce agnus dei", per riporlo poi nella pala del San Francesco glorioso ( già a San Sepolcro e ora in proprietà di Berenson) ruvidamente vestito nel gesto dell’ammonizione e della preveggenza.
Ma il Battista di Leonardo è diverso da tutti: è un giovane che esprime entrambe le Nature, maschile e femminile, che annuncia l’ultraterreno e si rivolge a ciascuno di noi. Ma Leonardo non lo rappresenta nel momento canonico in cui parla alle turbe e spiega l’arrivo imminente del Redentore. Il suo Battista tace e sorride sotto una montagna di capelli che sembrano onde del mare. Eppure il Battista di Leonardo, che ora torna a trovarci in Italia, "parla" ma in modo inatteso. Va detto, allora, come in questo quadro siano contenuti proprio i due grandi temi che hanno interessato l’intera parabola del maestro di Vinci: l’annuncio e la parola. La segreta aspirazione di Leonardo fu e rimase sempre la rappresentazione impossibile del suono nella pittura. Così fece nella sua giovanile Annunciazione oggi agli Uffizi dove la voce dell’angelo fluisce come un soffio dalla bocca socchiusa, così fece nell’Ultima Cena di Milano dove è proprio la "rappresentazione" della voce di Cristo a generare la composizione. Ma il Battista di Leonardo annuncia e non parla, dato che la parola è metaforicamente contenuta nella mano destra che sale verso l’alto come un raggio di luce poggiato sulla tenebra da cui la figura sembra uscire. Lo sguardo pare voler cancellare paure e angosce per immergersi in quella dimensione dell’infinito inteso come "solennissima quiete" di cui secoli dopo, con identico sentimento, ha parlato Giacomo Leopardi in una poesia veramente leonardesca.
Leonardo forse fece una Gioconda nuda Lo sostiene una teoria formulata dallo studioso fiorentino Renzo Manetti
FIRENZE - Oltre alla Gioconda di Leonardo da Vinci esposta al Louvre, potrebbe essercene una seconda, una Gioconda nuda, che l’artista avrebbe dipinto per formare un dittico e rendere omaggio ai due volti di una stessa divinità, cioé Venere, secondo un vezzo in uso tra gli artisti del tempo.
Lo sostiene una teoria formulata dallo studioso fiorentino Renzo Manetti - esperto di iconologia e autore di studi controversi sull’opera di Leonardo - nel saggio ’Il velo della Gioconda. Leonardo segreto’ pubblicato da Polistampa. Il dipinto, riporta una nota, sarebbe una donna nuda, a seno scoperto, seduta su un balcone e nella stessa posa della Gioconda del Louvre.
L’opera risalirebbe al cosiddetto ’periodo romano’ quando Leonardo era immerso nello studio della filosofia e delle dottrine esoteriche. "Anche se il dipinto è andato perduto - ha spiegato Manetti - esistono almeno una decina tra riproduzioni e opere di analogo soggetto, eseguite da allievi e discepoli, che ci permettono di ricostruire l’originale". Manetti si riferisce a dipinti come la Monna Vanna del Salaino, allievo di Leonardo. Alla Gioconda nuda di Leonardo si sarebbe ispirato anche Raffaello che ritrasse due donne simili tra loro, una coperta da un velo, La Velata, l’altra seminuda, La fornarina. Fra queste, come tra le eventuali due Gioconde di Leonardo, esisterebbe un rapporto preciso: per Manetti sarebbero la rappresentazione delle Veneri della tradizione neoplatonica, quella ’celeste’ e quella ’volgare’, simboli di due diversi aspetti dell’indole umana.
* Ansa, 16 novembre, 20:08
Libro storico Usa su Leonardo
Il volume indaga su vita e ruolo ’Gioconda’
Ansa, 03 ottobre, 18:10
(ANSA) - FIRENZE, 3 OTT - Rispettabile moglie di un ricco mercante e musa ispiratrice di Giuliano dei Medici: cosi’ uno studio descrive la ’Gioconda’ di Leonardo. Josephine Rogers Mariotti, storica d’arte, indaga su Lisa Gherardini, la ’Gioconda’, in un lavoro, ’Monna Lisa. La ’Gioconda’ del Magnifico Giuliano’, che il professor Antonio Natali, direttore della Galleria degli Uffizi di Firenze, ha voluto nella collana ’I Grani’. Il testo potrebbe togliere ogni dubbio sull’identita’ della donna ritratta da Leonardo.
Dal Codice da Vinci spunta l’autoritratto
di Stefano Miliani *
C’era un Leonardo là sotto e finora nessuno se n’era accorto. Un autoritratto a sanguigna, un disegno dell’artista intorno ai 40 anni come non si era mai visto. In una pagina del Codice del volo degli uccelli conservato alla Biblioteca reale di Torino, sotto le parole del simbolo stesso dell’uomo rinascimentale. Avvalora il ritrovamento il principale studioso di Leonardo, Carlo Pedretti, che su quel foglio aveva provato a lavorare oltre 30 anni fa. La scoperta - che farà il giro del mondo e che viene confortata dal parere dei carabinieri del Ris - la svela al pubblico oggi in prima serata Piero Angela su Raitre. In una puntata extra del nuovo ciclo di Ulisse al via da sabato prossimo.
Consultando meno studiosi possibili Piero Angela è riuscito a mantenere il silenzio. Ieri nella sede Rai di Roma svuota il sacco. Invitando fotografi e telecamere a uscire di sala per serbare lo scoop per la trasmissione. E dunque: nel verso del foglio 10 del Codice sul volo degli uccelli, tra la fitta scrittura a rovescio, affiora un volto: un naso carnoso, sopracciglia, il tratteggio sulla guancia sinistra, la bocca, si intuiscono appena capelli ondulati. A casa di Pedretti Angela nota il foglio in un facsimile prezioso per studiosi e collezionisti, da 1.200 euro a copia, edito da Giunti.
Pensa e pensa si chiede: cosa sarà? Pedretti aveva tentato a metà anni ’70, ma senza tecnologie adeguate non era approdato a nulla. Così prima Angela «restaura» il volto su un suo foglio armato di colla e forbici e nota una somiglianza impressionante con l’uomo che compare in quell’autoritratto di Leonardo da vecchio, con barba e capelli fluenti datato nell’ultimo decennio di vita dello scienziato e conservato sempre nella biblioteca torinese. Poi Angela approfondisce: grazie alla tecnologia se proviamo a «cancellare» la scrittura dall’immagine (virtualmente s’intende, l’originale non viene mai sfiorato) che ritratto vedremmo? Riproduce la pagina in un cd. Poi nel laboratorio di grafica della Rai Piero Angela e il grafico Giovanni Sallitano s’imbarcano in un’operazione da certosini: prima cancellano la scrittura, poi adeguano il risultato ai cromatismi del foglio. Dopo di che, utilizzando consolidate tecniche investigative per ricomporre il volto di persone scomparse o criminali, lo ricostruiscono: entrambe le sopracciglia, gli occhi, la bocca...
A questo punto scatta il confronto con l’autoritratto dalle folte ciglia di un uomo provato dagli anni. Viene utilizzata la tecnica del morphing e che permette di ipotizzare i mutamenti di un volto con l’età, ovvero come «invecchia», le rughe, le borse degli occhi, la caducità a cui ogni essere vivente obbedisce. Risultato: «compatibilità perfetta». Occorre allora la prova inversa: viene «ringiovanito» - un lifting virtuale - il Leonardo da vecchio. Risultato: «compatibilità perfetta». Angela, che sa quanto sia scivoloso questo terreno, consulta Giorgio Iannetti, chirurgo maxillo-facciale al Policlinico Umberto I di Roma. Il professore non smonta affatto la sua ipotesi, anzi conferma una sua impressione: al pittore-scienziato mancano i denti anteriori, lo dicono la morfologia della bocca, il tratto fra le labbra e il naso... Ma Angela vuole di più. Interpella il Raggruppamento investigazioni scientifiche - noto come Ris - di Roma per un responso sul paragone tra il disegno dell’uomo maturo e l’uomo da vecchio. Il responso, nel linguaggio formale di una prova processuale, lo rincuora: «Le similitudini consentono di esprimere un giudizio di compatibilità tale da ritenere ragionevole che le stesse ritraggano il medesimo soggetto».
GLI ESPERTI
È ora indispensabile il parere degli studiosi. Angela vola a Los Angeles da Pedretti: «Sono perfettamente convinto che sia un autoritratto. Abbiamo a che fare con immagini con le carte in regola. Sono profondamente gratificato dai risultati di questa operazione. Chiederei semplicemente di riflettere e di consultarmi con i colleghi. Ma questa sarà una delle acquisizioni più importanti nello studio di Leonardo, della sua immagine e direi del suo pensiero». Concorda Alessandro Vezzosi, direttore del Museo ideale leonardiano a Vinci: «Un frammento straordinario per affrontare uno degli argomenti principi della ricerca su Leonardo, quella sul suo volto, su cui fioccano da sempre leggende, fantasie e approssimazioni. Questa immagine viene dal Codice che inequivocabilmente è opera di Leonardo». Resta la domanda: dove e quando l’artista si è autoraffigurato? Possibile risposta partendo da due foglie di un albero - il gelsomoro - che rimanda alla seta: forse a Milano tra il 1482 e il 1499, al tempo di Ludovico il Moro.
* l’Unità, 02 marzo 2009
L’italiano è il "Personaggio più influente della cultura" Lo dicono 140mila cittadini del Vecchio Continente
Dal volo allo studio delle valvole, tutta la sua opera ancora oggi aiuta l’uomo
In fondo alla classifica dei super 50 un altro toscano: Niccolò Machiavelli
Leonardo
Genio e mistero è lui il più amato dagli europei
di Elena Dusi (la Repubblica, 13.05.2008)
Tutte le strade portano a Leonardo. Quando Roma perde la sua centralità, chi resta nel cuore dell’Europa è l’intramontabile da Vinci. "Personaggio più influente della cultura europea" lo hanno eletto in 140mila in un sondaggio che celebra i 50 anni del Trattato di Roma. Nelle urne aperte otto mesi fa su iniziativa delle associazioni "Ufficio internazionale delle capitali culturali" e "Capitale della cultura catalana" hanno inserito i loro voti digitali i cittadini di tutta l’Unione. E per l’Italia del Rinascimento c’è stata la soddisfazione di aver superato la Gran Bretagna di William Shakespeare e l’Austria di Wolfgang Amadeus Mozart. Perché se il genio non si misura ed è impossibile fare classifiche fra personaggi di tanta levatura, nessuno come Leonardo è ancora vivo nelle cronache di oggi con i suoi misteri in cerca di rivelazioni.
Il sorriso della Gioconda è solo il primo di questi enigmi. La seconda palestra per giallisti riguarda le origini di Leonardo: sembra che sua madre fosse originaria del medio oriente o di quella Turchia che alle porte dell’Europa si sta affacciando con una qualche fatica. I disegni tecnici offrono pane per i denti degli ingegneri. E non manca chi alle macchine volanti del genio toscano affida la propria vita: alla fine di aprile un avventuroso svizzero si è lanciato da 650 metri con il paracadute a forma di piramide disegnato da Leonardo mezzo millennio fa. «Sono atterrato al centro della pista. Il paracadute si è comportato in maniera impeccabile» ha raccontato Olivier Vietti-Teppa, che ha unito design rinascimentale e materiali moderni per il suo tuffo dall’elicottero. Francis Wells fa invece il cardiochirurgo di mestiere. E a Leonardo ha affidato la vita dei suoi pazienti nell’ospedale di Cambridge. «I suoi disegni sul funzionamento delle valvole - ha detto in un’intervista alla Bbc - sono stati rivelatori. Mi hanno suggerito una tecnica migliore per correggere dei difetti del cuore».
Per rompere gli incantesimi di cui il beffardo fiorentino ha circondato le sue opere c’è chi pensa di usare la potenza di fuoco della tecnologia moderna. Ma i risultati fanno spesso scuotere la testa. Alcuni scienziati canadesi hanno analizzato con il laser e i raggi infrarossi la Gioconda per decifrarne il sorriso. «Sguardo e lineamenti - ha concluso Bruno Mottin del French Museums’Center for Research and Restoration - sono caratteristici di una donna che è incinta o ha appena partorito». L’ipotesi non ha convinto nessuno. I disegni delle macchine belliche di Leonardo, poi, conterrebbero dei difetti nascosti. Il genio che definì la guerra "una follia bestiale" non avrebbe mai permesso che le sue tecnologie fomentassero gli istinti di sangue. Così nel disegno del suo prototipo di carro armato le ruote sono montate in maniera tale da spingere il mezzo all’indietro, anziché in avanti. E in questo senso la vittoria di Leonardo è stata vista dagli ideatori del concorso come un buon auspicio per l’Europa. Anche perché dal fondo della classifica, al cinquantesimo e ultimo posto, a guardare il primato di Leonardo è finito un altro toscano del Rinascimento: Niccolò Machiavelli. Geniale anche lui, ma con un retrogusto mefistofelico che sarà forse frutto di pregiudizio, ma ai volonterosi e idealisti elettori del concorso europeo non poteva andare giù.
Parigi, il mistero dello «sfumato» della Gioconda *
La Gioconda di Leonardo da Vinci ha rivelato un nuovo segreto. Il mistero del velo vaporoso, il celeberrimo «sfumato», presente sopra l’enigmatico sorriso di Monna Lisa è stato chiarito da una nuova indagine multispettrale: l’artista-scienziato utilizzò una tecnica di sovrapposizione di strati di pittura, che era stata impiegata in precedenza dai pittori fiamminghi Van Eyck e Van der Weyden e che il genio rinascimentale probabilmente apprese dal contemporaneo Antonello da Messina. È questo il risultato a cui è giunta la ricerca condotta da Mady Elias del Centro nazionale della ricerca scientifica francese, che ha pubblicato uno studio sulla rivista «Applied Optics», precisando che la parte superficiale del quadro è una sovrapposizione di strati di «terra d’ombra» mescolata con un’ocra con manganese. Il secondo strato è un miscuglio di 1% di vermiglio e di 99% di bianco di piombo.
* Avvenire, 25.04.2008.
ORIGINI ARABE PER LEONARDO DA VINCI
FIRENZE - Un’impronta del pollice di un maschio adulto, verosimilmente della mano sinistra. E’ la ricostruzione scientifica di un’impronta digitale di Leonardo da Vinci, ottenuta grazie all’analisi, con sofisticate tecniche dattiloscopiche, di oltre 200 impronte lasciate su 52 fogli leonardeschi. La struttura dell’impronta, sostengono gli esperti, è tipica del 65% della popolazione araba e rafforza l’ipotesi che la madre di Leonardo fosse di origine orientale.
Le nuove scoperte sono state annunciate in una tavola rotonda organizzata alla Loggia del Bigallo di Firenze, nell’ambito della manifestazione ’Il genio fiorentino’. Proprio al Bigallo, a luglio, sarà inaugurato lo spazio della ’Libera Achademia Leonardi Vinci’ che ospiterà attività espositive, informative, sperimentali e didattiche. Gli studi sulle impronte di Leonardo sono state illustrati da Luigi Capasso, direttore dell’istituto di antropologia e del museo di storia delle scienze biomediche dell’Università di Chieti e Pescara, da Alessandro Vezzosi, direttore del museo Ideale di Vinci e tra i più autorevoli studiosi di Leonardo, dal maggiore Gianfranco De Fulvio, comandante del reparto dattiloscopia preventiva del Racis di Roma, e dalla storica della medicina dell’Università di Firenze Donatella Lippi.
"Sulle pagine e sui dipinti di Leonardo - ha spiegato Capasso - possiamo trovare tantissime tracce, non necessariamente dell’epoca, come per esempio macchie, aloni e tracce biologiche. Il nostro primo compito è stato quello di distinguere le tracce sincroniche da quelle non sincroniche e ci siamo concentrati sulle macchie d’inchiostro, dato che è stato più semplice stabilire se la macchia derivava dallo stesso inchiostro usato per vergare le frasi". Proprio nelle macchie d’inchiostro sono state scoperte numerose impronte digitali, anche se parziali, che hanno portato alla ricostruzione di un intero polpastrello dell’artista.
"L’impronta - ha continuato Capasso - ha tra l’altro una struttura a vortice con diramazioni a ’y’, dette triradio: questa tipologia di impronte è comune a circa il 65% della popolazione araba". "A questo punto - ha affermato Vezzosi - si rafforza l’ipotesi che la madre del genio fosse orientale, nello specifico, secondo i miei studi, una schiava". L’impronta di Leonardo, oltre a essere l’unica testimonianza paleobiologica dell’artista, può anche essere utile, come sottolineato da Capasso e Vezzosi, ad accertare attribuzioni artistiche o anche a studiare l’influenza della ridotta mobilità della mano destra negli ultimi anni di vita del maestro.
ANSA» 2007-05-12 15:33
Prof. Ernesto Solari Cel. 339.2984261 e-mail ernsola@tin.it Sito Internet http://solari1.supereva.it/
Sono l’autore del libro “Gioconda, il volto e l’anima” edito da Aisthesis, Mi. Nei giorni scorsi la notizia del ritrovamento della tomba di Monna Lisa ha fatto nuovamente parlare alcuni giornali della Gioconda come il ritratto di Monna Lisa Gherardini (Ipotesi del Dott. Pallanti, a cui ha risposto contrariamente il Prof. Alessandro Vezzosi) continuando ad ignorare che Monna Lisa non è la donna ritratta nel quadro del Louvre ma sicuramente di altro dipinto probabilmente disperso. Il dipinto del Louvre è una donna Lombarda, ipotesi questa confermata da alcuni studi trovati recentemente dal sottoscritto e pubblicati sul libro in oggetto. Gli studiosi continuano a parlare di indizi o idee senza il conforto di alcuna prova e i media continuano a dare voce a queste falsità ignorando la verità di prove concrete e tangibili. Perché? E’ possibile oggi sostenere e dimostrare il contrario di quanto affermato da questi signori. Perché ignorarlo? Fino ad oggi nessuno è riuscito ancora a dimostrare concretamente che la Gioconda sia la toscana Lisa Gherardini. Perché poi non considerare l’ipotesi che possa trattarsi di donna lombarda come molti aspetti, a partire dalle caratteristiche del paesaggio, portano a pensare? E’ da maggio del 2006 che tanta stampa nazionale (oltre 80 articoli) ha dato la notizia del ritrovamento, da parte di chi scrive, di alcuni studi relativi alla Gioconda presenti nel Codice Atlantico. Studi che portano a considerare una nuova identità della Gioconda, non più Monna Lisa ma la povera figlia primogenita di Ludovico il Moro, Bianca Sforza, morta avvelenata pochi mesi dopo il matrimonio con Galeazzo di Sanseverino, grande amico di Leonardo; Bianca Sforza è la vera Gioconda, su questo punto pochi possono essere i dubbi secondo chi scrive, anche se esiste un’unica possibile alternativa: la Gioconda potrebbe essere il ritratto di Caterina Sforza, ipotesi che era già stata avanzata da Magdalena Soest la quale ritiene vi sia anche una relazione col ritratto di Caterina Sforza dipinto da Lorenzo di Credi che si trova nella Pinacoteca forlivese. Molti sono comunque i dubbi, ma inviterei gli illustri studiosi citati dai TG a considerare anche i disegni del Codice Atlantico e soprattutto a chiedersi che senso avesse avuto per Leonardo rappresentare un paesaggio lombardo alle spalle di una donna toscana.
Prof. Ernesto Solari
ULTIMI AGGIORNAMENTI: ECCO PERCHE’LA GIOCONDA E’ CATERINA SFORZA
Vorrei portare un contributo e qualche certezza in più per riuscire a sciogliere finalmente il mistero che avvolge da 500 anni il capolavoro di Leonardo la Gioconda; tanti studiosi lo hanno affrontato, anche in recenti convegni, con molta superficialità e senza il conforto di alcuna prova e, a volte, neppure da indizi informali.
Ritengo che sia giusto parlare e animare il dibattito almeno sulla base di qualche certezza o indizio concreto o altrimenti sposare l’atteggiamento del Prof. Carlo Pedretti che nel suo recente libro “Leonardo& io” ha preferito tacere sul tema “Identità della Gioconda”.
Vorrei qui proporre, seppur in sintesi, una tesi che si basa su alcuni elementi tangibili come il foglio 385 dell’Ambrosiana. In questo foglio, come ebbi a scrivere sul mio “Gioconda: il volto e l’anima” del 2006, ed. Aisthesis, sono presenti alcuni elementi che ci portano alla Gioconda e possono aiutarci ad individuare la sua vera identità.
La conclusione a cui è possibile oggi pervenire, partendo da tali basi, è che la Gioconda può essere Bianca Sforza o Caterina Sforza, l’indagine seguente ha esaminato queste due possibilità e trovato alcuni elementi che possono determinare una scelta precisa.
Se nel 2006 ero più propenso a vedere nella Gioconda il volto di Bianca, la figlia primogenito di Ludovico il Moro, oggi, dopo ulteriori studi e il ritrovamento di altri elementi indiziari, la mia opinione è orientata verso Caterina Sforza, queste sono solo alcune delle principali motivazioni:
Leonardo ebbe varie occasioni per incontrare e conoscere Caterina ipotesi confermata dallo stesso Prof. Pedretti sul suo recente libro.
La datazione del foglio 385 che potrebbe determinare la prova più importante per tale attribuzione di identità (secondo alcuni studiosi potrebbe risalire al 1487 cioè l’anno della visita di Caterina a Milano e l’anno prima dell’uccisione di Girolamo Riario, secondo altri al 1495/96:
nel caso la datazione fosse questa allora si potrebbe pensare a Bianca Sforza assassinata nel 1496.(in ultima ipotesi si potrebbe trattare nuovamente di Caterina che si sposò proprio in quell’anno con Giovanni de Medici)
La possibilità che il De Beatis, segretario del cardinale D’Aragona, quando scrisse dell’incontro in Francia fra lo stesso Cardinale e Leonardo, abbia ingenuamente o volutamente frainteso le parole pronunciate da Leonardo quando parlò di certa donna Fiorentina legata ad un Medici. Era infatti plausibile che trattandosi di Caterina fosse stato utilizzato da Leonardo un linguaggio pieno di sottintesi e di ironia per celare volutamente la realtà e le vicissitudini drammatiche, ben conosciute dai due testimoni, di Caterina che sposando Giovanni De Medici, in terze nozze, divenne donna fiorentina e membro della famiglia.
ARTE: VEZZOSI, LA GIOCONDA DEL LOUVRE NON E’’ MONNA LISA GHERARDINI
Firenze, 19 gen. - (Adnkronos) - La Gioconda del Louvre non e’ il ritratto di Lisa Gherardini. A contestare l’identificazione e’ il professor Alessandro Vezzosi, direttore del Museo Ideale Leonardo da Vinci, che ha sede nel paese natale dell’artista-scienziato, considerato uno dei massimi studiosi dell’opera del genio rinascimentale. Monna Lisa propone, invece, a suo parere, l’immagine di una ’favorita’ di Giuliano de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, ’’ritratta al naturale’’, come dichiarava lo stesso Leonardo al cardinale d’Aragona e al suo segretario il 10 ottobre 1517. Con tutta probabilita’ la Gioconda fu ispirata dalla nobildonna Isabella Gualandi, vissuta tra le corti di Napoli e Roma.
LEONARDO: LA GIOCONDA NON E’ LISA GHERARDINI *
FIRENZE - La ’Gioconda’ di Leonardo non è monna Lisa Gherardini. E’ quanto emerge dagli studi di Lillian Schwartz, Renzo Manetti e Alessandro Vezzosi appena pubblicati nel volume "Monna Lisa. Il volto nascosto di Leonardo" (Edizioni Polistampa, 152 pagine, 14 euro). Già nel 1987, informa una nota, l’artista e studiosa americana Lillian Schwartz dimostrò che i lineamenti del volto di Monna Lisa e quelli dell’autoritratto di Leonardo erano al computer perfettamente sovrapponibili e la notizia fece il giro del mondo. La sua ricerca, mai pubblicata in edizione internazionale, è ora riportata in questo volume assieme alle tesi di altri due studiosi.
L’ architetto e scrittore fiorentino Manetti ritiene questa ipotesi plausibile e ne offre una motivazione filosofica mentre Vezzosi, studioso di Leonardo e direttore del Museo ideale di Vinci, la nega totalmente perché ritiene invece che la donna raffigurata nel celebre dipinto sia una favorita di Giuliano dé Medici, il fratello di papa Leone X. Vezzosi ricorda che questa identità è scritta nel diario del cardinale Luigi d’Aragona, scritto dal suo segretario, che riporta quando avrebbe detto Leonardo al cardinale il 10 ottobre 1517. Un’ altro studioso fiorentino Giuseppe Pallanti, lo scorso gennaio, ha annunciato di aver scoperto, attraverso documenti contenuti in un archivio fiorentino, che la Monna Lisa, al secolo Lisa Gherardini, è morta a Firenze il 15 luglio 1542, a 63 anni, ed è stata sepolta nel convento di Sant’ Orsola, nel centro di Firenze, oggi un edificio in stato di forte degrado.
* ANSA» 2007-09-06 14:56
secondo il mio parere personale e dopo studi in questo campo, potrei osare a dire che la famosissima gioconda sia l’immagine della musa ispiratrice di leonardo quindi non perforza una donna o un uomo, ma la dea che ispirava il maestro.Misteri e molto altro saranno celati dietro questa immagine e secondo al mio pensiero,la bella dama nasconde degli indovinelli e della magia.Da ricordare lo studio degli antichi testi e dell’alchimia di cui il nostro maestro ne è "maestro". Cordiali saluti
Maria Camilla
LA ’VERA’ GIOCONDA FU SEPOLTA A FIRENZE *
FIRENZE - La vera Monna Lisa fu sepolta nel cuore di Firenze, in quello che era il convento di Sant’ Orsola. Il luogo e la data della morte, fino ad ora sconosciuti, sono stati individuati da un appassionato studioso del capolavoro di Leonardo, il professor Giuseppe Pallanti, consultando le carte di un archivio fiorentino. La Gioconda, al secolo Lisa Gherardini, la modella utilizzata da Leonardo da Vinci per il celebre ritratto esposto al Museo del Louvre di Parigi, era la moglie del mercante fiorentino Francesco Del Giocondo e morì il 15 luglio 1542, a 63 anni.
Fu sepolta nel convento di Sant’ Orsola, in pieno centro di Firenze, oggi un edificio in stato di forte degrado. La stessa ricerca ha stabilito che Lisa Gherardini abitò in una casa posta di fronte a quella della famiglia di Leonardo da Vinci, in via Ghibellina a Firenze. Questa scoperta conferma così che la Gioconda è realmente esistita proprio come scrive Giorgio Vasari nelle sue "Vite" degli artisti fiorentini.
* ANSA » 2007-01-18 13:04