Diritto-alla-felicità. Tra soggetto e considerazione inattuale, tra progetto cineteatrale e provocazione ironico-tragica, una chicca di Maria Costanza Barberio liberamente creata in un attimo di pura follia

giovedì 27 luglio 2006.
 

Diritto alla felicità. Diritto-alla-felicità. Qualcuno prima di scegliere di raggiungere questo stato di appagamento nella propria arte, nel proprio lavoro, nel proprio cammino di vita si domanda formalmente: "Ma sarà egoismo o un mio diritto?". Voglio stare da solo può essere una risposta? Ma fin’ora sono stato da solo? No, io ho un lavoro quindi dei colleghi, ho una famiglia quindi un marito e un mezzo figlio. Allora cosa mi sta succedendo? Confusione. Sono stato asse-nte o pres-ente o ente o niente? Presente sicuramente. Ho un nome e tutti mi chiamano per nome ed io rispondo. Sempre. A scuola: presente. A lavoro: eccomi. A far l’amore: sono qui. A pranzo: pazienza. A cena: un attimo. Prima di dormire: finalmente. La colpa è loro. Loro mi accusano di assenza. Perché loro che si chiamano per nome, che a scuola rispondevano "presente", a lavoro "eccomi", a far l’amore "sono qui", a pranzo "pazienza", a cena "un attimo" e prima di andare a dormire "finalmente", sono stati presenti? Rispondevano d’abitudine. Si deve rispondere per educazione. Ora hanno la mia stessa età. Cent’anni. Abbiamo lo stesso nome. Numero. Godot ci sta aspettando. Siamo ancora giovani. Esiste una sola differenza: non conoscono la domanda kantiana "cosa posso fare?". Ora? Io ho ancora tempo. E se loro non avessero risposto?

Maria Costanza Barberio


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