99 Posse
Povera vita mia
Alle volte mi ritrovo con la testa tra le mani
e penso di essere diventato pazzo
mi dico cazzo! non è reale qua mi devo calmare
eh già, devo stare calmo, riprendere il controllo,
lucidità, perché fa caldo qua,
senti che caldo che fa, si muore, ma si fa per dire
non è che fa caldo e uno muore
a meno che non sia anziano e c’abbia problemi col cuore
o di pressione, ma non è che fa caldo e uno muore
il caldo è una cosa naturale, come andare a lavorare
C’è l’affitto da pagare? Vai a lavorare,
lì ti possono sfruttare, umiliare, sottopagare,
cassaintegrare, ma non è che ti possono ammazzare,
non è così, perdio, non è così che deve andare,
cazzo, morire, cazzo morire per poco più di un milione
non può capitare, ma non si sa come
succede ogni giorno a ben tre persone
e io sarei il pazzo! mille morti l’anno è una guerra perdio
ed io sono un pazzo fottuto che con una guerra in corso
vado ancora in giro disarmato, un pazzo, un pazzo fottuto
Povera vita mia chi coglie e magna
chi se ne fa nu rap e chi na pigna
Povera vita mia chi magna e magna
chi se ne fa nu rap e chi na pigna
Più ci penso e più mi è chiaro
il fatto che non sono diventato pazzo
è solo che là fuori c’è qualcuno
che si è messo in testa di ammazzarci tutti
e puoi giurarci che nemmeno lui è pazzo
pazzo è riduttivo per un serial killer recidivo
che poi non è neanche uno
perché sono tanti e sono pure tanto ricchi
e potenti e sfacciati maledetti siano loro
e chi cazzo li ha creati, avidi assassini senza scrupoli
che intascano un miliardo ogni due mesi
e si permettono di parlare
di taglio alle spese e ai contributi
i bastardi fottuti, figurati se c’hanno orecchie per sentire
chi gli parla di riduzione dell’orario di lavoro
per loro se dopo otto ore di lavoro
sei stanco, fai una cazzata e muori
è un peccato e manco per la tua vita
quanto per la pensione che hanno cacciato
e comunque hanno risparmiato
rispetto all’assunzione di nuove persone a pieno salario
è questo lo straordinario obbligatorio
chi vola alle Bahamas e chi va all’obitorio
e dovremmo pure dirgli grazie
perché “offrono” lavoro
Povera vita mia chi coglie e magna
chi se ne fa nu rap e chi na pigna
Povera vita mia chi magna e magna
chi se ne fa nu rap e chi na pigna
Alle volte mi ritrovo con la testa fra le mani
e penso, penso e rifletto: in Italia c’è un conflitto
una guerra che fa più di mille morti all’anno
tra lavoro e mala sanità, e dimmi tu
se questa qua non è pulizia etnica
cos’è come si chiama?
Quando uno che c’ha i soldi può avere tutto
e uno che ne ha di meno non ha diritto
nemmeno a un letto in un ospedale quando sta male
e se vuol farsi curare deve pagare
solo che coi soldi che gli danno quelli del lavoro interinale
c’è l’affitto da pagare, il bambino da mantenere
e cosa cazzo vuoi pagare un dottore
quando non sai nemmeno se tra due mesi
c’avrai ancora un fottuto lavoro
perché il lavoro interinale non è altro che
una prestazione occasionale di lavoro manuale
non qualificato, esattamente il caso in cui
il rischio d’incidente sul lavoro è quintuplicato
e tutto questo non è capitato
ma è stato pensato, progettato e realizzato
dal padronato in combutta con l’apparato decisionale dello stato
per il quale la vita di un proletario non vale non dico niente
ma sicuramente non vale il costo di un’assunzione regolare
con tanto di corso di formazione professionale;
è evidente il disegno criminale o no?
o sono io che sono pazzo?
Povera vita mia chi coglie e magna
chi se ne fa nu rap e chi na pigna
Povera vita mia chi magna e magna
chi se ne fa nu rap e chi na pigna
(Liberazione, 26.11.2006)
Lo scandalo del lavoro che uccide
di Luciano Gallino (La Repubblica, 27.11.2006)
Per vari motivi il permanere degli incidenti sul lavoro su quote elevatissime - circa 950.000 casi all’anno, che si lasciano dietro 1200 morti e decine di migliaia di persone con invalidità più o meno gravi - è uno scandalo nazionale che non ha attenuanti. Giustamente il Papa e il capo dello Stato hanno richiamato l’attenzione su di esso. È uno scandalo, in primo luogo, perché in merito alle cause materiali degli incidenti si sa quasi tutto. La frammentazione pianificata dei processi produttivi in imprese e squadre di lavoro sempre più piccole, collegate da lunghe catene di esternalizzazioni a cascata e sub-appalti, disincentiva la formazione alla sicurezza. e in molti casi la rende tecnicamente inattuabile.
L’elevato numero di datori di lavoro che reclutano masse di lavoratori in nero, connazionali e immigrati, è un altro fattore che dalle due parti fa venir meno la voglia, il tempo, la stabilità dell’occupazione che sono indispensabili per la formazione alla sicurezza. Allo stesso effetto operano i contratti di lavoro atipici, in specie quelli con una durata di pochi mesi. Alle carenze formative si aggiungono i costi dei dispositivi attivi e passivi per la prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro che molte imprese, vuoi perché premute dalle pressioni sui costi provenienti dagli anelli superiori della catena di creazione del valore, vuoi perché nella loro agenda gli investimenti in sistemi di sicurezza non sono una priorità, cercano di limitare il più possibile.
Dal lato delle attività di prevenzione e controllo, un fattore che incide nel mantenere elevato il tasso di incidenti sul lavoro è la perenne carenza del numero degli ispettori del lavoro in servizio effettivo presso il ministero, l’Inail e le Asl. In qualsiasi impresa, un ispettore che non si vede significa, al minimo, uno scarso impegno dei capi nelle misure di sicurezza. Su scala nazionale, gli ispettori del lavoro effettivamente in servizio sono, salvo errore, meno di 2300, a fronte dei quali operano circa un milione e mezzo di imprese non individuali. Ciascun ispettore dovrebbe quindi controllare regolarmente lo stato delle misure di sicurezza in oltre 650 imprese. Poiché una singola ispezione in una piccola azienda prende almeno una giornata, spostamenti compresi, mentre nelle aziende con numerosi dipendenti richiede parecchi giorni, se ne ricava che ogni singolo ispettore può compiere una sola visita approfondita alle "sue" imprese ogni sei anni circa. Pertanto i datori di lavoro non in regola possono, sotto il profilo dei controlli preventivi cui sono esposti, dormire sonni tranquilli.
Alcuni dei fattori che concorrono a mantenere alto il numero degli incidenti gravi sul lavoro potrebbero essere alleviati o rimossi con provvedimenti ad hoc del legislatore. Per dire, mille nuovi ispettori del lavoro potrebbero essere assunti in pochi mesi mediante un decreto. Altri fattori appaiono più ostici nei confronti di un intervento. Non sarebbe facile, ad esempio, invertire la tendenza alla frammentazione dei processi produttivi e delle imprese. D’altra parte tale tendenza è stata accentuata dal decreto attuativo della legge 30, che ha facilitato la cessione di rami d’impresa anche nel caso in cui non erano in precedenza funzionalmente autonomi. Quel che il legislatore ha fatto, il legislatore può disfare o correggere.
Il guaio è che quando si tratta di incidenti sul lavoro il legislatore italiano appare discutere molto, ma concludere poco. Allo scopo di contenere i fattori di incidenti nei luoghi di lavoro occorre una legge complessiva sulla sicurezza del lavoro. La concatenazione di tali fattori ne fa un sistema complesso. Ci vuole quindi una legge di sistema per contrastarli, qualcosa di simile a un ampio testo unico sulla sicurezza del lavoro. Ora, se ben ricordo, di testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro si parlava già verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso. Per anni non successe nulla. Verso il 1994, la Commissione europea varò una specifica direttiva su tale tema. Il legislatore italiano si prese qualche tempo per riflettere, e nel luglio 2003 - nove anni dopo, governo Berlusconi in carica - emanava una legge che prevedeva un anno per preparare un decreto in materia di sicurezza dei lavoratori. Una bozza di Testo unico fu effettivamente predisposta dal ministero del Lavoro entro il 2004, ma le critiche al suo carattere regressivo levate dalle regioni, nonché da numerosi giuristi e altri operatori del settore, inducevano il governo a ritirarla poco dopo. In compenso veniva istituita una Commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni e le "morti bianche" che ha concluso i lavori nell’aprile 2006, ribadendo con voto unanime la necessità, nullameno, di addivenire al più presto alla stesura di un Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Siamo così arrivati al governo Prodi. Il nuovo ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ha fatto inserire in una legge che tratta in realtà di tutt’altro (la 248 del 4 agosto 2006) un articolo, il 36-bis, il quale contiene misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro. Misure apprezzabili, che però si limitano alla repressione dell’impiego di lavoratori irregolari, e soltanto nel settore dell’edilizia - un’area di intervento esigua rispetto all’enorme perimetro del lavoro malsicuro. Il problema è stato però prontamente affrontato dalla Commissione Lavoro della Camera. Già a metà luglio 2006 il suo presidente ribadiva l’esigenza di "un rapido intervento normativo volto all’emanazione di un testo unico in materia di sicurezza del lavoro". I membri della Commissione hanno espresso unanimi il loro consenso. I tempi? Forse un anno, un anno e mezzo, stando a dichiarazioni di alcuni membri e sottosegretari. Se tutto va bene, si arriva dunque a metà 2008 per vedere approvato finalmente un Testo unico. A quell’epoca, ricordano crudamente le serie statistiche, si saranno verificati altri 1800-2000 incidenti mortali sul lavoro. Che nessuno può pensare di azzerare, ma che sicuramente è possibile ridurre di molto con una legge adeguata. Forse è davvero giunto il momento di dare una scossa, almeno in questo campo, al processo legislativo.
Al mio paese si dice: U cane muzzica sempre u sciancatu ...
Federì, hai qualche soluzione al problema ? Diventiamo tutti rossi e togliamo la moneta ? c’aggia fa ?? Dicci dicci...come si fa a non combinar pasticci ?
Morti bianche, D’Alema: «Presto un disegno di legge» *
Di fronte allo stillicidio delle morti bianche (altri due morti in mattinata), il governo decide di intraprendere un’azione forte. Ad annunciarlo è lo stesso vicepresidente del Consiglio, Massimo D’Alema, nel question time in Parlamento ad un’interrogazione sull’incidente occorso all’oleificio di Campello sul Clitunno dove sono morte 4 persone. Nelle prossime settimane il governo intende presentare un disegno di legge per il riordino di tutta la disciplina sulla sicurezza e la salute dei lavoratori.
La lotta all’illegalità e lo sfruttamento in ogni forma nel mondo del lavoro è l’obiettivo dichiarato. Dopo aver assicurato che non mancherà l’impegno da parte del governo, delle amministrazioni coinvolte e delle autorità regionali di portare un aiuto concreto ai familiari delle vittime, il vicepremier ha infatti riepilogato le iniziative già esistenti per contrastare il fenomeno delle morti bianche: dal pacchetto sicurezza contenuto nelle «misure Visco-Bersani», che ha introdotto norme severe che rappresentano un vero e proprio punto di svolta nella gestione della sicurezza, alla finanziaria in corso d’approvazione, dove si introducono norme che combattono il lavoro nero e inaspriscono le sanzioni rispetto agli inadempienti e ridefiniscono i parametri di calcolo sul cosiddetto danno biologico.
Infine D’Alema ha annunciato che a gennaio il governo lancerà un grande iniziativa nazionale per la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro con il sostegno della Presidenza del Consiglio.
L’incidente nello stabilimento in Umbria, nel quale sono morti quattro operai, è anche al centro di un’interpellanza urgente dei parlamentari dell’ ufficio di presidenza del gruppo dell’Ulivo della Camera, nella quale si chiede ai ministri del lavoro, dell’ambiente e della salute di dichiarare lo stato di emergenza per tutta la zona interessata.
Franceschini, Sereni, Bocci, Stramaccioni, Di Girolamo e gli altri parlamentari dell’Ulivo della commissione ambiente e della commissione lavoro della Camera sottolineano che, oltre alle quattro vittime, l’esplosione ha causato «un danno ambientale non ancora pienamente quantificabile», riproponendo il dramma degli incidenti sul lavoro e quindi il tema della sicurezza, «autorevolmente riproposta dalle massime cariche istituzionali».
I deputati ulivisti ricordano, a questo proposito, che lo scorso anno si sono registrate quasi 940 mila denunce di infortuni e 1.206 incidenti mortali. Al governo, gli interpellanti chiedono quali elementi abbia a disposizione per valutare la vicenda di Campello, nonché «una prima valutazione dei suoi effetti sull’equilibrio ambientale della zona e sulla condizione della salute della popolazione circostante». Sollecitata, infine, «la definizione di un quadro giuridico che offra una maggiore e reale tutela della salute e della vita dei lavoratori, nonché un sistema di efficace monitoraggio e controllo del rispetto della normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, anche prevedendo un miglior coordinamento delle strutture del Ministero del lavoro e delle aziende sanitarie locali preposte a tali funzioni».
La questione è quanto mai di attualità: in mattinata due operai sono morti in seguito allo scoppio di una caldaia difettosa mentre altre due lavoratori sono rimasti gravemente feriti a Sant’Angelo a l’Esca, piccolo centro a 40 chilometri da Avellino.
* www.unita.it, Pubblicato il: 29.11.06 Modificato il: 29.11.06 alle ore 17.48