San Giovanni in Passula: storie di giovani del luogo tartassati dalla politicazza dei paperozzi mafiosi. San Giovanni in Fiore: l’Impero della mafiazza

lunedì 26 febbraio 2007.
 

San Giovanni in Fiore. Ormai piccolo paese della Calabria. Desolato e lasciato andare. Paese colto dalla peste intesa come follia collettiva. Follia non artistica, non istintiva, non creativa, ma orizzontale, finita e definita. È un ambiente particolare. Da studiare. Da osservare. Da ascoltare. Un paese che ha detto «no» davanti alla candidatura del filosofo Gianni Vattimo. Un paese invece che ha scelto ancora una volta, dopo cinquant’anni, la sinistra-paesana-mafiosa. La mia passione per il paese esce fuori ogni volta che il mio sguardo cattura immagini di ragazzi adolescenti che camminano indifferenti, non coscienti. Ho vissuto a San Giovanni in Fiore da adolescente e provo rabbia ad ascoltare gli adolescenti di oggi che non parlano e non si ascoltano come, in fondo, succedeva ai miei tempi. C’è chi s’impegna non nel sociale ma semplicemente nella sfera personale suonando, correndo, sciando, giocando forse per non vedere la nebbia che non fa vedere. Ecco che cosa manca, l’interesse per il sociale che fa muovere le braccia delle idee. Responsabile è sempre la scuola che non ascolta, istruita dalla politica che istruisce anche la chiesa. San Giovanni in Fiore è stato in passato, almeno dai ricordi che ho in mente, un paese molto religioso e seguito dalla Chiesa, grazie a sacerdoti che avevano a cuore i ragazzi e i loro problemi adolescenziali. I ragazzi andavano in chiesa, anche se non avevano fede in Dio, perché era per loro luogo di riferimento, d’incontro. Oggi quanti ragazzi vanno in chiesa? E quanti ragazzi vengono ascoltati dai professori? I professori non vogliono vendere libri* ma seguire i programmi ministeriali. Sono ormai affossati dalla cultura del non pensare che non ascoltano e capiscono le proposte fatte a volte dai loro studenti. È un «no» a prescindere, il loro. Professori che giudicano troppo, perché troppi pensieri non hanno. Ragazzi che per amore e odio non colpevolizzo ma che non giustifico. Ho visto dalla finestra manifestazioni contro la mafia, contro la non droga. Ma dopo sono rientrata a guardare la tv perché ho visto la lotta contro la scuola italiana, e non contro la politica scolastica mafiosa di San Giovanni in Fiore. Ai miei tempi se lo studente cercava di fermare la lezione per portarla ai giorni attuali veniva penalizzato e preso in giro; oggi non so se accade lo stesso. Ai miei tempi intervistavamo i professori del liceo classico: qualcuno leggeva e rideva e i professori s’arrabbiavano perché l’intervistatore non aveva inteso il concetto da loro espresso, anche avendo riportato le stesse parole, registrate, dell’intervista. Vorrei che i padroni cambiassero. Da una parte la scuola che non può vendere libri e far conoscere filosofi, scrittori, artisti e missionari al di fuori di altomari e altemaree**, dall’altra la politica che risponde: non abbiamo i soldi per promuovere la cultura a San Giovanni in Fiore. Ai miei tempi c’erano i giovani che s’interessavano alla politica locale e non locale. Ai miei tempi c’erano i giovani che scrivevano sui giornali. Ai miei tempi c’erano ragazzi che andavano nelle botti a ubriacarsi come vecchi che aspettano Godot. Ai miei tempi a scuola le canne si fumavano dopo le lezioni e non nei bagni della scuola, durante le lezioni. Ai miei tempi la famiglia aveva un ruolo. Ai miei tempi c’erano anche ragazzi democristiani che sapevano distinguere il bene dal male e giudicare ogni cuore esaminandolo fino a distruggerlo come i loro cuori. Ai miei tempi c’erano ragazzi che si rifiutavano di andare al cinema a vedere film da loro non scelti: preferivano restare a scuola e discutere dei problemi reali, non facendo chiacchiere di carnevale come dicevano professori intellettuali della filosofia. Ai miei tempi la scuola e la politica erano come sono oggi, da una parte menefregh-ismo dall’altra ignorant-ismo. L’-ismo è sempre attuale. Intanto dai tempi miei a oggi è trascorso solo un anno e mezzo. La scuola e la politica parlano e parlano dei giovani che sono fuori. Giovani che provano rabbia non perché sono fuori ma perché vedono altri giovani che vanno via. Dovrebbero parlare e parlare dei giovani adolescenti che vivono a San Giovanni in Fiore. Perché a vivere ogni giorno nel nulla, inconsciamente, si matura un senso di libertà nella fuga. Ma perché tutto questo a San Giovanni in Fiore? Sarà la maledizione dell’abate? Non esiste l’intenzione, né la reazione fisica, né quella psichica. Solo follia.

Maria Costanza Barberio

* L’ironia è riferita, in questo caso, al fatto che, negli incontri con l’unica scrittrice invitata dai licei locali,alcuni docenti ne fanno acquistare dei libri, dicendo, poi, che «non possono promuovere» le fatiche letterarie di altri autori.

** L’ironia dei termini si riferisce alla scrittrice Patrizia Altomare, costantemente invitata dai licei di San Giovanni in Fiore, quasi che fosse l’unico autore di libri sulla faccia del pianeta.


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