Elezioni universitarie

Due studenti raccontano episodi poco edificanti avvenuti durante le consultazioni studentesche dell’Ateneo bolognese

martedì 9 maggio 2006.
 

Per accorgersi che la politica è in crisi non occorre guardare al Quirinale o a Montecitorio. Basta andare a Palazzo Malvezzi, giurisprudenza, Bologna. La crisi della politica parte dal basso. Dalle consultazioni che dovrebbero essere espressioni di volontà giovanile, ideale, vitale si denota, invece, un sistema ovvio, normale, misurato all’andazzo generale della politica attuale. Il voto è commercializzato, come la verdura al mercato. Un mercato dove agiscono operatori esperti a intercettare, sondare, provare l’ultima chance o saldo, addirittura il giorno stesso del voto, per ottenere qualcosa in più, sufficiente a fare eleggere i loro candidati, già eletti prima delle elezioni e irrimediabilmente destinati al bis, come a dovere sopportare un onere che nessuno desidera accollarsi. Due episodi emblematici che vedono protagonisti due candidati di opposti schieramenti e noi che scriviamo, semplici studenti. Il primo è il seguente. Io, Vincenzo, mi trovo in aula ad aspettare l’inizio delle lezioni; entra un ragazzo che come una vedetta perlustra l’aula, mi individua e si avvicina quatto quatto; chinandosi, mi sussurra nell’orecchio parole che volevano essere informative: “Ciao, sai che oggi si vota?”. E io, “Certo...”. Lui, rispettando un rito necessario: “Più o meno dove ti collochi? Sai, puoi dirmelo, visto che qui stiamo tutti in ottimi rapporti”. Rispondo serio: “Perché dovrei dirtelo?”. E lui: “ Sai, noi ci facciamo un mazzo così, abbiamo portato Travaglio e altri personaggi...”. Alché dico: “Infatti, ho già fatte le mie valutazioni...”. E lui: “Allora ti dò un promemoria”. Io seccato: “Non ho bisogno di nulla, so fare”. Lui: “Bene, sei stato già contattato?”. A quel punto chiudo: “Ho seguito la politica universitaria e so chi devo votare. Altro non voglio sapere”. Fine del primo episodio. L’altro coinvolge me, Franco: sono sulla rampa di scale del Palazzo Malvezzi, due ragazzi mi fermano per parlarmi con tono amicale. Il primo, vago conoscente, mi dice: “Che intenzioni hai per il voto?”. Ed io, semplicemente: “Sto andando a votare ed ho le idee abbastanza chiare”. Questo ragazzo insiste: “Sappi che abbiamo ben lavorato in questi anni e non siamo trasformisti o assenteisti come taluni”. A questo punto mi presenta il suo amico che mi allunga la mano a mo’ di saluto presentandosi. Ironia della sorte, mi accorgo di avere in mano un bigliettino, era il suo promemoria. Prima lo leggo, temendo fosse un pizzino, quindi dico sorpreso: ”Potevi anche darmelo di persona, se non fosse vietato”. Fine della seconda storia. Tante altre ne sono capitate ad amici e conoscenti, tutte della stessa levatura e maturità, a dimostrazione che i giovani, noi giovani non ci dedichiamo alla politica, la viviamo passivamente e poi siamo pronti a urlare governo ladro!. Pertanto invitiamo a seguire di più la politica universitaria per migliorarla, ad informare il Magnifico Rettore di questa situazione poco edificante per un’Ateneo che ha una sua storia di cui sono state scritte intere biblioteche. Crediamo che il padre della civiltà giuridica, Irnerio, non sarebbe contento di ciò. Denunciamo la seguente situazione: astensionismo altissimo (dell’ottantacinque per cento, due anni fa), logiche mercantilistiche, tecnica spicciola del do ut des, abuso dell’elettorato. Auspichiamo una risposta da parte di tutti gli studenti, per una politica universitaria forte e creativa che stimoli la politica globale.

Franco Trubiani e Vincenzo Tiano


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