In principio era il Logos (non il "Logo")!!!

EU-ROPA, EU-ROPA!!! Università senza frontiere. Il progetto "ERASMUS" ha compiuto venti anni: una festa!!! E un bell’effetto: CAFEBABEL.COM !!! Auguri!!!

lunedì 18 dicembre 2006.
 
[...] è soprattutto a chi ha avuto il coraggio di iniziare che andrebbero dedicate le celebrazioni. A quei ragazzi che venti anni fa, in maniera quasi pionieristica, accettarono la sfida e partirono. In tutto 3mila e 244. I più numerosi: i giovani del Regno Unito (925) e i francesi (895). Gli italiani furono duecentoventi. Da allora, i numeri non hanno fatto che crescere quasi in progressione geometrica. Nel complesso sono circa 150 mila gli studenti che ogni anno scelgono di fare l’Erasmus e oggi si è arrivati a un totale di un milione e mezzo [...]

Oggi a Bruxelles il via alle celebrazioni con Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione europea. Storia di un progetto che ha portato in giro per l’Europa già un milione e mezzo di studenti

Erasmus, la festa dei vent’anni: l’Università è senza frontiere

Curiosità, tabelle, approfondimenti e retribuzioni alla sito Miojob di Repubblica.it

di FEDERICO PACE *

Ci saranno venti candeline sulla torta di compleanno che gli universitari europei si apprestano a mettere nel forno della memoria. Una per ciascun anno di vita del programma Erasmus che dal 1987 permette ai ragazzi e alle ragazze delle univerità del Vecchio Continente di studiare fuori dai confini nazionali. A dare il via alle celebrazioni è Josè Manuel Barroso, il presidente della Commissione europea, in occasione della conferenza stampa che si tiene oggi a Bruxelles. La Commissione rende omaggio così a uno dei programmi europei più riusciti, a cui partecipano nove università su dieci di ogni parte d’Europa.

Ma quello di oggi è solo l’inizio. Il prossimo anno si assisterà a una serie di appuntamenti e celebrazioni che coinvolgeranno soprattutto loro. Quei giovani che, in venti anni, un po’ di Europa l’hanno fatta, vista e amata.

Dalle coste oceaniche del Portogallo ai fiordi norvegesi, dal 1987 a oggi, quasi un milione e mezzo di universitari si sono messi in viaggio con la spinta, o la scusa, dello studio. Gli universitari tedeschi hanno potuto trascorrere buona parte dell’anno a Salamanca per studiare nell’antichissima università fondata nel 1200, gli spagnoli con libri, bagagli e dizionari si sono spesso trasferiti in una delle prestigiose università olandesi e persino i francesi sono filati quasi d’amore e d’accordo con i loro cugini d’oltremanica in una qualche università del Sud dell’Inghilterra.

Ma forse è soprattutto a chi ha avuto il coraggio di iniziare che andrebbero dedicate le celebrazioni. A quei ragazzi che venti anni fa, in maniera quasi pionieristica, accettarono la sfida e partirono. In tutto 3mila e 244. I più numerosi: i giovani del Regno Unito (925) e i francesi (895). Gli italiani furono duecentoventi. Da allora, i numeri non hanno fatto che crescere quasi in progressione geometrica. Nel complesso sono circa 150 mila gli studenti che ogni anno scelgono di fare l’Erasmus e oggi si è arrivati a un totale di un milione e mezzo. Obiettivo della Commissione è quello di portarli a tre milioni entro il 2012. Tra le singole nazioni, sono i tedeschi a muoversi più di tutti (22mila), seguiti dai francesi e gli spagnoli (oltre i 20mila).

Ma anche gli italiani passano il confine volentieri. Da soli, i nostri universitari potrebbero dare vita a una piccola cittadina formata da centosessantamila anime dalle peculiari caratteristiche. Un po’ nomadi, europeisti e multilingue che in media trascorrono circa sette mesi all’estero. Va detto però, che negli ultimi tempi le cose sembrano un poco cambiate. La cifra annuale pare essersi stabilizzata intorno ai 16mila e non sembra progredire oltre.

Un po’ per colpa della riforma universitaria che nella frammentazione degli esami nella formula del "3+2" ha reso meno semplice inserire cinque o sei mesi fuori dai confini nazionali. Un po’ perché la paura di non trovare lavoro rende sempre più difficile prendersi alcuni mesi per andare a studiare in Spagna o nel Regno Unito. "In questi anni, contemporaneamente alla riforma, nella vita di uno studente - ci ha detto Consuelo Corradi, docente di sociologia della Lumsa che ha indagato i profili dei ragazzi Erasmus - , è cresciuta la percezione della precarietà del lavoro. Così, se è vero che il "3+2" ha generato ansia in sé, è vero soprattutto che è il mercato del lavoro ad essere diventato molto difficile ed è naturale che gli universitari si interroghino sulla convenienza a partire per andare all’estero. Per molti è meglio concludere velocemente l’università e mettersi a cercare lavoro al più presto possibile".

Secondo l’analisi di Almalaurea, presentata a fine settembre al convegno "Academic Mobility: Blending Prespectives" svoltosi a Truku in Finlandia, sono però ancora troppo pochi gli italiani coinvolti dal fenomeno degli studi all’estero. "Poco più di 8 su cento hanno svolto un programma dell’Unione europea - dichiara Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea - sono soprattutto universitari degli atenei del nord-est e con un background famigliare culturalmente elevato." A partire di più sono gli universitari di Trento, Udine e Trieste, dove partecipano a programmi Erasmus il 15% degli studenti.

Se il genere non sembra incidere sulla decisione di fare o meno l’Erasmus, sembra pesare invece in maniera significativa, il tipo di facoltà scelta e il contesto socio-culturale della famiglia di origine. Quanto alle facoltà sono soprattutto gil iscritti all’area linguistica (22%), dell’area politico-sociale (15%) e architettura (8%). I laureati che hanno scelto di fare l’Erasmus con genitori laureati raggiungono il 14% mentre succede lo stesso solo al 4% dei laureati con genitori diplomati.

Ma lo studio all’estero può facilitare la ricerca di lavoro? Il vantaggio, almeno nel breve tempo, non si sente. Tra chi parte con l’Erasmus e chi invece rimane in Italia, le possibilità di trovare lavoro non cambiano poi molto. "Questi risultati - dice Cammelli - pure riscontrati in un intervallo temporale certamente ridotto, fanno sorgere dubbi sulla capacità del sistema paese di apprezzare in misura adeguata il valore aggiunto conferito dalle esperienze di studi all’estero".

C’è però anche qualche piccolo vantaggio concreto. In termini di retribuzione, i laureati con esperienza Erasmus guadagnano circa il 4% in più di quanto non succeda ai loro colleghi "domestici". Dopo cinque anni il differenziale aumenta, e chi ha fatto l’Erasmus arriva a guadagnare fino a 1.458 euro al mese contro i 1.310 euro di chi non ha fatto esperienze di studio all’estero.

Inoltre sono soprattutto loro, i ragazzi che fanno un’esperienza con l’Erasmus, ad avere il più spiccato spirito europeista. Sono loro, più di chiunque altro, a essere pronti a lavorare in uno stato europeo. Sarebbe pronto a farlo subito il 69,2% di loro, mentre farebbe lo stesso solo un universitario su tre tra quelli che non hanno mai avuto esperienza di studio all’estero. E forse sarà di buon auspicio per l’Europa che verrà, sapere che il 2007, oltre ad essere l’anno dei venti anni dell’Erasmus, sarà anche il centenario della nascita dell’europeista Altiero Spinelli che scriveva "la federazione europea era il riconoscimento delle diversità e della fratellanza delle esperienze nazionali dei popoli europei, in mezzo alle cui lingue, ai cui scrittori e pensatori vivevo da anni senza sentirmi più vicino a loro se italiani, più lontano se stranieri. Era la vera messa fuori legge della guerra tra europei."

* la Repubblica, 7 dicembre 2006.


Sul tema, nel sito, si cfr.

-  Per la rinascita dell’EU-ROPA, e dell’ITALIA. La buona-esortazione del BRASILE.



Ventidue redazioni, quattordici Paesi collegati e articoli in sette lingue. "Il nostro sogno? Un giornalismo di qualità con un sito creato dagli studenti"

Parigi, effetto Cafebabel.com l’informazione è senza frontiere

La sfida di Adriano, il direttore 26enne partito dalla Campania. "Tutto è cominciato con Erasmus. L’Italia? Sempre in ritardo...."

di DANIELE SEMERARO *

ROMA - Ventidue redazioni locali, quattordici Paesi europei, sette lingue, oltre trecento tra giornalisti e traduttori. E un sogno: fare un giornalismo partecipativo di qualità in una rivista scritta da europei per gli europei. È Cafebabel. com, il primo sito internet creato da un gruppo di studenti, Erasmus e francesi, all’Institut d’études politiques di Strasburgo. Dal 2001 il sito si è velocemente trasformato in un grande portale con una media di trecentomila visitatori al mese.

"Un giorno una persona mi ha detto che siamo il più bel progetto che l’Erasmus ha fatto scaturire", spiega il direttore Adriano Farano, 26 anni e originario di Cava dei Tirreni, in provincia di Salerno, che dal 2001 insieme ai suoi tanti collaboratori sparsi per l’Europa racconta l’attualità europea. E in effetti senza l’Erasmus, che in questi giorni ha festeggiato i vent’anni di età, l’idea non sarebbe mai partita. "Nella primavera del 2000 - racconta Farano - studiavo Scienze politiche alla Luiss di Roma e avevo fatto una domanda per poter studiare un anno a Strasburgo. All’epoca avevo già il mio piccolo giornale e una volta a Strasburgo ho iniziato, insieme a un altro ragazzo, Nicola dell’Arciprete, attuale presidente dell’associazione, a incontrare persone della mia stessa età e con i miei stessi interessi. Avevamo pensato - continua - di fare dell’Erasmus non solo un anno di feste, ma anche di costruzione di qualcosa d’importante. E così abbiamo avuto una piacevole sorpresa: il direttore dell’Institut d’études politiques ha accettato subito di riceverci e dopo aver ascoltato le nostre idee per un quarto d’ora ci ha mostrato una sala con un computer, dicendo: ’Ecco la vostra redazione’. Da allora tutti i nostri pregiudizi sull’università sono svaniti: non si trattava più solamente di studio e esami, ma di una dimensione di approfondimento cultrale che avremmo dovuto sfruttare a fondo".

"Tornati a Roma - continua - abbiamo molto sofferto dell’immobilismo e dell’appiattimento italiano. In sei mesi di lavoro ci è stata offerta solamente una piccola stanza, che avremmo dovuto condividere con altre associazioni. Guardando all’estero, soprattutto in Scandinavia, dove ai giovani vengono date moltissime possibilità, abbiamo capito che in Italia non c’era altro da fare e abbiamo gettato la spugna. Ci siamo trasferiti a Parigi e abbiamo deciso, con altri ragazzi, di fare del progetto studentesco la nostra vita. Anche lì all’inizio non è stato facile, basti pensare che abbiamo lavorato nove mesi gratis. Piano piano, però, siamo riusciti a trovare i finanziamenti e dal settembre del 2003 abbiamo potuto stipendiarci in dieci".

"Il nostro giornale è andato in linea per la prima volta il primo febbraio del 2001, e da lì è iniziato a crescere sempre di più". Attualmente il sito è pubblicato in sette lingue (catalano, francese, inglese, italiano, polacco, tedesco e spagnolo) e propone approfondimenti dell’attualità in una prospettiva transnazionale: "Nel momento in cui si assiste all’allargamento dell’Unione Europea e alla crescita dell’importanza delle sue istituzioni - si legge su Cafebabel. com - la costruzione di un’identità europea non è che agli inizi. Noi invitiamo i lettori in un sito che non è solo una realtà istituzionale, ma anche un luogo di scambio, di scoperta di culture, di scoperta dell’attualità dei differenti paesi dell’Unione, in uno spazio di analisi e riflessione senza frontiere". La redazione centrale, cosiddetta "europea", si trova a Parigi, ed è il fulcro del network. Lì c’è il vero e proprio desk che coordina le redazioni locali e gli articoli. Durante le riunioni i responsabili delle varie lingue mettono sul tavolo le differenti idee che arrivano dai collaboratori sparsi sul territorio, che sono il vero motore della rivista. Nella capitale francese, poi, si effettua anche il lavoro di controllo sulle traduzioni, anch’esse svolte da altri ragazzi.

Chiunque può scrivere (in modo volontario) su Cafebabel, sia giornalisti che ragazzi predisposti a parlare ad altri ragazzi europei. L’importante è che i pezzi proposti non siano completamente radicati in una realtà nazionale, ma che abbiano un ampio respiro. "Come media aperto - si legge nel sito - incoraggiamo e rispettiamo le divergenze d’opinione, anche se l’angolo europeo per affrontare i differenti temi è indispensabile". Gli articoli di Cafebabel non sono dei semplici articoli d’informazione, ma tendono ad offrire un approccio critico e un’analisi approfondita dell’attualità. Si passa, per fare qualche esempio, dalla letteratura europea (attualmente in linea c’è un articolo sull’"Uomo europeo secondo Villepin & Semprún") alle interviste (come "Masha, la ribelle siberiana": colloquio con una giovane giurista che si scaglia contro lo stereotipo della donna russa sexy e materna), dai reportage ("Avere figli in India. A dodici anni", scritto in occasione del sessantesimo anniversario dell’Unicef) alle discussioni sulle politiche europee.

Cafebabel può contare su partner, pubblici e privati, di rilevante importanza, come il ministero degli Esteri francese, il Comune di Parigi, la Commissione europea - direzione generale educazione e cultura.

* la Repubblica, 18 dicembre 2006.


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