Storia (a lieto fine) di un figlio negato. Stasera il rientro del ragazzo a Fiumicino verrà accolto da una manifestazione.
Luca torna in Italia per rivedere il padre. Nel ’94 fu rapito dalla madre australiana
Nicola racconta: "Ho paura, siamo come due estranei. Ma è la mia vita". Da dodici anni combatte per veder riconosciuto il suo diritto di padre
di CLOTILDE VELTRI *
DODICI anni. Tanto tempo è passato dal giorno in cui Nicola De Martino ha visto Luca, suo figlio, per l’ultima volta. Dodici anni in cui è accaduto di tutto. Rapimenti, processi, disperazione, rabbia, scioperi della fame, incatenamenti, persino la prigione, l’umiliazione della detenzione dietro le sbarre nel tentativo disperato di affermare un diritto, alla paternità, negato. Perché quella di Nicola è la storia di un padre al quale la moglie australiana ha sottratto il figlio. Un figlio rapito a cinque anni e portato dall’altra parte del globo.
Padre e figlio si ritrovano oggi, all’aeroporto di Fiumicino, dove Luca atterra tra gli applausi di una manifestazione organizzata apposta per lui. Sulla pista tanti padri come Nicola e una rappresentanza del Comune di Roma che regala a Luca "la Lupa, un bel gesto", come racconta con un certo orgoglio Nicola. Il sindaco Walter Veltroni invece "ci riceverà la prossima settimana in Campidoglio. Quanto all’ipotesi di accendere le luci del Colosseo per un’ora, beh, non credo sia possibile...", spiega sempre questo padre la cui voce trema quasi, al telefono, mentre pensa che si conclude una vicenda estenuante che gli ha portato via quasi tutto. Ma soprattutto che inizia una nuova storia, quella di lui e suo figlio che, finalmente, ricominciano.
"Quando ho conosciuto mia moglie ero un uomo ricco. Insomma, avevo delle proprietà, molti soldi liquidi, una gioielleria a Roma. Stavo bene. Avrei potuto garantire a mio figlio un futuro. Oggi, a distanza di 12 anni sono povero, stanco e malato. Soprattutto stanco", esordisce Nicola, oggi 52 anni, che, nella sua testa, avrà ripercorso la storia di questa ingiustizia migliaia di volte, inanellando caselle e dettagli. "Eravamo una famiglia felice, almeno io così credevo. Mia moglie faceva una bella vita, viaggi, settimane bianche, uscite con le amiche. Il meglio. Poi un giorno sono tornato a casa e non ho trovato nessuno. Se n’era andata con Luca senza lasciare nemmeno un biglietto. Nulla. E’ stato un fulmine a ciel sereno. Era l’8 aprile 1994".
Da quel giorno la vita di Nicola si trasforma in un incubo. Peggio, in un vicolo cieco. Ci mette mesi a scoprire che la moglie è espatriata con il bambino. Ma si rende subito conto che, per lei, violare le norme italiane è stato facile. Troppo facile. "Come si fa a espatriare con un minore senza il permesso di entrambi i genitori? Questa è la prima domanda che ci si deve porre nelle vicende come la mia".
Nicola è deciso a rivedere Luca e quindi, individuato il luogo dove hanno trovato riparo i due, parte per l’Australia. E’ un incontro straziante quello tra lui e suo figlio. Sarà l’ultimo. Da allora non si sono più visti. "Mi si buttò al collo come un pazzo quando mi vide per la prima volta dopo tanti mesi. Era un bambino sradicato, spostato come un pacco in un paese straniero, un bambino che pur stando con la madre, aveva perso tutto".
Da allora Nicola ha tentato tutte le strade, legali e non, per riavere Luca. O, almeno, per vedersi riconosciuto il diritto almeno a vederlo. "Ci sono stati periodi in cui avevo cinque avvocati. A 350 dollari all’ora, sa cosa significa?". Nicola non vuole spiegare quanto gli sia costata, in termini monetari, questa storia. Ma dice che 900 milioni delle vecchie lire sono una cifra assolutamente riduttiva rispetto alla realtà. Una bancarotta, insomma.
Eppure, nonostante fior di avvocati, le porte dei tribunali australiani gli si sono sempre chiuse in faccia. Mentre in Italia, spiega, "ho trovato incompetenza e spesso anche di peggio. Corruzione". L’unica volta che tenterà, riuscendoci, a riportare suo figlio a casa, a Roma, dovrà tragicamete fare i conti con le forze dell’ordine.
E la detenzione. "Su mia moglie pendevano accuse pesanti come rapimento e appropriazione indebita eppure quella notte vennero a casa mia, dove mi ero momentaneamente nascosto con Luca, e puntandomi una pistola alla tempia mi sbatterono in prigione. Mentre lei, accompagnata dalle forze dell’ordine e dai funzionari dell’ambasciata, veniva fatta rientare con tutti gli onori in Australia. Legalmente. Con mio figlio".
Tutto questo, ormai, dovrebbe essere archiviato. Per Nicola lo è anche se dice: "Rifarei tutto da capo, pur di riavere mio figlio". Luca oggi rientra in Italia perché maggiorenne non perché un tribunale abbia riconosciuto a Nicola il suo diritto di padre. Luca torna perché vuole riabbracciare Nicola. "Siamo due estranei, non ci conosciamo. Se penso a come ero io a 18 anni, mi spavento. Non sarà facile, ma sono sicuro che il Dna, il sangue e il cuore ci daranno una mano. Lo spero". E, quasi in un soffio conclude: "Speriamo che abbia il carattere dolce di sua madre...".
* la Repubblica, 2 dicembre 2006
Un uomo pochi giorni fa ha potuto rivedere il figlio dopo anni di separazione. Si è cosparso di benzina e ha impugnato un accendino. Bloccato.
Dramma in diretta a Tg2 10 minuti un uomo tenta di darsi fuoco
ROMA - Dramma in diretta questa sera a "Tg2 dieci minuti", dove Nicola De Martino, che solo pochi giorni fa ha potuto rivedere il figlio Luca dopo anni di separazione, a causa dei dissidi con la moglie, ha minacciato di darsi fuoco. L’uomo, incoronato papà dell’anno 2007 dall’Associazione ’Figli negati’, voleva così denunciare la condizione della "custodia esclusiva" dei figli di genitori separati.
A un certo punto della trasmissione De Martino ha tirato fuori una boccetta che, a suo dire conteneva benzina, intimando al conduttore Maurizio Martinelli di fargli leggere il suo documento altrimenti si sarebbe dato fuoco. Poi ha impugnato un accendino. Per bloccarlo sono dovute intervenire due persone che lo hanno costretto a ritornare al suo posto.
Questo il racconto di Martinelli: "L’uomo ha tirato fuori dall’interno della giacca, un flacone bianco, forse una bottiglia di shampoo, si è versato il contenuto sul petto, poi ha preso un accendino e un pezzo di carta minacciando di darsi fuoco. A quel punto siamo riusciti a togliergli l’accendino mentre De Martino chiedeva di leggere due o tre cartelle con alcune richieste di carattere normativo. Sono riuscito a convincerlo a sintetizzarle in alcuni punti".
Una scena drammatica avvenuta davanti agli occhi del figlio di De Martino. "Un gesto che dimenticherai presto, mi auguro", ha detto Martinelli al diciottenne. Che sussurrato al padre: "Non farlo mai più". "Chiedo scusa, ma io l’ho fatto per gli altri, non per me", ha replicato De Martino.
De Martino e suo figlio Luca, ora maggiorenne, si erano riabbracciati cinque giorni fa dopo 13 anni di separazione. Il ragazzo era stato portato in Australia dalla madre (italo-australiana) quando aveva cinque anni, senza che il marito ne fosse al corrente, e da allora padre e figlio non si incontravano. Per la sua custodia era divampata una feroce battaglia legale nella quale De Martino aveva impegnato tutti i suoi averi, senza risultato.
Secco il commento di Giorgio Ceccarelli, presidente dell’ associazione Figli negati, di cui fa parte, in qualità di militante, anche Nicola De Martino: "Condanno il gesto ma non il papà. "Questo gesto ha ucciso la nostra causa ma comprendo la persona perché è sotto stress, non vedeva il figlio da dodici anni".
* la Repubblica, 7 dicembre 2006.
Parla De Martino, l’uomo che ieri ha tentato di darsi fuoco al Tg2. "Mi trovo a Napoli, sto facendo visitare a Luca questa magnifica città"
Nicola: "Spero che il mio gesto aiuti altri padri come me"
Ceccarelli: "Mi ha detto che suo figlio sapeva cosa avrebbe fatto. Lo approvo: più utile di mille battaglie pacifiche"
di CLOTILDE VELTRI *
MENTRE tutta l’Italia è ancora impietrita per le immagini di Nicola De Martino che, ieri sera, al Tg2 - davanti al figlio Luca - ha tentato di darsi fuoco per attirare l’attenzione sul dramma dei figli negati, lui, Nicola oggi si trova a Napoli. "Sto facendo visitare questa meravigliosa città a mio figlio - spiega raggiunto al telefono -. In questo momento non ho molta voglia di parlare di quanto è accaduto ieri. Ma spero solo una cosa: che il mio gesto serva a smuovere le acque e a risolvere un problema enorme".
Nicola De Martino, che ha vissuto sulla propria pelle tutta la fatica, la sofferenza, il disagio e la rabbia di vedersi sottrarre il proprio bambino dalla madre (espatriata in Australia) e di poterlo riabbracciare solo 13 anni dopo, conosce molto bene le inadempienze della legge rispetto al problema dei rapimenti dei minori: "Bisognerebbe che lo Stato facesse poche - dice Nicola - pochissime cose per evitare tanta sofferenza. E’ per questo che ho fatto quel gesto ieri sera in tv".
Racconta Giorgio Ceccarelli, presidente dell’associazione Figli negati, che conosce De Martino da anni: "Ieri, dopo aver visto quelle immagini al Tg2 l’ho chiamato. La prima cosa che gli ho chiesto è se Luca era al corrente delle sue intenzioni e lui mi ha risposto: ’Credi che possa fare una qualsiasi cosa che faccia del male a Luca’. Insomma, suo figlio era d’accordo e, detto francamente, io credo che abbia fatto più Nicola in dieci minuti che noi in dieci anni di rivendicazioni pacifiche".
"Nicola è un moderato, non è un pazzo. E’ sicuramente una persona che ha sofferto molto, moltissimo. Ma chi non lo sarebbe se gli togliessero il figlio per tredici anni? Quando discutiamo io sono quello estremista, lui il dialogante. Quindi se ieri si è cosparso di benzina in tv è perchè vuole ottenere qualcosa per gli altri papà. E’ il suo unico scopo. Lui, ormai, ha raggiunto il suo obiettivo. La sua storia di separazione si è chiusa positivamente con il ritorno di Luca dall’Australia".
Ora l’unico pensiero va allo Stato: "Ci devono dare una legge contro il rapimento dei minori. Non la vogliamo draconiana o punitiva. La vogliamo in linea con quella degli altri paesi europei, nè più nè meno". Ceccarelli snocciola cifre: "In Italia negli ultimi dieci anni si sono suicidati 100 papà, in Europa nell’ultimo anno 2000. Il nostro paese ha leggi severe contro la sofferenza degli animali ma si dimentica di alcuni esseri umani. E’ ora di cambiare registro e il gesto di Nicola deve essere interpretato in questo senso".
E che il gesto di Nicola sia destinato a far discutere - anche i padri nella sua condizione - lo dimostrano le decine di interventi sul forum del sito dell’associazione Figli Negati. Molti coloro che, pur condannando il tentativo di darsi fuoco, capiscono l’importanza mediatica della scelta di De Martino e sperano che possa dare impulso alle scelte politiche. Solidarietà, questa comunque, la parola più diffusa nella community.
* (la Repubblica, 8 dicembre 2006)
La misconosciuta sofferenza apparsa l’altra sera in tv
Quell’avventuriero silenzioso oggi padre cacciato
di Claudio Risé (Avvenire, 09.12.2006)
Nicola De Martino, l’uomo che l’altra sera ha minacciato di darsi fuoco nel (forse primo) telegiornale che raccontasse con rilievo una terribile storia (la sua) di padre separato dal figlio, ha mostrato l’attuale debolezza della paternità. Non è certo dopo una vittoria che si inscena una protesta spettacolare (anche se quel padre per anni ha protestato, dovunque poteva). Non davanti a un figlio che costringi, a quel punto, a farti da padre e a chiederti di non farlo più. Non davanti a milioni di spettatori che hanno sete di immagini mediatiche che finalmente restituiscano loro quel padre che essi conoscono, e spesso sono. Un uomo semplice e forte, che accanto a madri generose consente, con la sua fatica e buonsenso quotidiano, che la vita continui. Alzandosi la mattina, lavorando e guadagnando quanto occorre, accudendo quanto può i figli, ed educandoli quanto sa. Una figura non eroica, non spettacolare, spesso deludente rispetto ad aspettative grandiose alimentate dal sistema delle comunicazioni nelle stesse compagne, e nei figli. E tuttavia, proprio per questa sua disponibilità a sacrificare silenziosamente la propria vita, lontano dai riflettori e dai battimani, una figura grande: "il vero avventuriero", come diceva del padre Charles Peguy, contrapposto a quelli falsi, di celluloide, della modernità.
Certo, quella dell’avventuriero silenzioso, che vive per la famiglia, in un modello antropologico che sembra volerla distruggere, è una vita difficile. Negli Usa (ma nelle grandi metropoli italiane ed europee la tendenza va nella stessa direzione), il 70% delle separazioni è chiesta dalle mogli, che vogliono lasciare quel marito-padre. Ed ovunque nel mondo occidentale è quasi sempre alle mogli, richiedenti la separazione, che vengono affidati i figli, e la casa coniugale, in assenza di ogni colpa paterna. La percentuale degli affidi al padre è in lenta salita, e l’affido condiviso è ancora molto impopolare nella maggior parte dei Tribunali. Questi padri cacciati, ch e perdono in un colpo solo moglie, figli, e casa, inascoltati da Tribunali spesso indifferenti sia al loro dramma, sia a quello dei figli che vedono la propria stessa identità messa a rischio da questa rottura, stanno molto male, a volte per anni, a volte per sempre. Questo malessere De Martino l’ha illustrato benissimo dagli schermi del Tg2.
Non è invece chiaro, almeno in Italia, che questa disperazione rischia, se non riconosciuta e affrontata, di destabilizzare buona parte della società. Non tanto perché i padri separati alimentano, come sa bene chi lavora nel volontariato, le schiere dei "nuovi poveri". Ma perché al loro malessere si unisce sempre di più il sentimento di offesa degli altri padri, quelli che a prezzo di grandi fatiche tengono uniti i matrimoni e vengono, comunque, additati come mostri alla pubblica opinione. La provincia di Brescia, ad esempio, è oggi coperta da due manifesti conturbanti. In uno una bimba mostra l’occhio livido, e la scritta spiega: L’occhio blu me l’ha fatto papà. Nell’altro un ragazzino percuote una bambina, e la scritta spiega: Lo fa anche papà. (Istigando i ragazzi, implicitamente, a un machismo violento). Promotori sono il comitato bresciano per le pari opportunità, i sindacati locali, comuni della zona. Io lavoro con molte persone di quell’area e so bene (come dimostrano le statistiche mondiali), che la violenza non è prodotta dai padri, ma dalla loro assenza. Che priva i giovani di un’autentica educazione dell’aggressività, e al suo controllo. Anche questi manifesti, contro il padre, non potranno che aumentare la violenza dei figli, e la disperazione dei padri.
Saper amare il padre e la madre: restituire la paternità a Giuseppe!!!!
Al di là del fondamentalismo femminista e al di là del fondamentalismo maschilista!
Una risposta-lettera aperta all’ appello PER IL PADRE (di Claudio Risé, primo firmatario e autore del lavoro: IL PADRE - l’assenza inaccettabile, Edizioni San Paolo)
di Federico La Sala *
Comunicato stampa
Un gruppo di docenti universitari, scienziati, giornalisti, professionisti, operatori dell’assistenza ai genitori separati e dei diversi gruppi del movimento degli uomini in Italia, chiede la modifica dell’atteggiamento verso il padre nella cultura corrente, e nelle norme di legge. A un primo appello programmatico, qui riportato, seguiranno adesioni e iniziative volte all’informazione, e al coinvolgimento della classe politica su questo tema. Fin da questo primo documento, inoltre, i firmatari pongono la necessità di un maggior aiuto e riconoscimento al padre disposto ad assumersi ogni onere per il figlio concepito, che la madre sia intenzionata ad abortire.
Per il padre
La figura del padre è stata in Occidente separata dalle sue funzioni educative e sociali. I risultati, del tutto prevedibili secondo tutte le Scienze umane, sono evidenti: insicurezza e difficoltà di iniziativa nei figli; incapacità di accettare il principio d’autorità; solitudine e fatica nelle donne madri nel dover assolvere da sole il peso educativo; frustrazione nei maschi adulti, svalutati in quest’aspetto essenziale dell’identità maschile. Una situazione fonte di danni gravissimi agli individui, alla vita di relazione e familiare, alla società, alla nostra civiltà. Occorrono attenti interventi, che ridiano dignità e responsabilità alla figura paterna.
Di grande significato affettivo, e simbolico, è la posizione del padre nei confronti del figlio procreato. La prassi oggi vigente, priva il padre di ogni responsabilità nel processo riproduttivo. Una situazione paradossale, ingiusta dal punto di vista affettivo, infondata dal punto di vista biologico e antropologico, devastante sul piano simbolico.
Per il bene dei figli, e della società, é necessario che al padre sia consentito di assumere le responsabilità che gli toccano in quanto coautore del processo riproduttivo. I casi di cronaca che presentano la disperazione dei padri, che vogliono, prendendosene ogni responsabilità, il figlio che la madre ha deciso di abortire, sono solo la punta dell’iceberg del lutto dell’uomo-padre, espulso dal processo di riproduzione naturale di cui è promotore. E’ necessario avviare una riflessione collettiva che equipari realmente la dignità della donna e dell’uomo nella procreazione, a garanzia della vita, della famiglia e della società. L’interesse e la volontà della donna devono essere opportunamente tutelati, nel quadro della cura sociale di difesa della vita, e di promozione della famiglia, nucleo vitale della comunità. I sottoscritti cittadini, e gruppi lanciano quindi un forte richiamo alle forze della politica, e della società civile, perché ripensino le norme, e rimuovano i pregiudizi che sottraggono, al di là di ogni senso comune, il padre alla vita del figlio.
Claudio Risé, psicoanalista, Università di Trieste Stefano Zecchi, Università di Milano, Giuseppe Sermonti, professore Emerito di Genetica molecolare Claudio Bonvecchio, Università dell’Insubria Giulio Maria Chiodi, Università Federico II, Napoli Stefano Serafini, Pontificia Università San Tommaso di Roma Giovanni Ventimiglia, Facoltà di Teologia di Lugano e Università Cattolica di Milano Alberto Giovanni Biuso, Università di Milano Cesare Galli, università di Parma Ivo Germano, Università di Bologna Silvio Restelli, Ricercatore presso l’Istituto Regionale per la Ricerca Educativa, Lombardia Guido Milanese, Facoltà di Scienze Linguistiche e Letterature Straniere, Università Cattolica del Sacro Cuore Aldo Brandirali, Assessore Comune di Milano [..... seguono altre adesioni: cfr. http://www.claudio-rise.it/].
Caro dr. Risè....
condivido l’allarme e l’appello PER IL PADRE, ma - in tutta sincerità - Le devo dire che la questione mi sembra appesantita da un’ottica non del tutto limpida (dal piano biologico al piano teologico). In breve: Freud o Jung? Sulla loro strada, meglio Elvio Fachinelli: .Al di là della freccia ferma e della claustrofilia!!! Si tratta di andare avanti: questo è il tempo dell’aprire gli occhi e della mente estatica: si tratta di ristrutturare e riequilibrare tutto il campo e mettere, con tutti gli onori, GIUSEPPE accanto a MARIA! Siamo o non siamo CRISTIANI !!!!!!!?????????
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SIAMO nel 2003 d. C.!!!: QUALE ’MODELLO’ DI RELAZIONE IN UNA MODERNA SOCIETA’ DEMOCRATICA? QUALE RAPPORTO TRA LE GENERAZIONI? CITTADINI SOVRANI E CITTADINE SOVRANE, FIGLI E FIGLIE DI ’MARIA’ E ’GIUSEPPE’, O DI ’GIOCASTA’ E ’LAIO’? O, PER CASO E ANCORA, FIGLI E FIGLIE DELLA LUPA (DI REA SILVIA E MARTE)? *********************** GIUSEPPE E’ TORNATO..... MA IN VATICANO NON LO SANNO. Vivono tutti ancora a Tebe, nella città del re Edipo! Con un’antropologia preistorica, la Chiesa Cattolica avanza sicura, verso il tremila prima di Cristo!: a GESU’ ha tolto e negato la paternità di GIUSEPPE: "IL PADRE - l’assente inaccettabile", e tutti gli esponenti della Gerarchia della Chiesa Cattolica - dal primo (con il motto "Totus Tuus") all’ultimo - sono tutti diventati figli di "mammasantissima" ... e noi, uomini e donne, con loro!!! Fino a quando zoppicheremo con i due piedi?: questa è una domanda - già di molti secoli prima di Cristo - del profeta Elia (1 Re: 18, 21), ma - come sa - rilanciata da Sigmund Freud, nel XX secolo dopo Cristo ????????!!!!!!!!!!!
M. cordiali saluti
Federico La Sala
* www.ildialogo.org/filosofia, Martedì, 09 settembre 2003
I padri separati che non vanno in tv
Dopo lo show del padre con l’accendino, ci si torna a chiedere perché i figli delle coppie separate vengano sempre affidati alla madre
di Luca Fazio (il manifesto, 09.12.2006)
«Gesti del genere non aiutano», dice Ubaldo Valentini, presidente dell’associazione Genitori separati. Dispiace contraddirlo, perché purtroppo, mal messi come siamo, le notizie esplosive, i casi umani sceneggiati dalla tv del dolore, a volte servono a «far emergere» un problema sociale vero. In questo caso, messa tra parentesi la performance del signor Nicola De Martino, che l’altra sera in diretta tv ha dato a vedere che sarebbe stato pronto a darsi fuoco per reclamizzare il suo dramma - un figlio rivisto dopo 13 anni - restano sottaciute le storie vissute quotidianamente dai giovani padri separati, che oltre a non aver accesso alla televisione spesse volte non ricorrono nemmeno al giudice per cercare di ottenere l’affido dei figli: «Sapevo che era una battaglia persa, e ho pensato di chiudere la mia relazione nella maniera meno conflittuale possibile», racconta un padre, diventato povero, che è costretto a trascorrere la fine settimana in automobile per raggiungere il figlio che è andato ad abitare con la madre a 200 chilometri di distanza.
Una storia molto comune. I figli, nella quasi totalità dei casi, vengono sempre affidati alla madre, e solo quest’anno è stata approvata la legge sull’affido condiviso, un tentativo di tutela della bigenitorialità di difficile applicazione secondo cui i figli restano affidati ad entrambi i genitori anche in caso di disaccordo (il giudice dovrà valutare i motivi che escluderebbero la patria potestà di uno dei due genitori invece che affidare i figli automaticamente alla madre, come è sempre avvenuto: nell’84,5% dei casi). Secondo dati relativi al primo semestre del 2005, su 5 mila separazioni solo il 3,4% dei bambini è stato affidato ai padri (ma sono cifre che non tengono conto del fatto che ci si può lasciare anche senza regolarizzare la fine di una relazione), mentre l’affido congiunto è stato sottoscritto appena dal 12,1% delle coppie (percentuale che comprende anche l’affido a un istituto). Maria Burani Procaccini, senatrice di Forza Italia, mette l’accento sui casi limite fornendo altre cifre: «Sono quasi duemila gli uomini che si suicidano in Europa ogni anno perché hanno contratto depressioni gravi e a causa della lontananza dei figli: su un totale di 28 mila maschi che si tolgono la vita, uno ogni cinque ore è un percentuale altissima».
Le associazioni di padri separati che agiscono in tutta Europa sempre più spesso organizzano mascherate per attirare l’attenzione, forse per questo Ubaldo Valentini, dell’Associazione genitori separati, prende le distanze dal papà esagitato teletrasmesso in prima serata. «I gesti eclatanti - spiega - non aiutano la causa dei genitori separati e dei loro figli e non aiutano a creare una coscienza civile e politica sul rispetto dei minori nelle separazioni». E’ comprensivo Antonio Ceccarelli, presidente dell’associazione Figli negati. «Non posso non condannare il gesto - spiega - ma forse ha ragione quel padre che mi ha telefonato per dirmi che ha fatto più lui in questi 10 minuti che noi in 10 anni. Nicola De Martino non poteva uscire di scena raccontando la solita storiella sfigata del padre e del figlio ritrovati». Fortunatamente, la maggioranza dei padri separati non è rimasta anni senza poter vedere il figlio, è a loro che bisognerebbe spiegare, senza scomodare la guerra dei generi, perché, a prescindere dai vissuti personali e dalle sensibilità di ognuno, in caso di separazione i figli vengono sempre affidati alle madri. Anche perché la presupposta debolezza della donna all’interno della coppia, oggi, non bisognerebbe darla per scontata. E meno male.