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La sfida di Reggio Calabria: per Tonino Perna presidente della Provincia - di Osvaldo Pieroni

martedì 31 gennaio 2006.
 

Una recente ed importante indagine dell’IPSOS, ovviamente poco pubblicizzata dai media, ha rivelato come oggi, in Italia, la fiducia nelle istituzioni e nelle forze politiche stia colando a picco. I distacco dei cittadini dai partiti è enorme e, tuttavia, non si tratta di una ondata di qualunquismo. Al contrario, dalla ricerca emerge che tre cittadini su quattro reclamano il diritto di esprimere la propria opinione e non percepiscono più le istituzioni rappresentative come tramite per la propria voce. Alcuni hanno definito questo nuovo orientamento “la sindrome TAV”, ma potremmo aggiungere - per arrivare qui da noi, all’altro estremo dell’Italia - che si tratta anche della “sindrome No Ponte”. In entrambe i casi, ed in cento altri fenomeni forse meno eclatanti ma non certo marginali di conflitto su decisioni che riguardano un dato territorio, il movimento popolare ha sconfessato le posizioni della maggior parte dei partiti, sinistra compresa, e - come nel caso del ponte - dop o anni ed anni di crescenti mobilitazioni li ha “costretti” a rivedere le proprie posizioni. Dalla indagine citata emerge che in situazioni di conflitto, come per esempio la costruzione di un termovalorizzatore nel comune di residenza, per il 71% degli italiani deve essere la comunità interessata ad avere l’ultima parola, e comunque non si può pretendere di imporre una decisione dall’alto. Si è aperta così la strada, nella “società civile”, a una riflessione più ampia e complessa sul futuro delle istituzioni rappresentative, ma queste ultime non paiono ancora disposte a mutare stile ed orientamento. Non è esagerato dire che la maggior parte dei partiti restano chiusi, se non del tutto sordi alle istanze della società civile e perseguono nel tradizionale orientamento autoreferenziale. Dopo aver criticato la riforma elettorale del decadente governo Berlusconi, i partiti di centro sinistra si sono pienamente adattati alla formula che affida pieno potere alle rispettive segreterie nella compilazione delle graduatorie delle liste elettorali e cancella il voto di preferenza, mettendo fuori gioco - di fatto - la voce degli elettori. A seguito del successo delle primarie, ci si sarebbe aspettati che ovunque - per la formazione delle liste circoscrizionali - si ripetesse una simile pratica aprendosi a nuove candidature proposte dal basso. Appare però evidente, senza voler essere maliziosi, che il successo di Vendola in Puglia prima e quello di Rita Borsellino poi in Sicilia hanno spiazzato gli stessi partiti di centro sinistra che in maggioranza, dal loro interno, proponevano altri candidati. Tuttavia, qua e là, qualche primaria per le elezioni comunali ha avuto luogo (l’ultimo esempio è Milano), in altre situazioni - come ad Ancona - le primarie sono state “autogestite” contro la stessa volontà dei partiti dell’unione, Pdci escluso, ma per il resto niente. I candidati per le elezioni nazionali li decidono le segreterie dei partiti, preferibilmente a Roma per tutta l’Italia (con qualche evidente problema per le stesse segreterie provinciali e regionali, anch’esse esautorate). In Calabria, tanto per fare un nome, il super candidato sarà Marco Minniti, uomo nuovo, noto per non esser mai stato funzionario di partito (!!!). Si era, qualche mese fa, almeno parlato di “codice etico” per la formazione delle liste e con ciò si intendeva - soprattutto - evitare, specie nel Mezzogiorno, la nota sindrome del trasformismo, ovvero il cambio di casacca dei soliti notabili, più o meno clientelari in fuga dalla “casa delle libertà”, per transitare nelle liste dell’altra parte. Ma anche in questo caso: cartellino rosso per una giusta posizione, messa fuori campo, e libero ingresso per i voltagabbana e conferma di candidati, quasi sempre gli stessi, già in sella o resuscitati. A fronte di una opinione pubblica sempre più insoddisfatta, di forti movimenti che chiedono più democrazia e rivendicano un ruolo della società civile nelle decisioni, a fronte della crisi della rappresentanza - che ormai tutti gli studiosi e gli osservatori politici da anni sottolineano - la risposta dei partiti “democratici” è un ulteriore arroccamento. C’è anche chi - come Italia dei Valori - candida l’ing. Aurelio Misiti, già assessore del governo regionale di centro destra e tra i principali sostenitori del progetto del ponte sullo Stretto di Messina (sic!), che autorizzò quando era presidente del Consiglio Superiore dei lavori Pubblici, sponsorizzandolo insieme a Nino Calarco in giro per l’Italia. Avviene così che a Reggio Calabria, nella imminenza delle elezioni provinciali, l’interpartitica del centro sinistra si riunisca per elaborare un “codice etico” e, nel medesimo tempo, critichi fortemente e stigmatizzi come “presuntuosa” la proposta delle primarie e la candidatura di Tonino Perna, già sostenuta da migliaia di firme, da associazioni di base e da diversi sindaci della comunità del Parco d’Aspromonte. C’è da dire che anche qui l’ex presidente della Provincia, ing. Pietro Fuda, allora in carico al centro destra ha abbandonato la sua parte politica (Forza Italia), messo in crisi la stessa amministrazione ed ha pubblicamente dichiarato di passare all’altra sponda, forte - tra l’altro - della sua posizione di amministratore unico della società dell’aeroporto dello Stretto. Fuda è stato dirigente della Cassa per il Mezzogiorno e della Regione Calabria, consigliere ed assessore regionale dal 1995 al 2000. Insomma un pezzo da novanta che, a quanto pare ricambiato, strizza l’occhio nientemeno che ai DS. Per gli elettori calabresi che alle regionali hanno sbaragliato il centro-destra sarà un bel problema andare a votare. In molti dovranno forse turarsi il naso e loro malgrado cedere al ricatto, dal momento che bisogna rovesciare Berlusconi. Ma - almeno - per le prossime elezioni provinciali di Reggio Calabria... che si lasci spazio alle primarie e, chi si è accorto che tra i cittadini c’è una nuova voglia di una nuova politica, si lasci spazio, anzi si sostenga, la candidatura di Tonino Perna. Riporto qui di seguito - qualora ci fosse ancora bisogno di sapere chi è Tonino Perna - alcuni stralci dall’articolo di Giuliano Santoro pubblicato da Il Manifesto il 22 gennaio: “La scorsa settimana, per la prima volta, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha parlato esplicitamente nel suo rapporto annuale dell’esistenza di una «borghesia criminale»: la mafia non è più un «parassita dell’impresa». La mafia «si fa impresa». Soprattutto nella provincia di Reggio Calabria, dove negli ultimi 10 anni sono state sciolte trenta amministrazioni comunali per mafia, di cui 16 tutte in provincia di Reggio Calabria. Queste cose, sulla natura «strutturale» dell’impresa mafiosa in Calabria, le va dicendo da anni il sociologo Tonino Perna. Insegna all’università e si occupa soprattutto di economia e ambiente. Ha scritto libri sul commercio equo e sullo «sviluppo insostenibile» che il Sud ha dovuto subire fin dall’unità d’Italia. Ha fondato il Cric, una ong (la prima ONG i taliana nata su una strategia di cooperazione sud-sud, ndr.), e negli ultimi anni, prima che la destra al governo della Regione lo cacciasse, ha stupito tutti amministrando in maniera innovativa e fantasiosa il Parco Nazionale dell’Aspromonte, inventando anche una «moneta locale», l’Eco-Aspromonte. E conquistando decine di sindaci dei paesi della montagna raccontata da Corrado Alvaro. Adesso Perna sta costruendo una straordinaria esperienza di candidatura «dal basso» alla presidenza della provincia di Reggio. Proprio in quel territorio balzato agli onori delle cronache nazionali nell’ottobre scorso, quando il vicepresidente del consiglio regionale Francesco Fortugno è stato ucciso dalla `ndrangheta a Locri. Migliaia di firme sostengono la sua candidatura e chiedono che si svolgano le primarie per decidere chi sarà il candidato del centrosinistra. L’ostacolo principale è rappresentato dai Ds del plenipotenziario locale Marco Minniti, che hanno stretto un inquietante patto di ferro con Pietro Fuda, ex assessore ai lavori pubblici del centrodestra ed ex presidente della provincia, in libera uscita da Forza Italia. «Fino ad ora il centrosinistra ha usato le primarie solo per risolvere le beghe tra i partiti, non per favorire la partecipazione - spiega Perna - Quando si mettono d’accordo tra di loro, le primarie sono escluse». L’impresa non è una cosa da poco, nel capoluogo che detiene il record degli attentati a scopo estorsivo. Da qualche mese, il lungomare reggino ospita nientemeno che un monumento a Ciccio Franco, il capo dei «boia chi molla», che nel 1970 incanalarono la disperazione dei reggini verso una rivolta campanilista e destinata alla sconfitta. Recentemente, Perna ha scritto il Manifesto della sinistra euromediterranea, sottolineando con forza «la sfida che il Mediterraneo oggi ci pone»: quella di «attraversare, come Ulisse, questa fase storica difficile e pericolosa, passando attraverso lo Stretto, tra Scilla (la Tradizione ben piantata sugli scogli rocciosi) e Cariddi (la Modernità, che è un gorgo, un vortice che travolge tutto)». Tra Scilla e Cariddi, si gioca anche la partita di una nuova area integrata che contrapponga un ponte culturale tra Reggio e Messina al ponte di cemento che in tanti, a destra e sinistra, vorrebbero piantare in mezzo al nulla, tra la Sicilia e la Calabria. Costruire questa consapevolezza culturale, in bilico tra i saperi locali e le sfide del tempo presente, è uno degli obiettivi di questa candidatura senza partiti.” La sfida, a ben vedere, è la stessa lanciata dalla grande manifestazione di Messina per la difesa dello Stretto del 22 gennaio. Ovviamente Tonino Perna c’era e c’erano anche molti calabresi.

Osvaldo Pieroni


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