Eccole qui - cari amici di blog - due proposte stagionate (gallina vecchia fa buon brodo) per capire veramente chi è dalla parte della legalità e chi no.
Visto che non c’è nulla di più inedito del già scritto (è un vecchio adagio giornalistico) vi sottopongo un test facile facile: basta barrare virtualmente la casella “sì” e non prendere neppure per un istante in considerazione la casella “no”.
Il test lo giriamo paro paro ai nostri parlamentari e a nostri magistrati impegnati nella lotta alla mafia, che potrebbero metterci un secondo ad aderire alle proposte.
Andiamo con il primo test. Ho sempre sostenuto - a partire da ciò che ho scritto in questo blog il 4 luglio e che vi invito a rileggere - che il regime di carcere duro, il cosiddetto 41bis, non solo è importante, ma è vitale. Ma il carcere duro - che qualcuno continua a ritenere inumano a disumano - a mio avviso non basta.
Il motivo è semplice e l’ho scritto e detto tante volte, “rubando” il pensiero a persone più competenti di chi scrive: eludere il 41 bis è la cosa più facile del mondo. Non mi dilungo su questo argomento e rimando al post di luglio ma ricordo - a titolo di esempio - i coloqui con gli avvocati.
Ora aggiungo di più e so che mi farò una nuova categoria di “amici” (non bastassero quelli che ho già): gli agenti di polizia penitenziaria sono una categoria facilmente “avvicinabile”. Non dico coruttibile (ma attenzione, c’è anche questo), ma sicuramente avvicinabile.
Sapevate a esempio - diletti amici di blog - che gli agenti di polizia penitenziaria nel 99,99% dei casi non vengono perquisiti né all’ingresso né all’uscita dal penitenziario in cui prestano servizio? E se anche lo sono è di fatto un controllo formale e non accurato, atteso che viene svolto da colleghi?
Ma dico di più: la preparazione professionale e culturale degli agenti è (salvo eccezioni lodevoli) scarsissima e - nota dolentissima - nelle carceri del Sud gli agenti sono spesso originari proprio delle regioni e persino delle province e dai paesini da cui provengono boss o mezze calzette delle mafie, reclusi.
Facilmente ricattabili: ecco cosa sono gli agenti. Loro e le loro famiglie. Direte: ma se la maggior parte dei capi mafia si trova nelle carceri del Nord (specialmente a Milano) cosa c’entra il tuo discorso? Beh, provateci voi a trovare a Milano un agente di custodia che non sia campano, siciliano, sardo o calabrese. E per carità di Dio non voglio sentire il discorso che lo stipendio non vale la candela e dunque è difficile resistere alle tentazioni. Zero, ecco cosa vale questo discorso. Un Uomo (nel senso sciasciano del termine) non ha prezzo.
E vengo al dunque: per isolare i boss delle varie mafie (comprese quelle internazionali) vanno riaperte le carceri di Pianosa, Gorgona e Favignana, accompagnando la permanenza dei boss con direttori di Istituto preparati e un corpo scelto di agenti. Magari, perché no, si potrebbe anche costruire qualche carcere in qualche altro isolotto italiano. La proposta - di una banalità sconcertante - non è nuova. L’ha rilanciata Nicola Gratteri, magistrato della Dda di Reggio Calabria, il 31 ottobre nel corso della trasmissione “Viva voce” a Radio24, ma il giorno prima l’aveva già lanciata il parlamentare del Pd Beppe Lumia (ex presidente della Commissione nazionale antimafia).
Ora: siete d’accordo o no su questa proposta? I boss e i loro quaquaraqua vanno “isolati” non solo all’interno dei penitenziari ma anche fisicamente. Vanno accerchiati solo ed esclusivamente da personale preparato e al di sopra di ogni sospetto. Cari parlamentari che ne pensate? Non sarà il caso di cambiare il codice penale? Una birra insieme al bar - destra e sinistra - e dopo via, si vota tutti insieme per il carcere duro, anzi durissimo.
E veniamo alla seconda proposta semplice semplice per condurre una lotta seria al fenomeno della criminalità organizzata. Questa volta faccio mia l’idea di Alberto Cisterna, magistrato della Direzione nazionale antimafia. Cosa dimostrano le ultime retate contro le mafie? E parlo di quelle odierne contro il clan Gionta, di quelle in Calabria contro le cosche Piromalli e Pelle? Che quando lo Stato vuole colpisce e colpisce duro ma, soprattutto, in maniera mirata (a partire, ricordatevelo sempre, dai patrimoni, il segno del comando).
Ebbene: c’è bisogno di concentrarsi con un forzo superiore di intelligence sue quelle “poche” famiglie di ‘ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra che infestano il territorio nazionale (e non solo).
Cisterna ricorda che se ogni anno si combattessero 10 cosche diverse in Calabria, ci vorrebbero 10 anni per aggredirle tutte (le cosche sono infatti più o meno 150 in Calabria). E con quali risultati? Che dopo 10 anni bisognerebbe ricominciare tutto daccapo dalle prime. Morale: il lavoro si disperde e gli obiettivi pure.
Meglio allora concentrasi sulle cosche “fuoriclasse”, quelle che dominano il mercato della droga, degli appalti e di ogni altro commercio illegale. Quante saranno mai in Calabria? 10-15? Bene: va condotta una lotta spietata contro quelle 10 o 15 cosche fino a prosciugare non solo la manovalanza e i capi ma soprattutto i patrimoni. Inutile rincorrere per il campo 150 avversari: meglio inseguirne pochi ma decisivi. E via con lo stesso discorso in Sicilia, in Campania, in Puglia e su per li rami in tutta Italia.
Certo che qui il sostegno dello Stato è fondamentale: uomini e risorse innanzitutto per rafforzare l’operazione di intelligence e l’impegno quotidiano: nei commissariati così come nelle Procure.
Ma con i tagli che il Governo ha introdotto come si fa? E allora cari parlamentari, via, altro giro di birra e altro intervento in Parlamento: più soldi e strutture e a chi combatte davvero il fronte marcio delle mafie. Il resto deve farlo l’organizzazione dei magistrati e qui si apre un altro capitolo, dove le gelosie spesso prendono il sopravvento sul lavoro di squadra (ricordate i pool palermitani? Ebbene non ci sono più, neppure a Palermo). Da qualche parte, però, biosgna pur cominciare. roberto.galulo@ilsole24ore.com
articolo vergognoso e degno di uno sputo in faccia senza metterci qualcos’altro a chi dice che la penitenziaria e corruttibile, voglio ricordare che sul campo della corruzione sono stati sorpresi anche carabinieri, finanza, poliziA di stato ecc...., anche loro spesso e volentieri nel 99.99% prestano servizio nelle città o paesini di provenienza e nascita. Ma si da il caso che gli agenti di polizia penitenziaria oltre a guadagnare uno stipendio da fame consumarlo chi come me, su carburante e spese di manutenzione per viaggiare tra a lavoro e famiglia percorrendo circa 900 km. a settimana per poter tornare a casa dopo 5/6 giorni, per poter riabbracciare la propria moglie e i figli, (per chi ha ancora la fortuna di avere una famiglia se non divorziato o separato a causa della lontananza), dire o meglio chiamarci corrotti con un muto sulle spalle è la peggiore ed indignosa offesa che un magistrato da quattro soldi (perchè si può definire solo così, diventato magistrato forse anche con le bustarelle) è demenziale. Ricordo che arresti di agenti di polizia penitenziaria per corruzione o qualcosa altro non se ne sono sentiti molti negli ultimi tempi, su statistica 2 o 3 su cento, ma invece quanti parlamentari magistrati giornalisti deputati, risultano indagati per concussione in stampo mafioso o agevolazione alle cosche, questi personaggi con le loro famiglie come dovrebbero essere chiamati dea noi AGENTI di POLIZIA PENITENZIARIA. IO personalmente vorrei che qualcuno di questi finisse realmente in GALERA, senza nessuna immunità per farli testare sulla propria e pelle e anima, il lavoro che e capace a svolgere un agente di POLIZIA PENITENZIARIA ONESTO, (e vi posso giurare che siamo in tanti), come me, il quale e costretto a stare lontano dalla famiglia con una moglie malata, perchè grazie a magistrati, parlamentari e altra gente da 90 corrotta, con bustarelle a fatto trasferire personale (di qualsiasi corpo di appartenenza) vicino casa, mentre chi come me a seri problemi documentabili da veri certificati medici e tutte le documentazioni dovute richieste per legge, viene abbandonato a se stesso,alla propria angoscia e paura di ricevere una telefonata sul posto di lavoro lontano chilometri da casa e sentirsi comunicare che a csa e successo qualcosa di grave. Tirate le conclusioni adesso i corrotti chi sono, la POLIZIA PENITENZIARIA o chi dovrebbe rappresentare lo STATO e cautelarci, per essere una famiglia e combattere la criminalità. - No signori, io non ci sto, se potessi combatterei anche voi; voi che con tutti questi tagli, ci avete spezzato le gambe e l’onore di lavorare, mentre voi con i vostri stipendi da capogiro (bustarelle escluse) potete assicurare un futuro raccomando ai vostri figli,recarvi al lavoro senza spendere un solo soldo per carburante, (AUTO BLU). NO NO e NO io non mi cambierei niente con voi, perchè onestamente sto mandando avanti con i salti mortali ed uno stipendio medio basso la mia famiglia lontano da essa, con un motto mio personale che ho trasmesso anche ai miei figli, meglio 10 anni di mutuo in più ma CORROTTO IO MAI, sempre a testa alta con onore. Questo è il mio sfogo e testimonianza, umile lavoratore di sani principi, sentitosi umiliato per il proprio lavoro svolto con sacrificio, onore ed onestà, (con 30 anni di galera per lavoro sulle spalle senza aver commesso nessun delitto o crimine), da una specie di magistrato si spera in via di estinzione. Mi scuso di tutto ciò che può sembrare sgradevole, ma questa è la pura santa e sacra verità di chi lavora onestamente, NON SIAMO CORROTTI; SIAMO SOTTOPAGATI SFRUTTATI e SOTTOVALUTATI. Stipendio 1400,00/1500,00 € al mese, con rata del mutuo di 800,00€ per 30 anni; più spese di viaggio settimanali circa 100,00€ (cinghia tirata); più mantenimento della famiglia giù al paese comprese spese luce, acqua gas ecc.., più spese farmaceutiche e visite mediche a pagamento, senza mettere i libri della scuolatutti a pagamento senza nessun rimborso perchè noi con questo stipendio da fame superiamo il reddito.
E QUANTO é TUTTO; adesso valutate VOI...........E SCUSATE SE é POCO.
Assistente di POLIZIA PENITENZIARIA MELETI STEFANO dedito al proprio lavoro con Sacrificio Onestà e Orgoglio
Egregio,
non credo di dover aggiungere altro rispetto a quanto ho già scritto ma ammiro, finalmente, il coraggio di qualcuno che dice che chi sbaglia tra i vostri deve finire in galera: ma quanta complicità c’è tra di voi? Ho già detto che questo blog raccoglie i pensieri delle persone oneste e quindi sono contento che qui si parli della vostra categoria e sono perfettamente conscio e lo ribadisco, che ho usato dei termini forzati e paradossali proprio per alimentare un dibattito che mi pare, sia stato però segnato da pesanti insulti. Le chiedo però di non buttarla sullo stipendio da fame: un direttore di un carcere guafagna poco, ma molto poco più di voi. Lei questo lo sa vero? E le pare giusto? Un saluto roberto
Complimenti, Martinelli, per il suo commento, dogmatico e apodittico. Perché esorta a ignorare l’articolo di Galullo e poi dice all’autore che deve vergognarsi? Ci vuol far capire, poi, che le carceri luccicano di splendori? Galullo ha aperto un dibattito, che né lei né suoi colleghi siete stati in grado di reggere. Avete il chiodo fisso dell’insulto. Rispondetegli con fatti, e non con congetture e accuse. Io nominerei Galullo direttore generale dell’Amministrazione penitenziaria. L’esempio è il principio di un nuovo corso.
Cordiali saluti,
Francesco Paris, Alghero, Sardegna, Italia
Grande Roberto! Concordo. Si nascondono dietro alla chiacchiera e non affrontano il problema. Hanno la mente "chiusa"!
Ciao, Simone
Credo che debba essere lei a chiarirsi, orgoglioso assistente. Galullo non ha scritto "La società sparente" (autori Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio) ed è giornalista d’inchiesta, di punta, del quotidiano "Il Sole 24 Ore". Auguri.
Grande cordialità.
Ezio
Dispiace per i toni arroganti. Dispiace sinceramnete che il dott. Galullo lanci accuse generiche e false nei confronti di un Corpo di Polizia che vive ogni giorno il suo disagio a cusa delle numerose difficoltà.
Che ci sia qualche mela marcia è indubbio. Ma quale cesto non ne contine qualcuna? forse quello dei giornalisti?
Personalmente non ho rinunciato a nessuna carriera universitaria nè ad altre splendide professioni: mi ritrovo un pò per caso un pò per necessità nella Polizia Penitenziaria. Ho giurato fedeltà alla Repubblica e alle sue leggi. E ogni giorno, in silenzio, come la totalità dei miei colleghi, cerco di far rispettare la legge in quel posto di confine che si chiama carcere. Quando va tutto bene nessuno sa niente. Nè il dott. Galullo nè i suoi colleghi rilancerrano mai la notizia che un detenuto è stato dissuaso dall’autolesionarsi, che è stato sventato un tentativo di aggressione, che i controlli hanno impedito l’ingresso di un cellulare o di droga, che è stata bloccata corrispondenza sospetta, che è stato chiesto un trasferimento per motivi di sicurezza, che sono state girate informazioni utili alle indagini delle procure, che l’agente in sezione ha rinvenuto una lama e potrei continuare per molte pagine ancora. Si chiude la porta dell’ufficio e già si pensa alle carte e alle questioni di domani. Caro dott. Galullo, ogni giorno tocco con mano i problemi delle persone detenute, i problemi dello Stato, i problemi della giustizia, i problemi dei colleghi. Sò che anche altrove non è semplice, ma so anche che non troverà difficoltà nel credermi (vista la sua esperienza) se le dico che nel carcere anche un raffredore è un malanno serio.
Non c’è un anello debole nella lotta al crimine, ma un anello mancante: ed è il ruolo della Polizia Penitenziaria all’interno ed all’esterno delle carceri. Molto si sta facendo, ma lo Stato dovrebbe investire di più per quegli uomini in blu che ogni giorno scendono nel ventre della giustizia con la "sapiente sovranità del guardiano: autentico magistrato[...] e che, per non essere al di sotto della sua funzione, deve unire alla più eminente virtù, una profonda scienza degli uomini." Di certo, ad uno come lei, Dottor Galullo, non sarà sfuggito l’autore della citazione. Ma questi sono i tempi che corrono: allora si ragionava del sistema carcere in testi filosofici, oggi si pensa di risolvere il tutto con "l’Isola dei Galeotti", una fiction a costo zero.
f.m. un semplice funzionario dello Stato
Caro F.M.,
involontariamente, lei evoca la radio. Auspicherei una migliore sintonia, da parte sua, rispetto al pezzo di Roberto Galullo; che ringrazio vivamente per le belle parole nei miei confronti, pur ritenendo di fare soltanto il mio dovere di cittadino, con "la Voce di Fiore". Il guaio italiano, signor F.M., è che ci scandalizziamo quando i giornalisti cantano e stiamo zitti, invece, quando le istituzioni mancano, rimestano, sbagliano o delinquono. Silenzio, exempli causa, sul "confinamento" del testimone di giustizia Pino Masciari, sulla presenza di Carlo Vizzini in commissione parlamentare Antimafia, sugli arresti dei sindaci di Gioia Tauro e Rosarno, sulla condanna dell’ex assessore regionale calabrese Dionisio Gallo, sulla riabilitazione di Enzo Sculco nel Consiglio regionale della Calabria, sulla poltrona di Giulio Andreotti in Senato. Silenzio sulla compatibilità del deputato Giancarlo Pittelli, membro della commissione parlamentare Giustizia e avvocato difensore di alcuni calibri di "Cosa nuova". Silenzio sulle "bravate" del presidente del Consiglio dei ministri, di là dalla pessima battuta, recentissima, nei confronti di Barack Obama. Quando, poi, un giornalista attento, preciso e rigoroso come Galullo scrive, largamente argomentando, le categorie dello Stato s’arroccano, sentendosi coinvolte nella loro interezza. E, come lei, indipendentemente da ruoli e funzioni, accusano di falso. Non sarebbe forse più utile, alla democrazia e per il futuro dei giovani, prendere atto di anomalie e assurdità dentro ai palazzi, comprese le strutture penitenziarie? Non sarebbe forse più giusto sostenere chi informa e denuncia, piuttosto che respingere in toto e predicare il dogma, inverosimile, della sanità e santità del sistema?
Cordiali saluti.
Emiliano Morrone
Caro Commissario dottor Pili, specializzato in professioni legali, plurimasterizzato e chissà quante altre belle cose che non vuol racontare per pudicizia,
sono contento che abbia detto la sua. Anzi: io stesso speravo che la polizia penitenziaria rispondesse. Le provocazioni e i paradossi servono proprio per spronare e svegliare la gente.
Sarà probabilmente deluso del fatto che confermo tutto quanto ho scritto con alcune ulteriori indicazioni.
Il fatto che ci siano persone come lei (Comm. dott. prof.leg. plurimasteriz.) non vuol dire che il Corpo, nella sua interezza, sia allo stesso livello. Mi spiace confermarle che gli agenti di polizia penitenziaria sono un anello debole, debolissimo della catena. Facilmente influenzabile, facilmente avvicinabile, con una cultura modesta nella gran parte dei casi. Basta con queste difese corporative: se a me dicessero che i giornalisti sono ignoranti e venduti non mi arrabbierei. Anzi: prenderei le critiche e direi: se lo dicono in così tanti, forse è il caso di fare un esame di coscienza. Ebbene lo faccia, guardi la aiuto.
Mi spiace dirle che mentre lei probabilmente intingeva ancora i bisotti plasmon nel latte, chi le scrive (purtroppo ho solo due lauree con pubblicazione di una tesi e poi sono diventato un misero caporedattore prima e inviato speciale poi rinunciando da subito alla carriera universitaria, oltre che autore e conduttore su radio 24 e ancora docente a contratto all’Università Liuc di Castellanza e infine autore di numerosi libri ma capisco che tutto questo è poca cosa rispetto al suo curriculum) viveva da giornalista la trasformazione e la "smilitarizzazione" del corpo di polizia.
La stupirò: insieme al dottor Ignazio Sturniolo - immensa persona e direttore generale dell’allora Grazia e Giustizia che lei forse neppure sa chi sia - studiammo anche alcune proposte all’ordinamento penitenziario e al ruolo della polizia penitenziaria, proprio perchè ci rendevamo conto che era un anello debolissimo (già allora).
La stupirò ancora di più: avevo solo 25 anni.
La stupirò fino a stordirla: ho fatto la tesi in Giurisprudenza sul trattamento speciale del minore e analisi comparata.
La stupirò fino a confonderla: ho vissuto tre mesi all’interno del carcere minorile di Casal del Marmo a Roma.
La stremo: ho molti parenti stretti che lavorano nelle carceri (direttori, educatori e persino agenti di polizia). Incredibile no?
Ebbene caro dott. plurimasteriz. lup mann., prima di definire indegno le superficiale l’articolo sia lei a informarsi sulla sua categoria. Si guardi intorno, legga i giornali. I passi avanti che state facendo sono tanti e importanti ma troppi ancora sono i colleghi suoi che non hanno e non avranno mai la preparazione adatta.
Suo "indegno speciale" roberto galullo
Gli insulti con pseudonimo fanno parte d’un costume, riprovevole, di Internet. Roberto Galullo ha articolato e confermato la sua posizione. Il giornale "la Voce di Fiore" respinge, utente "galullos", questo suo modo di discutere, privo di argomentazioni e vicino all’insulto. E chiede rispetto per chi scrive sul forum. Mai prescindere dalle regole.
Il direttore
Dalle sue parole e dai modi, lei continua a mantenere l’anonimato e a usare espressioni qui non gradite, capisco solo, purtroppo, che ha un’avversione personale nei confronti del dott. Galullo. Prendo atto che, molto all’italiana, seguita a non rispettare le regole di questo spazio, che pure si mostra più che democratico nei suoi confronti. Si firmi con nome e cognome, o ci lasci il suo nominativo per e-mail. Dopo di che, se vuole ribattere, lo faccia evitando certe parole; che, peraltro, non giovano affatto ad argomentare la sua posizione. Sul forum non censuriamo nessuno. A patto che le sue regole non vengano violate. Spero, stavolta, di essere stato definitivamente chiaro.
Il direttore
Egregio dottor Galullo, Le scrivo in qualità di Funzionario del Corpo di Polizia Penitenziaria per sottoporre alla Sua attenzione alcune riflessioni e per, mi sia consentito, esprimere il mio personale risentimento per un articolo che accomuna in un’unica etichetta più di 44.000 uomini e donne, per un articolo che, mi si consenta un pò di retorica, accomuna nella stessa definizione di "ignoranti" ed "avvicinabili" anche i NOSTRI caduti in difesa della Giustizia e del Giuramento di fedeltà. Intendo evitare qualsiasi riferimento alle rispettive carriere accademiche, mi sembrerebbe infatti puorile cercare di convincere il mio interlocutore facendo riferimento a titoli legali di conoscenza che certo sono caso ben diversa dalle argomentazioni, mi limiterò a dire che il titolo richiesto per accedere alla carriera direttiva del Corpo è la laurea. Premesso quanto sopra, non posso nè voglio negare la presenza tra i ranghi del Corpo di soggetti più deboli, meno preparati o anche di alcuni soggetti che certo non possono essere additati a preclari esempi di poliziotti, e tuttavia trovo giusto segnalare alla Sua attenzione la presenza di una schiacciante maggioranza di Poliziotto Penitenziari che tengono fede ai loro doveri tra mille difficoltà, cercando comunque e sempre di migliorare il proprio bagaglio culturale e professionale. Quando nel Suo articolo ha inteso riferirsi ad una prossimità spaziale tra i nostri nuclei familiari e quelli di mafiosi e delinquenti comuni non credo abbia fatto nulla di più che evidenziare il già noto, siamo tutti siciliani, calabresi, pugliesi, campani, sardi, lomberdi, toscani, veneti etc. etc... Non credo che con ciò Lei abbia voluto dividere le Regioni in virtuose e meno virtuose, ritengo invece che abbia voluto solo sottolineare come fare il proprio dovere in alcune Regioni sia più pericoloso e difficile che in altre, proprio per questo sono ancor più encomiabili i Giuseppe, i Saverio, i Marco, Roberto, Salvatore, Ciro e le Maria, Rosalia, Serafina, Alessia etc. che giornalmente resistono a tutto e a tutti, spesso anche ad una Amministrazione miope e matrigna, per amore della divisa e per tener fede a quel giuramento, ormai non richiesto più a nessun altro dipendente pubblico ma preteso da chi indossa una divisa. Dott. Galullo, tra noi esistono certamente soggetti impreparati, mele marce e uomini e donne che preferiremmo non vedere vestiti con la nostra uniforme, eppure Le assicuro che il 99,99% del personale del Corpo è orgogliosamente e tenacemente vincolato ai propri doveri ed alla Giustizia che hanno assunto l’impegno di servire. Mi consenta due ultime notazioni: 1° come palermitano non posso non ricordare come due monumenti di virtù civiche, i giudici Paolo Borsellino e Giuseppe Falcone, lodati e ricordati in tutta la Nazione provenissero da uno dei quartieri a più densa infiltrazione delinquenziale della città. eppure sono divenuti ciò ce sono, dei simboi di onestà; 2° il qualità di Funzionario del Corpo, ancorchè di recente nomina, ed in qualità di Comandante dei Reparto ho condotto un’indagine, unitamente a colleghi di un’altra Forza di Polizia, a conclusione della quale ho arrestato, insieme ai miei uomini, tra li altri un operatore del Corpo corrotto, ciò a dimostrazione che il Corpo combatte con tutte le sue forze la corruzione e l’infiltrazione mafiosa, similirmente a quanto fatto in altre Amministrazioni.
In definitiva, La prego unicamente di essere più cauto nell’accomunare in un’unica definizione gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, etichettandoci tutti come soggetti deboli ed avvicinabili, senza peraltro tener conto dei sacrifici e dei rischi che giornalmente corriamo per fare il nostro dovere.
V.Comm. dott. Francesco Cerami
I problemi che lei avrebbe posto nelle gestione dei detenuti sottoposti al regime del 41bis quali sarebbero?
Che il 99,99 del personale non viene perquisito in ingresso ed uscita? Ma non si ha mai avuto il dubbio che evidentemente la necessità di effettuare perquisizioni esiste nello 00,01 dei casi......le pecore zoppe che ci sono, per quanto possano essere brave a simulare, noi che ci lavoriamo a contatto le conosciamo perfettamente, e stia tranquillo che le teniamo sotto stretta osservazione, e se necessita siamo noi in primis ad attivarci per far si che ci sbattano il muso, siamo consapevoli che il nostro principale nemico è proprio il collega corrotto il quale per giunta viene schifato anche dai corruttori.
E’ stato lei a scrivere che il personale proveniente da regioni ad alto indice di criminalità organizzata è esposto a ritorsioni ed è perciò facilmente ricattabile, a sostegno di questa teoria cita numerosi provvedimenti disciplinari e trasferimenti fatti in sordina di personale con scarso indice di affidabilità, dove abbia appreso queste notizie io non lo so, ma a me che in questo settore ci lavoro non risultano dati veritieri o quanto meno non hanno la rilevanza numerica che lei vorrebbe attribuirgli.
Perchè piuttosto non prova a dare una sbirciatina su quanto è previsto nella prossima manovra finanziaria per il settore dei penitenziari? Troverà che gli arruolamenti previsti a fronte di migliaia di futuri pensionamenti, sono di 200 unità! Tagli per l’ammodernamento del parco mezzi, tagli per le risorse destinate alla manutenzione dei sistemi di allarme, tagli previsti per gli aggiornamenti che il personale dovrebbe fare, tagli per la sostituzione del vestiario, di aumenti stipendiali non ne parliamo proprio. Per contro c’è una politica incentrata a fare credere che c’è zero tolleranza, e che mira a colpire la manovalanza ma che crea intoppi per determinate tipologie di indagini, quelle sul malaffare fatto dai politici e dai poter occulti che oggi sembrano più forti che mai, il risultato sarà che tra non molto avremo le carceri ancora più piene di extracomunitari e tossici e il sistema arriverà ad un collasso.
Magari scoprirà che i problemi sono ben altri rispetto a quelli che ha descritto nel suo articolo, ma da quello che ho inteso, trincerandosi sulla legittimità di avere una diversa opinione, sono sicuro che lei non ammetterà mai che le cose sono diverse da come le ha descritte.
Buona giornata, Antonio