RESTANZA E RITURNANZA

CHI VIVE NEL SUD SPERANDO E CHI SPERA DI RITORNARE NEL SUD PER VIVERE
giovedì 8 dicembre 2011.
 

Nel suo ultimo libro “Pietre di pane”, edito da Quodlibet, Vito Teti, etnologo e docente presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria, affronta con taglio nuovo e diverso il tema dell’emigrazione, della partenza, del viaggio. Teti capovolge il discorso e si occupa non di quelli che partono ma di quelli che restano, restano per cambiare, per non morire, per trasformare la realtà. Scrive di quelli che non vogliono abbandonare i paesi sotto i mille ricatti che la società meridionale propone e si mettono in discussione per capire cosa, e come, si può fare per vivere in maniera più onesta, civile, dignitosa. Per descrivere questa categoria cocciuta di persone Teti conia il termine “restanza”. Ma la gente del Sud non è fatta solo di chi parte e di chi resta, c’è anche chi ritorna. Si tratta di quelli chi vedono il proprio percorso “fore” in qualche modo concluso ed è venuto il tempo di far ritorno nei luoghi della propria memoria, della propria storia, per ridare, alla memoria e alla storia, nuove possibilità di generarsi. Insomma, c’è chi non cede e crede caparbiamente che alla Calabria si può, si deve, concedere un’opportunità, prima di concederla a se stessi. C’è però il rischio, in questi casi, di avvolgersi nel gorgo della retorica dei pericolosi orgogli,delle presunte appartenenze, delle scolorite identità. Insomma c’è il rischio che agisca tutto quel substrato culturale teso ad alimentare l’insopportabile e lagnosa ideologia del(giusto per fare un piccolo elenco): 1) siamo trattati male e del resto sempre lo hanno fatto,2) la storia è falsa, noi siamo le vittime,3) siamo i portatori sani di una genia diversa e superiore,4)c’abbiamo avuto la Magna Grecia e Pitagora e voi niente, ecc. ecc. ecc. Un piccolo campionario di retorica che storce l’autentico pensiero meridiano e meridionalista per scadere in un leghismo neoborbonico che non serve a nulla. Servono invece gli esempi concreti: bisognerebbe trarre insegnamento e capire le piccole vicende di chi resta e di chi ritorna. Ho la fortuna di conoscerne una, quella che vede protagonista una mia cara amica che è ritornata dopo tanti anni a San Giovanni in Fiore dopo aver studiato prima in un’università del nord Italia e aver lavorato poi all’estero. Ha deciso di ritornare, ha rinunciato a diverse opportunità che le erano state offerte. E’ convinta che qualcosa possa accadere, che possa trovare un lavoro, che questo ritorno segni una nuova partenza. All’inizio pensavo che si cullasse in qualche sogno bizzarro, ma adesso sono consapevole che non si tratta di questo perchè come scriveva Silone nel lontano ’56 ”nel nostro Sud nessun progresso può attecchire e durare manovrato dall’alto, all’insaputa e in assenza degli interessati..nessun progresso vi è concepibile che non sia progresso dall’interno,autoriscatto. Andiamo incontro al tempo,allorchè esso richiede di noi”.

domenico barberio.

articolo pubblicato su "il Quindicinale"


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