di FS
Chi è Giuliani? Un ricercatore che, dati scientifici alla mano e utilizzando una propria metodologia di analisi dei sismi, aveva tentato inutilmente di mettere in guardia chi di dovere, della possibilità di un terremoto a L’Aquila di forte entità. Era stato denunciato per procurato allarme e in più si era pure sentito dare dell’imbecille da Bertolaso.
Il fatto che il Capo della Protezione civile, nonostante le evidenti responsabilità per non aver attivato uno stato di allerta e non aver informato la popolazione sui rischi, sia ancora al suo posto ed abbia addirittura rischiato (passatemi il termine, data la fine che ha fatto Brancher) di essere nominato ministro cosa significa? Semplicemente che lo Stato, irresponsabile, non ha riconosciuto tali mancanze o c’è dell’altro? A rivedere le immagini degli aquilani caricati dalla polizia a Roma mentre manifestavano per ottenere aiuti e forse anche quella visibilità e quello spazio che la stampa italiana gli nega da mesi, è possibile solo arrivare ad un’unica conclusione. Viviamo in un Paese in cui il Governo prende a manganellate i disperati e premia chi ha sbagliato, giocando con la vita di tanti cittadini e, nel caso di Bertolaso, anche imbrogliato.
Nel leggere tutta la vicenda, in realtà, si ha come l’impressione che il terremoto a L’Aquila sia diverso, per modalità di gestione, dagli altri. Mi riferisco, ad esempio, all’attuale manovra economica che non prevede alcuna agevolazione sulla restituzione dei tributi non versati nel periodo immediatamente successivo al sisma. In Umbria e nelle Marche, colpite da eventi sismici in passato,la restituzione fu richiesta nella misura del 40% e non del 100% come nel caso degli aquilani. Per non parlare della ricostruzione che, differentemente da quanto si vuole far credere, non è mai partita. Tutto quello che non viene ripreso dall’obiettivo di una telecamera, in effetti, non esiste per la maggioranza degli italiani che si informano solo mediante la televisione ed i telegiornali. E a L’Aquila, dopo il terremoto, di giornalisti non se ne vedono più.
Che fine hanno fatto i milioni di metri cubi di macerie, abbondantemente usati per commuovere il mondo e usati sponsor come per il G8? Ancora lì.
Mancano i fondi. Ad onor del vero, almeno su questo punto la responsabilità è del Parlamento nella sua totalità perché non è stato capace di istituire, come pure è stato fatto in passato, una “tassa di scopo”. Come mai non è stata presa in considerazione questa possibilità, peraltro avanzata anche sulla base di una raccolta firme partita dal capoluogo abruzzese? Mistero.
Altro giro, altro mistero. Il crollo della casa dello studente ha provocato la morte di 25 ragazzi. In segno di solidarietà la regione Lombardia ha ricostruito la nuova casa dello studente, ma questo gesto sembra abbia provocato numerosi malumori e sospetti. Ricostruiamo la situazione: il presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni, noto esponente di spicco del movimento ecclesiastico e politico- imprenditoriale (chi più ne ha più ne metta) di Comunione e Liberazione avrebbe usato la sua influenza affinché la ricostruzione avvenisse su un terreno appartenete alla Curia il quale per via della sua collocazione era più adatto alla creazione di nuovi insediamenti urbani ma che, proprio per il soggetto proprietario, è stato salvaguardato dall’esproprio ed al suo posto sono stati “sacrificati” altri terreni.
In base all’accordo di programma siglato con la regione Abruzzo la sede universitaria sarà gestita non dall’ente pubblico competente ma dalla Curia, rimettendo così alla sua insindacabile decisione e discrezionalità l’assegnazione degli alloggi con buona pace del caro e vecchio concorso pubblico. Probabilmente tale vicenda non avrà risvolti penali, ma certamente è la prova, ennesima, che gli interessi di Santa Romana Chiesa non sono sempre, diciamo così, spirituali.
Un discorso a parte merita la questione riguardante la messa in sicurezza dei terremotati. Mi limiterò a fornire solo alcuni semplici dati. In una inchiesta di Riccardo Iacona nel programma “Presa diretta” si è parlato del progetto C.A.S.E. (Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili) : costo 2500 euro al metro quadro mentre i moduli prefabbricati sarebbero costati 800 euro. Si fa poi riferimento ad un imprenditore avrebbe costruito le basi antisismiche pagandole addirittura il 40% in meno. Che si tratti per caso di speculazione?
Concludo con una nota positiva: l’opposizione s’è desta e si è accorta che c’è una parte del Paese in ginocchio e che circa 8ooo persone ancora alloggiano negli alberghi della costa abruzzese ed il cui futuro è più che mai incerto. Intervenendo alla manifestazione degli aquilani nella Capitale il 7 luglio scorso, Bersani ha detto: “Quando governavamo noi era diverso”. E giù contestazioni. Che diritto hanno, questi politici di porsi alla testa di questa tragedia? Non è un po’ tardiva questa reazione?
Ho come l’impressione che tra destra, sinistra, centro gli unici che continuano a prenderla in quel posto sono sempre gli stessi. Gli aquilani in particolare. Gli italiani in generale.
L’Aquila, i perché della sentenza Grandi Rischi
di Giuseppe Caporale (la Repubblica, 18 gennaio 2013)
I sette scienziati della Commissione Grandi Rischi che si riunirono all’Aquila cinque giorni prima del sisma devastante, lasciarono il loro "sapere" chiuso in un cassetto, e si prestarono a una "operazione mediatica" - voluta dall’allora capo del dipartimento della Protezione Civile Guido Bertolaso - che "disinnescò" in una parte della popolazione "la paura del terremoto" e indusse 28 delle 309 vittime della tragedia del 6 aprile 2009 "ad abbandonare le misure di precauzione individuali seguite per tradizione familiare in occasione di significative scosse di terremoto, con tragiche conseguenze".
Questo scrive il giudice Marco Billi in una delle 946 pagine di motivazioni della sentenza che ha portato alla condanna a sei anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e lesioni gravi dei componenti della Commissione che si riunì a L’Aquila il 31 marzo del 2009, su ordine del Governo Berlusconi.
“Operazione mediatica" fatale e tragica. Scrive il giudice: "Gravi profili di colpa si ravvisano nell’adesione, colpevole e acritica, alla volontà del capo del Dipartimento della Protezione Civile di fare una ’operazione mediatica’ che si è concretizzata nell’eliminazione dei filtri normativamente imposti tra la Commissione Grandi Rischi e la popolazione aquilana. Tale comunicazione diretta, favorita dall’autorevolezza della fonte, ha amplificato l’efficacia rassicurante del messaggio trasmesso, producendo effetti devastanti sulle abitudini cautelari tradizionalmente seguite dalle vittime e incidendo profondamente sui processi motivazionali delle stesse" si legge nel dispositivo. "Dalla condotta colposa degli imputati è derivato un inequivoco effetto rassicurante".
Chi sono gli imputati. Le motivazioni della sentenza nei confronti di Franco Barberi, (presidente vicario della Commissione Grandi Rischi dell’epoca) Bernardo De Bernardinis (già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile) Enzo Boschi (all’epoca presidente dell’Ingv) Giulio Selvaggi (direttore del Centro nazionale terremoti), Gian Michele Calvi, (direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case), Claudio Eva (ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile) sono state depositate questa mattina alla cancelleria del tribunale dell’Aquila.
"Valutazioni approssimative e generiche". "Le migliori professionalità scientifiche a livello nazionale" che in base ai loro singoli studi (pubblicati in Italia e all’estero) erano pur ben consapevoli della storia sismica del territorio, del "grave rischio di una forte scossa entro il 2015", del valore dello sciame sismico in atto come "precursore di un forte evento", si limitarono in quella riunione a una valutazione "superficiale, approssimativa e generica" con "affermazioni apodittiche e autoreferenziali, del tutto inefficaci ai doveri normativi imposti".
La colpa grave: "La carente analisi del rischio". "La colpa degli imputati è certamente grave - scrive il giudice - ampia e netta, infatti, è risultata la divaricazione tra la condotta in concreto tenuta e la regola precauzionale applicabile". E ancora: "La carente analisi del rischio sismico non si è limitata alla omessa considerazione di un singolo fattore ma alla sottovalutazione di molteplici indicatori di rischio e delle correlazioni esistenti tra tali indicatori" è scritto in sentenza.
Il sapere nascosto. Spiega il magistrato: "Il carattere distintivo degli imputati non consiste semplicemente nella quantità e nella qualità del loro sapere, ma consiste nella capacità di usare tale ’sapere’ nel senso voluto dal legislatore, ossia in senso di valutazione prevenzione e previsione del rischio. Non sottoporre tale ’sapere’ alla valutazione dei componenti della Commissione nella sede deputata del 31 marzo 2009 equivale alla morte del sapere". E continua: "Il tema relativo alla condivisione delle conoscenze specialistiche personali tra i diversi imputati è particolarmente importante. La Commissione è un organo collegiale, composto dai migliori esperti in ambito nazionale. La natura composita ed eterogenea di tale organo è prevista per legge proprio al fine di consentire e di favorire la ’comunione dei saperi’ specifici, la sinergia tra le specifiche competenze".
"Non si contesta il mancato allarme". Nella sentenza anche una delle parti che più ha fatto discutere: quella sulla possibilità di prevedere i terremoti. E il giudice lo scrive chiaramente: "I terremoti non si possono prevedere - annota Billi - ma la valutazione del rischio è stabilita dalla legge per ’mitigare gli effetti tragici’, per ’ridurre il più possibile il numero delle vittime’".
"Non è compito del giudice verificare lo stato delle conoscenze scientifiche sulla previsione dei terremoti; il compito del giudice è invece quello di accertare se la condotta tenuta dagli imputati in occasione della riunione del 31 marzo sia stata o meno pertinente ed in linea con i doveri di previsione e prevenzione ed analisi del rischio imposto dalla normativa vigente. E se tale condotta sia stata adeguata e coerente con il patrimonio scientifico conoscitivo comune tra i vari componenti della commissione".
"Non dovevano dunque prevedere il sisma, ma valutare il rischio sulla base delle loro effettive conoscenze e calibrare una corretta informazione". Non si contesta quindi un "mancato allarme", ma una "inidonea valutazione del rischio" e una "inidonea informazione".
"Ovvio sostenere che solo costruendo bene si mitigano i danni". "La tesi difensiva secondo la quale l’attività del rischio sismico consiste solo nel miglioramento delle norme sismiche, negli interventi di consolidamento strutturale preventivo e nella riduzione della vulnerabilità delle strutture esistenti, secondo gli imputati rappresenta l’unico strumento di mitigazione del rischio. Ma tale tesi appare assolutamente infondata", "ovvia" e "inutile", in quanto il nostro Paese è "caratterizzato da centri storici particolarmente estesi" e i Comuni italiani non hanno "sufficienti risorse economiche".
Quindi "accanto al richiamo circa la necessità di rafforzare le costruzioni e migliorare le loro capacità di resistere al terremoto, che ricorda più una clausola di stile che un intento concretamente attuabile, pari dignità hanno i meccanismi di analisi del rischio e di informazione alla popolazione. Tali meccanismi consentono di ridurre il rischio sismico mitigando il fattore di vulnerabilità e della esposizione attraverso strumenti alternativi finanziariamente più sostenibili, rispetto al pur auspicabile rafforzamento dell’immenso patrimonio edilizio esistente".
La protezione incivile
di Francesco Merlo (la Repubblica, 27.10.2012)
La spavalderia è la stessa che Bertolaso esibiva sulle macerie quando si vestiva da guerrigliero geologico, da capitano coraggioso, gloria e vanto del berlusconismo, con certificati ammiratori a sinistra. Ma i testi delle telefonate che, in rete su repubblica. it, ora tutti vedono e tutti giudicano, lo inchiodano al ruolo del mandante morale. Quel «nascondiamo la verità», quel «mi serve un’operazione mediatica», quel trattare gli scienziati, i massimi esperti italiani di terremoti, come fossero suoi famigli, «ho mandato i tecnici, non mi importa cosa dicono, l’importante è che tranquillizzino », e poi i verbali falsificati...: altro che processo a Galileo! E’ Bertolaso che ha reso serva la scienza italiana.
Più passano i giorni e più diventa chiara la natura della condanna dell’Aquila. Non è stato un processo alla scienza ma alla propaganda maligna e agli scienziati che ad essa si sono prestati. E innanzitutto perché dipendono dal governo. Sono infatti nominati dal presidente del Consiglio come i direttori del Tg1 e come gli asserviti comitati scientifici dell’Unione sovietica. In Italia la scienza si è addirittura piegata al sottopotere, al sottosegretario Bertolaso nientemeno, la scienza come parastato, come l’Atac, come la gestione dei cimiteri. Dunque è solo per compiacere Guido Bertolaso, anzi per obbedirgli, che quei sette servizievoli scienziati sono corsi all’Aquila e hanno improvvisato una riunione, fatta apposta per narcotizzare.
Chiunque ha vissuto un terremoto sa che la prima precauzione è uscire di casa. Il sisma infatti terremota anche le nostre certezze. E dunque la casa diventa un agguato, è una trappola, può trasformarsi in una tomba fatta di macerie. In piazza invece sopra la nostra testa c’è il cielo che ci protegge. Ebbene all’Aquila, su più di trecento morti, ventinove, secondo il processo, rimasero in casa perché tranquillizzati dagli scienziati di Bertolaso. E morirono buggerati non dalla scienza ma dalla menzogna politica, dalla bugia rassicurante.
Purtroppo il nostro codice penale non prevede il mandante di un omicidio colposo plurimo e Bertolaso non era imputato perché le telefonate più compromettenti sono venute fuori solo adesso. E però noi non siamo giudici e non dobbiamo attenerci al codice. Secondo buon senso Bertolaso è moralmente l’istigatore dei condannati, è lui che li ha costretti a sporcarsi con la menzogna.
Tanto più perché noi ora sappiamo che questi stessi scienziati avevano previsto l’arrivo di un’altra scossa mortale, nei limiti ovviamente in cui la scienza può prevedere le catastrofi. Ebbene, il dovere di Franco Barberi, Bernardo De Bernardinis, Enzo Boschi, Mauro Dolce, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Claudio Eva era quello di dare l’allarme. Gli scienziati del sisma sono infatti le sentinelle nelle torri di avvistamento, sono addestrati a decifrare i movimenti sotterranei, sono come i pellerossa quando si accucciano sui binari. Nessuno si sogna di rimproverarli se non “sentono” arrivare il terremoto. Ma sono dei mascalzoni se, credendo di sentirlo, lo nascondono.
Il processo dell’Aquila dunque è stato parodiato. E quell’idea scema che i giudici dell’Aquila sono dei persecutori che si sono accaniti sulla scienza è stata usata addirittura dalla corporazione degli scienziati. Alcuni di loro, per solidarizzare con i colleghi, si sono dimessi, lasciando la Protezione Civile nel caos, proprio come Schettino ha lasciato la Concordia. Il terremoto in Italia è infatti una continua emergenza: giovedì notte ne abbiamo avuto uno in Calabria e ieri pomeriggio un altro più modesto a Siracusa.
Ebbene gli scienziati che sguarniscono le difese per comparaggio con i colleghi sono come i chirurghi che scioperano quando devono ricucire la ferita.
Ma diciamo la verità: è triste che gli scienziati italiani si comportino come i tassisti a Roma, forze d’urto, interessi organizzati, cecità davanti a una colpevolezza giudiziaria che può essere ovviamente rimessa in discussione, ma che non è però priva di senso, sicuramente non è robaccia intrusiva da inquisizione medievale. Insomma la sentenza di primo grado può essere riformata, ma non certo perché il giudice oscurantista ha condannato i limiti della scienza nel fare previsioni e persino nel dare spiegazioni.
E il giudice dell’Aquila è stato sobrio. E’ raro in Italia trovare un magistrato che non ceda alla rabbia, alla vanità, al protagonismo. Ha letto il dispositivo della sentenza, ha inflitto le condanne e se n’è andato a casa sua come dovrebbero fare tutti i magistrati, a Palermo come all’Aquila. Pochi sanno che si chiama Marco Billi. Non è neppure andato a Porta a Porta per difendersi dall’irresponsabile travisamento che ai commentatori frettolosi può essere forse perdonato, ma che è invece imperdonabile al ministro dell’Ambiente Corrado Clini, il quale ha tirato in ballo Galileo e ci ha tutti coperti di ridicolo facendo credere che in Italia condanniamo i sismologi perché non prevedono i terremoti, che mettiamo in galera la scienza, che continuiamo a bruciare Giordano Bruno e neghiamo che la Terra gira intorno al Sole.
Il ministro dell’Ambiente è lo stesso che appena eletto si mostrò subito inadeguato annunziando che l’Italia del referendum antinucleare doveva comunque tornare al nucleare. Poi pensammo che aveva dato il peggio di sé minimizzando i terribili guasti ambientali causati dall’Ilva di Taranto. Non lo avevamo ancora visto nell’opera brechtiana ridotta a battuta orecchiata, roba da conversazione al Rotary, da sciocchezzaio da caffè. E sono inadeguatezze praticate sempre con supponenza, a riprova che c’è differenza tra un tecnico e un burocrate. In Italia puoi scoprire che anche il direttore generale di un ministero non è un grand commis di Stato ma un impiegato di mezza manica.
So purtroppo che è inutile invitare personaggi e comparse di questa tragica farsa ad un atto di decenza intellettuale, a restituire l’onore alla ricerca, alla scienza e alla giustizia, e a risalire su quelle torri sguarnite della Protezione Civile senza mai più umiliarsi con la politica. A ciascuno di loro, tranne appunto al dimenticabile Bertolaso che intanto si è rintanato nel suo buco, bisognerebbe gridare come a Schettino: «Torni a bordo...».