Il 30 gennaio, alle ore 17,30, a Pesaro presso la biblioteca San Giovanni, sarà presentata la seconda edizione del libro "La società sparente" (Neftasia, Pesaro, 2007), di Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio. Interverranno Luigi De Magistris, Silvia Cecchi, Angela Napoli, Gianni Vattimo, Salvatore Borsellino, Francesco Siciliano, Fulvio Perrone e Massimo Arceri.
La nuova edizione del libro racconta in dettaglio i recenti sviluppi dell’inchiesta Why not e le reazioni della società civile, partite da "Ammazzateci tutti" e da altri movimenti calabresi, rispetto all’accanimento istituzionale nei confronti del pm di Catanzaro Luigi De Magistris, il cui trasferimento disposto dal Csm non è ancora definitivo, restando il ricorso in Cassazione.
Parlando di incompatibilità di dirigenti regionali e del boato di giustizia nelle piazze a favore del pm, "La società sparente" mostra come il malaffare calabrese abbia connessioni con poteri di più alto rango e come l’impegno per la legalità delle nuove generazioni si sia trasferito all’Italia intera, grazie, soprattutto alla determinazione di Aldo Pecora, Giovanni Pecora, Giorgio Durante, Rosanna Scopelliti, Sonia Alfano e Salvatore Borsellino, tra le voci più incisive dell’antimafia.
Il testo, già definito sul quotidiano La Repubblica "il manifesto politico dei ragazzi calabresi in lotta contro la ’ndrangheta", è un invito alla compattezza della società nazionale, sull’esempio della risposta alle ingiustizie, democratica e civile, dei giovani calabresi.
Inoltra, nella seconda edizione di "La società sparente", per autocensura, gli autori hanno lasciato due pagine bianche, a significare - dopo minacce, pressioni, intimidazioni e azioni legali ricevute - che in Calabria non è consentito parlare. Si deve tacere.
Ma a volte fa più male il non scritto, perché le pagine bianche sono come muri, su cui segnare una rabbia collettiva.
Auguroni anche da parte mia.
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Presentata la relazione annuale della Direzione nazionale antimafia da cui emergono
collusioni tra esponenti della criminalità organizzata e amministratori pubblici
Forti infiltrazioni della mafia
nelle amministrazioni del Sud
Indagini in corso su scambio elettorale tra boss e politici meridionali
PALERMO - Le infiltrazioni della criminalità organizzata nella pubblica amministrazione sono fortissime nelle regioni del Mezzogiorno. E soprattutto nel Meridione si indaga per intrecci politico-mafiosi e voto di scambio. E’ quanto emerge dalla relazione annuale presentata dalla Direzione nazionale antimafia, guidata da Piero Grasso. Secondo la Dna, le maggiori inchieste giudiziarie avviate dalle procure Distrettuali antimafia riguardano collusioni fra boss e politici, ma soprattutto fra esponenti della criminalità organizzata e amministratori pubblici.
Infiltrazioni nella pubblica amministrazione nel Sud. Procedimenti penali che puntano a far luce sull’intreccio tra criminalità organizzata e amministratori pubblici sono stati avviati dai magistrati dei distretti di Napoli, Messina, Salerno, Catanzaro, Reggio Calabria e Cagliari. "Una parte rilevante dell’azione di contrasto - si legge nella relazione della Dna - risulta essere stata svolta dalla procura distrettuale antimafia di Palermo che, per numero e qualità delle investigazioni, ha assunto sicuramente una posizione di preminenza nella repressione delle condotte di contiguità politico-mafiosa".
Politici meridionali pagano boss per voti. I politici di diverse regioni meridionali avrebbero pagato somme di denaro ai boss delle organizzazioni criminali per ottenere voti nelle ultime consultazioni elettorali. I magistrati analizzano lo scambio elettorale politico-mafioso che ci sarebbe stato in diverse città del Sud. Nella relazione viene evidenziato "il soddisfacente numero di procedimenti d’indagine che puntano a contrastare uno dei settori di maggiore pericolosità dell’infiltrazione mafiosa". Nella fase delle indagini preliminari, nel periodo che prende in esame la relazione della procura nazionale, emerge che il maggior numero di procedimenti aperti sono a Napoli (8), segue Catanzaro (7), poi Palermo (2) e con un procedimento ciascuno Catania, Reggio Calabria, Bari e Lecce.
Emergenza rifiuti elevata a sistema dalla camorra. La relazione annuale della Direzione nazionale antimafia si occupa anche della crisi rifiuti in Campania. "L’emergenza è stata elevata a sistema, grazie a una perversa strategia politico-economico-criminale che ha fatto sì che la necessità di affrontare il contingente col metodo dell’urgenza rispondesse agli interessi di centri di potere politico, economico e criminale (leggasi camorra)". Secondo i magistrati è scaturita "una sorta di specializzazione della criminalità organizzata campana" al punto che "oggi può in generale affermarsi che l’Ecomafia veste i panni della camorra".
In virtù di questo business, l’analisi dei magistrati della Dna rileva che "mentre nei tempi passati una buona fetta dell’economia napoletana si basava sul contrabbando, il cui indotto garantiva la sopravvivenza di larghi strati della popolazione, nel presente è l’emergenza rifiuti che svolge lo stesso ruolo". "Il che spiega come spesso essa venga creata e mantenuta ad arte - si osserva dalla Dna - con la camorra sempre di sottofondo".
Impossibile arrivare a mandanti occulti omicidio Fortugno. Per la Direzione nazionale antimafia, i mandanti occulti dell’omicidio di Franco Fortugno "sarà molto difficile individuarli". "Al momento - si legge nella relazione annuale - solo nuove, significative, collaborazioni, potrebbero fare registrare novità in questa direzione e le collaborazioni cui si fa riferimento dovrebbero provenire o dagli attuali imputati (Alessandro Marcianò e Salvatore Ritorto, quest’ultimo indicato come esecutore del delitto) ovvero dai capi della cosca Cordì, ovvero da altri ambienti coinvolti in qualche modo nella vicenda".
Su politica e ’ndrangheta la procura nazionale antimafia sottolinea inoltre che anche le indagini sul tentato omicidio del deputato Saverio Zavettieri sono a un punto morto e, se pure le intercettazioni a suo tempo disposte su tale vicenda si sono rivelate di grande utilità, "non hanno tuttavia consentito di individuarne mandanti ed esecutori, nonostante siano trascorsi quasi tre anni dal fatto".
Secondo la Direzione nazionale antimafia, che fa il punto sulle indagini che riguardano i mandanti dell’omicidio Fortugno, "la gravità della mancata soluzione non risiede solo nella impunità che ne conseguirebbe per gli ignoti committenti (ed esecutori nel caso del tentato omicidio di Saverio Zavettieri), ma anche nella impossibilità di uscire dalla logica criminale e mafiosa da cui sembra avviluppata e condizionata la Calabria, e ancora nella mancata individuazione dei collegamenti tra poteri politici, occulti e mafiosi, che si intuiscono sullo sfondo degli eventi".
La procura nazionale sottolinea una fase particolare che non ha trovato sbocco nella società calabrese: "La sensazione diffusa che la fase di rinnovamento e di riscatto che sembrava inaugurata dopo l’omicidio Fortugno (di cui era emblema il movimento dei ragazzi di Locri) si sia rapidamente conclusa e senza il raggiungimento di alcuno dei frutti sperati".
* la Repubblica, 29 gennaio 2008.
Reggio Calabria, anche Domenico Crea tra i politici coinvolti nell’operazione
Legami con i Morabito. Le accuse: "associazione per delinquere di tipo mafioso"
’Ndrangheta nella Sanità, 18 arresti
c’è anche un consigliere regionale *
REGGIO CALABRIA - C’è anche il consigliere regionale Domenico Crea tra le persone arrestate stamane dai carabinieri a Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione chiamata ’Onorata Sanità’, che riguarda un’organizzazione mafiosa che faceva riferimento alla cosca Morabito di Africo e operava nel settore della sanità pubblica.
L’operazione ha portato all’arresto complessivamente di 18 persone tra cui Crea, esponenti della cosca Morabito e persone già coinvolte nell’inchiesta sull’omicidio del vicepresidente del consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno: tra questi Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, presunti responsabili dell’omicidio Fortugno.
Alessandro è accusato di essere stato il mandante dell’omicidio, che avrebbe ordinato per consentire a Domenico Crea di subentrare allo stesso Fortugno nel consiglio regionale. Il figlio Giuseppe, invece, avrebbe svolto, sempre secondo l’accusa, il ruolo di mandante e al contempo di esecutore dell’assassinio di Fortugno.
Arrestati anche il dirigente vicario del Dipartimento Sanità della Regione Calabria, Peppino Biamonte, e il direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, Piero Morabito. Nell’operazione è anche stata sequestrata una clinica privata e complessivamente 47 persone risultano indagate.
Durante le indagini sull’omicidio Fortugno più volte era emerso anche il nome di Domenico Crea, pur non avendo mai egli avuto nessun coinvolgimento nell’inchiesta. Crea, eletto nel 2005 nelle liste dell’allora Margherita, è subentrato nel consiglio regionale della Calabria dopo la morte di Francesco Fortugno. La sua carriera politica è stata segnata da diversi cambi di schieramento: prima di candidarsi per la Margherita - suscitando del resto forti perplessità da più parti - era stato eletto con il centrodestra (dal 2000 al 2005 era stato consigliere regionale e assessore regionale al Turismo). Crea ha lasciato poi la Margherita, dopo una frattura con il presidente della Regione Loiero, per poi aderire alla Dc di Rotondi e tornare al centrodestra.
* la Repubblica, 28 gennaio 2008.