La crisi: la mancanza di lavoro i nuovi investimenti i vecchi soliti problemi. È un periodo difficile tanto difficile che Cristo sazio di nefandezze ha deciso di fermarsi a Pomigliano. A Pomigliano D’Arco scenderanno sottoforma di investimento industriale settecento milioni di euro che serviranno per far produrre nello stabilimento metalmeccanico la Panda. La notizia è buona perché salva l’occupazione di 5mila lavoratori diretti e di circa 15mila lavoratori dell’indotto di un’area critica del Paese. È buona perché dimostra che è possibile far arrivare nel Mezzogiorno investimenti consistenti per gli impianti industriali e, mi fermo qui. L’investimento al Sud di capitali privati, investimento che deve dimostrare che si può di nuovo puntare su insediamenti industriali per lo sviluppo del Sud. Questo è un dato incontestabile: solo se arriverà denaro fresco il Mezzogiorno potrà uscire dalla crisi in cui si dimena da tanto, troppo tempo, solo se si scoprirà dove e perché è conveniente investire qui, invece che nei mille angoli del mondo che sono disponibili, si potrà innescare un processo nuovo di crescita e di sviluppo economico e sociale. Ma, come tutto ormai, anche questo investimenti, questi investimenti hanno un costo un prezzo elevatissimo: quello del peggioramento delle condizioni di lavoro per gli operai, quello della fine delle illusioni sulla fabbrica della qualità totale, basata sul coinvolgimento intelligente dei lavoratori e sulla condivisione dei processi, per tornare all’antico sfruttamento da catena di montaggio. La Fiat, ahimé, non farà un passo indietro nonostante il No di un terzo degli operai all’accordo firmato da CISL e UIL (non dalla CGIL) anzi, Marchionne dice: “Questo è il mercato globale o si accettano le condizioni imposte dalla competizione planetaria o si fallisce”. Così come la Fiat non farà un passo indietro di fronte ai circa 200 manifestanti che sabato pomeriggio sono scesi per le strade di Termoli. Sempre Marchionne dice: “Non posso tollerare chi prende un permesso per gravi motivi famigliari e poi va a manifestare”. Il messaggio è chiaro: l’investimento produttivo al Sud è possibile solo se le condizioni di lavoro sono simili a quelle dei Paesi concorrenti e tutte le decisioni sono di nuovo, interamente, nel potere esclusivo del management. Tutto questo “decisionismo industriale” avviene nel solito biascichio della politica: la destra che applaude un accordo “riformista” (parola che viene utilizzata solo quando a pagare sono i lavoratori) che non ha minimamente contribuito a indicare; la sinistra che si divide e litiga tra i soliti lodatori dell’esistente e i soliti difensori dell’indifendibile. Tutti comunque impotenti e ininfluenti. L’esempio di questo atteggiamento politico lo si è avuto in questo ultimo fine settimana in Molise dove la Fiat ha licenziato un iscritto dello Slai - Cobas. Da destra, quindi dal Consiglio Regionale, il silenzio assoluto mentre da Sinistra c’è stata la ricomparsa dei soliti noti i quali più per spirito di bandiera che per vero credo nelle loro intenzioni hanno rilasciato agli organi di stampa tutte le stesse parole, ovvero dal “siamo contro il piano Marchionne” al “ siamo contro i licenziamenti Politici” finendo, questo i consiglieri regionali già in piena campagna elettorale, al solito futile attacco alla maggioranza “...i risultati del governo Berlusconi e Iorio sono sotto gli occhi di tutti”. Domanda: questo è l’esistente, per quanto aberrante è quello che c’è ma voi classe politica che vi arroccate l’esclusiva della difesa dei lavoratori e del lavoro più in generale avete qualche idea per il futuro, avete un minimo di indirizzo su dove voler mandare questa Regione? Ad oggi almeno per quanto mi riguarda, e non credo solo io, non ho avuto notizie almeno in senso nuovo e positivo perché come detto sopra “il vecchio NO” lo sentiamo tutti i giorni. Invece, penso, che si debba ragionare in modo diverso nuovo, non solo politicamente ma anche a livello sindacale, in modo propositivo e costruttivo. Pomigliano in qualche modo è e sarà uno spartiacque: c’è stato un prima e ci sarà, c’è un dopo. Allora io credo che bisogna ritrovare una politica per il Mezzogiorno e per il Molise capace di indicare che cosa questa terra possa diventare, quali siano le sue linee di sviluppo, quali i punti di forza da valorizzare cercando di evitare la scelta terribile tra la stagnazione e la concorrenza ora della Polonia ora della Serbia. Dimenticando un attimo il turismo, a tal proposito di turismo i capi partito si riempiono sempre la bocca quando scendono in riva all’Adriatico ma una proposta concreta No? Dimenticavo sono all’opposizione!!, avanzo due ipotesi. La prima è la produzione culturale legata alle nuove tecnologie dell’informazione: è possibile immaginare una fabbrica dell’immaginario, un distretto delle tecnologie informatiche al servizio della cultura e dell’intrattenimento? Dai videogiochi alle produzioni televisive, alle simulazioni per il cinema e la fiction, perché non costruire una politica industriale in una terra ricca di intelligenze, ancora per poco se si continua di questo passo, di cultura e anche di risorse nella tecnologia? La seconda: infrastrutture logistica per i trasporti con l’Oriente. Questa era una proposta di Prodi. C’è ancora qualcuno che ci crede? Si può lavorare su queste proposte, o proposte simili, capaci di coniugare vocazione del territorio, innovazione tecnologica e sviluppo sostenibile?
Alessandro Corroppoli - 25.07.2010