Del nove aprile 2007, ripubblicato il 12
In questo articolo parlerò di quanto Antonio Nicoletti, attuale sindaco di San Giovanni in Fiore, s’è trasformato dopo aver incontrato il potere, chiudendosi a riccio e rinnegando la sinistra senza pudore. Aggiungerò argomenti a favore della seguente tesi: la città è peggiorata a dismisura, con la sua giunta, e s’è avviata rapidamente verso la morte dello spirito collettivo e individuale.
Parto dal fatto che il Nostro era all’opposizione fino a qualche giorno prima della presentazione delle liste elettorali nel 2005.
Antonio Nicoletti ha vinto le elezioni promettendo mari e monti in ogni casa. A chi serviva un permessino, ne assicurò la pronta disponibilità. A chi necessitava d’un ddt, garantì un pesticida. A chi chiedeva un qualsiasi posto al sole, giurò di procurare una stuoia alle Hawaii.
Fece il porta a porta, non quello di Vespa, accompagnato dai fedelissimi, anzitutto dal prode Pierino Lopez, uomo di trame, filati e persiani.
Per i bravi cittadini florensi seppe serbare parole buone e sorrisi immensi, baci, abbracci, pacche affettuose e strette di mano virili.
Ogni tanto bisogna pur prendere qualcosa dalla destra.
Un gruppetto di giovani gli si legò visceralmente. Antonio Nicoletti divenne il beniamino di ragazzi che contestavano e apostrofavano il povero Riccardo Succurro, baffuto e impopolare, elitario, liberale, borghese.
Stranamente, Antonio Nicoletti diventò, per queste nuove leve, l’icona d’un Guevara secco, asciutto e agitato, nonostante che avesse segato da principio l’idea della rivoluzione e dell’edificazione sociale dal basso.
Ciononostante, forse per volontà del simpaticissimo e beniano Mario Oliverio, il signore degli anelli, l’uomo che realizzò il compromesso storico, lo votarono e adularono perfino i comunistoni d’un tempo: gli ex cossuttiani ed ex verdi, i socialisti tinti di Lega e gli affaristi locali alla Ricucci.
Magie della politica o, forse, incantesimi di zio Mario, l’unico papa della politica, il solo, il mitico, il numero uno.
Fatto è che il Nostro, già dall’insediamento a Palazzo degli orrori, ha iniziato la tipica degenerazione platonica, diventando sempre più amico di se stesso e poi di sé. Dimenticando l’impegno, assunto in campagna elettorale, a favore dei più deboli, della partecipazione del popolo al governo cittadino e della tutela dei diritti. Scordando che essere di sinistra significa in primo luogo ascoltare.
Tante istanze di cittadini, orali e scritte, finite nel nulla. Tanti giuochi di prestigio dell’ufficio tecnico comunale legittimati dal suo silenzio, con la convinzione che tacere è sempre degli innocenti.
Il tutto per una ragione semplice: Antonio Nicoletti scarica sui dirigenti di turno, sui pochissimi rimasti. E, in primo luogo, su quel pio uomo di Pasquale Tiano, che, non vorrei essere al suo posto, s’è trovato davanti, in anni d’onorata carriera, carte impossibili, impensabili, incredibili.
Il fatto è semplice, si ricorra a qualche leguleio, se si vuole: responsabilità politiche e amministrative sono separate per legge. Vada a vedere la magistratura tra i procedimenti in corso presso il Comune di San Giovanni in Fiore.
«Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare».
Epperò, in regime vi sono le coperture, il sistema è questo e non puoi farci niente, guai a cambiarlo: è un assurdo.
Altro, mi viene la storiaccia del parcheggio per invalidi in Piazza dei Miracoli occupato da uno stand per la Festa del commerciante. Con santa serenità dei municipali e dello stesso Antonio Nicoletti.
Chiaro, per il sindaco, «che qui si sta strumentalizzando, che il disabile - come che ce ne fosse uno soltanto, per errore innanzi alla legge del Terzo Reich - poteva arrivare quieto e buono in municipio».
Costume normale, naturale, direi, a San Giovanni in Fiore; a partire dal sindaco, per cui la sinistra è un’ala o forse il nome di un’assicurazione.
Morale: Antonio Nicoletti ha la bocca cucita rispetto alle irregolarità che avvengono dentro il palazzo comunale e parla di legalità solo quando si toccano pezzi del suo partito; sottolinea che le responsabilità ce le hanno gli amministrativi e ti copre con la voce, con frenesia d’autore, quando gli fai notare che compito del politico è il rispetto della legge morale, come mi ha insegnato suo padre, Peppino, maestro di vita e di umanità.
Antonio, anche davanti a ciò ti trincererai dietro il tuo bisogno di protezione? So che fare il sindaco è duro. Ma i cazziatoni degli amici, se si è autentici, bisogna prenderseli e cambiare atteggiamento. Intelligenti pauca.
Provo una vera delusione.
La gente parte, i giovani fuggono e i problemi veri sono stati rinviati a data da destinarsi, con un assistenzialismo che, per colpa dell’immobilità di alcuni regionali e mezzeseghe istituzionalizzate, ha questo dato, a San Giovanni in Fiore: diciottomila abitanti, seimila disoccupati, tremila pensionati, circa milleduecento assistiti, quattrocentocinquanta dei quali prendono, loro malgrado, quasi cinquecento euro al mese gratis. Per quanto protestino e chiedano di essere impiegati utilmente.
Per effetto d’una politica, di cui certo non è artefice il Nostro Antonio Nicoletti, che ha bisogno di alimentarsi e di mantenere la propria e l’altrui ignoranza.
Nei bar, giovani calano birre a raffica e sfiancano sigarette radiografando ogni domenica del pallone. Sono intristiti e non sperano affatto. Sono scazzati.
Gli adulti si consumano a carte e a passi tardi e lenti al Modernissimo.
Gli adolescenti emulano Costantino e le figliuole di Lele Mora, pensando che il mondo è una palla, o una Palla Palla.
Chi dice dei tanti lavori pubblici per celebrare questa giunta di Antonio Nicoletti rifletta sull’assoluta mancanza di democrazia che si respira ora a San Giovanni in Fiore. La stampa è prona, serva e pagata. Come in un celebre soggetto di Zavattini.
L’abbazia di Gioacchino è sostanzialmente chiusa, con la complicità della politica. E la ndrangheta è perfettamente dentro la città, con le sue polveri della morte distribuite per causa della duplice indifferenza della politica.
Che non intende rispondere al bisogno di vita dei giovani e alla necessità di sicurezza della città tutta.
Chiamatela, chiamiamola sinistra, sta roba che è venuta fuori dall’ultima tornata elettorale. Nel mentre, aspettiamo che, prima o poi, Godot arrivi e porti qualcosa. Magari di nuovo. Magari di sinistra.
Emiliano Morrone
Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi ha già troppi impegni per scaldar la gente d’altri paraggi, una bimba canta la canzone antica della donnaccia quello che ancor non sai tu lo imparerai solo qui tra le mie braccia.
E se alla sua età le difetterà la competenza presto affinerà le capacità con l’esperienza dove sono andati i tempi di una volta per Giunone quando ci voleva per fare il mestiere anche un po’ di vocazione.
Una gamba qua, una gamba là, gonfi di vino quattro pensionati mezzo avvelenati al tavolino li troverai là, col tempo che fa, estate e inverno a stratracannare a stramaledire le donne, il tempo ed il governo.
Loro cercan là, la felicità dentro a un bicchiere per dimenticare d’esser stati presi per il sedere ci sarà allegria anche in agonia col vino forte porteran sul viso l’ombra di un sorriso tra le braccia della morte.
Vecchio professore cosa vai cercando in quel portone forse quella che sola ti può dare una lezione quella che di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie. Quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie.
Tu la cercherai, tu la invocherai più di una notte ti alzerai disfatto rimandando tutto al ventisette quando incasserai dilapiderai mezza pensione diecimila lire per sentirti dire "micio bello e bamboccione".
Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli In quell’aria spessa carica di sale, gonfia di odori lì ci troverai i ladri gli assassini e il tipo strano quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano.
Se tu penserai, se giudicherai da buon borghese li condannerai a cinquemila anni più le spese ma se capirai, se li cercherai fino in fondo se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo." F.De Andrè
Cordialmente, Francesco Foglia
un giorno un mio nipotino mi disse: zia cocca oggi a scuola la maestra ha spiegato la nozione di comune ma non ho capito bene, puoi spiegamela tu? risposi dicendogli: caro nipotino mio il comune è come una famiglia, il papà è il sindaco, la madre è l’ufficio tecnico, gli assessori, e i figli sono i cittadini... a quel punto mio nipote mi disse: allora in comune c’è anche la serenità e l’amore dei genitori per i figli, insomma è come una vera famiglia... risposi: caro nipotino mio, dipende dal comune nel quale vivi, ad esempio qui da noi, a San Giovanni in Fiore ultimamente non si sta più bene... mio nipote: ma perchè questo? è così bello volere il bene dei figli... risposi: il nostro comune non è una famiglia, ascolta questa storia...
"A San Giovanni in Fiore non è andato sempre tutto bene, ma da quando Antonio Nicoletti è diventato il papà della città la madre lo tradisce con i figli che lo odiano. nipotino mio, gli assessori che dovrebbero essere complici del sindaco lo criticano e si criticano tra loro. e se un figlio fa notare ad un assessore buon gustaio un problema, come quello dei giovani che prendono troppe caramelle, questi risponde con voce calda e con la bocca piena di tagliolini con funghi porcini che non è colpa sua, e che ad ognuno i suoi meriti e demeriti. Caro nipotino mio gli assessori dovrebbero proteggersi l’uno con l’altro, dovrebbero essere una squadra, ma a SGF non è così. non sono certo da prendere come esempio. Tra un sindaco che pensa solo a se stesso e poi a sè, tra gli assessori che pensano a se stessi e poi a se stessi, tra uffici tecnici e segretari che desiderano desipere, poveri noi figli che subiamo la loro malattia della vanità mafiosa." mio nipote a quel punto disse: ma perchè si comportano in questa maniera, non si vergognano? loro forse non hanno avuto una morale nella loro vita? risposi: nipotino mio a questa domanda non so rispondere, però io insieme agli altri ormai siamo anziani, ed è certo che è colpa nostra se ora c’è questo sindaco a governare, ma noi lo abbiamo scelto perchè troppe e belle promesse ci fece prima delle elezioni, promesse per voi giovanissimi e giovani. e noi ancora dopo 40 anni ci abbiamo creduto un’altra volta. Mio nipote: allora zia siete proprio pazzarelli. perchè come tu hai fatto questa scelta per me e per altri ragazzini, magari tua zia l’ha fatta per te. tu hai sofferto? Risposi con rabbia: si. Mio nipote: e tu allora non me ne vuoi bene perchè hai scelto con il voto di farmi soffrire. Risposi con pentimento e giustificazione: si, ma non volevo farlo. Mio nipote : voglio farmi grande e andarmene da SGF, perchè non voglio diventare come te.
Con speranza, Maria Costanza Barberio