Sindacati sul piede di guerra dopo le ipotesi di tagli alle cattedre nella Finanziaria. L’Istruzione costa 50 miliardi all’anno: la spesa maggiore
Scuola, apertura tra le polemiche con la manovra cattedre a rischio di SALVO INTRAVAIA (www.repubblica.it, 02.09.2006)
Tagli in vista per la scuola? Il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa, per la prossima Finanziaria punta lo sguardo su 100 mila cattedre. Siamo ancora nel campo delle ipotesi, ma che la Pubblica istruzione possa essere uno dei bacini da cui attingere per risparmiare è molto probabile.
Il Dpef e la scuola. Nel documento di programmazione economica e finanziaria per il quinquennio 2007/2011 la voce ’scuola’ è più che presente. Il dato che salta all’occhio è la spesa per il personale che, pur in discesa nell’ultimo decennio, è sempre la più alta di tutta la pubblica amministrazione. Un terzo di tutta la spesa per gli impiegati pubblici, in Italia, serve a pagare insegnanti, dirigenti scolastici e personale non docente. Neppure la Sanità e la Difesa (con l’ordine pubblico e la sicurezza) riescono a stare al passo con la Pubblica istruzione. Ecco perché sembra logico che una parte dei 30 miliardi di euro di tagli per rimettere in moto il Paese debbano provenire dalla scuola, che ha un bilancio di 50 miliardi. ’Lo stato - recita il documento - ha investito in istruzione, formazione e ricerca universitaria una quota di Pil pari al 4,8 per cento, nella media del periodo 1994/2003. Nonostante questi investimenti, un ammontare annuo di ore dedicate all’istruzione tra i più elevati in Europa e costi complessivi altrettanto elevati, un confronto con gli altri Paesi dell’area Ue incentrato sugli indicatori di performance vede l’Italia in una posizione di svantaggio per quanto riguarda la conoscenza e la professionalità acquisita dagli studenti alla fine della scuola obbligatoria".
Insomma, secondo Padoa Schioppa, spenderemmo troppo e con scarsi risultati. In effetti, sempre secondo i dati contenuti all’interno del Dpef, la spesa italiana annua per studente è di 6.518 dollari, mentre la media europea è di 5.595: quasi mille euro in meno. Stessa cosa per le ore di insegnamento annuali per studente: 1.020 in Italia, 932 nei paesi Ue. Inoltre il rapporto studenti docenti ci vede ancora indietro: 10,3 in Italia, 14,4 in Europa.
Troppi insegnanti? E con quali risultati? Nei test denominati Pisa (Programme for International Student Assessment: programma per la valutazione internazionale dell’allievo) gli alunni italiani mediamente riportano 473 punti, contro una media europea di 500 punti e i 528 dei compagni del regno Unito, i 507 della Francia o i 487 della Spagna.
I posti in pericolo. Secondo i bene informati, sarebbero due le categorie nel mirino del ministro dell’Economia: i docenti di sostegno precari e i professori della scuola secondaria di secondo grado. Ma quanti sono i posti ’in pericolo’? Se si volesse ricondurre il rapporto studenti docenti a quello europeo (passare cioè dall’attuale 10,3 al 14,4) salterebbero 66 mila cattedre, nella sola scuola superiore. Sono invece oltre 44 mila (dato relativo al 2005/2006) gli insegnanti di sostegno a tempo determinato. In tutto oltre centomila, che fanno gola: anche la riduzione della metà consentirebbero un risparmio di 1,3 miliardi.
Ma in che modo? Nella scuola, le cattedre si possono tagliare in due modi: riducendo gli alunni o comprimendo le ore di lezione. E, nello stesso tempo, approfittando dell’esodo annunciato nei prossimi anni per pensionamenti, che non verrebbero rimpiazzati. E’ evidente che la prima strada (la riduzione degli alunni) non è praticabile. La seconda, invece, sì. Da tempo, riguardo alla scuola superiore, si dibatte circa l’eccessivo numero di ore di lezione (e di discipline) soprattutto negli istituti tecnici. Basta riformare la scuola secondaria riducendo le ore di lezione: si rientrerebbe nei parametri europei con un consistente risparmio. Ma tutto questo non convince i sindacati e una parte della stessa Sinistra che considera la scuola un mondo a sé dove non è possibile applicare le stesse regole degli altri settori.
E pronti alla battaglia sono anche gli utenti, in particolare le famiglie dei disabili che temono, con il possibile taglio degli insegnanti di sostegno, nuovi problemi nell’inserimento e nella vita dei figli nelle aule scolastiche.
Le reazioni. Scontro inevitabile. E’ la reazione secca della Cgil. Per Enrico Panini "le voci che parlano di mille miliardi di tagli bastano a creare un allarme nella scuola al quale risponderemo". La Cisl scuola parla de voci su "enormi tagli che si abbatterebbero pesantemente sul personale e in modo particolare andrebbero a colpire gli insegnanti di sostegno. (2 settembre 2006)
I calcoli della Finanziaria che il governo sta portando in Parlamento In tre anni sull’Istruzione risparmi previsti per 4 miliardi. I sindacati: "Così non va"
Cura dimagrante per la scuola nella manovra 50mila posti in meno
di SALVO INTRAVAIA *
La Finanziaria che Tommaso Padoa Schioppa porta in Parlamento nelle prossime ore prevede il taglio di 50 mila posti nella scuola. Poco meno di 42 mila cattedre e poco più di 8 mila posti di personale Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari), il tutto in appena tre anni. E, così, l’entusiasmo iniziale per le 150 mila immissioni in ruolo annunciate dal ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, comincia smorzarsi. Questa volta i dati provengono dalla fonte più attendibile che possa esistere: la relazione tecnica che accompagna il disegno di legge per la manovra finanziaria 2007. Per realizzare cospicui risparmi il ministero dell’Economia ha percorso diverse strade.
Innalzamento rapporto alunni classi. E’ una delle manovre più pesanti per la scuola, sia dal punto di vista didattico sia per l’impatto sul personale. Secondo l’articolo 66 dell’attuale disegno di legge, in un anno, il rapporto dovrà crescere di 0,4 alunni per classe. I segmenti più penalizzati saranno quelli della scuola dell’infanzia, che passerà a quasi 23 bambini per aula, e la scuola superiore che dovrà sopportare un incremento di 0,6 alunni per classe. Nelle prime classi delle scuole secondarie di secondo grado - in parecchi casi già quest’anno con oltre 30 alunni - la situazione potrebbe farsi esplosiva, anche perché occorrerà fare spazio a circa 30 mila new entry per l’elevamento dell’obbligo scolastico a 16 anni. Il governo, incrementando il numero di alunni per classe, conta di tagliare più di 26 mila posti: 19 mila cattedre e 7 mila posti di bidello e personale di segreteria.
Meno bocciature. Per risparmiare qualche ’spicciolo’ il governo vuole intervenire sul numero di ripententi nelle prime e seconde classi della scuola superiore. Basterà ridurre il numero di bocciati del 10 per cento rispetto all’attuale livello, pari a 185 mila studenti bocciati l’anno. Una operazione che porterà un risparmio di 3 mila e 600 posti di insegnante e mille di Ata.
Riduzione delle ore di lezione nei Professionali. Si tratta ancora di un intervento sulla dispersione scolastica. E’ proprio nel biennio degli istituti professionali che si registra il maggiore tasso di bocciati. La riduzione da 40 a 36 ore di lezione potrebbe rendere meno pesante gli studi e ridurre gli insuccessi scolastici. Intanto, l’operazione consentirà di tagliare circa 1.200 classi e di conseguenza 2.656 posti per altrettanti professori.
Insegnanti specialisti di Inglese nella scuola primaria. Attualmente circa 12 mila insegnanti (specialisti) insegnano esclusivamente Inglese ai bambini della ex scuola elementare. Il resto delle lezioni di Inglese è svolto dalle stesse maestre (specializzate) che hanno ottenuto la specializzazione durante gli ultimi concorsi a cattedre, ma restano in cattedra tantissime insegnanti curricolari che non possono insegnare la lingua straniera per mancanza di specializzazione. E’ proprio su queste ultime che il ministero punta per tagliare 12 posti in due anni. Basta fare specializzare, attraverso degli appositi corsi di formazione, e allo stesso tempo avere 12 mila maestre da impiegare al posto dei supplenti.
Docenti soprannumerari. La riconversione di 4.617 docenti tecnicamente ’in sovrannumero’, che non insegnano perché senza cattedra ma che vengono pagati lo stesso, consentirà di risparmiare su un equivalente numero di supplenti annuali. Saranno, dopo un periodo di formazione e aggiornamento, utilizzati per coprire posti di sostegno o insegnare altre materie.
I risparmi. In poco più di tre anni, entro il 2010, con tutte le manovre in cantiere conta di risparmiare qualcosa come 4 miliardi e mezzo di euro. Una consistente fetta deriverà anche dalle 150 mila immissioni in ruolo ’promesse’ ai precari. Svecchiare la classe docente attraverso l’assunzione di insegnanti più giovani in luogo di quelli che vanno in pensione determina un risparmio per il fatto che lo Stato pagherà stipendi più bassi.
Le immissioni in ruolo. A questo punto non è detto che in tre anni il ministero della Pubblica istruzione riuscirà a immettere in ruolo 150 mila insegnanti. Il governo per il 2007, 2008 e 2009 ha previsto il pensionamento rispettivamente di 23 mila, 24 mila e 27 mila insegnanti e considerando anche gli attuali 42 mila posti vacanti si arriverebbero 116 mila cattedre, cui occorre togliere le 42 mila che in governo intende tagliare. Per un totale di 74 mila posti disponibili per le immissioni in ruolo. Del resto la concreta possibilità di assumere in tre anni 150 insegnanti, spiega la Finanziaria, è "da verificare annualmente, di intesa col ministero dell’Economia e delle finanze".
I sindacati. "I tagli sull’intero settore della Conoscenza sono particolarmente pesanti", denuncia Enrico Panini, segretario generale della Flc Cgil che spiega: "La Finanziaria, non solo prevede questi tagli ma ha un meccanismo di recupero per il quale se i risparmi non dovessero arrivare entro i termini previsti verrà ridotta la spesa corrente". Una norma che potrebbe portare a ulteriori tagli su ciò che è stato abbondantemente tagliato dal precedente governo Berlusconi: carta e registri degli insegnanti compresi. "Avevamo chiesto una Finanziaria - continua Panini - di investimenti: ma non si investe e si è in pratica mantenuto lo stesso volume di tagli denunciati dai sindacati qualche settimana fa".
"Il giudizio sui tagli previsti in Finanziaria è decisamente negativo" commenta Massimo Di Menna, leader della Uil scuola. "E francamente alcune misure, come quella relativa alla modifica dell’orario scolastico dei Professionali, mi sembrano anche di difficile attuazione entro il 2007". Secondo il segretario generale della Uil scuola "occorre un confronto più proficuo e sereno: è sempre la stessa storia, i tecnici del ministero dell’Economia pensano di ridurre la spesa pubblica tagliando sul personale della scuola". (16 ottobre 2006)
www.repubblica.it, 16.10.2006
Non si può mortificare così la scuola pubblica
di Titti De Simone *
Ci sono diverse buone ragioni per sottoscrivere l’attuale delusione dei sindacati della scuola circa gli interventi proposti dal governo, e in particolare dagli ambienti del Tesoro, su alcuni articoli della legge Finanziaria che riguardano l’istruzione. Le note dolenti sono tre e su tutte e tre il Prc chiede che ci siano interventi correttivi, che vadano nella direzione di scongiurare ipotesi di ulteriori tagli che comprometterebbero la qualità del sistema pubblico. Un punto per noi inaccettabile.
La prima questione riguarda concretamente gli effetti che potrebbe causare la manovra, attraverso l’innalzamento del numero di alunni per classe con il rischio di una notevole contrazione del numero di cattedre nei prossimi anni. Ovvero meno insegnanti. A questa si aggiunge la proposta di eliminazione delle graduatorie permanenti dal 2010, che seppure non abbia alcuna implicazione sulla spesa, prefigura uno scenario quantomeno poco chiaro di reclutamento, e di certo non sufficientemente delineato con le parti sociali. E ciò anche a fronte del numero di precari storici e sissini che aspetta di essere immesso in ruolo nei prossimi anni, oltre alle tanto attese 150 mila immissioni in ruolo previste finalmente da questa Finanziaria. Le quali fra l’altro copriranno in buona parte il numero di pensionamenti previsto, comportando un risparmio notevole per le casse dello Stato. Un cambiamento delle regole di reclutamento, che in ogni caso non potrà essere retroattivo, anche secondo noi è materia che dovrebbe essere espunta dalla Finanziaria e rimandata ad un confronto più approfondito. Queste due questioni da sole rischiano di trasformarsi in un problema molto serio per tutta l’Unione che ha un forte rapporto con il mondo della scuola, le sue maggiori organizzazioni sindacali, le associazioni, e si è assunta degli impegni precisi nel programma. Non si possono imporre nuovi tagli, non si può dunque intervenire in termini di razionalizzazione tout court, con un piglio ragionieristico che non tiene conto delle reali esigenze improntate sulla qualità del sistema e del diritto allo studio. Penso per esempio al rapporto fra alunni diversamente abili e insegnanti che va nettamente migliorato, nonché alla costituzione dei posti nella scuola dell’infanzia e primaria e delle cattedre della scuola secondaria sulla base delle modalità ancora in atto, e alla funzionalità delle scuole, attraverso la riconduzione all’organico di diritto, ovvero alle reali esigenze. Ciò è ancor più irragionevole a fronte di alcuni emendamenti presentati in queste ultime ore, che tentano di aumentare i finanziamenti alle scuole non statali rispetto alla riduzione prevista dalla Finanziaria.
Oltre a ribadire che questo è per noi inaccettabile abbiamo posto questi punti critici sotto la lente di alcuni emendamenti correttivi che discuteremo a partire da oggi nella commissione competente della Camera e che vanno nella direzione di scongiurare ulteriori tagli agli organici. Inoltre, non mettiamo in secondo piano il tema dell’innalzamento dell’obbligo che vogliamo inquadrare più correttamente nella Finanziaria, sulla base di quanto scritto nel programma.
Riteniamo che questi nodi andranno affrontati in sede politica all’interno dell’Unione, e nel suo rapporto con le parti sociali, così come è avvenuto complessivamente per le politiche economiche e per la parte delle pensioni. Quel che è certo è che la scuola pubblica non può essere mortificata, ci vogliono caso mai più risorse, non meno risorse, e più consenso. Queste modifiche sono per noi una priorità, perché i tagli sarebbero in contrasto con un impianto della legge finanziaria che è anche di sviluppo oltre che di risanamento. Il rilancio della scuola è una priorità per tutta l’Unione come testimoniato dal programma. Un punto strategico. Vorrei ricordare che questo mondo ha contribuito enormemente alla sconfitta elettorale di Berlusconi e della “sua” scuola subalterna all’impresa. I punti avanzati che si sono realizzati al tavolo dell’Unione circa il superamento delle politiche dell’allora ministra Moratti hanno rappresentato un livello alto del rapporto fra questa maggioranza e un pezzo fondamentale di società, che oggi non è disposta a ingoiare giustamente più nulla.
www.liberazione.it, 17 ottobre 2006
Il fenomeno riguarda soprattutto le prime 4 classi e coinvolge circa 460mila studenti. Ogni alunno costa 6.518 dollari l’anno contro i 5.595 dei Paesi Ue
La dispersione brucia oltre 2 miliardi
Padoa Schioppa bacchetta la scuola
L’allarme del ministro dell’Economia: "Un costo economico inaccettabile"
di SALVO INTRAVAIA (www.repubblica.it, 06.09.2006)
Ogni anno, quasi uno studente su quattro si perde per strada: lascia gli studi o incappa in una bocciatura. La scuola superiore italiana è inefficiente? Scorrendo i numeri sembrerebbe proprio di sì. Il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa, illustrando il Documento di programmazione economica e finanziaria per il periodo 2007/2011 ha sostanzialmente bocciato l’ultimo segmento della scuola pubblica italiana. Secondo il responsabile dell’economia in relazione ai risultati che riesce ad ottenere, la scuola costerebbe troppo: 6.518 dollari per alunno l’anno. Troppi rispetto ai 5.595 della media dei paesi Ue.
Un ruolo fondamentale, più volte richiamato nelle ultime settimane dallo stesso ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni, è giocato dalla cosiddetta dispersione scolastica. Un fenomeno sul quale è necessario fare qualche chiarimento. Nelle statistiche più accurate tra gli alunni ’dispersi’ vengono conteggiati, oltre ai bocciati, coloro che avrebbero dovuto (in base alle norme sull’obbligo scolastico vigenti) iscriversi a scuola e non lo hanno fatto - i cosiddetti ’evasori’ - e coloro che abbandonano le aule scolastiche a metà anno senza dare più notizie di sé (gli abbandoni).
Degli evasori, senza monitoraggi accurati e anagrafe alunni, non è possibile avere un dato certo mentre i secondi, insieme ai ’non promossi’, vengono annualmente censiti dal ministero della Pubblica istruzione.
I dati. Secondo gli ultimi dati disponibili che si riferiscono all’anno scolastico 2004/2005, su circa 2 milioni di studenti delle prime quattro classi la dispersione interessa 460 mila (più del 23 per cento) ragazzi. Quasi 289 mila non ce l’hanno fatta a conquistare la promozione alla classe successiva e 171 mila pur risultando tra i frequentanti non sono mai stati scrutinati dai professori. Tecnicamente viale Trastevere parla di ’interruzioni’ della frequenza che in parecchi casi sono state ’formalizzate’ dagli stessi genitori (che ne hanno dato comunicazione alla scuola), ma in tantissimi casi risultano ’non formalizzate’. Di questi ultimi la scuola non ha più notizia: sono andati a lavorare?
Dei primi si sa che alcuni chiedono il nulla osta per iscriversi nelle scuole private, altri passano alla Formazione professionale o all’Apprendistato. Un numero, quello di coloro che preferiscono passare alla privata, che comunque non arriva a 17 mila unità. I numeri consegnano la maglia nera ancora una volta al Sud. Sono le regioni del Nord-est a fare registrare infatti il tasso più basso (17 per cento) di dispersione, che nelle Isole raggiunge invece il 28 per cento.
I costi della dispersione. La dispersione scolastica costa allo Stato 2 miliardi e mezzo l’anno. Se, per ipotesi, da un giorno all’altro tutti i ragazzi diventassero studiosi e non ci fossero più bocciati o ritirati nel corso dell’anno scolastico, il bilancio dello Stato risparmierebbe proprio questa cifra che ha assunto dimensioni esorbitanti. Ed è lo stesso ministro dell’Economia, Padoa Schioppa, a fornire i dati per calcolare il ’costo economico della dispersione scolastica’.
Il calcolo è stato effettuato per difetto perché non vengono considerati gli studenti pluriripetenti e quelli che abbandonano gli studi al terzo o al quarto anno: per i quali occorrerebbe calcolare il costo sostenuto per più anni. Con interventi mirati sulla dispersione, in quattro anni si potrebbero risparmiare 10 miliardi. Ma, forse, il costo economico non è quello più importante. Occorre tenere conto anche del ’costo sociale’ della dispersione: nelle zone a rischio, i dispersi sono facile preda della microcriminalità, senza contare che allungano la schiera di coloro che restano senza un diploma. (6 settembre 2006)