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SAN GIOVANNI IN FIORE. Domenico Barberio, vicedirettore della Voce, va giù dritto in fatto di opere pubbliche

lunedì 19 maggio 2008.
 

San Giovanni in Fiore

Per chi ormai non si meraviglia più di nulla la parata carnevalizia addobbata dal buon lupo Mario, e dal ridanciano baffo Nicoletti (vien da chiedersi, che ci sarà mai da ridere), rientra nella normale prassi politica sangiovannese. Per chi è ancora ingenuo e mezz’incantato invece, la seriosa presentazione fa presagire nuovi e fiduciosi progetti di rilancio per la nostra San Giovanni bella. Tranne Giovanni Iaquinta e qualcun altro che bazzica magari Via Roma e magari la sede dei DS, nessuno, ma proprio nessuno, può credere ad una cazzata del genere. Più di vent’anni fa era sempre lui, Mario Oliverio, in un affollato convegno all’hotel Kursal, a dipingere le magnifiche doti architettoniche della grande costruzione, le grandi prospettive che si aprivano con la nuova piscina comunale. Per chi, come me, all’epoca aveva dieci anni, imberbe in volto e con la testa fera le nuvole, la piscina era davvero qualcosa di fantasmagorico, mirabolante, straordinario. Solo l’idea che ci sarebbe stata, proiettava tutti in sogni fantastici: il bagno anche d’inverno, lo strano sapore del cloro, i tuffi, le docce, le ragazze in costume, i divertimenti con gli amici. Ah!, La piscina! E poi, lui, Mario Oliverio! che avrebbe dato concretezza a sconnessi progetti elaborati dall’orda di ragazzini entusiasti e scalmanati. Chi l’avrebbe detto che la piscina dei nostri sogni un misero pisciatoio sarebbe diventata. Ritrovo per truppe di scolari “scioperanti”, coppiette in cerca d’ intimità, vandali furiosi e distruttivi. La piscina è stata, è il simbolo dell’incuria amministrativa, dello spreco di denaro pubblico, della mancanza di senso civico della nostra San Giovanni bella. Un monumento all’incapacità collettiva che ora si vorrebbe abbattere o quantomeno riconvertire. Viene in mente un altro progetto di riconversione: l’ex mattatoio comunale (“u macellu viecchiu”) riconvertito in palazzo della cultura, a sua volta riconvertito in ritrovo per anziani giocatori di carte. Su quella costruzione, in bella mostra, finché non terminarono i lavori (anche quelli lunghi, interminabili), campeggiava una lunga frase, scritta in grandi caratteri rosso fuoco: ”il palazzo della cultura comunale = la cultura del palazzo comunale = 0”. Aspettiamo impazienti l’anonimo scrittore in località “Pirainella".

[10 novembre 2006]

Domenico Barberio

ciaramella76@hotmail.com


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