L’Onda non si ferma
a Roma la polizia carica
di Maristella Iervasi
L’Onda non si arresta, la Gelmini con il suo «pacchetto» sugli Atenei non è riuscita a fermare le proteste. Universitari e liceali, come da copione, ieri hanno paralizzato tutte le città d’Italia: da Torino a Cagliari.
A Roma la manifestazione più grossa (25mila persone), finita con gli scontri tra poliziotti e studenti alla stazione Piramide per l’occupazione simbolica dei binari ferroviari. Una mossa improvvisa, che ha spiazzato la Digos, e intesa a sollecitare Trenitalia ad organizzare treni speciali per lo sciopero del 14 novembre. Ma non appena un gruppo di universitari è riuscito a bypassare il cordone delle forze dell’ordine e scavalacare i tornelli, è partita una gragnuola di manganellate. Un ragazzo di Scienze Politiche della Sapienza è finito in ospedale per i «colpi» sulla testa; Laura Mari, cronista de «La Repubblica» ha un braccio gonfio e gli occhiali spaccati. Ma per la questura «la polizia non ha fatto alcuna carica», i manifestanti «hanno lanciato bottiglie e altri oggetti verso gli agenti che hanno respinto il corteo. Numerosi gli agenti feriti».
Chi si è trovato sotto i manganelli racconta una storia diversa. Chiara G., 21 anni, fuorisede di Taranto e studentessa di Filosofia: «Volevamo pacificamente provare ad occupare i binari della stazione, ma quando ci siamo avvicinati ci hanno aggrediti. Mi hanno buttata a terra, in un angolo - racconta la ragazza - e avevo un poliziotto addosso che mi manganellava. Mi diceva: “vattene str..”».
Chiara è rientrata alla «Sapienza» a bordo del camioncino dei manifestanti e ha una busta col ghiaccio sulla testa. Sul parabrezza l’immagine taroccata di Papa Ratzinger con i baffetti di Hitler. Accanto alla giovane contusa c’è un altro ragazzo dolorante. Per l’Onda parla Giorgio F., del collettivo di Fisica: «La prima carica della polizia è partita a freddo. Non è vero che siamo stati noi a lanciare oggetti e che loro si sono dovuti difendere. Noi abbiamo avanzato verso i poliziotti con le mani alzate...». In realtà un errore gli studenti l’hanno commesso: hanno confuso la stazione Piramide con l’ Ostiense.
«Vergogna! Fascisti! Rispettiamo solo i pompieri» è stato il coro che poi ha accompagnato i manifestanti alla Sapienza, dove i ragazzi si sono riuniti in assemblea per preparare l’autoriforma sull’Università che verrà votata da tutti i collettivi degli Atenei d’Italia nella due giorni di assemblea generale il 15 e il 16.
Comunque i tre cortei hanno tenuto sotto scacco Roma dalle 10 alle 17. In piazza della Repubblica, non lontana da Termini, un gruppetto di 3 ragazzi e una ragazza di Blocco studentesco, con caschi, svastiche e croci celtiche, aveva cercato di infiltrarsi tra i liceali che aspettavano gli universitari. Giorgio, dall’alto del camioncino musicale del collettivo, ha subito urlato: «Fuori!». E la Digos li ha fatti allontanare.
In via Cavour Sara e Daniela di Psicologia hanno «incollato» mutande di carte sulle vetrine delle banche, altri hanno lanciato uova contro i bancomat contro il governo «che taglia i fondi agli Atenei per darli ai banchieri. Ma noi la crisi non la paghiamo». E così fino a piazza Venezia, dove dal Campidoglio sono confluiti nella manifestazione gli studenti di Roma Tre. Prossima tappa, ministero dell’Istruzione. E invece l’Onda blocca Ponte Garibaldi e lungotevere . Poi l’ennesima beffa: la polizia indossa caschi e scudi e si schiera sui gradoni del ministero della Gelmini, l’Onda grida: «Il ministero non ci interessa, blocchiamo la città». E via verso Piramide.
la Repubblica, 8.11.2008
Gli studenti riscoprono Mirafiori "Non si vedevano da trent’anni"
Gli universitari davanti ai cancelli della fabbrica torinese. Incontro con gli operai
Solo i più anziani si fermano a parlare, i giovani scivolano muti sotto la pioggia
di Curzio Maltese
TORINO - «Guarda, gli studenti! Trent’anni che non ne vedevo uno ai cancelli di Mirafiori. Dove siete stati, ragazzi?». Patrizia, operaia al reparto cambi, esce dal turno del mattino e va incontro al drappello di studenti col megafono come andasse incontro ai suoi vent’anni. È passata tanta storia davanti al cancello 20 di Mirafiori ed è trascorsa la sua vita. «Cinquantaquattro anni, trentaquattro in Fiat. Questo, se Dio vuole, è l’ultimo».
Sono tanti gli operai a fermarsi, con sorpresa, al volantinaggio degli universitari torinesi. Ma sono soltanto gli anziani. I giovani, un centinaio, si stringono nei giubbotti e scivolano muti sotto la pioggia, verso il tram, casa, letto. Da lontano sembrava una scena d’altri tempi. Il fiorire di ombrelli all’uscita del turno, gli studenti col megafono, il solito cielo livido, l’eterno odore di ferrovia, le facce stanche e quelle incazzate. Da vicino si capisce che sono passati trent’anni e una rivoluzione, anche se non quella immaginata. Allora gli studenti e gli operai appartenevano a mondi lontani, ma si parlavano. Gli studenti erano travestiti da rivoluzionari, però figli di borghesi, con accento del nord. Gli operai erano vestiti normale, parlavano dialetto meridionale fra di loro, venivano da altre storie, altri luoghi, altre famiglie. Due popoli.
Oggi sembrano tutti uguali, almeno i giovani. Hanno gli stessi piercing e tatuaggi, bluse e calzoni a vita bassa. Frequentano probabilmente gli stessi locali sul lungo Po, conoscono la stessa musica, usano un vocabolario comune. Ci sono più meridionali fra gli studenti che fra gli operai. Quelli già laureati, i ricercatori, guadagnano 1000 euro al mese, contro i 1400 di uno specializzato della meccanica, straordinari compresi. Fra gli studenti c’è qualche figlio di operaio e fra gli operai qualche figlio di capo Fiat. «Perché ormai anche per entrare in fabbrica ci vuole la raccomandazione», spiega Vincenzo, 55 anni (37 in Fiat). Le facce, quelle sono diverse. Perché un ricercatore o un fuoricorso di trent’anni ne dimostra venti e un operaio di venti ne dimostra dieci di più. In ogni caso, non riescono a parlarsi.
«Oè, Peter Tosh, fai il bravo che perdo l’autobus!», dice uno e scarta di lato lo studente con trecce rasta e megafono. Il rasta ci rimane male e un anziano operaio s’avvicina per consolarlo. Si chiama Cataldo, 58 anni, «40 in Fiat». Ancora? «È per mia figlia. Per mantenersi a Legge andava a lavorare al mercato, un mazzo così per 3-400 euro al mese. Ho deciso di rinviare la pensione. I compagni giovani, sì insomma i colleghi perché compagni magari non lo sono, rimangono dei bravi ragazzi. Ma sono sotto ricatto, hanno paura di farsi vedere a far casino, per questo tirano via.».
Studenti e operai uniti nella lotta, nella Torino d’oggi, è uno slogan fuori dal tempo. «Ma i due mondi si annusano», dicono alla Fiom «e scoprono d’avere in comune lo stesso problema: il futuro». Sono stati gli operai stavolta a chiedere la solidarietà degli studenti nelle assemblee universitarie. È venuto Epifani qualche giorno fa a dire che Torino è l’epicentro della crisi. Chi sostiene ancora che l’economia reale non è stata travolta dalla "bolla" partita dall’economia di carta della finanza, dovrebbe venire qui, farsi un giro per la città più manifatturiera d’Italia, l’angolo più "reale" del Paese. Soltanto nell’ultimo mese la Motorola ha chiuso gli stabilimenti, lasciando a casa 370 persone, Pininfarina ha 1400 lavoratori in cassa integrazione a zero ore e Bertone 1224, la Seat ha annunciato 150 esuberi su 1300 posti, Daico e Michelin hanno proclamato lo stato di crisi. La città stringe la cinghia, i negozi sono deserti, quelli di via Roma come i centri commerciali in periferia.
La città guarda con il fiato sospeso a Mirafiori, spera nella tenuta della Fiat. Viale Marconi ha deciso il raddoppio della cassa integrazione da 1600 a 3200 lavoratori. «Se viene giù la Fiat e ricomincia l’incubo di anni fa, prima dell’era Marchionne, allora è la tragedia sociale, per Torino e non solo per Torino», dice Giorgio Airaudi, segretario della Fiom. Le previsioni sono nere. Secondo gli ultimi studi commissionati da viale Marconi si dovrà aspettare il 2013 per ritornare al livello di produzione auto dell’anno scorso. «Per questo penso che l’alleanza su un nuovo progetto di futuro sia inevitabile fra studenti e operai», conclude Airaudo.
Torino è da sempre un laboratorio del futuro. Qui è nata l’unità e tante altre cose, dal cinema alla televisione, dall’editoria alla ricerca applicata. Oggi il laboratorio del futuro torinese è il Politecnico, forse l’unica università davvero internazionale che abbiamo. Ai primi posti nelle classifiche europee. Il paradosso è che il Politecnico oggi lavora più per l’America che per Torino. Qui sta forse nascendo il nuovo motore che potrebbe risolvere i problemi di mercato della Fiat. Peccato che il progetto, che coinvolge nove dipartimenti del Politecnico, sia finanziato dalla General Motors. Il gigante dell’auto statunitense ha deciso di aprire proprio qui, all’interno delle mura del Politecnico, il suo più grande centro di ricerca europeo. Come si spiega l’assurdo? Lo chiedo al rettore Francesco Profumo. «La risposta è che siamo un paese per vecchi. Ed è la vera questione posta dal movimento di protesta degli studenti. La reazione a una crisi globale può essere soltanto l’investimento nella ricerca, nel futuro. Così fu nel ’29 e anche dopo. E invece qual è la risposta della politica? Quella provinciale, culturalmente miserabile, di considerare l’università un costo, invece di una risorsa».
Alle due e venti il volantinaggio al cancello 20 di Mirafiori è finito, gli studenti si fermano a discutere. Marco si avvia a piedi verso la sua facoltà, Economia, a poche centinaia di metri. «Non li avevo mai percorsi prima, ma oggi è stata la miglior lezione di economia cui ho assistito nell’ultimo anno».
la Repubblica 8.11.08
Intervista a Gustavo Pietropolli Charmet
Non sparate sui nuovi adolescenti
In un libro dello psichiatra il sorprendente ritratto di una generazione denigrata dagli adulti che invocano il ritorno alla cultura del castigo
Se vogliamo motivarli allo studio, bisogna aumentare moltissimo competenza e capacità educativa della scuola
È improbabile che si riesca a sottometterli al rispetto delle regole con lo spauracchio di inflessibili punizioni
MILANO. Non è solo un intellettuale brillante, uno studioso serissimo, un clinico da sempre in trincea: Gustavo Pietropolli Charmet sembra il cantore di quella generazione così enigmatica, indecifrabile, composta da I nuovi adolescenti (secondo il titolo di un suo libro pubblicato anni fa da Raffaello Cortina). È uno psichiatra di formazione freudiana, ha settant’anni, ha insegnato per una vita alla "Bicocca", è ancora attivissimo a Milano con i suoi giovani pazienti, quelli che lui definisce tristi - con disarmante semplicità.
Di Charmet è uscito un tascabile ricco di idee inconsuete ma molto fondate, che traccia un sorprendente identikit di questi ex bambini prodigiosi, piccoli imperatori vezzeggiati e ora confusamente immersi nella lunga cerimonia dell’addio all’infanzia, ormai sulla ribalta del grande teatro della crescita. È un librino molto denso nella sua agilità, rigoroso e chiaro, destinato soprattutto ai tanti genitori e insegnanti spesso disorientati, spiazzati, allarmati dai comportamenti "normali" ma non per questo meno oscuri e problematici dei ragazzi alle prese con l’età incerta, fatta di rituali bizzarri, scarti, arresti, e poi improvvise accelerazioni: s’intitola Fragile e spavaldo. Ritratto dell’adolescente di oggi (Laterza, pagg. 126, euro 10).
Nelle conclusioni, Charmet accenna con qualche preoccupazione alle ricette sbrigative dell’attuale governo per il sistema al collasso dell’istruzione italiana. Non c’è traccia di un programma ma solo la volontà - malissimo dissimulata - di destrutturare la scuola pubblica, con quei "tagli" massicci e indiscriminati che colpiscono un ceto sociale squattrinato e debolissimo sul piano del prestigio sociale. Oltre alla trovata risibile del ritorno al grembiulino, alla riedizione di un’improbabile e non richiesta vicemamma nel ruolo di maestra unica, c’è qualcosa di più nelle intenzioni di questa cultura di destra che osanna la semplificazione contro il culto della complessità di una sinistra intellettuale percepita come parolaia e inconcludente. Intanto si cerca di ristabilire nelle aule un clima fondato sulla minaccia, dal ripristino del voto in luogo del giudizio: un numero secco per inchiodare i ragazzi alla mortificazione di un fallimento scolastico, alla bocciatura per il 5 in condotta: un provvedimento che non spaventerà i bulli - quelli veri, disperati e violentissimi.
Per Charmet, e non solo per lui, gli adulti hanno da un pezzo abbandonato il sistema educativo della colpa e oggi con affanno si chiedono se la relazione che gli adolescenti stabiliscono con l’autorità e soprattutto con la realtà sia adeguata. «Si sente parlare ovunque - scrive - di nuove regole da proporre ai giovani, di "paletti" da ricollocare negli snodi cruciali della crescita... C’è l’impressione che sia avvenuta una diserzione di tutti coloro che avrebbero dovuto sorvegliare affinché i paletti rimanessero al loro posto e non venissero divelti da branchi di giovani inselvatichiti». Il punto è se sia possibile ristabilire una comunicazione con questi adolescenti limitandosi a un puro salto all’indietro. O se questa operazione sia forse rassicurante per il bisogno di certezze che imperversa, e però del tutto illusoria. Da qui parte la nostra intervista con Charmet.
Si può tornare alla cultura del castigo - come se i "nuovi adolescenti" somigliassero anche solo vagamente a quelli degli anni Cinquanta?
«Mi sembra un discorso male impostato. Una scuola che parla retoricamente di regole, di principi, di valori ma non è capace di costruire una quotidianità fondata sulla relazione, sulla passione per la conoscenza, sulla partecipazione attiva - una scuola così non va bene. Per il momento si vedono solo "tagli" e trovate di sapore demagogico: nessun progetto culturale o di rifondazione della scuola italiana».
Sì, professore, ma in attesa di un progetto appena credibile, un po’ tutti ormai sembrano d’accordo sulla necessità di modelli educativi più forti, più severi: magari quelli di una volta, degli anni precedenti alla "contestazione" e al clima permissivo che ha prodotto...
«Non importa essere favorevoli o contrari al tentativo di ripristinare il vecchio ordine, perché comunque per poterlo fare i ragazzi dovrebbero essere disponibili a riconoscere alla scuola un significo etico e simbolico, ma non lo sono affatto: è del tutto improbabile che si riesca davvero a sottometterli al rispetto delle regole con lo spauracchio d’inflessibili castighi».
Cos’è allora che si dovrebbe fare per coinvolgere di più questi adolescenti descritti come campioni di nichilismo, senz’altro spesso indifferenti e svogliati?
«Se vogliamo recuperarli alla motivazione allo studio - e questo sì: a me sembra davvero uno dei problemi più gravi che abbiamo in Italia - bisogna aumentare moltissimo la competenza e la capacità educativa della scuola: lasciata così, non è all’altezza di uno scenario globale che proprio non consente scelte intellettualmente pigre. Della qualità degli studi, di un’adeguata trasmissione dei saperi, di questo si sente parlare poco e niente, mentre prevale la tendenza temibilissima a scivolare nelle semplificazioni più aberranti e anche pericolose perché illudono sulla possibilità di risolvere i problemi, e invece non fanno che rimandarli e dunque sostanzialmente aggravarli... È tutto un gran chiacchiericcio politico e anche mediatico rassicurante per la massa degli adulti più spenti, vuoti di ideali, perfettamente robotici».
Leggendo i suoi libri - e quest’ultimo, in particolare - sembra molto più severo con questi adulti che con i suoi adolescenti narcisisti, fragili e spavaldi. A lei, questi ragazzi fanno simpatia. E infatti scrive: "Chi conosce i giovani, finisce per apprezzarli". Lei li conosce: cosa apprezza di loro?
«A rischio di apparire buonista o anche idealizzante, non sono favorevole alla denigrazione massiccia che subiscono questi ragazzi che invece sì, io tendo ad apprezzare. Quando sono dentro una relazione con un adulto abbastanza competente, sono molto etici, s’impegnano sul piano della narrazione di sé, mostrano una grande capacità di ricognizione della loro mente. A dispetto delle apparenze, sono affettivi: ad esempio, la loro vita di coppia è molto più evoluta di quella degli adolescenti di un tempo, hanno un livello di autonomia reciproca elevato, non coltivano eccessivamente il sentimento della gelosia, magari hanno smarrito il senso della grande passione amorosa, onirica, a vantaggio però di una certa pacatezza e stabilità. Soprattutto hanno introdotto una pariteticità reale tra maschile e femminile che senz’altro avrà una ricaduta sui loro rapporti più maturi, sulla genitorialità futura, sulla vita familiare e nei rapporti con i figli... A me non sembra poco».
Ma chi è l’adulto "abbastanza competente". I genitori no, gli insegnanti neppure... Sarà lo specialista, il terapeuta, uno come lei?
«No, per questi adolescenti l’adulto competente è chiunque coltivi ed esprima una forte passione per "qualcosa". Ecco, quando individuano qualcuno che secondo loro va bene, in base a criteri anche difficili da decodificare, possono esserne soggiogati. Anche un docente un po’ svitato, ma realmente appassionato della sua materia, diventa un punto di riferimento, una risorsa. Gli altri adulti - quelli opachi - non sono contestati, non sono avversari da abbattere, semplicemente rimangono del tutto irrilevanti».
Lei sta parlando dei ragazzi "normali", non proprio di quelli che indulgono nelle varie condotte a rischio e conquistano i notiziari... Sembra invece piuttosto preoccupato da quello che definisce il fenomeno della reclusione volontaria: davvero può esserci il rischio di un rifugio difensivo nel mondo del virtuale?
«Sì, credo che il virtuale possa mettere al riparo dallo sviluppo di sintomi psichici gravi. Nessuno deve vedere l’adolescente troppo fragile per reggere lo sguardo dell’altro, mille volte meglio restare in relazione senza corpo: è la celebrazione della più radicale delle difese rispetto all’eventualità di sperimentare il sentimento sociale della vergogna. Sarà allora il caso di incoraggiare gli adolescenti a incamminarsi verso la condivisione, a non temere i traumi e le mortificazioni. Diversamente i nostri ragazzi seguiranno le orme dei loro colleghi giapponesi: un milione di ragazzi spariti dalla circolazione, chiusi nella loro cameretta a comunicare on line, come in un ospedalino da campo nelle retrovie della vita».
SOCIETA’ ARCAICA, NEVROSI OSSESSIVA E FASCISMO
Un contributo di Elvio Fachinelli (La freccia ferma. Tre tentativi di annullare il tempo, Milano, L’erba voglio, 1979) per capire meglio il vecchio e il nuovo fascismo - il berlusconismo... e l ’ideologia americana della fine della storia. Recensione (BELFAGOR, 3, 1980, pp. 363-365)
di Federico La Sala *
’Anomala’ e tuttavia oltremodo interessante è questa recente ricerca di Fachinelli. Essa nasce "all’interno dell’esperienza psicoanalitica, come effetto primo della sorpresa" (p. 7) di trovarsi di fronte a un uomo (nevrotico ossessivo) che annulla il tempo, ma giunge, poi, - allargandosi e quasi capovolgendosi- a toccare altri problemi (p. 7), specificamente storico-antropologici (il fascismo, le società arcaiche, ecc.).
La ragione di questo tipo di sviluppo è dovuto non tanto alla logica stessa dei problemi posti dall’analisi, quanto al fatto che l’esperienza del trovarsi di fronte a "un comportamento del tutto insolito nei confronti del tempo" (p. 135) ha scosso e sorpreso, svegliando l’uno e l’altro da un sonno dommatico, più l’intellettuale che lo psicoanalista: non a caso quest’ultimo pone in secondo ordine e si riserva di affrontare in un prossimo lavoro la questione - tra l’altro ritenuta centrale per la psicoanalisi stessa - del tempo dell’analisi e nell’analisi (pp. 7-8). Ma perché la sorpresa, e perché l’esigenza di una tal risposta?
II motivo è storico: l’irruzione sulla scena del presente di un agire strano nel tempo e sul tempo ha riposto all’intellettuale i non risolti problemi di quella crisi che investì (e investe tuttora, dato che ancora non si è data una risposta esaustiva - il dibattito sulla crisi della razionalità ha qui le sue profonde radici) la cultura europea di fronte all’affermarsi dell’ininterpretabile fascismo (p. 110), che fu proprio sì una parentesi, - spiega Fachinelli, restituendo cosi a Croce parte delle sue ragioni, - ma lo fu come "un modo di funzionare della storia, radicalmente diverso da ciò che si era conosciuto fino allora" (p. 110), e, totalmente dirompente nei confronti delle formalizzazioni ideologiche esistenti ("la Storia delle ’magnifiche sorti e progressive’", p. 150).
Inoltre, gli stessi esiti ’autocritici’ ("le esperienze di questo secolo ci hanno costretto ad aprire g1i occhi", p. 150) sulla Storia intesa come "flusso irreversibile, come totalizzazione, a senso unico in cui si riassorbono tutti i processi precedenti" (pp. 149-150), o, più in generale, su un modello di razionalità che, proprio in "una concezione totalitaria e omogeneizzantedel tempo storico" (p. 150), ha una delle sue strutture portanti, e, dall’altra, il tentativo di elaborare su un’idea molteplice di tempo storico un nuovo tipo di ricerche, inscrivono il contributo di Fachinelli in tale ambito e lo caratterizzano di un originale sforzo di superamento.
Da ciò, anche, il vago percepirsi, - dentro e al di la della risposta creativa alla sorpresa - nello stesso ritmo ’narrativo’ della ricerca, di una tonalità emotiva, quasi di testimonianza.
La ricerca prende le mosse, dunque, dall’analisi dell’uomo che annulla il tempo e dai suoi risultati: la ricostruzione. in funzione del tempo, di "un modo generale di vivere ossessivo" (p. 10). Di qui, procedendo "per salti e indizi, secondo una trama di fili " (P. A. Rovatti, I morti viventi e l’aquila littoria, "la Repubblica ", 17.11.79), e, in particolare, sempre seguendo "il filo del tempo", vengono posti in relazione e analizzati la nevrosi ossessiva stessa, "le società arcaiche e un movimento politico-sociale del nostro tempo" (p. 148), il fascismo.
Il risultato è la scoperta, in situazioni pur tanto dissimili. di analoghi nodi problematici che danno luogo, anche se con procedure diverse, a una stessa soluzione, allo stesso tentativo: annullare il tempo; o più a fondo e meglio, di un tratto comune. Questo tratto comune, non semplice ma complesso, è una configurazione: "essa delinea un nucleo dinamico, da cui si origina un movimento complesso particolare, sia individuale o collettivo; in questo senso essa si presenta come una matrice o cellula genetica" (p. 149), che, - proprio per il suo articolarsi intorno al tempo, e, anzi per il suo elaborarne uno - "è prima di tutto un cronotipo particolare" (p. 154).
L’individuazione di questa configurazione, o "cronotipo particolare" permette a Fachinelli di dare-trarre una prima indicazione: "sulla base di problemi specifici, affrontati da individui e società in condizioni del tutto diverse, è possibile arrivare a delineare tipi di soluzioni omogenee tra loro, nonostante l’immenso divario, a volte, di premesse e circostanze" (p. 1.48), e così a individuare-isolare altri cronotipi o configurazioni.
I varchi schiusi da quest’acquisizione sono molti, e, tutti sollecitano a pensare in modo nuovo su una serie di questioni notevoli. Già l’eterna questione del rapporto individuo-società viene ’superata’ dall’impostazione dell’indagine per problemi specifici e dall’individuazione di una cellula genetica comune a situazioni e collettive e individuali. Inoltre, e fondamentalmente, l’individuazione di questa cellula genetica comune mette in crisi il concetto di Storia e la concezione del tempo che la sostiene.
Infatti la matrice o cellula genetica individuata, prescindendo "da quella immensa accumulazione di fatti, di esperienze, di conquiste e di disfatte che rende la storia, come si dice abbastanza spesso, irripetibile", mostra proprio "la possibilità di ripetere, attraverso, lontananze abissali, una certa definita qualità del decorso storico, di produrre segmenti di storia o di vita individuale nei quali siamo costretti a riconoscere una caratteristica fondamentale comune". Questo, ovviamente, non esclude, - prosegue e tiene a precisare Fachinelli - "ma anzi ne rafforza, la peculiarità storica in senso stretto" (p. 149).
Le conseguenze sono notevoli. Innanzitutto, ci mette di fronte al fatto che "esistono differenti tempi storici, differenti curvature dello spazio in cui si svolge la vicenda umana", e, alla necessità di pensare, al posto di uno svolgimento unilineare, a più linee logiche particolari che si intersecano variamente in relazioni e problemi differenti, e anche ricorrenti, secondo ritmi temporali del tutto peculiari. E ci fa capire, finalmente, perché, "in certe condizioni, vediamo affiorare e dominare la scena sconvolgimenti inauditi, e dei quali ci eravamo scordati, o che pensavamo impossibili" (p. 150). E, ancora, quanto illusoria e ideologica sia l’idea del coincidere nel presente del tempo storico col tempo cronologico, e, quanto grande sia "la necessità di cogliere, in ogni esperienza individuale o collettiva, tutte le temporalità coinvolte, senza dimenticarne alcuna, o meglio, senza dichiararne abolita alcuna per decreto-legge politico o culturale" (pp. 152-3).
Ciò che sembra emergere, anche se con cautela e un po’ implicitamente, - dato il carattere ancora in fieri degli sviluppi possibili dai risultati della ricerca - tra gli spunti e le conclusioni (pp. 123-153) è l’esigenza o il compito di individuare possibilmente cronotipi non solo sul piano diacronico (come è stato fatto tra nevrosi ossessiva, società arcaiche e fascismo), ma anche sincronico, nel presente. In questo, Fachinelli sembra puntare verso approdi simili a quelli di Ernst Bloch, almeno per certi livelli. Questi, infatti, proprio cogliendo la sfasatura tra tempi storici non congruenti che esistono nello stesso presente cronologico ed elaborando il concetto di Ungleich-zeitigkeit (= non contemporaneità), giunge a prospettare "un multiversum temporale, un tempo a più dimensioni compresenti, un intersecarsi di piani diversi del tempo, un contrappunto di squilibri temporali fra diversi popoli, classi e individui che pur vivono nel medesimo tempo cronologico" (cfr. R. Bodei, Filosofia, in La Cultura del ’900, Milano, Gulliver, 1979; cfr. anche, e soprattutto, R. Bodei, Multiversum. Tempo e storia in Ernst Bloch, Napoli, Bibliopolis, 1979). Da notare poi che allo stesso Bloch la nozione di non-contemporaneità (centrale nel suo lavoro) permette di elaborare un’analisi del nazismo (tra l’altro, Bloch non è neppure citato in R. De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Bari 1971) molto più profonda e originale che non i vari sociologi o marxisti ortodossi, e molto vicina a quella di Fachinelli. Anzi, ci sembra, le ipotesi di Fachinelli confermano più a fondo quelle di Bloch, e, spiegano, insieme il tempo e i modi del manifestarsi del nazifascismo, e, in particolare, perché il fascismo come il nazismo - detto "giacobinismo del mito" da Bloch - riuscirono a "utilizzare i ceti ungleichzeitig" (R. Rodei, Multiversum, p. 35), cioè i ceti contadini e piccolo-borghesi.
Il contribuito di Bloch, su questo punto, ci sembra prezioso, e utile a portare avanti il discorso a cui con cautela accenna Fachinelli: costruire intorno all’elaborazione temporale (o cronotipia) una nuova organizzazione del sapere, puntando così - anche per l’essere questa "una prospettiva di lavoro su più piani" (p. 154) - a una riformulazione e unificazione dei vari saperi parziali esistenti (p. 155) sull’agire dell’uomo.
* (www.ildialogo.org/filosofia, Giovedì, 19 febbraio 2004)
Sul tema, nel sito, si cfr.:
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UNIVERSITA’: A ROMA ATTESI 100MILA STUDENTI
Cortei colorati, ragazzi con grandi cartelloni-scudi di gommapiuma, sfilano nel centro della capitale. Sono migliaia gli studenti, arrivati a Roma da tutta Italia con treni e autobus privati. I cortei sono partiti dal La Sapienza, piazza della Repubblica e Bocca della Verita’ per confluire in piazza Navona, dove sono previsti i comizi. Tra le decine di striscioni e bandiere è stato alzato, da un gruppo di manifestanti, un lungo telone azzurro che simulerà "la grande onda che travolge tutti".
Uno striscione con la scritta "Roma Tre, l’onda sale verso lo sciopero generale", ha aperto a Piramide la partenza del corteo di qualche centinaio di studenti universitari. I ragazzi sono accompagnati da palloncini colorati, una bandiera dei pirati e un toro di cartone, costruito dagli studenti della Facoltà di Architettura, poggiato su un carretto. In molti indossano magliette contro la legge 133, personalizzate a seconda delle varie facoltà: "Facciamo i conti" per Matematica, "Cervello in fuga" per Fisica e "Legge 133 la riscrivo io" per Lettere. Tutte le facoltà di Roma Tre si sono mobilitate e molti studenti stanotte hanno anche dormito all’interno delle facoltà di Matematica, Fisica, Ingegneria e Lettere: insieme oggi cercheranno di raggiungere Montecitorio. Per questa ragione, la cittadella della politica e’ blindata dalle forze dell’ordine
"Insieme per il futuro del paese": con questo striscione in testa è partito da Piazza Bocca della Verità il corteo, organizzato dai sindacati di categoria di Cgil e Uil, per contestare le politiche del governo in materia di università, ricerca e alta formazione artistica e musicale (conservatori e accademie). I manifestanti si sono mossi con circa un’ora e mezza di ritardo rispetto all’orario previsto, per aspettare i delegati in arrivo da tutta Italia: dieci pullman da Firenze, 13 dall’Emilia Romagna, 10 dalla Calabria, 7 dalla Puglia, 17 da Napoli (alle quali si aggiungono 200 persone che hanno scelto il treno per arrivare a Roma), 250 delegati dalla Sicilia e circa 1.500 dalle Marche. Il numero dei partecipanti continua ad aumentare.
’’Chi non c’e’ sbaglia: ha detto il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani riferendosi all’assenza della Cisl nella manifestazione organizzata dai sindacati. ’’Ogni volta che provano a isolarci - ha detto Epifani che e’ entrato nel corteo all’altezza di Piazza Venezia - gli va male pero’ persistono. E perseverare e’ diabolico’’.
Due fantocci con le fattezze del ministro dell’Economia Giulio Tremonti e del ministro dell’ Istruzione Maria Stella Gelmini fanno capolino dal corteo degli studenti che sta sfilando su via Cavour con la testa all’altezza di piazza Esquilino, diretto a piazza Venezia.
MANIFESTAZIONI ANCHE IN TANTE ALTRE CITTA’
Palermo - E’ partito da viale delle Scienze il corteo degli studenti universitari che protestano contro la politica del governo in tema d’istruzione. Da piazza Croci, invece, si sono mossi gli studenti delle scuole superiori. Entrambi i cortei confluiranno a piazza Bologni.
Milano - Centinaia di studenti delle università e di lavoratori del settore istruzione stanno partecipando a un presidio in piazza Duomo. Dopo un breve corteo dalla vicina sede centrale dell’Università Statale milanese, studenti e ricercatori sono confluiti nella piazza dove il sindacato - soprattutto la Cgil, ma anche alcuni aderenti alla Uil - ha organizzato un concentramento che dovrebbe durare fino al pomeriggio.
Cagliari - Si replica, ma questa volta senza Cisl. A una settimana esatta dall’ultima mobilitazione, Cgil e Uil hanno radunato in piazza a Cagliari diverse migliaia di manifestanti contro il riordino dell’università proposto dal governo. Oltre ottomila persone per la questura, più di diecimila per gli organizzatori, hanno percorso le vie principali del centro cittadino scandendo slogan contro il ministro Gelmini. Accanto a studenti, docenti e precari, moltissimi ragazzi delle scuole superiori.
Bolzano - Studenti delle medie superiori italiane e tedesche hanno protestato in corteo a Bolzano contro la riforma Gelmini. Alla manifestazione nelle vie del centro hanno preso parte - secondo le autorita’ - 1.500 ragazzi. Di fronte alla Libera universita’ di Bolzano i ragazzi hanno gridato ’’vergogna, vergogna’’ ai loro colleghi che non hanno partecipato al corteo. La manifestazione si e’ svolta regolarmente e senza incidenti.
Venerdì sciopero generale dei sindacati e corteo a Roma contro i tagli e la riforma
La Cgil: "Il provvedimento varato due giorni fa dal Cdm non incide"
Università, il decreto non basta
tutti in piazza il 14 novembre
La Rete degli studenti: "La maggioranza ammetta i propri errori"
E oggi alla Sapienza di Roma lezioni per i bimbi delle elementari *
ROMA - "Warning: pericolo onda anomala". C’è un omino stilizzato in fuga da un’onda blu che accoglie i visitatori del sito di Uniriot, il "network delle facoltà ribelli". L’onda è la protesta che non si ferma, ripetono gli studenti. Si apre una nuova settimana di passione per l’università, che scenderà in piazza a Roma venerdì 14 per lo sciopero generale proclamato dai sindacati di categoria contro i tagli e la riforma Gelmini. E mentre la Rete degli studenti insiste nel chiedere il ritiro dei decreti, proseguono le iniziative alternative: oggi, alla Sapienza di Roma, attività didattiche per i bambini delle elementari. Sul fronte politico si registra l’intervento di Antonio Di Pietro: "I soldi tolti alla scuola vanno restituiti - ha detto - non si può lasciare la riforma dell’istruzione al ministro dell’Economia. Il fatto che il governo abbia deciso di travasare in un ddl ciò che era in un decreto dimostra che è stato preso con le mani nella marmellata".
Cgil: "Il decreto non incide". Il decreto sull’università varato due giorni fa dal Cdm "non incide sui punti di sofferenza prodotti dai provvedimenti di governo", dunque "il 14 novembre l’università, la ricerca e l’Afam saranno in piazza a manifestare per cancellare la legge 133 e le sue devastanti conseguenze". Così Domenico Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil, conferma la mobilitazione di venerdì prossimo.
Assemblea delle facoltà. "Il movimento non si arresterà fino al ritiro dei tagli". Così un comunicato degli studenti della Sapienza. "L’onda - si legge - vede mobilitarsi le maestre elementari contro la distruzione del tempo pieno e del modello pedagogico della primaria, gli insegnanti precari delle superiori che perderanno ogni speranza di stabilizzazione a causa dei tagli di Tremonti e Gelmini, i ricercatori precari dell’Università e degli enti di ricerca che rivendicano la stabilizzazione e il rilancio della ricerca pubblica". Appuntamento il 16 novembre alle 11.30 con un’assemblea nazionale con la partecipazione di studenti medi e universitari, maestre, insegnanti, ricercatori.
Rete studenti: "Maggioranza ammetta i propri errori". "Non accettiamo scaricabarile dagli esponenti del governo". La Rds chiede alla maggioranza di ammettere i "propri errori e di ritirare i decreti su scuola e università. Gelmini è esecutrice di un progetto condiviso dalla maggioranza, non sarà individuando in lei un capro espiatorio che la maggioranza di governo riacquisterà consenso".
Baby-alunni in facoltà. Una domenica particolare alla Sapienza di Roma con lezioni e attività didattiche per i bambini delle elementari. Gli studenti della facoltà di Chimica, Fisica, Geologia e Medicina, così come quelli delle altre facoltà, hanno mostrato ai piccoli "le meraviglie della scienza". "La nostra protesta oggi è quanto mai costruttiva - spiega Andrea, di Chimica - mostriamo ai piccoli esperimenti con oggetti e prodotti che usiamo ogni giorno in casa, come l’ammoniaca o i detersivi. Cose semplici, piccole dimostrazioni che servono a far capire quanto sia importante studiare e fare ricerca nelle università".
La riforma in Gazzetta ufficiale. Domani si concretizza il primo tassello della riforma Gelmini, quel decreto legge "tecnico" varato giovedì dal Consiglio dei ministri. Da viale Trastevere, dove il testo è stato aggiornato - per la parte relativa agli associati - per quanto riguarda gli imminenti concorsi (già banditi da tempo e le cui domande scadono proprio domani), assicurano che il dl arriverà al Quirinale per la firma del capo dello Stato, prima di essere pubblicato in serata sulla Gazzetta Ufficiale. Giusto in tempo, quindi, per mandare avanti la complessa macchina dei tanto attesi concorsi.
La norma sui fuori corso. A viale Trastevere si studiano gli incentivi per gli studenti che riescono a laurearsi nel tempo previsto o limitando al minimo il periodo fuori corso, con norme più rigide per chi passa troppo tempo in facoltà senza arrivare alla laurea. La Gelimini vuole aiutare gli studenti che lavorano, non i "parcheggiati". Per un’idea del fenomeno ci sono i dati Istat: nel 2006, il 66% dei 271 mila 115 laureati ha terminato fuori corso. Gli iscritti all’università fuori corso (dati Censis) sono passati dai 121 mila 508 del 2003-2004 ai 245 mila 604 del 2004-2005 (+102,1%) e nel 2005-2006 dovrebbero superare le 300 mila unità, con un incremento pari al 37,6%.
* la Repubblica, 9 novembre 2008.
l’Unità 9.11.2008
L’Onda: vogliono sfiancarci ma noi non ci fermiamo, siamo uniti
di Tommaso Galgani
Il movimento si parla, discute. Elaborato il documento per la partecipazione alla manifestazione del 14 novembre, promossa dal sindacato per la difesa dell’università. Voci dall’Onda che non si ferma.
Seduta di autocoscienza per l’Onda studentesca, ieri alla prima assemblea nazionale del movimento universitario a Firenze, nel plesso didattico occupato di viale Morgagni. Alla fine è stato approvato un documento unitario che sarà esaminato dagli atenei in protesta e che invita tutti a partecipare in «modo unitario e autonomo» alla manifestazione nazionale di venerdì a Roma, in cui gli studenti saranno assieme a sindacati e lavoratori dell’università per dire no alla 133.
Venerdì e sabato invece alla Sapienza ci sarà l’assemblea nazionale; il documento ribadisce: «Ci saremo tutti, il movimento è unito». Intanto ieri c’è stato l’assaggio: 300 studenti universitari sono venuti a Firenze da ogni parte d’Italia. Presenti rappresentanti degli atenei toscani, torinesi, campani, abruzzesi, la Statale di Milano, Genova, Bologna, Palermo, Bari, Lecce, Ancona, Ferrara, Brescia, Pavia.
Mancavano esponenti di Tor Vergata e della Sapienza di Roma, ma c’era una delegazione del sindacato studentesco di Roma Tre venuta ad osservare i lavori dell’assemblea: gli "atenei romani in mobilitazione" avevano annunciato di non partecipare perché critici verso le modalità di organizzazione dell’appuntamento. «Non capiamo le ragioni di questo incontro. Non vorremmo che qualcuno stesse pensando di costruire un’assemblea di una parte del movimento, lontano dallo spirito unitario che ha generato l’Onda», avevano detto. Il movimento inizia a spaccarsi? Francesco Epifani, leader degli Studenti di sinistra toscani e fra gli organizzatori della riunione fiorentina, risponde che «con Roma c’è stato un fraintendimento ma non una rottura. In viale Morgagni è stato un incontro per iniziare a dare forma al movimento. Ricordo che a Firenze, al Polo scientifico di Sesto, il 6 ottobre c’è stata la prima occupazione».
Voci dall’assemblea, dove qualcuno teme che la protesta inizi a sentire stanchezza in mancanza di proposte: Marco e Salvo, dell’università di Palermo, lanciano un appello per saldare la protesta studentesca con quella dei lavoratori: «Non ci si dimentichi dei metalmeccanici e dipendenti pubblici che il 12 dicembre scenderanno in piazza». Per Emanuele di Milano «la lotta sarà lunga, anche se il governo spera di sfiancarci. Non abbiamo bandiere, ma la mobilitazione non è bipartisan. In piazza Navona c’è chi le ha date e chi le ha prese. Facciamo dimettere la Gelmini». Molti interventi spiegano: «Il movimento è apolitico, pacifista, antifascista». Ma altri, come Francesca Stefano di Siena, ribadiscono: «Servono proposte politiche per dare respiro». Rocco, di Pisa, rivendica l’occupazione dei binari della stazione di venerdì che ha bloccato i treni toscani, mentre da qualcuno non mancano curiose idee di protesta: «Venerdì ogni studente porti una gomma, facciamone un cumulo e diciamo al governo: "Ora cancellateci tutti"». E alla fine si vocifera anche che i collettivi antagonisti vogliano fare addirittura un partito.
la Repubblica Roma 9.11.2008
L’Onda rilancia: venerdì sarà "mareggiata"
La Sapienza diserta l’assemblea di Firenze, è polemica. Democrito occupato solo il sabato
di Tea Maisto e Laura Mari
L’Onda prepara la grande mareggiata. Dopo i cortei di venerdì e gli scontri con le forze dell’ordine davanti alla stazione Ostiense, sono ripresi i preparativi per il mega-corteo nazionale degli universitari che venerdì prossimo vedrà confluire a Roma migliaia di studenti provenienti dagli atenei italiani in mobilitazione. Una manifestazione a cui sabato e domenica seguirà, sempre alla Sapienza, l’assemblea nazionale dell’Onda che produrrà il documento della "controriforma Gelmini". «Ieri abbiamo disertato l’assemblea nazionale di Firenze - hanno fatto sapere in una nota i leader della Sapienza - perché non siamo stati contattati e non abbiamo capito di cosa si discuteva». E a chi parla di rotture nel movimento dell’Onda, gli studenti toscani rispondono: «C’è stato solo un fraintendimento: il 14, il 15 e il 16 novembre saremo nella Capitale per la grande protesta e la mega-assemblea».
Le mobilitazioni dunque non accennano a diminuire e, anzi, rafforzano la rete studentesca formata da universitari, liceali e insegnanti delle elementari. «La nostra è una battaglia per la cultura» annunciano una trentina di studenti dell’istituto Democrito di Casalpalocco che ieri, dopo l’orario scolastico, ha occupato la scuola, ma solo per il weeekend. «Riporteremo la protesta nelle scuole e bloccheremo la didattica» hanno annunciato gli studenti in un’assemblea all’istituto Galilei e a cui hanno partecipato delegazioni di diversi istituti romani tra cui Tasso, Virgilio, Cavour, De Chirico, Albertelli, Mamiani.
Si infittisce, intanto, anche il calendario degli appuntamenti culturali dell’Onda. Oggi dalle ore 10 la Sapienza aprirà le porte ai bambini e gli studenti delle facoltà occupate accoglieranno genitori e bimbi con esperimenti e convegni. Dalle 11 alle 13, invece, gli alunni del liceo Montale parteciperanno alle lezioni in piazza a Villa Pamphili, mentre martedì sera Ascanio Celestini sarà alla facoltà di Lettere di Tor Vergata. Nello stesso giorno, ma alle ore 11, il premio Nobel Dario Fo e Franca Rame saranno alla facoltà di Valle Giulia. È stata posticipata al 18 novembre, invece, la festa dell’Onda alla Sapienza.
Ansa» 2008-11-08 19:01
UNIVERSITA’: ASSEMBLEA NAZIONALE MOVIMENTO STUDENTI A FIRENZE
ROMA - Si è aperta a Firenze la prima assemblea nazionale dei movimenti studenteschi universitari che protestano contro la legge 133 e contro la riforma Gelmini. Fra i più di 300 presenti, mancano i rappresentanti della Sapienza di Roma che in un comunicato hanno scritto: "Non siamo stati contattati. Non abbiamo capito di cosa si discuterà". Presenti invece studenti di una ventina di università tra cui Napoli, Bologna, Torino, Milano, Palermo. Dalla capitale, sono arrivati soltanto alcuni rappresentanti di Roma3. Nella lettera, firmata "Atenei in mobilitazione di Roma" c’é scritto: "Non vorremmo che qualcuno stesse pensando di costruire un’assemblea di una parte del movimento, lontano dallo spirito unitario che ha generato l’onda anomala". Una lettera a cui risponde Francesco Epifani, leader degli Studenti di sinistra toscani e fra gli organizzatori della riunione fiorentina: "Con Roma c’é stato un fraintendimento - ha spiegato Epifani - ma non una rottura. Il 14, 15 e 16 novembre saremo a Roma per la manifestazione e per l’assemblea nazionale. Quello di oggi è un momento di incontro che il movimento come esigenza, per dare una forma al movimento studentesco. Ricordo che a Firenze, al Polo scientifico di Sesto, il 6 ottobre c’é stata la prima occupazione".
Sono 4 gli studenti arrivati dalla capitale. Si tratta di iscritti a Roma3 che parlando con i giornalisti hanno spiegato di non essere in rappresentanza del movimento romano, pur facendone parte, ma di essere arrivati a Firenze come semplici uditori. "Non interverremo - ha spiegato una di loro, Francesca - siamo degli osservatori".
Indipendenti dai partiti e dalle sigle per una protesta che vada oltre alle contestazioni sulle norme che riguardano l’università. E’ il contenuto di alcuni degli interventi degli studenti universitari arrivati a Firenze. Marco, dell’università di Palermo ha lanciato un appello affinché non ci si dimentichi dei "metalmeccanici e dipendenti pubblici che il 12 scenderanno in piazza. Siamo indipendenti dai partiti politici e dalle sigle, ma non dai lavoratori e dagli operai". Dopo l’intervento di Marco, a cui sono seguiti degli applausi, è stata la volta di Katia dell’università di Firenze: "Il nostro - ha spiegato - è un movimento che vive e si nutre con la piazza. L’obiettivo è il ritiro della 133 ma non dobbiamo fermarci a questo". Durante altri interventi è stato sottolineato come le occupazioni siano state pacifiche e non violente. Per Emanuele di Milano "la lotta sarà lunga, anche se il governo spera di sfiancarci. Siamo irrappresentabili, non abbiamo bandiere, ma la mobilitazione non è bipartisan. In piazza Navona c’é chi le ha date e chi le ha prese. Facciamo dimettere questo ministro. Sono circa 50 gli interventi che si dovrebbero susseguire. Fra le prime a parlare una studentessa di architettura di Firenze che ha chiesto di far partecipare "alla nostra mobilitazione altre fasce della società", ricordando fra l’altro la crisi degli ammortizzatori sociali.
SCONTRI A ROMA: FILMATI AL VAGLIO DELLA DIGOS
La Digos della questura di Roma sta vagliando i filmati sugli scontri tra studenti e polizia avvenuti ieri alla stazione Ostiense quando un gruppo di universitari, in occasione di un corteo di giovani dei tre atenei della capitale, ha tentato di occupare i binari dello scalo ferroviario. Al momento, a quanto si è appreso, non ci sono denunciati. Negli scontri sono rimasti contusi alcuni agenti, uno studente ed una giornalista.
"Non conosco esattamente la dinamica dei fatti, ma posso solo rivolgere un invito al movimento studentesco affinché isolino i violenti e scelgano luoghi per manifestare che non creino intralcio alla città e disagio agli altri cittadini". Lo ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, a margine dell’esposizione dei mezzi delle Forze Armate al Circo Massimo, intervenendo sugli scontri avvenuti ieri tra manifestanti e forze dell’ordine, durante il corteo degli studenti a Roma.
"Le forze dell’ordine sono intervenute nel modo in cui in democrazia è consentito". Lo ha detto il prefetto di Roma Carlo Mosca a proposito degli scontri di ieri tra manifestanti e forze dell’ordine durante il corteo studentesco nella capitale. Mosca, che è intervenuto a margine dell’inaugurazione di una mostra sulla Grande guerra al museo Vittoriano, ha aggiunto che "come è accaduto in altre circostanze quella di ieri è stata comunque una manifestazione pacifica".