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ELEZIONI POLITICHE: PARTITI E MAFIA. INDAGINI IN CORSO: LA ’NDRANGHETA SOLLECITATA A METTERE LE MANI SUL VOTO DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO. Articoli di Giuseppe Baldessarro e di Enrico Fierro - a cura di pfls

Marcello Dell’Utri è il parlamentare coinvolto nelle vicenda. "Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia" ha detto all’Ansa..
venerdì 11 aprile 2008.
 


-  Aperta inchiesta a Reggio Calabria. Il senatore di Forza Italia: "Ne ho letto sui giornali"
-  Poi spiega di aver solo parlato una persona che voleva occuparsi del voto degli italiani all’estero

-  La ’ndrangheta traffica in voti
-  Dell’Utri: ’Nessun avviso di garanzia’

-  Amato: "Si tratta di materia coperta da segreto -istruttorio. Il Viminale è una casa di vetro"

di GIUSEPPE BALDESSARRO *

REGGIO CALABRIA - E’ Marcello Dell’Utri il parlamentare coinvolto nelle vicenda dell’intervento della ’ndrangheta sul voto degli italiani all’estero: "Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia" ha detto all’Ansa. Dell’inchiesta "ho letto sui giornali".

Poi ha spiegato: "Non conosco personalmente Aldo Micchichè ma l’ho sentito per telefono" e l’ho messo in contatto con Barbara Contini perchè "lui si è offerto di occuparsi dei voti degli italiani all’estero". Barbara Contini è l’ex governatore di Nassiriya, candidata per il Pdl al Senato in Campania.

La sconcertante ipotesi dell’intervento sulle elezioni delle cosche calabresi sulla quale sta lavorando la Dda di Reggio Calabria, nasce da un’intercettazione nella quale si fa esplicito riferimento alla possibilità di "controllare" cinquantamila voti, in cambio di una contropartita in denaro di 200 mila euro.

L’inchiesta di Reggio. I magistrati reggini avrebbero ascoltato una conversazione tra esponenti della cosca Piromalli ed un noto parlamentare siciliano candidato al Parlamento Italiano. Nell’inchiesta, oltre il politico di cui non si conosce nè il nome nè lo schieramento di appartenenza, è coinvolto un uomo d’affari, Aldo Micciché, da tempo residente in America Latina.

Il tentativo d’inquinamento del voto avrebbe mirato a condizionare l’esito della consultazione elettorale facendo risultare come votate circa 50mila schede bianche. Un meccanismo piuttosto semplice. Corrompendo le persone giuste al posto giusto, infatti, i clan avevano intenzione di apporre sulla scheda un segno di preferenza proprio a vantaggio del partito dell’esponente politico siciliano. Un lavoro "pulito" quindi, che non avrebbe lasciato tracce grazie a "manine amiche" che avrebbero barrato le schede di ritorno.

Un piano che evidentemente avrebbe potuto falsare l’esito elettorale. Pochi i dettagli sull’inchiesta. E’ certo che gli investigatori stavano controllando alcuni telefoni sulle tracce dei soldi dei Piromalli, per cercare di capire come la cosca riuscisse a riciclare i milioni di euro del traffico di stupefacenti. Da qui la scoperta.

Micciché, da tempo residente in Venezuela, parla con il politico nuovamente candidato alla Camera per il suo partito, "un pezzo grosso". Oggetto del colloquio è la mobilitazione dei consoli onorari, che avrebbero avuto un ruolo determinante nel controllo del voto.

La notizia è stata confermata dal procuratore della Repubblica facente funzioni, Francesco Scuderi, che non ha inteso però fornire ulteriori particolari. "Il momento, visto che siamo ad appena due giorni dal voto - ha detto Scuderi - è delicatissimo, anche perché negli articoli riportati sui giornali ci sono molti dettagli che avrebbero dovuto rimanere riservati, e sarebbe irresponsabile da parte nostra in questo momento rivelare ulteriori particolari".

"Dopo il voto - ha aggiunto Scuderi - potremo fornire qualche notizia in più. Al momento non è il caso di dire alcunché".

Nei giorni scorsi lo stesso Scuderi ed il pm della Dda Roberto Di Palma, titolare dell’inchiesta, avevano incontrato il ministro dell’Interno Giuliano Amato per informarlo sulle risultanze dell’inchiesta. Come si ricorderà, già alle scorse elezioni furono segnalati alcuni casi di brogli legati proprio alle schede del voto estero.

Amato: "Il Viminale sarà una casa di vetro". Sulla vicenda è intervenuto il ministro dell’Interno Giuliano Amato. "Nei giorni scorsi ho ricevuto una comunicazione da parte della Procura di Reggio Calabria su tentativo di broglio per il voto all’estero". "Si tratta di materia coperta dal segreto istruttorio. Dopo aver ricevuto la notizia ho subito attivato il ministero degli Esteri che ha provveduto con particolare attenzione a garantire che quelle schede non vengano mai perse di vista". Sapere, ha aggiunto, "che ci sono persone che scambiano denaro per il voto non è mai una soddisfazione, ma le misure adottate dal ministero degli Esteri possono aver prevenuto il danno". Il ministero ha allertato i consolati.

Amato ne ha approfittato per dire che durante le operazioni di voto "il Viminale sarà una casa di vetro". "A questo proposito ho invitato gli ex ministri come Maroni, Scajola, Pisanu ed Enzo Bianco.

* la Repubblica, 11 aprile 2008.



Indagine su 50mila voti in mano alla ’ndrangheta

di Enrico Fierro *

«Ho ricevuto la segnalazione di possibili tentativi di brogli per il voto all’estero. Il Viminale sta approfondendo e provvedendo». Così Giuliano Amato nella conferenza stampa di sabato scorso. Una dichiarazione la cui gravità è sfuggita sia ai giornalisti che ai politici, ma che il ministro dell’Interno ha fatto dopo essere venuto a conoscenza di una inchiesta della procura antimafia di Reggio Calabria. Il materiale raccolto dai magistrati reggini è ovviamente top-secret, il contenuto esplosivo.

La sintesi è brutale: la ‘ndrangheta ha ricevuto da un partito la richiesta di «mettere mano» al voto degli italiani all’estero. Quei voti, per capirci, che alle scorse elezioni politiche fecero pendere la bilancia del risultato a favore dell’Unione di Prodi. Si parla anche di soldi investiti, una cifra ragguardevole, 200mila euro. L’inchiesta della Dda reggina era partita per approfondire gli affari a livello internazionale della cosca Piromalli, egemone nella Piana di Gioia Tauro ed una delle più potenti dell’intera Calabria. Il Gotha della mafia calabrese.

I Piromalli hanno consistenti interessi all’estero, soprattutto in America Latina nel redditizio settore del traffico della droga. Nel corso di una lunga attività di intercettazione telefonica, che aveva lo scopo di individuare i canali del riciclaggio delle «famiglie» mafiose, investigatori e magistrati si sono imbattuti in alcune conversazioni nelle quali si parla di elezioni. Un uomo d’affari siciliano da tempo stabilitosi in Venezuela parla con un parlamentare anch’egli siciliano nuovamente candidato alla Camera per il suo partito. Si tratta di un «pezzo da novanta», un uomo importante del suo schieramento politico. Oggetto del colloquio la mobilitazione dei consoli onorari. Il loro compito quello di aiutare il partito a controllare il voto.

Da alcune conversazioni si delinea anche il meccanismo del broglio messo in piedi dall’affarista e dall’uomo politico. Pagare una serie di persone - probabilmente addetti ai lavori - per chiudere un occhio e non vedere che «abili manine» sbarravano con una croce le schede non votate. Il simbolo, ovviamente, era quello dell carissimo amico, l’uomo politico siciliano. Si tratta di quelle schede che in gergo si chiamano le schede di ritorno, non recapitate all’elettore e da rimandare (bianche e intonse, ovviamente) al mittente. Il lettore addentro ai complicati meccanismi elettorali ricorderà che alle scorse elezioni le polemiche si incentrarono proprio su questo tipo di schede. Tantissime nelle varie circoscrizioni estere, oltre 10mila - segnalò un servizio del Tg della Tv svizzera italiana - erano in circolazione e destinate al «miglior offerente». Costo dell’operazione, secondo le indiscrezioni trapelate, 200mila euro: 400 milioni delle vecchie lire per truccare il voto degli italiani all’estero.

Notizie allarmanti, al punto da indurre il procuratore reggente della Procura di Reggio Calabria, Francesco Scuderi e il sostituto Roberto Di Palma, a volare a Roma pochi giorni fa per informare il governo. La procura antimafia della Città dello Stretto non sottovaluta questi fatti appresi quasi per caso. «La caratura dei personaggi in campo - commentano ambienti investigativi - è tale da destare serie preoccupazioni sulla limpidezza del voto». I Piromalli rappresentano uno dei più antichi «casati» di ‘ndrangheta, una cosca ancora potente in Calabria nonostante gli arresti di alcuni capi. E sarebbero proprio le condizioni di detenzione di alcuni affiliati, e soprattutto i processi ancora in corso, uno degli argomenti messi sul piatto per convincere i Piromalli a trasformarsi in galoppini elettorali. Un film già visto quando alla mafia si prometteva di «ammorbidire» il 41 bis (il regime di carcere duro per i boss) e di «aggiustare» i processi.

Le notizie trapelate parlano di una massa di voti che la ‘ndrnangheta è in grado di mettere a disposizione: almeno 50mila, all’estero e nelle zone d’Italia che controlla. Un vero e proprio attacco alla libertà dei cittadini, un condizionamento del voto tanto forte da far tremare la democrazia. Chi è l’uomo politico che ha trattato con quell’affarista ritenuto punto di riferimento dei clan calabresi e non solo? A quale schieramento appartiene? A che punto è la trattativa? Sono domande alle quali è vitale dare una risposta prima del voto. Quello che è certo è che, ancora una volta, il voto degli italiani all’estero è segnato dal caos più totale. «Ci sono schede per votare al Senato inviate ai giovani al di sotto dei 25 anni, schede con annessi fac-simile per votare questo o quello schieramento, ci sono veri raccoglitori di schede e quindi votanti per conto terzi», denuncia Angelo Sollazzo, Presidente della Confederazione degli italiani nel mondo.

* l’Unità, Pubblicato il: 11.04.08, Modificato il: 11.04.08 alle ore 12.24


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