DONNE E POLITICA: L’AFRICA VINCE SULL’EUROPA.

martedì 27 giugno 2006.
 
(..)in Africa è un protagonismo in atto già da tempo, che in alcune regioni affonda le sue radici nella cultura e nell’organizzazione sociale tradizionale, e che ha trovato nuove vie e rinnovati strumenti.(...)

Nel 2005 in Liberia la prima presidente, oggi in Sudafrica e Zambia tre candidate alla massima carica In Tanzania 7 ministre. Il ruolo delle Agenzie internazionali, che valorizzano la componente femminile

Donne d’Africa Protagoniste anche in politica

In Ruanda le deputate elette sono il 49 per cento, in Mozambico e Burundi "quote rose" oltre un terzo E cresce il ruolo delle associazioni «di base»

Da Milano Emanuela Citterio (Avvenire, 25.06.2006)

Eletta in Liberia nel novembre del 2005, Ellen Johnson Sirleaf è diventata la prima donna a guidare un Paese africano. Una notizia che ha avuto risonanza internazionale e che, a mesi di distanza, non appare più un avvenimento isolato. In Sudafrica sono "in rosa" le candidature più accreditate nella corsa alla presidenza: la vice-presidente Phumzile Mambo-Ngcuka, ex ministro delle Miniere e dell’Energia, e Nkosazana Dlamini Zuma, attuale ministro degli Esteri. In Zambia, dopo l’attuale presidente Levy Mwanawasa, potrebbe essere la volta di una donna: Edith Nawakwi, che gode di del sostegno delle associazioni femminili per i diritti umani, tra cui lo Zambia national women’s lobby group. In Tanzania sette donne sono a capo di altrettanti ministeri, tra cui quelli Finanze, Giustizia e Istruzione. L’assegnazione del dicastero dell’Economia a esponenti femminili sembra diventare una costante nel continente. E un recente rapporto dell’Onu ha riconosciuto che negli organismi presieduti da donne è minore la corruzione e maggiore l’efficienza. Imitazione di modelli occidentali? Non sembra esattamente così soprattutto se si prendono in considerazione i dati sulla presenza delle donne nei Parlamenti africani. Il Ruanda detiene il primato di deputate: il 49% del totale. In Sudafrica, Mozambico e Burundi è "rosa" il 30% dei seggi. Molto di più della media europea, che si attesta al 19%. E che è superata anche da altri Paesi africani: Namibia, 25%; Tunisia, 22,8%; Eritrea, 22,0%; Etiopia, 21,4%; Guinea, 19,3%; Senegal, 19,2% e Seychelles, 28%. Secondo la giornalista Jordane Bertrand, che ha condotto un’inchiesta per la rivista Jeune Afrique, a rimettere in gioco gli equilibri ha contributo «l’influenza della cooperazione internazionale e delle agenzie dell’Onu. Le nuove protagoniste della politica hanno saputo approfittare delle possibilità di carriera offerte dagli organismi internazionali, dove le candidature femminili sono fortemente incoraggiate». Sta di fatto che quello delle donne in Africa è un protagonismo in atto già da tempo, che in alcune regioni affonda le sue radici nella cultura e nell’organizzazione sociale tradizionale, e che ha trovato nuove vie e rinnovati strumenti. Le donne africane hanno un ruolo consolidato alla guida di associazioni della società civile. Sono ritenute più affidabili nella gestione di programmi di microcredito. In contesti di emergenza lavorano per ricostruire il tessuto sociale e familiare. Come nel Nord dello Zambia, dove sono state le donne ad aderire per prime al progetto Raimbow promosso dalla Comunità Giovanni XXIII, che ha proposto di accogliere nelle famiglie i bambini rimasti orfani a causa dell’Aids. Come nella Repubblica democratica del Congo, dove il network «Donne per la giustizia e la pace» di Kinshasa (di cui racconta Chiara Castellani in Una lampadina per Kimbau) continua a fare pressione sui parlamentari in occasione delle prossime elezioni politiche. Per chiedere la pace.


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