Islam e Cristianesimo

INCONTRI DI CIVILTA’. MOSCHEA BLU. La «meditazione», col Papa insieme al Gran Muftì di Istanbul Mustafa Cagrici, davanti al «mihrab», la nicchia che indica la Mecca. Primi segni di un altro mondo. Un commento di Umberto De Govannangeli

venerdì 1 dicembre 2006.
 

Primi segni di un altro mondo

di Umberto De Giovannangeli *

Gesti e parole. Che segnano una fine e segnalano un nuovo inizio. La fine della pretesa superiorità dell’Occidente sul variegato mondo islamico; una pretesa che ha supportato sul campo la devastante «avventura» irachena. Gesti e parole. Che vanno ben al di là del riconoscimento dell’altro da sé, ben al di là della «tolleranza» che presuppone in sé una gerarchia di valori, idealità, e anche politiche.

Il dialogo tra l’Occidente cristiano e l’Islam si nutre di grandi gesti simbolici. Come quello compiuto ieri da Benedetto XVI in Turchia con la sua visita alla Moschea Blu di Istanbul. La «meditazione», col Papa insieme al Gran Muftì di Istanbul Mustafa Cagrici, davanti al «mihrab», la nicchia che indica la Mecca.

L’atto di umiltà con il Pontefice che entra nel luogo di culto islamico togliendosi le scarpe per rispetto all’usanza musulmana. Gesti e immagini che resistono al tempo. Come l’immagine di Benedetto XVI, con le mani congiunte sul petto, gli occhi socchiusi, mentre bisbiglia parole sacre in un luogo sacro agli islamici. Il Papa scalzo conquista il cuore dell’Islam che crede possibile coniugare modernità e tradizione, identità e apertura.

Rispetto. Umiltà. Dialogo. «Questa visita ci aiuterà a trovare insieme i modi, le strade della pace per il bene dell’umanità», dice il Papa al Gran Muftì. Non è solo un auspicio. È un impegno solenne. È il segno di una svolta. Un passaggio d’epoca. «Sono felicissimo di accoglierla. È stata una grandissima visita», è il commento, tutt’altro che scontato o rituale, del Gran Muftì di Istanbul. L’immagine del Papa in raccoglimento nella Moschea Blu «irrompe», tramite Al Jazira, nelle case dei musulmani di ogni latitudine, segnando in modo definitivo che lo «strappo» di Ratisbona è ormai sanato e che il dialogo è una volontà concreta non una mozione indefinita.

La Turchia e il Papa si sono incontrati contro tutte le aspettative. E contro tutti gli «orfani» inconsolabili degli «Scontri di Civiltà»; contro i propugnatori della superiorità dell’Occidente verso un Islam descritto (e combattutto) come un universo compatto, privo di differenziazioni interno, pregiudizialmente ostile e dunque da contrastare. Con ogni mezzo.

Quel gesto di lungimirante umiltà è una sfida. Lanciata agli integralisti di ogni campo, ai jihadisti come ai neo e teocon di casa nostra. Parole che segnano una svolta. Parole che scandiscono un « cambio di passo». Come quelle pronunciate ieri da Giorgio Napolitano. Ospite d’onore alla seconda Giornata dell’Asia e del Pacifico celebrata a Villa Madama, il capo dello Stato lancia un invito a raccogliere le sfide che vengono dall’Oriente, che non sono solo economiche.

Il dialogo è anche una «sfida». Una sfida per costruire e non distruggere, per crescere insieme. Il gesto del Papa e le parole del Presidente italiano hanno questo in comune: la forza delle proprie convinzioni che non diviene ragione per edificare Muri di diffidenza. La conoscenza come antidoto alla demonizzazione dell’altro da sé. Il rispetto come fondamento di un dialogo che per essere davvero fecondo necessità di reciprocità. Con l’Oriente, afferma Napolitano, dobbiamo confrontarci senza rinunciare ai nostri valori, ma «senza vecchie presunzioni e senza e paralizzanti timori. Cioè senza presumere di essere portatori, come occidentali, di una civiltà superiore, aprendoci a un ben maggiore sforzo di conoscenza di civiltà non meno ricche».

Conoscenza. Parità. Rispetto. Aperture possibili in quanto chi se ne fa portatore ha forti convincimenti morali, etici, e religiosi. Anche di una religiosità «laica» come quella che permea le riflessioni di Napolitano. Gesti e parole che danno conto di una modernità straordinaria di cui si sono fatti interpreti l’anziano Papa e l’altrettanto anziano Presidente. Gesti e parole che che rappresentano un investimento sul futuro. Un futuro che si spera, che si vuole, come «Incontro di Civiltà».

* l’Unità, Pubblicato il: 01.12.06 Modificato il: 01.12.06 alle ore 9.13


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