Giovani

San Giovanni in Fiore: droga diffusa fra i più giovani e istituzioni mute, in attesa di Godot

venerdì 25 aprile 2008.
 

Fece scalpore, e rabbia, quel nostro gonfio sondaggio sul giornale, più o meno recente, circa gli stupefacenti fra i giovani.

Si rimproverò il metodo e il rigore scientifico, nonostante la sola intenzione di sollevare il problema, specificata per iscritto, specie sul piano pedagogico e formativo, piuttosto che quella di esibire dati insipidi - comunque, insufficienti - sulla portata reale del fenomeno.

Buona parte degli adulti reagì come quei dirigenti amministrativi chiamati a rispondere d’assenteismo: negò l’evidenza e scaricò sulla fantasia o sopra una nostra precisa volontà distruttiva, nichilista. Si conosce bene la proiezione dell’ombra ma è inutile disperdersi nella teoria, quando San Giovanni in Fiore è diventata, purtroppo, crocevia di smistamento e consumo di cocaina, acquistata pure da ragazzi, e roba sintetica.

Già nel ‘93, una situazione simile era ben conosciuta da Luigi Biafora e Nicoletta Magnaghi, che cercarono insistentemente, bussando alla porta delle scuole, di risolvere o evitare problemi individuali e drammi familiari dovuti alla droga. Tanti educatori - quanta responsabilità, in questa parola! - fecero orecchio da mercante, finsero, ignorarono.

Gigi Scalzilli, docente di matematica alla ragioneria, la prese sul serio, ricordo lucidamente. Ma, al solito, la scarsa sensibilità di operatori culturali, sociali e politici determinò, sulla questione, il silenzio più tragico.

Sappiamo con certezza, oggi, che girano polveri di varia natura e fattura, negli istituti superiori e perfino nelle scuole medie. Sappiamo con certezza, oggi, che tredicenni ne abusano. Sappiamo con certezza, oggi, che alcune sale giochi erano luoghi strategici per lo spaccio di minorenni, i quali ci guadagnavano materia, più che danaro.

Sappiamo con certezza, oggi, che la vendita illegale avviene quasi spudoratamente, su via Roma, alla luce del giorno. Sappiamo con certezza, oggi, che nei periodi festivi, quando le nonne mollano banconote di grosso taglio, la piatta abitudine della marijuana è sostituita col brivido intenso della coca, comperata senza coscienza dei rischi - finanche da minorenni - e della possibilità di morire per arresto cardiaco immediato. Sappiamo con certezza, oggi, che il valore indefinibile della vita non è tematizzato né dibattuto, a livello scolastico.

Sappiamo con certezza, oggi, che domina una prospettiva del mondo basata sul momentaneo, sul piacere consumabile, misurabile e procurabile coi soldi. Sappiamo con certezza, oggi, che professori e genitori sanno pochissimo dell’universo degli adolescenti, gettati nel mare dell’incertezza da un’informazione a senso unico e facilmente manipolati, fino a raggiungere la sola identità di potenti ma vuoti consumatori. Sappiamo con certezza, oggi, che, da poco, dei ragazzi sono rimasti colpiti, salvandosi per miracolo, dall’azione di alcune droghe.

E sappiamo con certezza, oggi, che si sono smerciati - a giovani - sogni facili e favolosi viaggi mentali, in un campeggio estivo alle porte della città. Sappiamo con certezza, oggi, che la politica se n’è infischiata, continuando a raccontare che San Giovanni in Fiore, tutto sommato, è il posto più tranquillo, vivibile e conveniente del globo.

Sappiamo con certezza, oggi, che esecutivo e consiglio comunale hanno dedicato tutto il tempo disponibile a quisquilie sciocche, beghe per incarichi e insani diverbi, senza fatti concreti per i giovani. Se, poi, le misure specifiche sono Radio 105 o similia, ci viene soltanto da ridere, o da piangere.

I dirigenti della cosa pubblica devono vergognarsi e tacere, punto e basta. Per non parlare della scuola, dove la maggioranza dei docenti bilancia i decimali per arrotondare i punteggi, in eccesso o difetto, ma non interviene con stimoli e modi opportuni; dove s’insegnano Cicerone e Kant, per chiudere gli allievi nella gabbia domestica dell’insoddisfazione morale e levargli il sorriso, la purezza, la speranza, la reattività. La vita.

Diversi professori hanno rinunciato, da un bel pezzo, alla responsabilità politica, all’azione e ingegneria sociale, contando i punti della briscola al bar o immaginando i figli eroi della tv. Dopo, i risultati emergono come iceberg: nessuno pratica il carpe diem ma si ricordano date e spenti argomenti meccanici, fino al voto di giugno.

Se i giovani sono ammassati, ogni giorno, in appena cinquanta metri di via Roma e non hanno alternativa, è ovvio che, mancando il confronto, si chiudano nella prigione della noia e della ripetitività e cerchino l’evasione psichica della droga. I genitori assolvono il loro compito cacciando bigliettoni europei e tenendosi a distanza. Ma la vicinanza non può essere, d’altra parte, l’oppressione costante, la guardia giurata, l’impedimento sistematico.

C’è un dialogo da stabilire, fatto di fiducia e libertà - che non è arbitrio ma la scelta, consapevole, del meglio per la propria persona, nella solidarietà e cooperazione. Purtroppo, la dimensione sociale, in loco, è ancora fondata su prestigio e gerarchie, apparenze e princìpi irrazionali.

Basti pensare che le scuole si classificano da sole e che andare a Cosenza significa ancora partire. C’è bisogno di centri pubblici d’aggregazione e produzione culturale, sociale.

Molti ragazzi non hanno una visione del cinema, del teatro, della musica, della politica, che, si provi il contrario, restano fattori essenziali di comunione e dialettica. Brancolano e s’accontentano, gli studenti, di quanto propina la scuola, che, qualche volta, volendo anche togliere l’assemblea d’istituto, li accompagna al Cinema Italia, per pellicole romantiche di spirito ottocentesco e casto concetto.

L’anomalia è naturale: gli adulti non fanno nulla, oltre alle sagre alimentari e le parate in pompa magna, per spezzare e superare la consuetudine giovanile della fermata quotidiana - e sempre identica - nei dintorni dell’Angelo. E i ragazzi, dal canto loro, stanno bene così, perché possono sperimentare robe da grandi, equivocando le ragioni - e gli errori - degli anni Settanta.

Sul piano umano, tutto ciò è fallimentare e rappresenta la sepoltura definitiva d’ogni possibilità d’autonomia e crescita collettiva.

Io un amico l’ho perduto, per overdose o forse, sicuramente, altro. E non voglio che si ripeta: i giovani devono gioire e camminare. Perciò, si rifletta. Senza mai dimenticare.

Emiliano Morrone

Il pezzo è del 15 gennaio 2005, riproposto per la sua attualità.


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