I dati del ministero ritoccano verso l’alto le stime che indicavano il tetto a 40mila.
Guidano la ’fuga’ la Lombardia, la Campania e la Sicilia. Personale Ata: lasciano in diecimila
Scuola: la ’sindrome’ pensione, cinquantamila in lista di sbarco
di SALVO INTRAVAIA *
Siamo arrivati a quota 50 mila. I pensionamenti della scuola si stanno trasformando in una fuga senza precedenti. Il conteggio di quelle che in gergo tecnico vengono chiamate ’cessazioni dal servizio’ sta per essere completato e il fenomeno sta assumendo i connotati di un vero e proprio esodo. Tra insegnanti, dirigenti scolastici, personale educativo e Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) sono state presentate qualcosa come 50 mila istanze: un numero che supera di gran lunga la prima stima di circa 40 mila cessazioni e che potrebbe crescere ancora.
Per avere un’idea dell’esodo dalla cattedra, e dalla scuola in generale, basta confrontare i numeri di quest’anno con quelli del settembre 2006, quando preferirono andare in pensione 36.845 addetti. In un solo anno, il numero di coloro che hanno preferito lasciare spazio ai più giovani si è incrementato di un terzo.
I motivi della fuga. Sono soprattutto tre le cause della fuga dalla scuola. Le continue voci sull’ennesima riforma del sistema pensionistico italiano, richiesta con forza anche dai partner europei, non contribuisce certamente a tranquillizzare chi potrebbe ancora trascorrere qualche anno dietro la cattedra. Quest’anno, tra le altre cose, secondo la riforma Maroni era l’ultimo in cui si poteva andare in pensione ancora all’età di 57 anni e 35 di servizio. Dal prossimo anno subentrerà l’ormai famoso, o famigerato, ’gradone’: di colpo l’età minima per congedarsi dalle aule balzerà a 60 anni. E, nonostante la possibilità per chi ha già ha maturato il diritto (35 anni di insegnamento e 57 di età) di evitare anche per i prossimi anni lo scalone, in molti hanno dimostrato di non fidarsi.
La paura che qualche altra normativa possa cambiare le regole del gioco è elevata e chi può toglie il disturbo. La seconda motivazione è di tipo strutturale: l’età media dei docenti italiani è di 50 anni: una classe docente vecchia come non si registra in nessun paese europeo e, soprattutto, stanca. Ed sono proprio le crescenti difficoltà di gestione della classe che inducono sempre più maestre e professori a lasciare anzitempo la scuola.
I dati. Appena tre anni fa, nel 2004/2005, andarono in pensione 24.603 insegnanti, capi d’istituto e Ata. Dopo tre anni, il numero è letteralmente raddoppiato. Il grosso dei pensionamenti (circa 41 mila nominativi) - con Lombardia, Campania e Sicilia in testa - riguarda i docenti: l’anno scorso furono 29 mila. Secondo questi ultimi numeri in testa ci sarebbero le maestre della scuola materna ed elementare. Ma il dato più significativo è il consistente incremento (più 40 per cento circa) di coloro che vanno in pensione per dimissioni volontarie: coloro che sarebbero potuti rimanere ancora qualche anno ma hanno preferito lasciare. Così, in totale, hanno chiesto di lasciare la scuola 5 addetti su 100.
Il risvolto. Il dato sul numero dei pensionamenti sarà certamente accolto con grande gioia sia dai tecnici del ministero della Pubblica istruzione, che possono pianificare le prossime assunzioni senza troppe preoccupazioni, sia dai 237 mila supplenti iscritti nelle graduatorie provinciali permanenti dalle quali vengono individuati metà dei neoassunti: l’altra metà proviene dalle graduatorie dei concorsi a cattedre. L’esodo lascerà vacanti un grandissimo numero di posti che consentiranno quasi certamente al governo Prodi di azzerare il precariato e concretizzare le 150 mila assunzioni preventivate anche dal ministro dell’Economia, Tomaso Padoa Schioppa.
* la Repubblica, 5 febbraio 2007
Trentamila richieste di pensione in elementari e medie, il 30% in più del 2008
Uno spiraglio per i precari: si annunciano 20mila immissioni in ruolo
Scuola, la grande fuga dei prof
dopo i tagli annunciati dal governo
di SALVO INTRAVAIA *
Trentamila pensionamenti e ventimila immissioni in ruolo. Ecco i numeri che tengono banco in questi giorni nella scuola. Una fuga soprattutto dalla scuola elementare e media, dove la manovra del governo sta cercando di rastrellare il maggior numero di posti. Il secondo dato - quello delle immissioni in ruolo - dà un po’ di speranza alle migliaia di precari della scuola che, alla luce della riforma Gelmini, non sanno "di che morte moriranno". Ma purtoppo gran parte dei posti attualmente occupati dai precari si volatilizzeranno.
La partita degli organici 2009/2010 è ancora aperta e tutta da giocare. La scorsa settimana i sindacati della scuola hanno incontrato il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, per dire la loro su tagli e organici del personale. Intanto, il conteggio di coloro che hanno presentato domanda per lasciare la cattedra dal prossimo primo settembre è virtualmente completo. Sono quasi ventinovemila (tra docenti e Ata) le istanze presentate presso gli Uffici scolastici provinciali (gli ex provveditorati agli studi) della Penisola.
L’anno scorso furono in totale poco più di 23 mila. Ma è alla scuola primaria e nella secondaria di primo grado che l’incremento di cessazioni dal servizio è più consistente. All’elementare i pensionamenti crescono del 33 per cento e alla scuola media di qualche punto in meno: il 30 per cento. Alla materna (ora scuola dell’infanzia) e al superiore gli incrementi rispetto al 2008 sono decisamente più contenuti (18 e 16 per cento, nell’ordine) e tra il personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario) si registra un dato sostanzialmente stabile (più uno per cento).
Secondo le prime analisi formulate dai sindacati sono tre i fattori che hanno determinato il boom di pensionamenti: lo spauracchio che venisse elevata l’età pensionabile per le donne, i tagli al personale della scuola elementare e materna e il pensionamento forzoso per coloro che hanno già maturato 40 anni di servizio e 65 di età.
Infatti, il maestro unico di riferimento nella scuola primaria e la riorganizzazione del tempo scuola alla media consentirà un taglio che secondo le intenzioni del governo dovrebbe attestarsi attorno alle 42 mila unità. Circostanza che costringerà a settembre migliaia di insegnanti di ruolo a cercarsi una nuova sistemazione. "Meglio lasciar perdere", hanno pensato in parecchi. Ma non solo: le esternazioni del ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, sull’età pensionabile delle donne ne hanno indotte parecchie a svicolare "prima che fosse troppo tardi".
Manon tutte i mali vengono per nuocere. La fuoriuscita dai ruoli del personale docente apre uno spiraglio per le migliaia di precari in attesa nelle graduatorie provinciali. Durante un incontro con i tecnici ministeriali sono stati ipotizzate 20 mila immissioni in ruolo a partire dal prossimo primo settembre: 7 mila su posti di sostegno, altri 7 mila per la scuola superiore e 6 mila per il personale Ata. I precari della scuola elementare e media, per quest’anno, dovrebbero restare a bocca asciutta, mentre è possibile che si riesca a racimolare qualche centinaio di posti per le maestre di scuola dell’infanzia.
* la Repubblica, 19 febbraio 2009